giovedì 27 marzo 2014

Web, tra realtà e finzioni

In rete gira da un po' la foto finta del giuramento di Maria Elena Boschi in cui, mentre è chinata a firmare, dai pantaloni a vita bassa esce il perizoma. E' una foto finta, ritoccata. Chi ha seguito la cerimonia del giuramento dei Ministri in tv e anche quelli che hanno guardato le foto (vere) del sedere della Boschi riprese alla stessa cerimonia dovrebbero saperlo.
Personalmente non ho alcuna simpatia per la Boschi e neanche per il suo stile ma trovo molto buffe le parodie, compresa la foto finta che come parodia va considerata. Mi fa impressione, però, vedere che a farla girare sono gli stessi iscritti del PD con intenti tutt'altro che goliardici, molti non hanno neanche capito che si tratta di una foto finta. Stupisce che persone tanto attente a ogni cosa che fa il PD e sempre pronte a contestare tutto perché il "Partito" viene prima, si prestino alla diffusione di tale materiale e spesso accompagnato da commenti non proprio "simpatici".
In rete girano tante cose, molte delle quali sono finte. Non sempre è semplice distinguere il vero dal falso e la tecnologia, oggi, offre molte potenzialità per mistificare la realtà. Inviterei, tuttavia, a verificare la fonte delle informazioni che ricevete prima di contribuire allo spargimento di bufale mediatiche senza neanche che ve ne rendiate conto.
In merito alle donne e anche alle giovani e belle Ministre, rimango ancora stupita nel vedere certi atteggiamenti. Una volta si diceva che il problema era Rosy Bindi perché "non bella", oggi ci sono quelle "belle" e non vanno bene neanche loro? Il valore delle donne si misura dall'estetica e dagli abiti che indossano???

lunedì 17 marzo 2014

Pensionati e Precari

Poco fa alla Tv 7Gold, senatore Franco Mirabelli ha spiegato (per quanti non se ne fossero accorti) che Renzi di pensioni non ha parlato e l'argomento non è scritto da nessuna parte del decreto presentato e, anziché perdersi in elucubrazioni inutili, sarebbe meglio attenersi a commentare le cose annunciate. "In questa legislatura, con il Governo Letta, è stato già fatto un adeguamento delle pensioni fino ai 3.000 euro. L'Italia - ha ricordato Mirabelli ai pensionati che telefonavano in trasmissione - ha garantito per molto tempo a tante persone di andare in pensione e di andarci bene e, forse, oggi tutto questo non si riesce più a farlo per i giovani. Oggi, nel nostro Paese, le pensioni spesso svolgono una funzione di welfare e, se si cambia questo meccanismo, dando più soldi alle famiglie, probabilmente si riesce ad alleggerire i pensionati da questo peso. Anche per questo è utile essere partiti dal tema del lavoro dipendente e dall'idea di lasciare più soldi in tasca alle famiglie per alimentare i consumi: le risorse non sono infinite e, nel contesto in cui ci troviamo, è giusto darsi delle priorità".
Sul tema del precariato, Mirabelli ha spiegato che oggi il punto è creare lavoro e aumentare le assunzioni: perché si possano stabilizzare i precari bisogna che prima si creino posti di lavoro e il decreto di Renzi ha questo obiettivo.
Con la riforma Fornero - ha ricordato Mirabelli - accadeva che dopo un contratto a termine occorreva una pausa di diversi mesi prima che questo potesse essere rinnovato e, dopo il terzo rinnovo, o l'azienda assumeva in modo stabile il lavoratore o lo lasciava a casa. Prima della legge Fornero, il contratto a progetto non poteva essere rinnovato per più di due anni, anche in questo caso l'azienda poteva scegliere se assumere il lavoratore o lasciarlo a casa. Per risolvere il problema delle troppe modalità contrattuali, la proposta di Renzi va verso il contratto unico.

