domenica 13 dicembre 2020

La voglia di normalità

Oggi in Corso Garibaldi a Milano c'era pieno di gente, come in una normale domenica di shopping natalizio. 
Per le strade c'era un traffico di auto peggio che nelle ore di punta dei giorni lavorativi. 
In tantissimi erano accalcati ai tavolini dei bar appena riaperti, come li erano nei periodi normali e forse anche di più. 
Tantissimi che camminavano guardando le vetrine e qualche negozio aveva la coda all'ingresso. 
Tutti o quasi avevano la mascherina, a parte i tanti seduti ai bar che, dovendo bere e mangiare, stavano senza. Tanti erano in difficoltà e discutevano del lavoro perso o sospeso fino a data da destinarsi. 
Ma l'impressione generale era che le persone avessero deciso di fregarsene del virus o per lo meno di sperare di riuscire a conviverci senza modificare il proprio stile di vita perché non sembravano proprio avere intenzione di modificarlo e, soprattutto, credo che siano stanche di rinunciare alla socialità.

lunedì 7 dicembre 2020

Beppe Sala c'è!


Beppe Sala per Milano c'è! E noi anche!

Finalmente una buona notizia in quest'anno difficile!



sabato 21 novembre 2020

Non dobbiamo chiudere gli occhi sulle mafie


Tre anni fa ero ad un'iniziativa per la legalità organizzata da Confcommercio con imprenditori, magistrati e istituzioni in cui si discuteva delle infiltrazioni mafiose nelle attività economiche e, in particolare, negli esercizi commerciali. 
Una tematica che torna drammaticamente attuale oggi, con la crisi che molti settori stanno attraversando a causa degli stop alle attività imposti nel tentativo di rallentare la diffusione del virus. 
Più volte in questi mesi, è capitato di leggere le interviste di magistrati allarmati dal rischio che le mafie sfruttino i danni economici e sociali generati dalla pandemia per acquisire attività e accrescere il loro potere sui territori, sulle persone in difficoltà e su settori economici in crisi (come gli esercizi commerciali) o in espansione (è di ieri la notizia dell'inchiesta che smascherava un interesse della camorra per fare business con le imprese di sanificazione). 
Per questo è importante mantenere alta l'attenzione su ciò che succede nelle nostre realtà e le istituzioni devono lavorare per fare in modo che sia lo Stato ad arrivare presto a sostenere chi è in difficoltà, non lasciando spazio alle organizzazioni criminali. 
Oggi, a ricordarci il quadro entro cui ci muoviamo è un sondaggio realizzato da Demos e Libera e spiegato con un'analisi di Diamanti su Repubblica, secondo cui il 70% degli intervistati ritiene che, in Italia, in seguito al Covid, si stia diffondendo ancora di più la corruzione e le mafie aumentino la loro presenza e il loro potere. 
Non dobbiamo chiudere gli occhi su questo.

