venerdì 22 dicembre 2017

Spelacchio

Spelacchio, l'albero di Natale "triste" del Comune di Roma posizionato in piazza Venezia, costoso, disadorno (tanto da guadagnarsi l'appellativo di "Spelacchio", appunto) e morto addirittura prima di arrivare al giorno di Natale sembra proprio il simbolo adatto per una Roma abbandonata al caso e al degrado come quella mostrata in questi mesi di amministrazione Raggi.

venerdì 15 dicembre 2017

Il futuro dell'Europa

Questa mattina il Consiglio Regionale ha promosso una discussione sull'Europa con istituzioni e studenti. 
Tanti gli spunti che sono emersi nel corso del dibattito. 
Tra i relatori, il senatore Franco Mirabelli (che in Senato si occupa anche di Politiche dell'Unione Europea), ha sottolineato l'importanza di ragionare sulle cause che hanno portato alla Brexit per evitare che si verifichino altre rotture nell'Unione e le possibili soluzioni stanno in un rilancio dell'Europa come fonte di opportunità per i cittadini e non più solo come imposizione di vincoli. Per questo, secondo Mirabelli, è importante che il potere decisionale dell’Europa si sposti nelle mani del Parlamento Europeo (unica istituzione UE eletta direttamente e democraticamente dai cittadini).

sabato 9 dicembre 2017

L'impegno costante di Raffaele

Questa mattina di sole e di vento, c'erano tante persone a dare l'ultimo saluto a Raffaele Firinu: parenti, amici, compagni di partito e di impegno politico e sindacale.
Raffaele ha lottato fino alla fine.
Non si è arreso mai.
Indaffarato fino all'ultimo con il Circolo e con la politica.
Mi aveva chiamata anche pochi giorni fa: cercava un consiglio per una situazione politica che non voleva sfuggisse di mano.
Faticava a parlare e abbiamo dovuto chiudere rapidamente la telefonata ma non demordeva, era presente e attivo.
Quando ci eravamo visti si era lamentato un po' delle gambe gonfie e dei piedi che faticavano a stare dentro le scarpe, come se il problema fosse quello. In effetti, il problema per lui era quello perché gli impediva di fare le cose che faceva normalmente: parlare al telefono, stare al circolo, andare al corso di ballo, progettare uno dei suoi bellissimi viaggi in bicicletta in giro per l'Europa di cui ci faceva vedere le fotografie in rete.
Su tutto il resto Raffaele stava lottando e ce la voleva fare.
Avevo paura di chiedergli come stava ogni volta che lo sentivo perché avevo paura di quale potesse essere la risposta ma Raffaele rispondeva sempre che stava bene: non lo operavano ma si stava curando, aveva i dolori ma erano sicuramente una parentesi che alla fine della cura sarebbero andati via... 
Raffaele è stato una delle poche persone per cui ho provato subito simpatia quando sono arrivata nel PD: spesso silenzioso ma sempre attento a ciò che succedeva, capace di dare la corretta analisi delle situazioni e disponibile a confrontarsi.
Sono profondamente colpita e addolorata dalla sua scomparsa: speravo che questo momento non dovesse mai arrivare, che avesse ragione lui e che alla fine avrebbe superato tutto e sarebbe rimasto a confrontarsi con noi sul futuro della nostra parte politica.
Ciao Raffaele, buon viaggio e non arrenderti mai neanche lì.

sabato 2 dicembre 2017

Legalità per la Lombardia di domani

Questa mattina al Tavolo Legalità di Lombardia Domani, coordinato da Federico Ferri e Claudia Peciotti, dove personalità importanti, appartenenti a diversi settori professionali, hanno dato il loro contributo per la costruzione del programma per Giorgio Gori. 
Tanti i temi toccati, dalla sanità, alla corruzione, alla struttura di ARAC, al racket degli alloggi popolari, ai beni confiscati (Regione Lombardia è la seconda in Italia per numero di procedure in gestione di beni non ancora destinati, mentre è al 4°/5° posto per numerosita' di aziende e beni destinati) e molte le proposte pervenute per far fronte ai vari problemi. 
Tre queste, alcune sono state portate dal senatore Franco Mirabelli
1) Istituire una consulta permanente con associazioni e ordini professionali per fare in modo che ci sia maggiore attenzione al tema delle mafie e si possano contrastare meglio i tentativi di infiltrazione; 
2) Riflettere sul legame tra periferie e criminalità perché spesso dietro al racket delle occupazioni abusive degli alloggi popolari si nasconde la criminalità organizzata e ALER (l'azienda regionale che gestisce il patrimonio di Edilizia Residenziale Pubblica) si astiene dall'assumersi qualunque tipo di responsabilità rispetto a questo problema; 
3) Lavorare per la diffusione di una cultura della legalità perché le mafie sono insediate in tutto il territorio regionale e nessuno se ne preoccupa mentre invece è necessario farne conoscere la pericolosità e il lavoro della commissione antimafia regionale, seppur importante, non è sufficiente.
Sulla necessità di prestare maggiore attenzione alle mafie si è concentrata anche la testimonianza di Edoardo Cagli, che ha segnalato come oggi la presenza mafiosa sui territori del Nord è arrivata agli stessi livelli in cui era inizialmente al Sud e troppo spesso viene sottovalutata.
Al tavolo è intervenuto anche il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale ha ricordato che dal punto legislativo molte cose sono state fatte nel corso della legislatura per contrastare le mafie mentre ora è necessario che lavorino anche i corpi intermedi e gli ordini professionali perché imparino a riconoscere i fenomeni criminogeni e facciano attenzione a cosa avviene al loro interno.
Sul fronte della politica, il Ministro Orlando ha segnalato la necessità di fare attenzione a come si seleziona la classe dirigente ma anche alle scelte politiche che si compiono perché possono in qualche modo agevolare i business delle mafie. Per quanto riguarda il problema dello scioglimento dei Comuni, sollevato anche oggi da alcuni quotidiani, il Ministro ha segnato che la normativa interviene per commissariare la politica ma lascia intatta la struttura burocratica dove invece spesso si creano le infiltrazioni della criminalità organizzata.
Di beni e aziende confiscate ha parlato invece Paola Pastorino mentre sui problemi di ARAC è intervenuta Giovanna Cerimbelli (di cui è presente anche un'intervista su Repubblica di oggi), altri hanno richiamato la carta dei valori di Avviso Pubblico, la legge sul whistleblowing, i problemi legati ai controlli e alla trasparenza nelle procedure di Regione Lombardia e in particolare sul fronte della sanità.
Tanti, dunque, gli spunti arrivati nel corso della discussione e utili per aiutare Giorgio Gori a riempire il capitolo sulla legalità del suo programma.

