mercoledì 30 novembre 2011

Debora Serracchiani a Milano

Domenica mattina alla Casa di Alex di Milano si è tenuto un bellissimo incontro con la parlamentare europea Debora Serracchiani, a cui hanno partecipato anche Franco Mirabelli (Consigliere Regionale), Onorio Rosati (Segretario Generale della Camera del Lavoro di Milano), Emanuele Lazzarini (Consigliere Comunale), Enrico Borg (Consigliere Provinciale), Mariangela Rustico (Segreteria Pd Milano).
Tanti i temi trattati nel corso degli interventi per mettere a fuoco gli scenari che ci attendono nei prossimi mesi, a partire dal nuovo governo guidato da Mario Monti alle problematiche del lavoro (precarietà, giovani, diritti), dalla crisi economica al ruolo dell'Europa, dalle macerie che ci lasciano in eredità Berlusconi e il suo governo, compresa tutta la gerarchia rovesciata dei valori portata dal berlusconismo che probabilmente resisterà anche senza Berlusconi, dal ruolo ambiguo e pericoloso giocato dalla Lega ai meri fini elettorali, fino alle scelte di cui dovrà farsi carico il Partito Democratico.
Qui il video completo dell'iniziativa>>


 

Qui di seguito i video dei singoli interventi:
Franco Mirabelli>>
Onorio Rosati>>
Enrico Borg>>
Emanuele Lazzarini>>
Debora Serracchiani>>
Franco Mirabelli sui costi della politica>>
Chiusura dell'incontro da parte di Debora Serracchiani>>
Incontro con Debora Serracchiani - Milano, 27 novembre 2011

mercoledì 23 novembre 2011

Questo è un Paese per giovani

Oggi pomeriggio all'Università Cattolica di Milano si è tenuto un bellissimo incontro di giovani, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, dal tema "Questo è un Paese per giovani. O almeno potrebbe diventarlo", in cui studenti di diverse esperienze e culture si sono confrontati su problemi di grande attualità, portando le loro esperienze e le loro storie. 
Oratori e pubblico erano interamente giovani (dai 20 ai 30 anni circa). Ad aprire il pomeriggio è stata Elisa Coviello del quartiere Marassi di Genova, che ha portato un'importantissima testimonianza di come è stato vissuto l'alluvione (con una versione profondamente discordante da quella presentata dai media), di come la normalissima pioggia del mattino si è trasformata inaspettatamente in qualcosa di tremendo e di come i due torrenti, sempre passati inosservati, si siano rivelati in tutta la loro pericolosa potenza sorprendendo le persone. Il racconto si è fatto appassionante nella descrizione dell'arrivo dei giovani a Genova per ripulire la città dal fango, della forza della solidarietà che ha unito le persone e bellissime erano le immagini dei cartelli di ringraziamento per l'aiuto ricevuto appesi dai genovesi ai negozi e alle finestre.
Louisse Glassier, invece, ha spiegato l'operato dell'associazione Naga, nell'aiuto alla gestione dei profughi arrivati in Lombardia a causa della recente guerra in Libia e degli iter burocratici con cui le persone che arrivano in Italia si trovano a fare i conti, senza la certezza che questo possa garantire loro un futuro nella legalità qui o altrove.
 