mercoledì 4 novembre 2020

Le persone hanno paura di perdere tutto e di non risollevarsi

Non ho capito cosa c'era di incomprensibile nel DPCM del Governo arrivato questa mattina e perché oggi sui social network si è scatenata l'isteria (fomentata a volte anche da giornalisti che in rete si lasciano andare a esternazioni personali pesanti mentre esercitano la professione). 
Oggi pomeriggio, io sono andata in giro per il mio quartiere per comprare alcune cose che immaginavo non avrei trovato se fosse arrivato il lockdown domani. 
In molti devono aver avuto la mia stessa idea perché le vie erano piuttosto piene, sebbene i bambini fossero già usciti da scuola. 
Tanti i commercianti che ho visto sugli ingressi dei negozi: alcuni parlavano tra loro, altri parlavano con i clienti in uscita, altri sistemavano cartelli sulle vetrine con le informazioni su come fare per avere consegne a domicilio e sugli orari per gli ordini; insomma, erano già tutti organizzatissimi in vista di una chiusura considerata ormai certa e imminente.
Alcuni commercianti erano arrabbiati per gli investimenti fatti e la mancata compensazione economica di tanti sacrifici affrontati in breve tempo; altri erano più rassegnati da questa situazione così strana e incomprensibile ma tutti erano preoccupati per l’incertezza del futuro, per la paura di non sapere se sarebbero arrivati gli aiuti economici e se sarebbero stati sufficienti per far fronte alla chiusura e anche a rimettersi in piedi dopo.
Non c’era nessuno, quindi, che non avesse capito cosa fare o cosa stesse per succedere e nessuno che si preoccupasse di che colore fosse la Lombardia perché tutti davano ormai per certo che sarebbe stata una “zona rossa”.
I giornalisti, in questi giorni, hanno caricato molto questa spinta alla zona rossa. Ben prima che si parlasse di un nuovo DPCM, infatti, era iniziato il tormentone sulla necessità di chiudere o meno il Paese o le Regioni, con i giornali e tv che pullulavano di interviste a virologi o presunti tali che si contraddicevano l'un l'altro e questo non ha aiutato a rasserenare un clima già teso. 
In strada, però, tra la gente vera, tutta questa ansia isterica da misure in arrivo non c'era, in quanto le possibili nuove norme erano già considerate certe; c’era invece un’inquietudine profonda per la situazione economica propria, dei propri cari e del Paese. Chiacchierando, in molti manifestavano una grande paura di perdere tutto: il lavoro, l’attività, la possibilità di mantenere la propria famiglia; la paura di non essere in grado di reinventarsi o di rimettere in piedi ciò che si è dovuto fermare e attorno a cui si è costruito la propria vita fino ad oggi.
Questa è la grande paura delle persone a cui occorre cercare di trovare soluzioni

Le soluzioni, purtroppo, non saranno facili da trovare perché nessuno ha la bacchetta magica e le risorse non sono illimitate.
In una fase così drammatica e delicata dove, oltre che per la salute, la vita delle persone è in gioco anche per ragioni economiche occorre fare molta attenzione ai messaggi che si mandano e credo che non facciano bene le tifoserie da social network tra chi spinge per il lockdown (spesso persone che giustamente hanno paura della malattia ma che fanno parte in qualche modo di categorie garantite economicamente) contro chi invoca l’apertura sempre e comunque a prescindere dalla situazione sanitaria (perché fa parte di una categoria che, se chiude, non ha più entrate economiche). 
Serve equilibrio, serve sforzarsi di comprendere il disagio dell’una e dell’altra parte e serve che - chi ha la mente lucida e non oppressa dalle preoccupazioni - rifletta e ragioni prima di esprimersi, soprattutto sui mezzi di informazione.
Serve poi che i giornalisti tornino a fare il loro mestiere, che è quello di raccontare la realtà, non di inventarsela o di diffondere suggestioni che passano per la testa mentre si è annoiati e seduti alla scrivania davanti a uno schermo.
Il Governo non ha la bacchetta magica o ricette miracolose e nemmeno le Regioni e i Comuni. 
Tutti auspichiamo che si trovino risorse e strumenti per far fronte alla situazione e fare in modo che le persone non vengano lasciate sole ora e possano poi rimettersi in piedi ma ognuno deve fare la propria parte e non aspettare che ci pensi qualcun altro. 
Si è parlato per mesi, durante il lockdown dello scorso inverno, della necessità di reinventare gli orari delle città e del lavoro per non affollare i mezzi pubblici in orari di punta. Lo ha fatto qualcuno? C’è qualche azienda che ha modificato l’orario di ingresso e di uscita dei suoi dipendenti? No. Qualche azienda si è dotata di bus aziendale per i propri dipendenti per evitare che affollassero i mezzi pubblici? No. Ecco, allora poi è inutile andare in giro a pontificare contro il trasporto pubblico affollato o contro il sacrificio degli studenti, costretti a studiare a casa davanti al computer invece che in una scuola insieme ai compagni, se poi chi doveva fare qualcosa per dare una mano a migliorare la situazione non se ne è minimamente preoccupato. Non avremo pensato davvero che avrebbero messo altri mezzi pubblici?! Dove li andavano a prendere? E dove li mettevano che le strade sono tornate ad essere trafficatissime tra auto, bici, motorini e anche monopattini proprio perché le persone hanno paura di prendere i mezzi pubblici?!
A questo giro, dopo tanti paroloni a vuoto delle varie categorie produttive, stanno pagando ancora gli studenti e le scuole, che sono le uniche realtà su cui il Governo può intervenire: lì si erano fatti gli orari diversificati di entrata e uscita, eppure ora i ragazzi si devono fermare e rinunciare a una parte importante della loro formazione personale (perché stare in classe non è solo studiare cosa c’è scritto sui libri ma è costruire relazioni, legami, confrontarsi, impostare comportamenti) per non fermare la produzione e, quindi, l’economia. 
Oggi pomeriggio nei bar del mio quartiere era pieno di ragazzini seduti con cappuccini o aperitivi: erano tutti arrabbiatissimi e delusi del fatto che si fosse promesso loro che non avrebbero chiuso le scuole e invece da domani si sarebbero dovuti vedere solo sul web. 
Anche questi ragazzi rischiano di vedere compromesso il loro futuro se nessuno si farà carico di una parte del problema per fare in modo che a loro venga consentito di tornare a scuola. 