Per quelli che non se ne sono accorti, segnalo che di fatto, il più delle volte accadeva che l'azienda modificava il progetto scritto nel contratto e si teneva precariamente il lavoratore fregandosene della legge oppure sostituiva il lavoratore o si avvaleva di stagisti a rotazione. I contratti a progetto sono una realtà da tempo. Fingere di non vederli è ipocrita. Cercare di regolarli ci hanno provato in tanti senza sortire alcun effetto. Cerchiamo di essere concreti invece di parlare a vanvera o di far finta di cadere dalle nuvole.

p.s.: A proposito di pensioni, io sono una di quelle che la pensione non l'avrà mai e sentire pensionati che si lamentano, spesso con pensioni alte e non strettamente legate ai contributi che hanno versato, fa incazzare parecchio.

martedì 11 marzo 2014

Bimbi al Senato

Oggi pomeriggio ho fatto la maestra e mi sono ricordata di quanto sia bello ma anche faticoso perché i bambini fanno domande precise e vogliono risposte precise e ti vedono come una infallibile che sa tutto e non li puoi deludere.
Ero a fare "il pubblico" in Senato e si sono avvicendate un paio di scolaresche. Il primo gruppo era di ragazzi che più che cercare di capire cosa stesse succedendo erano lì per divertirsi, una stava anche per applaudire dopo un intervento perché ha sentito una parte di senatori che applaudiva, ma lei non lo faceva perché aveva seguito l'intervento: pensava che si facesse, come a teatro o in tv! Il secondo gruppo, invece, erano bambini e quasi tutti maschi. Erano preparati, sapevano tutto del senato e conoscevano i nomi dei senatori più importanti, solo che alcune cose probabilmente non gliele avevano dette, come ad esempio il fatto che il Presidente del Senato non sta lì fisso sempre ma ogni tanto, a turno, i vicepresidenti lo sostituiscono: i bimbi si aspettavo di vedere Grasso e hanno trovato Gasparri e hanno cominciato a chiedere perché. Poi volevano sapere cosa si stesse votando e cosa c'era di diverso in quella legge rispetto a quella attuale e quali partiti volevano quella legge. Poi si sono persi a guardare una bellissima senatrice bionda di Forza Italia. Poi uno voleva sapere cosa fa un senatore, che lavoro è e cosa farà quando non sarà più senatore. Uno ha anche chiesto di quanto è lo stipendio di un senatore.
Mi ha colpito vedere bimbi così interessati e preparati. È bello che le scuole portino i bimbi a vedere all'opera i nostri rappresentanti nelle istituzioni e credo che sia anche utile, soprattutto in tempi di antipolitica.

domenica 9 marzo 2014

Le opportunità e i riconoscimenti non sono ancora pari

In occasione della giornata della donna, anche al circolo PD a cui sono iscritta, abbiamo ritenuto opportuno aprire una discussione sulle politiche di genere ma anche su cosa sta avvenendo nella nostra società.
All'apparenza le donne hanno ottenuto la parità ma di fatto le cose non stanno proprio così. ce lo dicono i numeri.
Nei giorni precedenti l'8 marzo, i quotidiani hanno riportato diverse statistiche in cui era evidenziato come, troppo spesso, ancora oggi, per le donne le opportunità non sono pari rispetto a quelle degli uomini ma purtroppo non sono pari neanche i riconoscimenti.

La parità retributiva (che significa che a parità di mansione deve corrispondere pari salario tra uomo e donna), per esempio, è sancita dai trattati europei del 1957 ma la direttiva attuativa è soltanto del 2006 e dai giornali dei giorni scorsi abbiamo appreso che le donne per la raggiungere la stessa cifra guadagnata dagli uomini, a parità di mansione, in Europa mediamente devono lavorare 59 giorni in più
In Italia, scrive Il Sole 24 Ore, le cose vanno un po' meglio e i giorni in più di lavoro sono mediamente 12, anche se qualcosa è peggiorato in seguito alla crisi economica e poi molto varia da settore a settore.
E sempre Il Sole 24 Ore scrive che esiste un problema di "segregazione femminile", cioè le donne sono concentrate in pochi ambiti. 