martedì 14 novembre 2017

Bindi e Serracchiani alla Festa PD del Municipio 9 di Milano

Lo scorso 3, 4, 5 novembre si è svolta la Festa dell’Unità organizzata dai Circoli PD del Municipio 9 che, per l’occasione, hanno ospitato momenti di dibattito politico alternati a musica e convivialità.
Grande partecipazione hanno ottenuto i due appuntamenti politici nei circoli di Affori e di Niguarda che, tra gli altri, hanno avuto come protagoniste due importanti donne del Partito Democratico: la Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi e la Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani.
Tantissime, infatti, sono state le persone che hanno preso parte ai dibattiti e grande interesse è stato mostrato per un tema non facile come quello della riforma del codice antimafia e della gestione dei beni confiscati (che sono molti anche nell'area milanese), su cui si sono confrontati il pomeriggio del 4 novembre, oltre a Rosy Bindi, il magistrato Fabio Roia (Presidente della Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano), il sindacalista Luciano Silvestri (Responsabile Legalità della Cgil nazionale e promotore della legge d’iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro” riguardante le aziende confiscate), il senatore Franco Mirabelli (Capogruppo del PD nella Commissione Parlamentare Antimafia) e Beatrice Uguccioni (Vicepresidente del Consiglio Comunale di Milano e componente della Commissione Antimafia milanese).
L’incontro, svoltosi nel Circolo PD ad Affori, è stato introdotto dall’intervento del senatore Mirabelli che ha illustrato i molti provvedimenti in materia di legalità approvati nel corso della legislatura che si sta concludendo, a partire dalle modifiche all’articolo 416 ter del Codice Penale per punire il reato di voto di scambio, inteso come voti in cambio di favori e non più solo in cambio di denaro, alla legge anticorruzione, all’istituzione dell’Autorità Nazionale AntiCorruzione presieduta da Cantone, all’introduzione del reato di autoriciclaggio e di falso in bilancio, fino ad arrivare alla riforma del Codice Antimafia, costruita dopo un lungo lavoro di ascolto di magistrati, forze dell’ordine e associazioni operanti in particolare nella gestione dei beni confiscati e volta a creare regole più efficaci per contrastare la criminalità organizzata.
La riforma del Codice Antimafia, infatti, è arrivata anche dalla spinta delle firme raccolte per la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare riguardante i lavoratori dei beni e delle aziende confiscate alla mafia che, purtroppo, fino ad oggi, spesso sono state fatte fallire mentre, con le nuove norme, si dovrebbe consentire di assicurare maggiore supporto per quelle in grado di stare sul mercato e maggiori garanzie per i lavoratori che vi sono occupati, come ha spiegato Luciano Silvestri.
Un po’ di dati riguardanti i beni confiscati e l’attività della magistratura in termini di misure di prevenzione (sequestri e confische) li ha forniti il magistrato Fabio Roia, mentre sulle novità messe in campo dal Comune di Milano sul fronte della legalità e in supporto a chi si trova a denunciare fatti criminosi è intervenuta Beatrice Uguccioni.
A concludere l’incontro è stato l’intervento della Presidente Bindi, che ha ripercorso le tappe che hanno portato alla riforma del Codice Antimafia e ha risposto alle polemiche circolanti nelle scorse settimane in relazione ad alcune norme contenute nel testo di legge, riguardanti l’estensione della confisca preventiva a chi commette reati contro la Pubblica Amministrazione (corruzione).
«Appena è stato approvato il nuovo Codice Antimafia è partita una campagna denigratoria da parte di alcune testate giornalistiche - ha raccontato Rosy Bindi – ma questa non è stata una riforma improvvisata o fatta di fretta come altre messe in campo nel corso della legislatura, anzi è frutto di un lungo lavoro basato sull’ascolto delle diverse esperienze in materia».
La Presidente della Commissione Antimafia si è soffermata molto sulla questione dei beni confiscati, segnalando che «Si parla di un patrimonio di circa 25 miliardi fatto di terreni, immobili e aziende» e che con le precedenti norme si erano registrati dei gravi malfunzionamenti dell’Agenzia che aveva il compito di gestirli, così come altri problemi erano sorti con gli amministratori giudiziari, come ha mostrato anche il caso di Palermo (che pure non era avvenuto violando la legge esistente).
Le nuove norme, dunque, servirebbero a far funzionare meglio l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati, consentire ad essa di avvalersi di competenze migliori e adeguate ai casi da seguire (lo spostamento della sede a Roma è stato voluto anche in quest’ottica) e a dare regole agli amministratori giudiziari per evitare che si creino situazioni di monopolio, oltre che fornire strumenti di supporto alla magistratura che deve occuparsi delle misure di prevenzione e che non sempre e non in tutte le zone del Paese è attrezzata per questo lavoro.
«La nostra legislazione antimafia è guardata con grande interesse anche dagli altri Paesi europei – ha ricordato Rosy Bindi – e il Codice Antimafia è il principale strumento del nostro ordinamento per contrastare la criminalità organizzata e con le nuove norme, dunque, abbiamo cercato di combattere le mafie in modo più raffinato di prima; del resto anche i mafiosi si sono fatti più raffinitati di prima».
Per Rosy Bindi, dunque, il Codice Antimafia è un buon punto di arrivo per fronteggiare le organizzazioni mafiose e garantire una migliore gestione del patrimonio confiscato ma non è l’unico terreno su cui vi è la necessità di intervenire: «La normativa inerente lo scioglimento dei Comuni è sicuramente da rivedere perché noi dobbiamo ammazzare la mafia ma non dobbiamo ammazzare né la politica né l’economia di questo Paese. I Comuni sciolti per mafia, purtroppo, hanno una serialità di scioglimento».
La Presidente della Commissione Antimafia si è poi soffermata su altre problematiche emerse dagli studi effettuati nel corso della legislatura sull’evoluzione dei fenomeni mafiosi in Italia e ha evidenziato che la forza della mafia oggi sta meno nell’intimidire e più nel creare complicità: «È nello scambio con i professionisti la forza dei mafiosi di oggi. - ha affermato Rosy Bindi - I beni che confischiamo, i mafiosi li hanno avuti anche perché hanno trovato soggetti che li supportavano nelle loro attività. La mafia, quindi, spara meno – soprattutto al Nord - perché fa i suoi affari senza bisogno di sparare e ha trovato un terreno fertile per fare questo».

Tutt’altre questioni quelle poste, invece, la mattina del 5 novembre a Niguarda, dove sono arrivate comunque moltissime persone per ascoltare Debora Serracchiani con il senatore Mirabelli, l’Assessore Granelli e il Segretario Metropolitano del PD Pietro Bussolati sul Partito Democratico e le prospettive future.
Tanti i temi affrontati nel corso del dibattito, sia di carattere nazionale che locale, dove le questioni territoriali si sono intrecciate alle dinamiche relative alle scelte politiche di carattere più generale.
Debora Serracchiani si è soffermata a lungo sulle paure dei cittadini che vengono spesso cavalcate dalle forze populiste e amplificate dalle cosiddette fake news. Un contesto non semplice quello in cui, secondo la Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, si trovano ad agire i politici oggi ma questo deve spingerli a fare uno sforzo ulteriore per agire ancora meglio e comunicare ciò che di positivo si è fatto.
A tutto questo, per la nostra parte politica si aggiunge un problema in più, ha affermato Serracchiani: «Il problema della sinistra sono le divisioni. Noi entriamo in crisi quando dobbiamo governare, quando dobbiamo prendere delle decisioni, discutere, entrare anche in conflitto e mostriamo tutta la nostra fragilità. Sprechiamo anche molto tempo a dover spiegare e giustificare se ciò che facciamo è di sinistra e personalmente sono un po’ stanca di dover fare l’esame del sangue tutti i giorni. Sono di sinistra e lo dimostrano le azioni politiche nella mia Regione. Finiamola qui con questa polemica: il nostro problema è domandarci come governano destra e Cinque Stelle quando sono al governo non se noi siamo più o meno di sinistra. E non può neanche essere che non difendiamo ciò che abbiamo fatto».
Serracchiani ha poi fatto l’esempio della questione immigrazione e di come la affronta il Ministro Minniti rispetto agli annunci rozzi di Matteo Salvini o alle azioni del centrodestra quando era al Governo del Paese.
Affrontando la questione dello Ius Soli, Serracchiani ha messo in luce tutte le contraddizioni di M5S, che prima si è detto favorevole alla norma ma che poi per ragioni di «marketing elettorale» si è tirato indietro al momento di votarlo. Ma sullo stesso tema, secondo Serracchiani, anche il PD sbaglia quando cerca di metterci la bandierina della sinistra sopra invece di andare a spiegare agli italiani di cosa si tratta davvero e del perché è una legge di civiltà per l’Italia.
Un altro tema affrontato nel lungo intervento dell’esponente della Segreteria Nazionale PD è stato quello del cambiamento: «Il cambiamento è fondamentale per un Paese come il nostro che per troppo tempo si è cullato nel rimanere come stava. - ha affermato Serracchiani - Il problema è che, finché il cambiamento è lontano, a parole siamo tutti favorevoli ma man mano che si avvicina, scopriamo che quelli che stanno bene come stanno sono tanti perché il cambiamento significa rimettersi in discussione e far saltare rendite di posizione. Il cambiamento, quindi, spaventa e noi dobbiamo spiegarlo perché non può rimanere a livello di classe dirigente ma deve essere una missione collettiva e ciascuno si deve sentire coinvolto».
In chiusura Serracchiani ha accennato alle questioni dell’autonomia poste dalle forze leghiste che maschera una cultura del dividere e questo è un progetto difficile da contrastare ma molto pericoloso. Le risposte a questo, secondo l’esponente democratica, sono da ricercare nelle due parole lanciate da Jean Paul Fitoussi: «protezione (che è il contrario del protezionismo ma implica il non sottovalutare le paure reali dei cittadini e sapervi far fronte) e apertura (che è il contrario dell’autonomismo)».

domenica 5 novembre 2017

Festa riuscita

Ce l'abbiamo fatta. La Festa organizzata dai circoli del PD del Municipio 9 è riuscita. Tantissime le persone che hanno partecipato agli incontri politici e alla cena. Grande interesse è stato mostrato per un tema non facile come quello della riforma del codice antimafia e della gestione dei beni confiscati (che sono moltissimi anche nell'area milanese), su cui si sono confrontati ieri Rosy Bindi, Franco Mirabelli, Beatrice Uguccioni, il magistrato Fabio Roia e il sindacalista Luciano Silvestri. Molte persone anche stamattina per ascoltare Debora Serracchiani con Mirabelli, Granelli e Bussolati sulle questioni riguardanti il PD e le prospettive future.
Presenti anche i giornalisti delle principali agenzie di stampa (arrivati per intervistare i big più che per gli incontri).
Insomma, si è lavorato molto in queste settimane per costruire degli incontri di valore (da ringraziare soprattutto Franco Mirabelli per questo aspetto), per invitare le persone a partecipare (i circoli del PD e non solo si sono mobilitati per chiamare iscritti ed elettori e potenziali interessati) e per offrire dei momenti di riflessione ma anche di allegria e credo che alla fine possiamo ritenerci soddisfatti del risultato.