P.S.: Diffidate di chi racconta il mondo chiuso dentro a una stanza senza aver mai messo un piede fuori e parlato con la gente per strada.

lunedì 19 ottobre 2020

Milano ricorda Lea Garofalo


Oggi Milano ricorda Lea Garofalo e, con lei, ricorda che la brutalità delle mafie è arrivata fino a qui e anche oltre e non bisogna chiudere gli occhi. 

sabato 17 ottobre 2020

Tra periferie e lotta alle mafie


Mattina al Naviglio Pavese, ad un incontro in cui si sono confrontati cittadini, associazioni, politica e istituzioni sulla questione di Via Gola e le possibilità di interventi in un'ottica anche di rigenerazione urbana.


Pomeriggio a Villa Fiorita è stato presentato il libro "Testimone di ingiustizia" di Eugenio Arcidiacono con il senatore Franco Mirabelli e si è parlato di Calabria e lotta alle mafie.

mercoledì 14 ottobre 2020

Due giorni in centro a Roma


Due giorni in centro a Roma.
Oltre a guardare la bellezza di Roma, lunedì pomeriggio ero nella Sala Capitolare della Biblioteca del Senato per un convegno dedicato all'orientamento e alla formazione organizzato dal senatore Mirabelli e che ha visto la partecipazione del senatore Nannicini e di professori ed esperti del settore.

mercoledì 16 settembre 2020

Il futuro non è facile da ricostruire

Oggi ci siamo ritrovati di persona al Circolo PD di Niguarda, per la prima volta dopo il lockdown, per discutere insieme delle tante cose avvenute in questi mesi.

Ecco una parte del mio intervento di apertura: 

Questa è anche la prima iniziativa che facciamo e abbiamo voluto ricominciare l’attività pubblica facendo un po’ il punto sulle tante cose avvenute nell’arco di questi mesi e, venendo incontro anche alle richieste che ci sono pervenute, di discutere insieme del referendum per cui si andrà a votare domenica e per cui il Partito Democratico, il Segretario Zingaretti, la Direzione Nazionale hanno preso ufficialmente posizione per il sì, come era anche nell’accordo con cui il nostro partito ha accettato di dare vita al Governo in carica. 