Ogni tanto ci rallegriamo nel vedere donne che hanno raggiunto i vertici di aziende, di sindacati, di enti pubblici ma troppo spesso, oltre a queste poche donne-simbolo (che pure sono un dato positivo), per tante altre la realtà è molto diversa.
Molte donne non solo non arrivano ai vertici ma spesso non arrivano nemmeno ai livelli intermedi perché la loro carriera lavorativa si ferma molto prima.
Una ricerca del CGIL, partita dalla Regione Marche e poi estesa a tutto il territorio nazionale, citata in un servizio del Tg2, segnalava che molte donne lasciano il lavoro con la nascita del primo figlio perché l'azienda non concede il part-time e mancano servizi di welfare. Nel caso delle precarie, semplicemente vengono lasciate a casa appena il contratto scade.
Un'altra ricerca della Cisl Lombardia segnala che nella nostra Regione, ogni anno ci sono circa 5000 donne che lasciano il lavoro perché non riescono a conciliare i tempi lavorativi con quelli familiari e, anche in questo caso, il problema è la mancanza di servizi per la prima infanzia o gli orari di questi che non collimano con quelli dell'ufficio. 

Sul fronte dei diritti non stiamo meglio.
Ieri è stata resa nota la condanna all'Italia da parte del Consiglio d'Europa per l'eccesso di medici obiettori di coscienza che non garantiscono la piena applicazione della legge 194. Anche in Spagna le cose non vanno meglio, lo abbiamo visto le scorse settimane quando le donne di tutta Europa sono scese in piazza in sostegno della manifestazione "Yo Decido" indetta dalle donne spagnole contro la nuova legge che impone forti limitazioni all'interruzione di gravidanza.
Calandoci sul territorio assistiamo ad un progressivo smantellamento dei consultori (per mancanza di risorse).

E' tempo di cambiare ma è sotto gli occhi di tutti il caos che sta avvenendo in Parlamento sulla legge elettorale e uno dei motivi di scontro è dato dall'inserimento delle quote rosa. Vedremo come andrà a finire la battaglia ma le premesse - e il solo fatto che si stia facendo battaglia - non sono dati positivi.
Il fascismo aveva messo le quote per limitare la presenza delle donne in alcuni ambiti, le si voleva relegare in casa (e chissà quanti danni ha prodotto quel tipo di cultura e quanto troppo ha sedimentato nella nostra mentalità). Oggi siamo costretti a mettere le quote per portare avanti le donne, per inserirle dove altrimenti non riuscirebbero ad arrivare.
Eppure tutto questo non basta perché il problema culturale resta sullo sfondo ma è pesante: si vedano gli insulti alle giovani ministre del governo Renzi, le parole vergognose di Salvini sul pancione della Madia (ma del resto la Lega aveva già mostrato il peggio di sé con gli insulti e l'istigazione alla violenza nei confronti di Cecile Kyenge), Maria Elena Boschi è presa di mira perché bella (prima il problema era Rosy Bindi perché era brutta) e il post di Grillo sulla Boldrini che ha scatenato una serie di trivialità che fanno emergere qualcosa di inquietante su come viene concepita la donna da alcuni uomini.
E poi ancora gli insulti a Marianna Madia perché "figlia di...", "ex fidanzata di..." e questa idea che passa secondo cui una donna quando arriva ad ottenere una posizione ci arriva sempre perché messa lì da qualcuno (amici, parenti, amanti) o perché "fortunata" e mai che si pensi che ha ottenuto qualcosa perché brava e se l'è conquistato per merito.
Insomma, le conquiste ottenute sulla carta negli anni sono state molte ma oggi bisogna fare in modo che queste valgano anche nei fatti concreti e la strada per le pari opportunità e il pari riconoscimento è ancora lunga.