sabato 30 settembre 2017

Milano, città dell'impegno civile

Sabato pomeriggio impegnativo oggi a Milano.
Primo appuntamento alle 16:00 alla Casa della Memoria per la presentazione - organizzata da Anpi - del libro "Oltre i 100 passi" con Giovanni Impastato, fratello di Peppino, in cui si ricorda la figura della madre e l'importanza ceh questa ha avuto nel cambiare la storia di quella famiglia rinunciando alla vendetta per l'uccisione del figlio.
Poi in piazza Beccaria, dove alle 18:30, iniziava la manifestazione "Riprendiamoci la libertà" indetta dalla CGIL per le donne, contro le violenze (troppe, come purtroppo abbiamo visto anche in questi giorni) e per una educazione attenta al rispetto e alla parità di genere. 
Infine alla festa/dibattito antimafia - affollatissima - organizzata da Libera al centro ricreativo Ratti in via Cenisio con testimonianze di una Calabria che ribella alla 'ndrangheta. 
 Tutti eventi molto partecipati, segno che forse, dopo i gravi fatti balzati alle cronache in questi giorni, un po' di attenzione nell'opinione pubblica si è riusciti a suscitarla.

sabato 23 settembre 2017

L'importanza di raccontare chi combatte le mafie

Questa mattina a Palazzo Reale a Milano per l'incontro organizzato dall'Arci sul contrasto alle mafie e alla corruzione.
Tanti interventi, aperti da Nicola Licci e tante esperienze raccontate di campi di conversione alla legalità di beni confiscati alle mafie, dalla Sicilia al Gargano fino alla Pizzeria Fiore di Lecco.
Tutti i relatori si sono soffermati sulla necessità di raccontare di più le mafie (la 'ndrangheta in particolare che qui al Nord è insediata e su cui non esiste neanche una narrazione cinematografica, come invece è stato per la mafia siciliana) ma soprattutto di raccontare chi combatte le mafie per evitare che si crei il predominio di una narrazione mafiosa.
Nando Dalla Chiesa, in particolare, ha sottolineato l'importanza di far vedere l'antimafia, far vedere la superiorità morale di chi lotta contro la criminalità organizzata e di avere il coraggio di competere contro una cultura della mafia in modo aperto e ben visibile.
A concludere la discussione della mattinata è stato un ampio intervento di Rosy Bindi (Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia) che, con il suo intervento, ha spaziato su più argomenti, compresi quelli di attualità parlamentare inerenti la riforma del Codice Antimafia, di cui si avvierà la discussione alla Camera dei Deputati lunedì.
Rosy Bindi ha definito pretestuose le polemiche sorte sul testo, in quanto le norme per l'estensione delle misure di prevenzione a chi commette reati contro la Pubblica Amministrazione, a suo parere, esistono già nel nostro ordinamento giudiziario mentre il nuovo Codice Antimafia delimiterebbe maggiormente il campo d'azione dei magistrati.
In merito alla questione dei beni confiscati, Rosy Bindi ha spiegato che fino ad oggi la gestione non ha funzionato a causa di problemi nel funzionamento dell'Agenzia e anche per il fatto che i magistrati si sono trovati a fare da pionieri in questo settore, che non era il loro, supportati solo da associazioni mentre ora c'è bisogno di coinvolgere anche altre competenze, come quelle imprenditoriali e manageriali per quanto riguarda la gestione di aziende.
Rosy Bindi ha anche spiegato che, però, affinché la custodia e la gestione dei beni confiscati funzioni serve che ci siano risorse statali a finanziarli e per questo auspica che, con la nuova Legge di Bilancio, si possa istituire un Fondo a rotazione per la gestione dei beni confiscati.
Tra gli altri argomenti affrontati da Rosy Bindi ci sono stati il lavoro svolto in questi anni dalla Commissione Antimafia, comprese le missioni internazionali da cui è emerso che molto spesso gli altri Paesi non sono attenti al tema delle mafie e la collaborazione si limita alle rogatorie ma non vedono ciò che accade sui loro territori. In Europa, in particolare, Bindi ha ricordato che non ci sono più fondi per il contrasto alle mafie in quanto non c'è neanche più una commissione al Parlamento Europeo che si occupa di ciò e questo è molto grave. 
Poi Rosy Bindi si è soffermata sulla percezione delle mafie e ha affermato la necessità di creare gli anticorpi: "La storia delle mafie si intreccia con la storia italiana" e per questo andrebbe studiata a scuola e resa patrimonio di tutti, non solo degli addetti ai lavori e di qualche associazione. Così come, secondo Rosy Bindi, c'è bisogno di smettere di percepire il nostro Paese come il più corrotto del mondo, intanto perché non è vero ma poi perché questo agevola il passare dell'idea che tanto è inutile seguire percorsi legali. 
"Dobbiamo stare a testa alta nel contesto internazionale - ha detto Rosy Bindi - perché abbiamo creato misure di contrasto alle mafie che gli altri Paesi non hanno e che hanno costretto le mafie a cambiare per sfuggirvi. Nessuno può guardare all'Italia solo come il Paese delle mafie senza considerare che siamo anche il Paese dei martiri della mafia e di buone norme di contrasto che, ovviamente, vanno costantemente affinate". 
Tanti poi i casi accennati nel discorso, dallo scioglimento di Brescello come fine delle possibilità di negazione della presenza delle mafie al Nord, alle infiltrazioni nella Sanità con l'esempio del sistema lombardo di esternalizzare tutto e di accreditare i privati senza regole creando di fatto varchi per le infiltrazioni di criminali fino al caso di Roma e Mafia Capitale con gli intrecci tra criminalità, corruzione e politica.
Una mattinata intensa che ha lasciato tanti spunti su cui riflettere.

martedì 19 settembre 2017

Neanche le basi

A Gr Parlamento il senatore Mirabelli ha spiegato ad una deputata grillina come funziona una commissione parlamentare [video della trasmissione].
La grillina - tra i tanti svarioni fatti - ha mostrato di non sapere (o peggio, fingere di non sapere) che una commissione funziona quando tutte le forze politiche indicano i propri rappresentanti; non sapeva (o fingeva di non sapere) che il presidente viene eletto dalla commissione stessa durante le prime convocazioni e non viene nominato prima; non sapeva (o fingeva di non sapere) che il calendario dei lavori lo decide l'Ufficio di Presidenza di una Commissione - composto dai rappresentanti di tutti i gruppi politici - e non esclusivamente il presidente.
Trovo tutto questo molto grave da qualsiasi lato si guardi la faccenda perché se la grillina - dopo un'intera legislatura trascorsa in Parlamento e, quindi, anche a lavorare nelle commissioni - non ne conosce il funzionamento, viene da chiedersi cos'abbia fatto in questi anni e come abbia lavorato, visto che non conosce nemmeno le basi; se, invece, la grillina sa come funzionano le istituzioni in cui ha il privilegio di sedere e anche ben retribuita ma sceglie di raccontare una versione non veritiera, vuol dire che, alla faccia dell'onestà tanto decantata, preferisce prendere in giro i cittadini (presumibilmente a fine propagandistico).
Pensateci prima di dare credito a questi soggetti.