Virginia Invernizzi ha poi fatto un interessantissimo resoconto di come vive ed è organizzata la comunità cinese di Via Paolo Sarpi a Milano, della difficoltà di interagire con i non cinesi ma anche delle tenaglie amministrative che sono state applicate in quei luoghi e che, di fatto, hanno aumentato i problemi (esplosi poi nella rivolta dello scorso anno).  Per interagire con i bambini di quella comunità cinese (ma anche di altre comunità in altri quartieri), Sant'Egidio ha realizzato la Scuola della pace, di cui Virginia Invernizzi ha illustrato le modalità operative, l'idea di fondo di favorire il dialogo e l'incontro e da cui sono nate anche importanti amicizie tra i ragazzi che vi insegnano e le famiglie dei bambini che arrivano (famiglie che molto spesso necessitano di aiuto per comprendere la nostra lingua e di un tramite per comprendere regole e realtà italiane a loro estranee e per le quali i ragazzi fanno da mediatori culturali, diventando veri e propri punti di riferimento per esse).
L'intervento conclusivo è stato dell'affascinante Rascea El Nakoury, "una musulmana italiana": ragazza bellissima, dagli occhi grandi, il velo rosa sulla testa, dai tratti somatici "stranieri" ma nata e vissuta sempre in Italia e, ora, impiegata in banca, che ha raccontato della sua difficile vita da "doppia". Per tutti Rascea è una straniera solo per i suoi tratti somatici, anche se è nata e vissuta in Italia, anche se parla l'italiano meglio degli stessi italiani, anche se si sente più a casa sua in Italia che nel Paese d'origine della sua famiglia e, a causa della nostra legislazione, la è anche per lo Stato (con la conseguenza che fino ai 18 anni ha avuto necessità di un visto anche solo per andare in gita scolastica; sorte che capita anche oggi a tutti i ragazzini nati qui ma da genitori stranieri). Rascea El Nakoury ha messo in evidenza anche la necessità di essere "bravi il triplo" per farsi strada ed essere accettati dagli altri italiani e di faticare per superare quella visione un po' stereotipata che vede tutti gli stranieri come bisognosi di aiuto e non come protagonisti dei loro diritti (lei stessa è impegnata per aiutare gli altri in difficoltà stranieri e non).
Ne è seguito un appassionante dibattito tra ragazzi.
A colpire è stata la perfetta competenza mostrata dalle persone intervenute e dalla padronanza completa degli argomenti che hanno scelto di trattare (anche perché alcune erano storie vissute sulla propria pelle), facendolo molto meglio di come lo avrebbero fatto tanti adulti e risultando anche particolarmente interessanti e mai noiosi.
Colpisce anche l'assenza degli adulti (come sempre agli eventi organizzati e gestiti dai giovani ma la stessa cosa si verifica anche al contrario) e questo un po' spiace perché questi ragazzi (e probabilmente anche altri) hanno davvero tanto da dire e da insegnare ai loro coetanei ma anche a persone più grandi. Per chi lavora nel mondo dell'associazionismo, il confronto avviene in altre sedi e ad altri livelli perché, ovviamente, per operare in terreni così complessi come quello dell'integrazione e delle politiche per l'immigrazione occorrono sinergie con realtà molto grandi. L'impressione, però, è che il mondo degli adulti usi male questi ragazzi e li lasci soli in eventi belli come lo è stato quello di oggi, per utilizzarli magari come contorno e far recitare loro un copione ammorbidito per altre iniziative che servono a loro, un po' come delle figurine appiccite lì per far vedere che c'è anche la rappresentanza giovanile. I giovani pensano, ragionano, agiscono e sanno farlo anche molto bene ma c'è bisogno che gli adulti sappiano cogliere questo spessore che arriva dal mondo giovanile e non che si agisca come mondi separati che, ogni tanto, si incontrano per caso.

 

mercoledì 9 novembre 2011

Lega tra Crocifissi e lotta agli immigrati

Mirabelli (Pd): "Crocifisso in Regione Lombardia, strumentalizzazione demagogica della Lega"

 

Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato il progetto di legge della Lega sull'esposizione del crocifisso negli immobili regionali, con il Gruppo del Partito democratico fuori dall'Aula a segnare la netta contrarietà a una visione strumentale di un simbolo altamente religioso.
"Non ci creerà certo disagio vedere il crocefisso sui muri del nostro palazzo, ma ci mette a disagio il metodo con cui la Lega lo impone, che è assolutamente strumentale e inaccettabile tanto per i laici quanto per i cattolici. Che coerenza c'è con i valori cristiani in chi usa il crocifisso, un segno di pace e di unità per dividere, in chi dovrebbe accogliere e invece vuole cacciare gli immigrati e demonizza chi è diverso, in chi cerca di scaricare ogni problema sui più deboli anziché usare la solidarietà, in chi tollera comportamenti moralmente inaccettabili dai propri rappresentanti, quelli che dovrebbero essere punto di riferimento per i Paese e, ancora, in chi parla di Europa e di civiltà e poi propaganda la secessione e la Padania? La lega è tutto questo e non può certo lavarsi la coscienza strumentalizzando un simbolo come il crocefisso. E' nei comportamenti che laici e cattolici praticano i valori, non certo con la propaganda" - è quanto ha affermato il consigliere regionale Pd Franco Mirabelli durante la dichiarazione di voto (video).
 