lunedì 3 marzo 2014

Le ragioni della nascita del governo Renzi spiegate ai circoli

Tre giorni in giro per i circoli del PD ad ascoltare il senatore Franco Mirabelli, tra assemblee di iscritti agitati per quanto avvenuto tra Renzi e Letta con l’avvicendamento al governo e bisognosi di capire come sia potuto accadere che ancora una volta i leader del centrosinistra finiscano per mangiare se stessi.
Tre giorni di incontri molto partecipati, in cui tanti hanno voluto intervenire per esprimere la propria opinione sulla fase che è in corso e per porre domande al senatore Mirabelli che, come tanti altri suoi colleghi, si è trovato nella difficile situazione di provare a far comprendere le ragioni di una scelta non semplice da digerire per una base del partito forse ancora troppo legata a schemi di un passato che non c’è più e che fatica ad orientarsi nel brusco cambiamento di stile e di velocità decisionale impresso dal nuovo Segretario del PD. «Siamo dentro ad un passaggio politico molto complicato – ha esordito Mirabelli ad ogni incontro – e aspettiamo di vedere i risultati prima di esprimere giudizi troppo netti. È sbagliato ridurre tutta la vicenda di questi giorni all’aver “fatto fuori Letta”: indubbiamente Letta è stato trattato male ma ci sono delle ragioni politiche dietro al nuovo scenario che si è creato».
Secondo Mirabelli, ci trovavamo oramai in una situazione in cui si rischiava l’immobilismo: «Dobbiamo riconoscenza a Letta per gli 8 mesi di governo e gli dobbiamo anche qualche scusa ma non solo per l’ultima fase. Avremmo dovuto lavorare per valorizzare un po’ di più i risultati positivi che comunque almeno fino a dicembre il Governo Letta ha ottenuto e che oggi si trasferiscono sui numeri, come ad esempio il fatto che l’economia è tornata ad aumentare dopo 9 trimestri in cui scendeva, lo spread è stabile sotto i 200 punti; c’è un merito se ci sono 20 miliardi di giro d’affari prodotti dal decreto legge sul bonus ambientale, se è stato approvato un decreto che da qui al 2017 abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. Questi sono risultati dell’azione del Governo Letta e vanno riconosciuti, mentre noi, invece, siamo stati un po’ timidi su queste cose». «Tuttavia, - ha spiegato Mirabelli - da un po’ di tempo la spinta propulsiva del governo si era fermata: dopo l’approvazione della Legge di Stabilità si è registrato un calo di consensi molto forte, lo dicevano i sondaggi ma anche le parti politiche e sociali. Una parte della maggioranza e anche una parte della società italiana aveva smesso di investire sul governo (si ricordino le critiche arrivate dai sindacati e da Confindustria)».
L’azione di governo nel rispondere alle esigenze dei cittadini italiani, dunque, era ritenuta troppo lenta e poco incisiva, per questo, secondo Mirabelli, tutti hanno ritenuto opportuno che si avviasse una nuova fase e tutti hanno chiesto l’impegno diretto del Segretario del PD, a cominciare dalla minoranza interna (che ha spinto affinché la Direzione Nazionale del partito anticipasse la discussione sul rapporto tra partito e governo e si arrivasse ad un chiarimento e ha votato il documento proposto dal Segretario) e sulla stessa linea si sono registrate le dichiarazioni di Alfano e di Scelta Civica.
Mirabelli ha ricordato, quindi, le ragioni per cui all’inizio della legislatura, in seguito al risultato elettorale con cui si è registrato che il 30% circa dei cittadini italiani non è andato a votare e il 25% dei cittadini italiani ha scelto di votare un partito antisistema, si era stati costretti a dare vita ad un governo di larghe intese presieduto da Letta: «C’è un problema democratico in questo Paese e, se noi non siamo capaci di fare le riforme in questa legislatura, il prossimo passaggio potrebbe essere molto pericoloso per la democrazia italiana. Oggi c’è un problema di credibilità della politica e di credibilità delle istituzioni. – ha sottolineato il senatore – e se tornassimo a votare anche con una legge elettorale diversa ma per lo stesso numero di parlamentari e ancora con il bicameralismo, la politica non avrebbe la credibilità che deve invece recuperare. Il problema non è il PD o Renzi, il problema è il Paese, la democrazia e le istituzioni di questo Paese. Se vogliamo ridare credibilità alla politica, abbiamo bisogno di fare delle riforme. Anche Letta, come Renzi oggi, non ha avuto l’investitura popolare, però siamo ancora in un Paese in cui il Presidente del Consiglio lo elegge il Parlamento. Sarebbe meglio avere elezioni in cui i cittadini scelgono chiaramente chi vogliono fare leader, però, sappiamo tutti che se si andasse a votare - in particolare adesso, dopo che c’è stata la sentenza della Corte Costituzionale - avremmo un sistema proporzionale che ci riconsegnerebbe un quadro di ingovernabilità e costringerebbe nuovamente alle larghe intese e, quindi, tutt’altro rispetto alla scelta di chi deve governare il Paese. Per questo, trovo assurda questa idea di andare a votare e di dire che in Italia non si vota mai: abbiamo votato un anno fa e i cittadini, se li si porta a votare una volta all’anno, si disaffezionano alla democrazia».
Questo è il quadro del percorso in cui si inserisce anche quest’ultimo passaggio: il governo Letta rischiava di rimanere imbrigliato e immobile e, quindi, di non riuscire più a portare a casa le riforme per le quali si era deciso di formarlo. Tornare al voto senza aver fatto le riforme promesse avrebbe significato la perdita di credibilità definitiva per la politica e, di fatto, si sarebbe consegnato il Paese alle forze antisistema e populiste. Per evitare tutto questo, per ridare forza alla spinta riformatrice di cui l’Italia ha bisogno, il PD ha compiuto la scelta più difficile e più rischiosa, che è quella di giocare tutto se stesso e il suo Segretario per dare vita ad un nuovo governo che avesse anche la capacità di cambiare i ritmi, di fare delle cose anche sulle questioni politiche e sociali per dare risposte ai cittadini e allo stesso tempo lanciare un messaggio di innovazione e cambiamento.
Questo è il senso dell’operazione che è stata fatta e ora, afferma il senatore Mirabelli, va sostenuto convintamente dal Partito Democratico: «Abbiamo bisogno di un partito che investa consapevolmente su questa fase, perché questa è l’ultima spiaggia non per noi del PD, ma per costruire un processo di riforme in grado di ridare credibilità alle istituzioni e senza le quali la democrazia italiana va in crisi. Matteo Renzi lo ha detto il giorno dopo essere stato eletto che questa è l’ultima occasione ma ce lo hanno detto anche tanti elettori delle primarie che o adesso si cambiava veramente oppure basta. Se ce lo dice il nostro popolo, se ce lo dicono quelli che vengono ancora a votare alle primarie, immaginiamoci che cosa pensano quelli che non vanno neanche più a votare alle elezioni! E, se questa è l’ultima spiaggia, allora, dobbiamo sapere che dobbiamo discutere del Paese, non di noi. Mi preoccupa il fatto che qualcuno, mentre aspettavamo la lista dei Ministri, ha cominciato a mettere in discussione il Segretario del partito, quasi che il partito fosse una cosa autoreferenziale che non c’entra. Il partito adesso si deve assumere a pieno questa responsabilità del governo: non dobbiamo discutere di noi ma dobbiamo discutere del Paese e di quello che possiamo fare per il Paese, anche confrontandoci tra idee diverse».