martedì 29 agosto 2017

La Mediazione Culturale non si improvvisa

Al di là di tutte le cose sentite sull'orribile vicenda dell'ultimo stupro avvenuto a Rimini, sono rimasta interdetta dalla definizione di "Mediatore Culturale" del signore finito sulle cronache dei giornali per l'indegno post che ha scritto in rete.
Non è solo un fatto di incongruità tra la gravità delle affermazioni fatte e la sua mansione lavorativa e non è neanche solo un fatto di capire cos'ha nella testa questa persona.
Sono uscita dall'Università da un po' di anni ma ricordavo che esisteva una laurea in "Mediazione Culturale" e che, quindi, si tratta di una professione vera e propria - anche molto difficile - che si studia e si impara. "Mediatore Culturale" non è, dunque, un titolo che viene attribuito per caso a chiunque.
Mi domando se nel frattempo sia cambiato qualcosa nel percorso di studi, se sia possibile attribuire un titolo del genere ad una qualsiasi mansione lavorativa che abbia a che fare con l'integrazione e se a farlo possano essere enti o aziende qualsiasi invece che scuole o se si tratta di una semplificazione giornalistica errata.
Non è un dato di poco conto: nella società multietnica e complicata di oggi, la figura del "mediatore culturale" può essere molto importante e molto utile, per cui è necessario che ad assumere questo ruolo siano soggetti preparati culturalmente, che conoscano bene le lingue per sapersi relazionare nel modo migliore, con grandi capacità di interfacciarsi con gli altri per costruire ponti e smussare possibili elementi di conflitto. Non è cosa da improvvisati né tanto meno da persone che esprimono pensieri da sottosviluppati e con scarsa capacità di linguaggio oltre che di intelletto. Poi certamente ci sono azioni e modalità che si imparano sul campo, lavorando e non sui banchi di scuola e bisogna anche esserci portati ma evidentemente non a tutti è sufficiente l'esperienza pratica sul campo se poi emerge in modo così evidente che mancano le basi culturali.
Auspico che la "Mediazione Culturale" torni ad essere un percorso serio di preparazione, studio e relazione e non vengano mai più attribuite simili qualifiche a caso, tanto meno da enti che non hanno facoltà di attribuire qualifiche professionali, perché da questa vicenda rischia anche di risultare un discredito pesante su una professione che invece nel nostro immediato futuro potrebbe essere sempre più importante ma che certamente è difficile e non si improvvisa.

domenica 20 agosto 2017

Rassegna Stampa e Comunicazione

Una volta nella rassegna stampa si dovevano cercare le cose serie per poterle commentare.
Oggi nella rassegna stampa si devono cercare le cazzate e si deve commentare quelle.
In alternativa si cercano le interviste degli "avversari" (interni o esterni o presi a caso) per poi rispondere con insulti (meglio sui social network, così si diffondono più ampiamente).
Questo modo di usare la comunicazione produce danni gravi a lungo termine e molti degli effetti li stiamo già vedendo con il proliferare dell'imbarbarimento del linguaggio e dell'aggressività oltre che con il proliferare di stupidaggini spacciate per verità assolute che circolano ovunque e si affermano con forza.
Togliete la comunicazione dai guru: non tutto ciò che è comunicativamente efficace è buono.
Fate studiare i giornalisti prima di farli scrivere (molti non sanno neanche cosa siano il giornalismo e la deontologia).
E togliete le rassegne stampa dalle mani degli assatanati che cercano il casino e non le notizie.

martedì 25 luglio 2017

L'ultimo saluto a Giovanni Bianchi

Eravamo in tanti oggi a Sesto a dare l'ultimo saluto a Giovanni Bianchi.
Lo avevo conosciuto diversi anni fa in occasione di una Festa politica all’Argentario e lo avevo poi seguito in alcuni dei convegni che organizzava a Milano.
Mi aveva colpita subito per la sua grande cultura, il suo linguaggio sempre calibrato alle situazioni e mai banale, il suo saper volare alto pur ragionando di problematiche concrete e la sua apertura al mondo.
Ci ha lasciati una grande personalità.

mercoledì 28 giugno 2017

Così si va poco lontano

Le parole che si leggono da ieri sui social network e sulle agenzie di stampa rivolte a Dario Franceschini da presunti aderenti al PD e altri esponenti della maggioranza vicini a Renzi (Ascani, Carbone, Guerini) sono fuori luogo. 
Al di là della questione della linea politica e delle alleanze, c'è un punto che viene prima ed è il come si sta in un partito. 
E' una questione di comportamenti, di modi e anche di stile. 
Di fronte ad un risultato elettorale non positivo, Franceschini ha chiesto che si possa discutere
Una richiesta normale. Oltretutto avvenuta dopo un susseguirsi di messaggi un po' strani secondo cui "poteva andare meglio ma aritmeticamente il PD ha conquistato più Comuni" e dopo "l'incidente con Prodi" (che è considerato una sorta di totem del centrosinistra). 
Non è accettabile che Franceschini per risposta riceva una sequenza di frasi offensive da esponenti della stessa maggioranza di cui fa parte e che ha contribuito con voti e sostegno a costruire. 
Il problema della linea politica lo discuteranno nelle sedi opportune (ammesso che si possa discutere) ma il comportamento viene prima di qualsiasi discussione. 
Che senso ha rispondere così male a una persona che è parte della propria stessa maggioranza? 
Come si fa ad utilizzare una normale richiesta di discussione per accusare Franceschini di voler intaccare la leadership di Renzi, che lui stesso ha contribuito a far tornare alla guida del PD? Cosa che stamattina hanno cominciato a fare tutti i pasdaran del renzismo e che oggi ha esplicitato in modo diretto Lotti
L'unico risultato è stato quello di far avere a Franceschini la solidarietà della minoranza, che invece ha davvero l'obiettivo di attaccare Renzi e ovviamente usa l'episodio. 
Il congresso è finito e gli scontri interni dovrebbero essere alle spalle; Renzi è stato rieletto anche grazie al sostegno di Franceschini e non si capisce perché un esponente che fa parte della maggioranza e che lo sostiene debba ricevere questo trattamento per aver espresso una normale richiesta di discussione dopo aver percepito una serie di sbandamenti. 
Un partito sta insieme se ci si rispetta. 
Prima di costruire alleanze fuori occorre imparare anche a comportarsi dentro. 
Non è pensabile di proseguire in un clima interno ed esterno da insulto continuo perché anche questo è parte della sconfitta elettorale. Oltretutto non è pensabile di prendere a insulti un esponente della stessa maggioranza che lavora per sostenere Renzi e non per affossarlo. 
Così si va poco lontano.

sabato 10 giugno 2017

Messaggi e esempi di legalità dall'Assemblea di Libera

Questa mattina all'Assemblea provinciale di Libera, con tanti giovani, rappresentanti di associazioni, scuole e enti impegnati nella diffusione della cultura della legalità. 

Nel corso dell'Assemblea è stata eletta Lucilla Andreucci come coordinatrice e si sono susseguiti interventi di testimonianze ed esperienze messe in pratica in questi anni sui nostri territori.

Tra gli oratori c'era anche Nando Dalla Chiesa che, oltre a raccontare il lavoro svolto con l'Università proprio sul tema delle mafie, ha ricordato ai presenti che l'area di Milano è assediata dalle mafie e quotidianamente si registrano casi di consiglieri comunali che vengono intimiditi e che non parlano per paura.

Don Virginio Colmegna, invece, ha focalizzato il suo intervento sulle problematiche dell'accoglienza, segnalando che non è sufficiente farla sotto la spinta assistenziale ma servono diritti e giustizia; e poi sulla questione dei beni confiscati che, secondo lui, non vanno lasciati in gestione al Terzo Settore senza che vi sia accompagnata alla gestione un progetto capace di mandare un messaggio forte di cambiamento rispetto all'uso e alla finalità di quei beni.
Proprio sul fronte dei messaggi, infatti, secondo Don Colmegna, bisogna agire perché serve cambiare la politica culturale e la narrazione che passa anche dai social.

A chiudere la mattinata è stato un appassionato intervento di Don Luigi Ciotti, che ha raccontato le sue recenti esperienze delle visite in Calabria e più in particolare della realtà di San Luca e poi ha esortato i presenti ad impegnarsi, ad alzare la voce quando molti scelgono il silenzio, a non dimenticare i poveri e si è detto in ansia affinché cresca la democrazia nel nostro Paese perché oggi è molto pallida.

venerdì 9 giugno 2017

M5S e la paura o l'incapacità di assumersi la responsabilità delle scelte

Dietro al naufragio dell’accordo sulla Legge Elettorale apparso in tutta la sua evidenza alla Camera dei Deputati, ci sono sicuramente molti fattori (in primis la strategia politica non proprio efficace messa in atto, per cui si è deciso di portare in Aula la legge quando era chiaro che i numeri traballavano e per di più a ridosso delle elezioni amministrative, per cui ciascun partito ha necessità di darsi visibilità elettorale) e vi sono sicuramente anche diversi protagonisti, consapevoli o meno, di cui si potrà discutere a lungo.
Tra le varie cose, però, è emersa in modo netto ancora una volta la totale inaffidabilità del Movimento Cinque Stelle che, come già aveva fatto in passato su altri provvedimenti, per un po’ di tempo ha mostrato di voler stare all’accordo e poi, strada facendo, ha cambiato idea e ha deciso che le scelte concordate non andavano più bene e, conseguentemente, ha deciso di votare diversamente rispetto a quanto stabilito.
Sulla legge elettorale lo ha mostrato platealmente il tabellone della Camera dei Deputati mentre in passato era già avvenuto al Senato sulle Unioni Civili, ad esempio.
Accordi difficili, dunque, con M5S sia sul merito (perché è complicato concordare con personaggi che credono alle scie chimiche, contestano i vaccini, predicano la decrescita, non vogliono fare opere e infrastrutture per paura di mafie e corruzione e per ogni cosa gridano al complotto) che sul metodo, perché come ha urlato in un momento di rabbia Ettore Rosato alla Camera dei Deputati, poco dopo che si era palesato lo strappo, “Oggi il Movimento 5 Stelle ha dimostrato cosa vale la loro parola: nulla! Non vale nulla!”. [video]
È evidente, quindi, che - come ha fatto notare anche il senatore PD Franco Mirabelli, nel corso di un dibattito televisivo a Sky - “non si può fare alcun accordo quando uno dei contraenti dice apertamente che fa un patto però poi vota come gli pare a prescindere da quanto stabilito insieme. E gli esponenti di M5S alla Camera hanno detto chiaramente, nel corso della discussione, di votare le cose che gradiscono e di non votare le cose che non gradiscono o che si ritiene che convengano al PD. Se questo è il principio su cui si basano, è difficile ripartire e fare nuovi accordi con loro”. 