lunedì 7 novembre 2011

Vecchioni alla manifestazione Pd

Durante la manifestazione del Partito Democratico a Roma, c'è stato un bellissimo concerto di Roberto Vecchioni, ecco il video:

domenica 6 novembre 2011

La contestazione a Renzi

A leggere i giornali, sulla manifestazione del Pd di ieri ci sono quasi sempre due tematiche di discussione: 1) l’evento in sé, la tanta gente che ha affollato piazza San Giovanni, i big del partito presenti, il discorso politico di Bersani; 2) la contestazione a Renzi.
La contestazione a Renzi ha tenuto banco anche in rete, in particolare su Twitter più o meno per tutta la durata della diretta della manifestazione e due erano sostanzialmente i messaggi diffusi che poi venivano rilanciati ripetutamente: il primo in cui si diceva, appunto, che il sindaco di Firenze era stato contestato e gli era stato detto “Vai ad Arcore, sei come Berlusconi” e un altro in cui si replicava che si può anche pensarla diversamente da Renzi ma era sbagliato contestarlo.
Curioso il secondo messaggio, anche perché la contestazione a Renzi in questione era stata fatta da militanti del Pd (oltretutto di Firenze) e non dai vertici. Non c’è stata la stessa reazione quando Bersani, dal palco, ha pronunciato l’assurda frase sulla comunicazione, con chiari riferimenti a Renzi (senza mai nominarlo).
Come sarebbe che Renzi non può essere contestato?
Non mi pare si sia detto lo stesso quando a ricevere le contestazioni, a settembre, è stato D’Alema a Genova.
Renzi è un esponente del partito come gli altri e, spesso, si è distinto proprio per i suoi modi forti e per le sue contestazioni al gruppo dirigente nazionale e allora, adesso che ha ottenuto visibilità, si abitui anche lui a ricevere applausi e contestazioni. Non si vive di soli applausi.
Siamo in democrazia ed esiste ancora la libertà di opinione e di espressione, quindi c’è tutto il diritto di contestare qualcuno se non si è d’accordo (oltretutto era una contestazione civilissima e di parole, non è che sia successo chissà che cosa).
Spiace vedere lo scontro di tifoserie pro e contro Renzi ma la base ha tutto il diritto di esprimere la propria opinione e anche di contestare, anche perché è un modo per far sapere come la si pensa. Discorso diverso per i vertici: a loro spetta il compito di smorzare gli angoli e trovare la quadra, soprattutto al segretario. Purtroppo, spesso, nel Pd avviene il contrario: c'è una base che troppo spesso tace o dice sì a tutto (anche a ciò che non va bene) e un segretario che invece martella chi alza un po’ la voce, per paura di vedere messo in discussione il suo ruolo.
Detto questo, Renzi e i suoi tifosi si rasserenino perché di applausi e di fischi per uno che vuole stare alla ribalta ce ne saranno sempre tanti anche in futuro.
 