Tra i dubbi espressi dagli iscritti al PD presenti alle varie assemblee molti riguardavano la giovane età e la presunta inesperienza dei membri del nuovo governo (in particolare delle donne Ministro), altri contestavano il fatto che Renzi nominato premier potesse mantenere anche l’incarico di Segretario o peggio affidare il partito ad un reggente.
Nel rispondere Mirabelli ha sottolineato come «Renzi, per lo stile, risponde a una domanda di cambiamento e di rinnovamento della politica che c’è nel nostro Paese. Per anni abbiamo invocato il rinnovamento e le facce nuove e adesso abbiamo il governo più giovane della storia della Repubblica e va valorizzato, poi li si giudicherà dai risultati. Il fatto che ci siano 8 donne e 8 uomini è un dato importante: anche su questo, non possiamo fare per anni la battaglia perché siano riconosciute le pari opportunità e il valore che possono portare le donne dentro la politica e dentro al governo e poi, quando lo mettiamo in pratica, restiamo subalterni a ragionamenti inaccettabili che si sentono in giro sul fatto che le donne sono solo ornamentali. Ci sono le elezioni europee alle porte e, già in vista di quell’orizzonte, questo Governo dovrà fare delle cose perché bisogna dare dei messaggi forti di capacità di cambiare passo e di capacità di fare delle cose».