Il motivo dell’inaffidabilità del Movimento 5 Stelle, l’ha ben individuato Rosato nel finale del suo intervento in Aula quando, rivolto ai banchi dei grillini, ha affermato: “Voi non sapete decidere, voi non sapete scegliere, voi avete paura di decidere, voi avete paura di scegliere, è questo il motivo per cui la legge elettorale è fallita!”. [video]
Ed è proprio questo, infatti, che emerge nell’ondeggiare della linea politica di M5S: la paura di assumersi le responsabilità di una scelta.
L’accordo sulla legge elettorale con le altre forze politiche e, in particolare con il PD, aveva già mandato in crisi il Movimento, tanto che era già stato fatto un primo sondaggio sul blog per far ratificare dagli aderenti la possibilità di scendere a patti con gli altri gruppi parlamentari, perché in M5S persiste il giochino del fare i “duri e puri”, del dire No a qualunque cosa arrivi dagli altri perché è negativa per il solo fatto di arrivare dagli altri, del considerare gli altri come il male da cui star lontani per non farsi contaminare.
È chiaro che, in piena campagna elettorale per le elezioni amministrative, a pochi giorni dal voto, mettersi a fare un accordo con le altre forze, e in particolare con il PD, dipinte sempre come il male assoluto qualche imbarazzo e qualche difficoltà nel Movimento l’ha creata.
Come è chiaro, dunque, che prima dell'interesse del Paese (tanto sbandierato) viene l'interesse del Movimento di non fare brutta figura.
Di qui il tentativo di tirarsi fuori, di prendere tempo, di chiedere un rinvio del voto finale per fare una nuova votazione sul blog.
Scelta “stravagante” l’ha definita il senatore PD Mirabelli intervistato da Sky.
Più pesante ci è andato l’on. Rampelli di Fratelli d’Italia AN che ha detto: “Il Parlamento italiano e i suoi rappresentanti sono tenuti in ostaggio da un golpista digitale che stringe accordi al limite della pornografia politica con il Pd, Forza Italia e Lega. Tiene sotto scacco le istituzioni costringendo la democrazia reale al verdetto della rete. A Roma si dice ci ripensa come i cornuti. Peccato che gli unici cornificati siano i suoi elettori e quegli italiani che in buona fede hanno votato i 5stelle”.
La richiesta di M5S di effettuare una nuova votazione, però, è arrivata proprio perché assumersi la responsabilità di una scelta fa paura: è più facile demandare ad altri, a Grillo, a Casaleggio, alla rete. E se si sbaglia si può sempre dire che è colpa degli altri, del complotto, dei poteri forti...
Ecco allora che viene da pensare che il mito della “democrazia diretta” tanto sbandierata dai grillini sia in realtà una scusa per giocare di furbizia e anche per nascondere incapacità di risolvere situazioni che richiederebbero competenza e politica e non certo un click.

Personalmente, non credo nella democrazia diretta perché non credo che tutti siano tenuti a capire tutto e a potersi esprimere su tutto in modo corretto. Credo in una democrazia rappresentativa, per cui se scelgo un partito è perché presumo che possa rappresentarmi e auspico mandi nelle istituzioni soggetti competenti, capaci e di qualità, che siano poi in grado di assolvere il compito per cui sono stati eletti e trovare le soluzioni ai vari problemi che di volta in volta si pongono.
Gli esponenti di M5S dimenticano forse di esser stati eletti e di aver già ricevuto un mandato dagli elettori e se per ogni problema vanno in tilt o hanno paura di sbagliare e devono chiamare a raccolta il web per sapere come comportarsi, mi domando cosa siano stati eletti a fare? Se non sono in grado di assolvere al compito per cui sono stati mandati nelle istituzioni e ogni volta devono chiedere a ignari cittadini come fare, tanto vale che non si presentino neanche alle elezioni.
Oltretutto, con M5S più che “democrazia diretta” viene da pensare a decisioni eterodirette visto che, un minuto dopo che la legge elettorale è stata affossata, Grillo ha affermato che era una cosa meravigliosa (video di Sky) e verrebbe da chiedersi cosa pensano gli elettori di M5S che avevano votato una prima volta sul blog proprio per chiedere di portare avanti l’accordo per fare quella legge.

martedì 30 maggio 2017

La lotta al racket e le mafie al Nord

Questa mattina in Prefettura a Milano è stato ricordato Pietro Sanua, ucciso perché rifiutava di sottostare al racket e si batteva per il rispetto delle regole e della legalità anche per il settore del commercio e degli ambulanti. 
Nel corso degli interventi, molti tra i relatori si sono soffermati sul fatto che la richiesta del pizzo ai commercianti, anche quelli con attività non di rilievo e priva di grandi guadagni economici, continua ad essere esercitata perché è la manifestazione del potere criminale e del controllo del territorio; cosa che interessa ai mafiosi molto di più dei soldi. 
Nando Dalla Chiesa ha ricordato la forte presenza mafiosa nei settori del commercio ortofrutticolo e anche dei fiori, con intrecci tra organizzazioni criminali e straniere. 
Tornando a Pietro Sanua, è stato evidenziato come, all'epoca del caso, non fu indicato come "omicidio di mafia" perché avvenuto a Milano e nel passato nessuno si azzardava a parlare di mafia a Milano: i primi a farlo sono stati Libera e Nando Dalla Chiesa. 
In molti hanno anche sottolineato la difficoltà che c'è ancora oggi a parlare di mafie al Nord, perché i cittadini tendono a sottovalutare il problema e a sentirsi immuni mentre, invece, purtroppo non è così.

giovedì 18 maggio 2017

Il PD in Lombardia si prepara alle elezioni

Oggi pomeriggio al Circolo Aniasi, all'incontro con Alessandro Alfieri.
Il Segretario Regionale ha fatto alcune riflessioni a carattere generale sulla situazione in Lombardia e ha poi tracciato il percorso che porterà il PD verso le elezioni regionali.
Oggi si parla molto della necessità di cambiamenti ma - ha ricordato Alfieri - i cambiamenti possono anche spaventare e non è detto che siano per forza positivi per tutti. Per questo, come PD, dobbiamo saper tenere insieme domanda di cambiamento e di protezione, perché non è pensabile demandare la protezione a soggetti come Trump o Salvini.
Alfieri ha ricordato che la globalizzazione suscita preoccupazione perché crea maggiore competitività e non tutti riescono a farcela. Le PMI lombarde, in particolare, possono essere spaventate dalla globalizzazione e per questo, secondo Alfieri, bisogna saper dare loro risposte per il futuro.
In merito alla manifestazione di sabato "Insieme senza muri", Alfieri ha evidenziato il fatto che deve legarsi al lavoro di oggi con il patto siglato dai sindaci con il Ministro Minniti, mentre Maroni, in tutti questi anni, è stato assente sul tema dell’immigrazione. Normalmente le operazioni di distribuzione dei migranti sui territori vengono, infatti, gestite dai Presidenti di Regione e altrove è stato così mentre, in Lombardia, Maroni si è rifiutato di farlo per opportunismo. Alfieri ha sottolineato che quando Maroni era Ministro dell’Interno, ordinava ai sindaci di ospitare i profughi, mentre adesso giustifica i sindaci leghisti che non li vogliono.
Sul percorso che il PD dovrà intraprendere per arrivare alle elezioni regionali, il Segretario lombardo ha indicato tre passaggi: 1) Costruzione del Programma (utile ad aggregare mondi per formare una coalizione perché le elezioni si vincono se c’è un leader determinato ma in alleanza con i corpi intermedi territoriali); 2) Coalizione larga il più possibile e tenuta al riparo dalle turbolenze nazionali; 3) Scelta del Candidato alla Presidenza (le primarie non so un dogma ma di solito sono utili per rinsaldare la coalizione).