sabato 5 novembre 2011

La comunicazione e la politica

È stata una manifestazione bellissima quella che ha organizzato il Partito Democratico ieri a Roma. C’era una piazza stracolma di gente già dalla mattina (del resto i primi treni hanno cominciato ad arrivare a Roma molto presto), tante bandiere, tanti stand che distribuivano spillette e altri materiali e le persone erano tutte felicissime di essere lì. Sul palco si sono alternate musica (non proprio tutta bellissima ma, insomma, ci si poteva accontentare) e parole (forse i tempi degli interventi andavano calibrati un po’ meglio) e, a parlare con chi era in quella piazza, si sentivano voci cariche di entusiasmo, di chi pensava che finalmente, forse, questa volta il Pd c’è davvero, non solo per far cadere Berlusconi, ma anche perché il partito esiste e ha preso forma e forza.
L’impressione complessiva è, dunque, quella di un evento perfettamente riuscito che può lasciare pienamente soddisfatti organizzatori e partecipanti e anche l’impatto mediatico dovrebbe necessariamente esser buono.
Era quasi tutto finito quando, in chiusura del suo discorso, Bersani ha detto l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto dire: "La comunicazione sta alla politica come la finanza all'economia"...
Una sola frase sbagliata di Bersani ha rovinato una manifestazione bellissima.
Lo dico da “operatrice della comunicazione” impegnata nel Pd. Quella frase mi ha offesa profondamente: quando l’ho sentita mi sono chiesta per cosa e per chi stiamo lavorando, se il giudizio che ci viene riservato è questo?
Ovviamente si tratta di una frase semplificata: Bersani intendeva dire che non può essere il predominio delle forme comunicative sui contenuti da comunicare. Tuttavia, resta una frase sbagliata. Da giornalista, se avessi dovuto scrivere un pezzo, al di là degli aspetti politici, avrei messo quella frase in un titolone, scrivendo che il Pd pensa questo della comunicazione (perché il linguaggio semplificato giornalistico funziona così e perché quella frasetta rappresenta una notizia).
Ecco allora che qui emerge tutto il problema di Bersani perché con questa frase fuori luogo ha dimostrato perfettamente di non saper comunicare. Si può poi discutere del merito dei contenuti politici (che sono quelli che interessano per capire davvero che direzione prende il Pd), si può discutere (come hanno fatto alcuni su twitter) della forma comizio ormai vecchia e da rivedere ma resta che, dal punto di vista comunicativo, uno che se ne intende quella frase inappropriata non l’avrebbe detta. 
In realtà, però, Bersani non è sciocco e quella frase (che tra l’altro ha scatenato la polemica in rete un po’ da parte di tutti e viene ora portata avanti da Pippo Civati) non l’aveva rivolta tanto agli operatori della comunicazione quanto a Matteo Renzi e al suo "partito-format" sostenuto da alcuni commentatori sulle pagine dei quotidiani nei giorni scorsi. Probabilmente Bersani si è sentito attaccato per il suo essere “poco mediatico” e non deve aver gradito tutto il successo del sindaco di Firenze ottenuto più in virtù dei suoi aspetti comunicativi che non dei contenuti di cui si è fatto portatore e ha cercato rivendicare la forza della politica concreta, ma è stato un errore contrapporla così fortemente alla comunicazione.
Oltretutto, questo implica un altro problema interno perché è la dimostrazione del fatto che Bersani continua a non essere inclusivo verso chi la pensa diversamente da lui – più per debolezza, in realtà, perché il modo in cui ha posto la questione era quello di uno che cerca di difendere il proprio operato più che di uno che rilancia la sfida – ma il risultato è che ha chiuso la porta in modo anche molto pesante (e magari, dal suo punto di vista, ha pure ragione, con tutto ciò che gli ha detto e fatto contro Renzi).
I piddini della rete, da quando è cominciata la diretta della manifestazione, non hanno fatto che discutere e hanno messo alla ribalta tre argomenti: 1) bella manifestazione, 2) la contestazione a Renzi (però avvenuta da parte della base e non dai dirigenti), 3) la frase di Bersani sulla comunicazione.
A leggere le opinioni che circolano si percepisce in modo chiaro la divisione interna: la rete è schierata in prevalenza con Renzi e contro la frase di Bersani sulla comunicazione (del resto in rete si comunica e vige una forma molto più easy dell'impostazione bersaniana); la piazza, invece, è contro Renzi e dalla parte di Bersani (ma qui pesa il fatto che quella di ieri è stata una bella giornata e sono stati tutti contenti della riuscita della manifestazione e chi si porta dentro tanto entusiasmo non è certo interessato a simili sciocchezze, che si spera non finiscano sui giornali di domani).
La speranza è che i quotidiani si interessino della proposta politica espressa da Bersani e la polemica interna si chiuda lì oppure venga affrontata nelle sedi interne opportune, se non altro per rispetto delle persone che ieri erano in piazza e ci hanno messo tempo, passione, entusiasmo e anche tanta fatica, ma è difficile che qualche dirigente non colga l’occasione ghiotta per innescare una nuova guerriglia (Civati ha già cominciato).
Da operatrice della comunicazione, a Bersani mi permetto di suggerire di evitare certi svarioni perché più che rafforzarlo lo danneggiano e, anziché denigrare la comunicazione, farebbe meglio ad imparare le regole per comunicare bene perché i messaggi (che ci devono essere e devono essere corretti) se non trovano giusta forma non arrivano da nessuna parte.