Contrario alla riapertura del dibattito sul Segretario, Mirabelli ha segnalato che «Stiamo ancora discutendo del PD. Non possiamo stare in un partito che vive in un congresso permanente: facciamo vedere agli italiani che discutiamo del Paese e non di noi. Il punto non è il PD ma che funzione abbiamo per il Paese. Oggi dobbiamo recuperare credibilità: i cittadini pensano che la politica sia distratta e non si occupi di loro; c’è poi un 25% che ha votato Grillo e che ritiene che tutto il sistema non vada bene e il sistema istituzionale e democratico del Paese è molto debole. Non possiamo fingere di trovarci in una fase di ordinaria amministrazione ma dobbiamo prendere coscienza del quadro il cui ci troviamo e il risultato elettorale avrebbe dovuto farci riflettere e farci cambiare il nostro modo di ragionare: siamo il terzo partito tra gli operai e i giovani non ci votano; in questo contesto una discussione tutta autoreferenziale non ha senso. Così come non ha senso proseguire la lotta tra ex democristiani ed ex comunisti: l’elezione di Renzi a Segretario del PD chiude definitivamente quella discussione, oggi serve confrontarsi sui contenuti indipendentemente dalla cultura di provenienza».

Mirabelli, infine ha evidenziato la necessità di fare lo sforzo di guardare a questa nuova situazione come un’opportunità per il Paese e di impegnare tutto il PD a sostenere l’azione di questo governo affinché si riescano a realizzare le tanto auspicate riforme e non di vivere il tutto come una cosa da sopportare. «Nei partiti si costruiscono i gruppi dirigenti e questi poi sono delegati a dirigere e si assumono le responsabilità delle decisioni prese, il documento proposto da Renzi alla Direzione Nazionale è stato votato da 136 persone e la discussione era stata sollecitata dalla minoranza, non si può far finta di non saperlo», ha replicato Mirabelli alla contestazione quasi unanime che è giunta sulla modalità in cui tutto si è velocemente discusso e deciso «senza consultare la base».

Un’opportunità, secondo Mirabelli, è anche l’ingresso del PD nel PSE: «E’ un fatto importante, che costruiamo da anni e che servirà a far diventare quel luogo la casa di tutti i progressisti europei. Con questa mossa il PD si colloca all’interno di un gruppo importante al Parlamento Europeo e ci presentiamo alle elezioni per la guida dell’Europa con un unico candidato che è Martin Schulz.
Oggi i partiti europei sono cambiati rispetto ad anni fa: il PPE è la casa dei conservatori e i progressisti stanno in prevalenza nel PSE, che non è più solo il partito dei socialisti ma al suo interno vi sono molte forze con culture diverse come è il PD».

Video degli interventi di Franco Mirabelli: Bicocca 22.02.2014, Gratosoglio 23.02.2014 - 1° parte, Gratosoglio 23.02.2014 - 2° parte, Bovisa 03.03.2014 - 1° parte, Bovisa 03.03.2014 - 2° parte, Bovisa 03.03.2014 - 3° parte.