martedì 16 maggio 2017

I lavori nel quartiere di Niguarda

Lo scorso 21 aprile a Palazzo Marino sono state consegnate all'Assessore Marco Granelli e a Lisa Noja, delegata del Sindaco alle politiche per la accessibilità, le circa 1200 firme raccolte a Niguarda per sollecitare gli interventi di manutenzione del manto stradale della via Ornato e dei marciapiedi del quartiere per garantire la sicurezza alle persone in difficoltà, in modo da evitare i molteplici incidenti, registrati soprattutto negli ultimi mesi.
Gli obiettivi della lettera aperta all’Amministrazione, sottoscritti dai cittadini, sono stati condivisi dalle associazioni per disabili, dalla parrocchia San Martino, dalle cooperative e dal Partito Democratico di Niguarda.
In quella sede, l'Assessore Granelli aveva garantito il proprio interessamento e assicurato interventi in breve tempo.
Dando seguito alle promesse, questa mattina sono venuti a fare un sopralluogo a Niguarda l'Assessore Marco Granelli, Lisa Noja (delegata del Sindaco alle politiche per la accessibilità) insieme ai tecnici dell’ATM. Ad accompagnarli a vedere i punti critici che necessitano di manutenzione, per un percorso che ha toccato la Via Ornato, Piazza Belloveso, Via Cicerone, Via Passerini e Via Val di Ledro, sono stati un gruppo di rappresentanti del Circolo PD Rigoldi e un delegato della Parrocchia San Martino che, insieme alle associazioni per disabili e alle cooperative avevano condiviso la mobilitazione per richiamare l’attenzione dell’amministrazione cittadina.
Un primo risultato è stato raggiunto: questa sera, dalle ore 20.00 circa, inizieranno i lavori per la sistemazione di alcuni tratti di pavimentazione vicini ai binari del tram lungo via Ornato. I lavori impegneranno 8 notti, dalle 22.00 alle 6.00, ed è previsto che si concludano il 27 maggio prossimo. Al fine di tutelare la tranquillità dei residenti non saranno eseguiti il sabato, la domenica e lunedì notte. La scelta di lavorare di notte è determinata dalla necessità di non bloccare la via durante le ore diurne, infatti durante le lavorazioni via Ornato sarà chiusa al traffico.
L'intervento prevede l'asportazione del manto stradale nelle zone ammalorate fino a scoperchiare completamente le rotaie e i relativi attacchi.
Al termine sarà ripristinato il manto stradale.
I lavori saranno eseguiti in collaborazione tra il reparto strade del Comune di Milano e Atm.
L’Assessore, inoltre, ha fatto sapere che a settembre si proseguirà con ulteriori interventi di sistemazione.

mercoledì 29 marzo 2017

Contro la violenza alle donne

Oggi alla Casa di Alex si è parlato di contrasto alla violenza sulle donne, della necessità di un'educazione improntata al rispetto e lontana dagli stereotipi che parta fin da piccoli, della capacità di cogliere i segnali lasciati da chi la violenza la subisce per offrire appigli e costruire una rete in grado di rompere quei meccanismi e della necessità di supporto e aiuto psicologico sia a chi la violenza la subisce che a chi la commette. 
Interessante l'intervento del magistrato Fabio Roia che ha raccontato le difficoltà delle donne vittime di violenza ad affrontare il percorso processuale perché spesso ancora provano dei sentimenti per la persona che hanno denunciato e perché faticano a riconoscersi come vittime, in quanto spesso non sono state credute o sono state colpevolizzate, e si chiedono piuttosto il perché di certi comportamenti da parte del compagno violento. 
Interessante il magistrato Roia perché ha chiarito che la persona da allontanare è il violento e non la vittima e le donne vittime devono stare nei centri preposti solo il tempo necessario ad allontanare chi ha fatto loro del male; senza dimenticare che, in caso di arresto, il soggetto violento deve essere seguito e aiutato perché altrimenti, quando terminerà la sua condanna, il rischio è che torni più violento di prima per vendicarsi. 
Sembra una banalità ma è la prima volta che sento dire ciò in un dibattito sulla violenza alle donne (e di dibattiti su questo tema ultimamente se ne susseguono molti).

martedì 21 marzo 2017

Un partito che punti in alto ma con i piedi per terra e che stia tra la gente

Sono stata al Lingotto perché credo che i momenti in cui prende avvio un percorso sono quelli in cui bisogna esserci e dal Lingotto riparte il cammino del gruppo del PD che sostiene la candidatura di Matteo Renzi al Congresso. Un gruppo che è cambiato nel corso degli anni, che si è allargato e per cui si delinea un percorso che probabilmente non sarà del tutto uguale a ciò che è stato fino ad ora.
Per questo era importante essere presenti, per stare dentro alla nascita di un progetto, per conoscere i nuovi compagni di viaggio, per confrontarsi sulla rotta da seguire, fissare gli obiettivi e scegliere la strada che si ritiene più opportuna per raggiungerli.
I tre giorni al Lingotto, con i workshop e la sessione plenaria, sono stati questo.
A mio avviso, il punto corretto sulla linea politica da tenere lo ha individuato Dario Franceschini, quando ha rilanciato la necessità di riscoprire e porre in evidenza i nostri valori e i nostri ideali: «Dobbiamo saperlo dove siamo: in uno schema nuovo che è populisti contro responsabili. Non si può affrontare il populismo con un po’ meno populismo ma bisogna sfidarlo frontalmente, con una sfida sui valori, con una sfida sulle idee per il futuro; facendo capire alla gente le profonde diversità, anche a costo di affrontare i temi scomodi».
Per me occorre che il PD, con Renzi, riparta da qui perché quando si è forza di governo (e il PD è al governo da tre anni) non ci si può permettere di inseguire una facile demagogia che, oltretutto, manda messaggi sbagliati ai cittadini ma si deve avere la responsabilità di raccontare la realtà e di proporre dei cambiamenti coerenti e veritieri sulla base degli ideali che si perseguono.
Se vogliamo che la politica torni ad essere una cosa “alta e nobile” e non un ring di pugilato per bulli da talk show o da tastiera occorre volare alto, porsi degli obiettivi ambiziosi ma capaci di coinvolgere i cittadini e di mobilitarli, raccogliendo la grande richiesta di partecipazione che c’è.
E non c’è dubbio che Renzi sia ancora un grande catalizzatore di attenzione e di interesse per cui soltanto lui può farsi interprete di questa esigenza.
Ma deve essere chiaro, però, che non serve inseguire i populisti sul loro stesso terreno perché il loro non è un percorso di costruzione ma di distruzione totale e ha ragione Franceschini, quindi, quando dal palco del Lingotto ha affermato che occorre essere:
«Lontanissimi sui contenuti. Profondamente alternativi.
Loro le paure e noi le speranze.
Loro costruiscono muri e noi vogliamo costruire ponti.
Loro hanno l’odio dell’antipolitica e noi abbiamo l’orgoglio della politica.
Per loro la politica è il veleno, l’odio della casta; per noi la politica è fatta con migliaia di persone che la vivono come servizio, sacrificando una parte della loro vita per la politica.
Per loro c’è la facilità della demagogia; per noi c’è la fatica del realismo.
Per loro ci sono i nazionalismi e l’antieuropeismo; per noi ci deve essere l’europeismo più vero e più profondo».
Per riuscire a portare avanti tutto questo, però, è necessario un ampio e complesso lavoro culturale da compiere a tutti i livelli della società.
Perciò, come ha detto Franceschini al Lingotto, «Per noi la sfida più grande deve essere sulla formazione e sulla conoscenza che sono il principale antidoto per sfidare i populismi» e, di conseguenza, serve anche che la politica trovi il modo di far emergere il lavoro che quotidianamente viene svolto per arrivare ad ottenere dei risultati (che vanno costruititi spesso con fatica, passo dopo passo e non arrivano per miracolo da soli).
Il mondo dei media, in questo, va coinvolto perché ha delle responsabilità grandi nella diffusione della demagogia. Una narrazione corretta e che diffonda un’informazione veritiera è importante.
Ed è importante che anche la politica impari a fare di se stessa una narrazione diversa, che faccia emergere con più forza il proprio lavoro, al centro del quale devono esserci l’interesse del Paese e dei cittadini.
Trasparenza per me è questo: non è sapere quanto guadagna uno o un altro ma è il far vedere il cosa si fa e il come lo si fa negli uffici, nelle Aule istituzionali, nelle riunioni decisionali.
Questa è la trasparenza che voglio vedere messa in pratica dal PD: si metta in luce la differenza tra chi lavora e lo stipendio (alto o basso che sia) se lo guadagna e chi, invece, sta sulla poltrona a parlare e basta senza fare nulla.
I veri “ladri”, la vera “casta che ruba lo stipendio” scaldando le poltrone e non facendo niente di concreto sono i signori della propaganda, i populisti che spesso urlano “tutti a casa” (ma sono i primi che “a casa” non pensano minimamente di andare pur non essendo di alcuna utilità al Paese ricoprendo ruoli per cui sono totalmente incompetenti e inadeguati).
La politica non deve essere ridotta ad una competizione da talent show, anche perché non è detto che i più competitivi siano poi i più bravi e a Renzi chiedo, quindi, di valorizzare il merito, che significa mettere nei ruoli giusti le persone competenti per ricoprirli (a prescindere dalle amicizie, dall’età e dalle carriere) perché solo così si può marcare la diversità e dare l’esempio di una politica migliore.
La politica, se vuole recuperare credibilità, infatti, ha bisogno di dare esempi positivi di sé mentre, se non riesce a mostrare questo, se non riesce a far passare le differenze, continueranno a prevalere i polveroni delle notizie sulle inchieste con cui si alimenterà solamente il vento del “sono tutti uguali” e degli esperti di propaganda che ci soffiano sopra e non si avrà mai un recupero della fiducia da parte dei cittadini.
Il lavoro da fare, dunque, è molto ed è impegnativo.
Al Lingotto siamo ripartiti, con il trolley (evocato nella scenografia), ci siamo rimessi in cammino. Alcuni di noi, in realtà, in cammino lo sono sempre stati e non si sono neanche mai fermati.
Bene se anche Renzi, dopo il camper dell’inizio del viaggio, ora decide di rimettersi in cammino. Lo faccia e non si fermi: vada in giro tra la gente vera, nei mercati e nelle strade; non abbia paura di incontrare le persone normali. Torni fuori e parli con tutti; esca dai luoghi di eccellenza in cui tutto funziona; non incontri esclusivamente gli esempi di successo ma vada a cercare anche le persone normali, ascolti anche la loro vita e la loro fatica: magari, non sono soggetti trasformabili facilmente in figurine ma il mondo non è fatto solo di successo e tra il successo e la sventura ci sono migliaia di vite normali che meritano la stessa attenzione e non vanno considerate di serie B.
Renzi, rimettendosi in cammino, diventi uno di noi e, caso mai, aiuti quei normali a trovare delle opportunità.
Sono entrata nel PD nel 2009 e ci sono entrata perché Franceschini, da Segretario, era uno di noi: faceva le campagne elettorali girando nei mercati, sugli autobus, nelle fabbriche tra i dirigenti e tra gli operai, nei luoghi di eccellenza e in quelli in crisi.
Essere un partito a vocazione maggioritaria vuol dire questo: vuol dire parlare a tutti, andare incontro a tutti, stare in mezzo alle persone, sporcarsi anche le mani, uscire dai Palazzi.
L’esempio che mi aspetto da un Segretario è questo: voglio una persona capace di guidare il PD puntando in alto, a grandi obiettivi supportati da grandi ideali, ma con i piedi saldamente per terra e capace di vivere dentro la realtà quotidiana delle persone.
Renzi può farlo: ha il supporto di una larga parte del PD e dell’elettorato; in molti guardano ancora a lui come ad una speranza per il futuro; ha la forza e la capacità per farsi interprete del partito e della società. Non si tiri indietro, non si chiuda dentro mondi belli ma esclusivi; si apra e accolga il mondo che c’è intorno.

