sabato 30 settembre 2017

Milano, città dell'impegno civile

Sabato pomeriggio impegnativo oggi a Milano.
Primo appuntamento alle 16:00 alla Casa della Memoria per la presentazione - organizzata da Anpi - del libro "Oltre i 100 passi" con Giovanni Impastato, fratello di Peppino, in cui si ricorda la figura della madre e l'importanza ceh questa ha avuto nel cambiare la storia di quella famiglia rinunciando alla vendetta per l'uccisione del figlio.
Poi in piazza Beccaria, dove alle 18:30, iniziava la manifestazione "Riprendiamoci la libertà" indetta dalla CGIL per le donne, contro le violenze (troppe, come purtroppo abbiamo visto anche in questi giorni) e per una educazione attenta al rispetto e alla parità di genere. 
Infine alla festa/dibattito antimafia - affollatissima - organizzata da Libera al centro ricreativo Ratti in via Cenisio con testimonianze di una Calabria che ribella alla 'ndrangheta. 
 Tutti eventi molto partecipati, segno che forse, dopo i gravi fatti balzati alle cronache in questi giorni, un po' di attenzione nell'opinione pubblica si è riusciti a suscitarla.

sabato 23 settembre 2017

L'importanza di raccontare chi combatte le mafie

Questa mattina a Palazzo Reale a Milano per l'incontro organizzato dall'Arci sul contrasto alle mafie e alla corruzione.
Tanti interventi, aperti da Nicola Licci e tante esperienze raccontate di campi di conversione alla legalità di beni confiscati alle mafie, dalla Sicilia al Gargano fino alla Pizzeria Fiore di Lecco.
Tutti i relatori si sono soffermati sulla necessità di raccontare di più le mafie (la 'ndrangheta in particolare che qui al Nord è insediata e su cui non esiste neanche una narrazione cinematografica, come invece è stato per la mafia siciliana) ma soprattutto di raccontare chi combatte le mafie per evitare che si crei il predominio di una narrazione mafiosa.
Nando Dalla Chiesa, in particolare, ha sottolineato l'importanza di far vedere l'antimafia, far vedere la superiorità morale di chi lotta contro la criminalità organizzata e di avere il coraggio di competere contro una cultura della mafia in modo aperto e ben visibile.
A concludere la discussione della mattinata è stato un ampio intervento di Rosy Bindi (Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia) che, con il suo intervento, ha spaziato su più argomenti, compresi quelli di attualità parlamentare inerenti la riforma del Codice Antimafia, di cui si avvierà la discussione alla Camera dei Deputati lunedì.
Rosy Bindi ha definito pretestuose le polemiche sorte sul testo, in quanto le norme per l'estensione delle misure di prevenzione a chi commette reati contro la Pubblica Amministrazione, a suo parere, esistono già nel nostro ordinamento giudiziario mentre il nuovo Codice Antimafia delimiterebbe maggiormente il campo d'azione dei magistrati.
In merito alla questione dei beni confiscati, Rosy Bindi ha spiegato che fino ad oggi la gestione non ha funzionato a causa di problemi nel funzionamento dell'Agenzia e anche per il fatto che i magistrati si sono trovati a fare da pionieri in questo settore, che non era il loro, supportati solo da associazioni mentre ora c'è bisogno di coinvolgere anche altre competenze, come quelle imprenditoriali e manageriali per quanto riguarda la gestione di aziende.
Rosy Bindi ha anche spiegato che, però, affinché la custodia e la gestione dei beni confiscati funzioni serve che ci siano risorse statali a finanziarli e per questo auspica che, con la nuova Legge di Bilancio, si possa istituire un Fondo a rotazione per la gestione dei beni confiscati.
Tra gli altri argomenti affrontati da Rosy Bindi ci sono stati il lavoro svolto in questi anni dalla Commissione Antimafia, comprese le missioni internazionali da cui è emerso che molto spesso gli altri Paesi non sono attenti al tema delle mafie e la collaborazione si limita alle rogatorie ma non vedono ciò che accade sui loro territori. In Europa, in particolare, Bindi ha ricordato che non ci sono più fondi per il contrasto alle mafie in quanto non c'è neanche più una commissione al Parlamento Europeo che si occupa di ciò e questo è molto grave. 
Poi Rosy Bindi si è soffermata sulla percezione delle mafie e ha affermato la necessità di creare gli anticorpi: "La storia delle mafie si intreccia con la storia italiana" e per questo andrebbe studiata a scuola e resa patrimonio di tutti, non solo degli addetti ai lavori e di qualche associazione. Così come, secondo Rosy Bindi, c'è bisogno di smettere di percepire il nostro Paese come il più corrotto del mondo, intanto perché non è vero ma poi perché questo agevola il passare dell'idea che tanto è inutile seguire percorsi legali. 
"Dobbiamo stare a testa alta nel contesto internazionale - ha detto Rosy Bindi - perché abbiamo creato misure di contrasto alle mafie che gli altri Paesi non hanno e che hanno costretto le mafie a cambiare per sfuggirvi. Nessuno può guardare all'Italia solo come il Paese delle mafie senza considerare che siamo anche il Paese dei martiri della mafia e di buone norme di contrasto che, ovviamente, vanno costantemente affinate". 
Tanti poi i casi accennati nel discorso, dallo scioglimento di Brescello come fine delle possibilità di negazione della presenza delle mafie al Nord, alle infiltrazioni nella Sanità con l'esempio del sistema lombardo di esternalizzare tutto e di accreditare i privati senza regole creando di fatto varchi per le infiltrazioni di criminali fino al caso di Roma e Mafia Capitale con gli intrecci tra criminalità, corruzione e politica.
Una mattinata intensa che ha lasciato tanti spunti su cui riflettere.

martedì 19 settembre 2017

Neanche le basi

A Gr Parlamento il senatore Mirabelli ha spiegato ad una deputata grillina come funziona una commissione parlamentare [video della trasmissione].
La grillina - tra i tanti svarioni fatti - ha mostrato di non sapere (o peggio, fingere di non sapere) che una commissione funziona quando tutte le forze politiche indicano i propri rappresentanti; non sapeva (o fingeva di non sapere) che il presidente viene eletto dalla commissione stessa durante le prime convocazioni e non viene nominato prima; non sapeva (o fingeva di non sapere) che il calendario dei lavori lo decide l'Ufficio di Presidenza di una Commissione - composto dai rappresentanti di tutti i gruppi politici - e non esclusivamente il presidente.
Trovo tutto questo molto grave da qualsiasi lato si guardi la faccenda perché se la grillina - dopo un'intera legislatura trascorsa in Parlamento e, quindi, anche a lavorare nelle commissioni - non ne conosce il funzionamento, viene da chiedersi cos'abbia fatto in questi anni e come abbia lavorato, visto che non conosce nemmeno le basi; se, invece, la grillina sa come funzionano le istituzioni in cui ha il privilegio di sedere e anche ben retribuita ma sceglie di raccontare una versione non veritiera, vuol dire che, alla faccia dell'onestà tanto decantata, preferisce prendere in giro i cittadini (presumibilmente a fine propagandistico).
Pensateci prima di dare credito a questi soggetti.