Sul referendum, sono per il sì: non sono appassionata di riforme complesse e non credo che abbiamo bisogno di incartare di nuovo tutta la discussione politica sui possibili assetti istituzionali, come già abbiamo fatto in un recente passato. Credo nelle cose semplici, comprensibili (la riduzione del numero dei parlamentari senza altre implicazioni la è) e credo che le persone vogliano che ci si occupi di lavoro, economia, welfare, diritti. 
La democrazia è una conquista importante e non scontata, come si vede da quel che accade in alcuni Paesi dell’Est Europa ma la democrazia si misura nelle cose concrete che caratterizzano la vita di tutti i giorni delle persone. 
Non credo nella finta “democrazia diretta” (o eterodiretta dai click che raccontano i 5 Stelle) e non credo che il tema della rappresentanza sia slegato dalle responsabilità dei partiti politici. 
Io sono favorevole ad una maggior responsabilizzazione dei vertici dei partiti perché scelgano figure adeguate al ruolo istituzionale che devono andare a ricoprire. Gli elettori comuni, i cittadini normali, non appassionati di politica, non conoscono la maggioranza degli eletti e non saprebbero dire se Tizio è meglio di Caio ma chi dirige un partito ha il dovere e la responsabilità di saperlo. 
A me importa poco se eleggono quelli fedeli ai capi di turno (succede anche nelle aziende, non è una tragedia) ma mi interessa che si scelgano quelli bravi, competenti, adeguati.
La responsabilità di chi dirige i partiti c’è sempre e allora se la assumano fino in fondo.
Domenica e lunedì, però, si vota anche per eleggere il sindaco in molti Comuni, anche qui attorno a Milano e, soprattutto si vota per le elezioni regionali in diverse Regioni importanti, dove la campagna elettorale è stata tutta in salita e dove la maggioranza di Governo si è presentata divisa. 
Il dibattito sulle alleanze ci ha accompagnato un po’ per tutta l’estate.
Così come quello sulla tenuta del Governo, del sempre difficile equilibrio da mantenere all’interno della maggioranza, dell’ombra di Draghi che viene fatta incombere come una minaccia su Conte. 

In tutto questo scenario, interessante per gli appassionati di politica, però si gioca anche il futuro del Paese: c’è un’Italia fuori dai Palazzi del potere che sta cercando di rimettersi in piedi. 
Sulle spiagge in tanti parlavano di contratti scaduti durante il lockdown e non più rinnovati, di attività da reinventare, di lavoro arretrato da recuperare affannosamente per non perderci troppo. E ora, se parlate con chi ha ripreso la vita in ufficio dopo mesi di lavoro da casa a cui non era abituato, vi racconteranno della fatica di ritornare ai ritmi della normalità e della difficoltà di confrontarsi con le nuove regole di sicurezza, la paura di prendere i mezzi pubblici.

Qui a Niguarda, nei mesi scorsi, con alcuni di voi, ci siamo mossi per incontrare alcune realtà associative che animano la vita del quartiere (dallo sport, alla cultura, al sociale) e in tantissimi ci hanno raccontato la difficoltà di mantenere l’attività, perché la sicurezza richiede degli adeguamenti di spazi e mezzi e ha dei costi aggiuntivi onerosi e i mesi di chiusura hanno fatto mancare dei contributi preziosi. Alcuni progetti ambiziosi che c’erano sono dovuti rimanere nei cassetti. 
Il futuro, insomma, non è facile da ricostruire e sembra lontano da come lo si era immaginato prima del coronavirus. 

domenica 13 settembre 2020

Progetto per Baranzate


Oggi a Baranzate, dove nel corso del cammino elettorale, e' cresciuto sempre più il sostegno attorno alla candidatura a sindaco di Luca Elia per un secondo mandato e dove a dare man forte è arrivata anche la parlamentare europea Patrizia Toia.

venerdì 11 settembre 2020

Festa all'Arci Olmi

 Si è aperta la bellissima festa del PD del Municipio 7 di Milano all'Arci Olmi.



domenica 5 luglio 2020

Progetto per Baranzate

Sabato pomeriggio a Baranzate per l'apertura della campagna elettorale di Luca sindaco con Progetto per Baranzate e una squadra di persone preparate e con voglia di impegnarsi per migliorare ancora il loro territorio.