Pubblicato in AreaDem

domenica 19 febbraio 2017

L'Assemblea del PD verso il Congresso

È stata una bella Assemblea Nazionale quella che ha svolto il Partito Democratico oggi a Roma. Bella perché belli erano gli interventi che si sono susseguiti.
In questa Assemblea Nazionale, infatti, si è notata anche la differenza di spessore politico e culturale in alcuni interventi. Non è cosa da poco; era da tempo che questo non avveniva. Nei mesi scorsi più che ad assistere a delle discussioni politiche sembrava di assistere a show televisivi che avevano per partecipanti buzzurri della tastiera. Il momento delicato, senza dubbio, richiedeva diplomazia e dialettica un po’ più elevate ma non era affatto scontato che ci sarebbero state, vista la brutalità e la rapidità con cui ultimamente vengono liquidate tutte le questioni.

L’intervento che ho apprezzato maggiormente è stato quello di Piero Fassino. È stato lui, con il suo discorso, a fare ciò che avrebbe dovuto fare un Segretario. [video]
Un discorso da Segretario vero, con cui Fassino ha saputo mettere a fuoco tutti i punti chiave di questo passaggio difficile e ha fatto anche alcune aperture che sarebbero state necessarie in questa fase.
La fatica del lavoro di mediazione di Piero Fassino di questi giorni e di queste ore era tutta nelle espressioni del suo viso e nel contenuto del discorso pronunciato.
Un’analisi, quella fatta da Fassino, che ha saputo tenere insieme le tante problematiche che ci sono da dipanare ma che ha posto anche soluzioni perché non possiamo dimenticare che, oltre ai problemi interni al PD, ci sono anche delle scadenze elettorali da affrontare e c’è un mondo che assume dei risvolti sempre più inquietanti su cui occorre riflettere.

Un intervento bello e appassionato anche quello di Walter Veltroni, tanto che i giornalisti lo hanno già ribattezzato “la mozione emozionale”. Eppure il discorso di Veltroni è stato anche molto concreto quando ha ricordato tutte le sconfitte inanellate dalla sinistra ogni volta che ha scelto di dividersi e le ragioni per cui è nato il Partito Democratico, perché “Se la prospettiva è il ritorno ad un partito che sembra Margherita e uno i DS, chiamatelo passato non futuro”. [video]
Veltroni, infine, commuove quando si scusa per essere intervenuto. Il fondatore del PD che si scusa per intervenire all’Assemblea Nazionale del PD… Sono altri dovrebbero scusarsi per cosa hanno fatto con il PD in tutti questi anni.

Sulla stessa lunghezza d’onda di Veltroni si pone anche Dario Franceschini. La sofferenza e le tensioni per lo spettacolo che è consumato in questi giorni erano tutte nel volto di Franceschini mentre nel suo intervento si appellava all’unità del PD e ricordava di come il popolo del centrosinistra sia molto più unito dei suoi dirigenti e non avrebbe capito un’altra divisione che condannerebbe il centrosinistra all’irrilevanza politica, soprattutto in questa fase così pericolosa dove nel mondo prendono piede forze populiste e antisistema che mirano a cavalcare le paure dei cittadini e a dividere. [video]

Trionfo di applausi, invece, per Teresa Bellanova, che nel suo accalorato intervento ha ripercorso tutte le trattative portate a termine con i grandi gruppi industriali per salvare occupazione e imprese e ha polemizzato con la minoranza del PD per utilizzare spesso l’appellativo di “tifosi” per i sostenitori di Renzi e ha domandato retoricamente “come si fa ad andare nelle piazze senza sapere se ti devi difendere da Grillo o da chi sta nel tuo partito?”. [video]

Tentativi di mediazione espliciti tra maggioranza e minoranza, invece, sono arrivati da Maurizio Martina che, nel suo intervento, ha colto una questione importante: c’è bisogno di allargare la partecipazione. [video] Non è chiaro se lo dicesse perché ambisce ad allargare la “maggioranza renziana” e a trovarvi posto o se lo ha detto in senso più generale ma il vero limite del PD di questi anni è stato proprio qui. C’è una necessità vera di allargare la partecipazione, che vuol dire allargare gli spazi di partecipazione e decisione politica, vuol dire coinvolgere le persone (a partire da quelle della maggioranza, che è un po’ più composita del solo “giglio magico” o dei presunti “fedelissimi” che si sono autonominati tali) e il coinvolgimento deve essere vero e non solo quando fa comodo o quando serve manovalanza per mettere in piedi scelte decise da altri chissà dove. Si avverte sempre di più un senso di esclusione nel PD che probabilmente nasce anche dalla diffidenza di Renzi verso tutti gli altri ma così facendo è difficile sentirsi parte di qualcosa e portare avanti dei progetti. 

Differente è la posizione di Andrea Orlando che insiste nel chiedere una conferenza programmatica per allungare i tempi della discussione congressuale e ripartire da una piattaforma comune, stemperando prima le troppe tensioni accumulate in questi mesi. [video]
Orlando poi ricorda che c'è bisogno di intellettuali per costruire un pensiero politico perché non basta la competizione e chiede il coinvolgimento di essi all’interno di un percorso programmatico. La questione non è da poco e non va banalizzata. Non è solo il problema di giocato le ultime campagne elettorali avendo contro tutto il mondo intellettuale che è sempre stato di riferimento per il centrosinistra ma è anche un problema del come fare politica, del come gestire le discussioni e di quale livello tenere nei dibattiti perché indubbiamente la brutalità anche di linguaggio degli ultimi tempi non è certo stata di aiuto dentro al PD. 

Il finale per ora resta aperto, nei prossimi giorni si capirà cosa ne sarà della scissione ma intanto si avvia l’iter per il congresso e da qui si apre un’altra fase, completamente nuova.

Sul treno del ritorno

Ieri pomeriggio sul treno del ritorno ho trovato una bella sorpresa.
Sono stata la prima a salire sul vagone e nel portabagagli in alto, dove ero intenta a mettere il piumino, c'era un sacchetto infiocchettato con una scatola di cioccolatini.
Mi sono guardata in giro un po' per capire se qualcuno l'aveva appoggiata lì e magari era semplicemente sceso a fumare o se qualcuno che si era accorto di averla lasciata stesse tornando a recuperarla ma nessuno arrivava.
Sono stata un po' indecisa sul cosa fare. I brutti episodi di cronaca e gli annunci che si susseguono dagli altoparlanti sui bagagli dimenticati hanno fatto il loro effetto. Il sacchetto infiocchettato sembrava di cioccolatini ma se non li fossero stati? Ho pensato che avrei dovuto avvisare il capotreno ma ho pensato anche che in quel modo il treno non sarebbe partito più e poi se avessi chiamato il capotreno per una scatola di cioccolatini abbandonata sarei stata ridicola. Alla fine mi sono decisa a sfiocchettare il sacchetto e a sollevare il coperchio ed erano proprio cioccolatini veri.
Pian piano hanno cominciato a salire gli altri viaggiatori ma ormai i cioccolatini erano miei.

giovedì 26 gennaio 2017

Giancarlo Caselli e la storia d'Italia

Tantissima gente oggi pomeriggio alla presentazione del libro di Giancarlo Caselli, nella Biblioteca di Chiesa Rossa a Milano. 
L'ex magistrato ha ripercorso momenti della storia recente d'Italia, ricordando i primi passi della lotta al terrorismo e della lotta alla mafia ma anche i veleni che ancora aleggiano su alcuni episodi. 
Caselli ha ricordato la nascita dei pool di magistrati, il coinvolgimento dell'opinione pubblica come elemento fondamentale per isolare il terrorismo, i misteri rimasti attorno al caso Moro ma anche il processo Andreotti, i tentativi di delegittimazione di Borsellino e la fine del pool di Palermo e la vicenda della mancata perquisizione del covo di Riina, fino all'episodio che lo ha riguardato personalmente con le leggi per impedirgli di diventare capo della Procura Nazionale Antimafia. 
 Un dibattito intenso, con molti temi legati alla storia del nostro Paese su cui riflettere.

martedì 24 gennaio 2017

Novità per la sicurezza a Milano

Stasera al circolo di Niguarda, l’assessore alla sicurezza Carmela Rozza è venuta a spiegare alcune delle novità che il Comune di Milano ha in programma di mettere in campo per controllare meglio i nostri quartieri.
L’ambizione dell’assessore è quella di arrivare alla riforma della figura del “vigile di quartiere”: questi dovranno essere l’occhio e l’orecchio del quartiere, non più i soggetti che segnalano solo i tombini rotti o problemi di manutenzione ma figure che dovranno andare in giro per le strade e conquistarsi il favore dei cittadini per farsi raccontare ciò che accade, anche se poi magari l’intervento risolutivo spetterà ad altri farlo.
Oggi – ha spiegato l’assessore - ci sono 75 squadre di vigili e andranno divise per i quartieri.
In merito al problema della sede dei vigili in via di chiusura nel quartiere di Niguarda, l’assessore ha spiegato che, secondo lei, tenere aperti gli uffici comporta che ci stia dentro del personale mentre è più utile che i vigili stiano in strada e sul territorio, che non chiusi negli uffici.
Inoltre, l’assessore ha spiegato il progetto di far affiancare il vigile di quartiere da degli studenti universitari (dell’ambito della sicurezza) di madrelingua estera, in modo che possano rapportarsi correttamente anche con i cittadini che non parlano italiano.
Resterebbero, comunque, problemi nel presidiare la sera e la notte ma l’assessore ha spiegato che ci sono dei vincoli nel contratto e non si può fare molto. Oggi, il contratto, prevede 19 notti all’anno per ogni vigile ma ci sono anche dei limiti diversi in base all’età e agli anni di servizio. Numerose assunzioni di vigili sono state fatte dal sindaco Albertini in anni passati e, ora, è abbastanza difficile ottenere modifiche di contratto o assumere altro personale.
A Milano, comunque, di notte girano 5 pattuglie e poi ci sono alcuni presidi fissi (“servizi mirati” per il controllo di alcune zone in un tempo determinato) e l’assessore ha annunciato di avere l’obiettivo di arrivare ad avere 10 pattuglie notturne: almeno una in ogni zona.
Novità che l’assessore ha annunciato di voler realizzare è l’istituzione di un nucleo di controllo per le case popolari (in particolare per la vendita, il racket e il subaffitto).

sabato 21 gennaio 2017

La Commissione Parlamentare Antimafia a Milano

La Commissione Parlamentare Antimafia è tornata a Milano per due giorni di audizioni e per una presentazione di un dottorato di ricerca dell’Università Statale.
Due giornate intense che si sono aperte con una visita al carcere di Opera, dove si trovano i detenuti in regime di 41bis, per completare un’indagine sul funzionamento di questo modello di carcerazione. La delegazione della Commissione Antimafia, guidata dalla Presidente Rosy Bindi, si poi recata in Prefettura per un ciclo di audizioni con le forze dell’ordine e i magistrati per un aggiornamento sulle tante indagini aperte sulle realtà milanesi e del Nord Italia, dove sono state poste all’attenzione anche alcune vicende riguardanti i Comuni di Corsico, Cisliano, Melegnano e Tribiano.
L’ultima giornata della missione milanese, invece, si è svolta presso l’Università degli Studi, dove Rosy Bindi, insieme a Nando Dalla Chiesa e ai Rettori Vago e Manfredi, ha presentato il primo Dottorato di Ricerca in Studi sulla criminalità organizzata.
Un dottorato fortemente voluto dalla Commissione Parlamentare Antimafia, che metterà a disposizione dei dottorandi la propria documentazione e, grazie a cui, l’Università ha potuto ottenere anche un finanziamento da parte del Governo, composto da 13 settori di specializzazione per poter essere in grado di rispondere alle varie esigenze di chi vorrà intraprendere quel percorso (spesso si tratta di soggetti con profili molto vari, da chi desidera entrare nelle forze dell’ordine, a chi ambisce al giornalismo, a cooperanti di ONG, a chi andrà a lavorare in beni confiscati o a figure della Pubblica Amministrazione che si troveranno poi a dover cercare di contrastare la corruzione).
È il primo dottorato che nasce dall’interazione di più istituzioni: Università degli Studi di Milano, Università del Centro e del Sud Italia, Collegio dei Rettori, Commissione Antimafia, Governo, associazioni e anche Regione Lombardia (che ha erogato 50mila euro per una borsa di studio).
Rosy Bindi ci ha tenuto a ricordare l’impegno della Commissione Antimafia sul fronte della formazione: nei mesi scorsi, infatti, si erano già svolti incontri nell’Università della Calabria e anche all’Università Statale di Milano perché “le mafie si evolvono – ha affermato la Presidente – e anche chi vuole combattere la mafia deve studiare per adeguare i propri strumenti per poter ottenere dei risultati”.
Nando Dalla Chiesa ha rivendicato l’importanza di esser riusciti a far diventare gli studi antimafia degli studi a pieno titolo e non più dei percorsi minori, “segno che oramai viene riconosciuta la gravità della situazione e non la si nega più”, ha commentato il professore, che ha poi sottolineato come a partecipare e ad interessarsi di questa materia siano in prevalenza le donne.
Il Presidente della Conferenza dei Rettori, Manfredi, ha evidenziato l’importanza di creare delle competenze diffuse sul tema del contrasto alle mafie ma anche – proprio grazie al nuovo dottorato - di poter dotare le persone di una preparazione specialistica, mentre Rosy Bindi ha detto che è necessario “laicizzare l’antimafia: per tanto tempo la lotta alle mafie è stata patrimonio quasi esclusivo di associazioni e movimenti civici mentre ora c’è la necessità che diventi un impegno civile di tutti e per questo è importante la formazione”. “Nella storia del nostro Paese c’è anche la mafia e bisogna saperlo se la si vuole combattere – ha affermato Rosy Bindi – e quindi bisogna studiarla a partire dalle scuole”.