mercoledì 1 luglio 2020

Il senso di responsabilità andrebbe mantenuto

A me non piace discutere dei motivi personali che mi portano a indossare la mascherina, mettere i guanti in alcune situazioni, tenere le distanze, cercare di non incontrare troppe persone soprattutto in luoghi chiusi e non vado a sindacare le ragioni personali per cui altri lo fanno o non lo fanno. Esistono, però, delle regole che prevedono l'uso delle mascherine e il mantenimento delle distanze, sopratutto nei luoghi chiusi, e almeno per questa ragione andrebbe fatto. 
Non hanno aperto le attività e i luoghi di socializzazione perché il virus è finito e possiamo fare ciò che ci pare ma semplicemente perché altrimenti sarebbe morta l'economia e si è cercato una soluzione di compromesso per ripartire (a volte con condizioni contraddittorie tra loro ma dovute appunto alla necessità di non far fallire settori economici senza alimentare troppo la circolazione del virus). 
Il senso di responsabilità andrebbe mantenuto. 
Tenere la mascherina in presenza degli altri, sopratutto se si parla, non è un gesto di maleducazione, caso mai è il contrario. 
Non credo che mascherine e distanze siano risolutive dei problemi ma sicuramente non tenere né l'uno né l'altro è alimentare il problema. 
 Un po' più di responsabilità a chi va in giro, entra nei negozi, usa i mezzi pubblici, frequenta luoghi pubblici e incontra persone non guasterebbe.

giovedì 19 marzo 2020

Le persone chiedono di essere salvate

Le drammatiche immagini arrivate da Bergamo sono agghiaccianti e stridono con le polemiche insensate delle scorse ore.
I numeri di malati e deceduti che crescono senza sosta, prendono forma in quelle foto con i camion dell'esercito e non ha senso che si sia discusso piccatamente davanti alle telecamere se era meglio fare un ospedale in una città o in un'altra.
La fatica di medici e infermieri ci sembra pervenire da un mondo lontano nello strano silenzio delle nostre città che si colorano di primavera, dove per alcuni è difficile anche capire perché non si può uscire.
Le persone chiedono di essere aiutate e salvate e vogliono che le istituzioni si attivino per farlo, facendo arrivare le attrezzature e il personale che serve a curarle quando ancora si può fare, prima che la situazione degeneri, per non dover assistere ad altri tristi cortei funebri di camion militari per morti che non si possono neanche salutare.

martedì 10 marzo 2020

Smart Working?

Fatela finita di frignare come se foste reclusi chissà dove. Trovo insopportabile e irrispettoso leggere racconti (in rete ma anche sui giornali) di persone in casa (che momentaneamente lavorano lì o che si annoiano perché le nuove disposizioni governative non consentono altro) come se fossero cronache dal carcere o dalla guerra.
Siete a casa vostra, magari la casa che vi siete scelti e arredati, e il più delle volte state bene.
Capisco le difficoltà di chi, oltre al lavoro, si trova a gestire dei bambini o di chi ha in casa situazioni particolarmente gravose ma tutti gli altri no.
Non siete né in galera, né in ospedale moribondi, né in guerra e oltretutto si tratta di stare così per un po' di giorni non per l'eternità.
Io anche oggi ero a casa. Non è una novità. Lavoro da casa da diversi anni: quella roba che adesso chiamate in modo figo "smart working" e che alcuni di voi in questi giorni si sono accorti che è tutto tranne che un modo figo di lavorare.
Ce ne sono tanti che lavorano così tutto l'anno, in prevalenza "liberi professionisti", cioè partite iva, collaboratori precari e saltuari operanti in vari settori, freelance ma anche tanto altro.
In prevalenza sono le donne a lavorare da casa perché conciliano meglio l'impegno in famiglia con la possibilità di non abbandonare il mondo del lavoro (e quindi uno stipendio e un'eventuale futura pensione) ma lo smart working non è sempre una scelta loro: spesso è ciò che resta loro piuttosto che niente.
Negli ultimi mesi, alcune riviste hanno cominciato a pubblicare articoli su quanto sia alienante lavorare così perché di fatto non hai relazioni con i "colleghi", non ti puoi confrontare con nessuno quando devi scegliere come gestire un compito, e soprattutto sei tagliata fuori da ogni coinvolgimento rispetto alle attività collettive e non hai alcuna possibilità di crescere e fare carriera perché gli avanzamenti spettano solo a chi sta in un ufficio tutti i giorni, si muove dentro gli ambienti, si fa conoscere dai superiori.
Tralascio tutti i diritti che di fatto non esistono per chi lavora così (ferie, malattia, orari, programmazione) e alcuni ipotetici vantaggi (se piove e se fa freddo non devi uscire). Per chi lavora fuori casa, il tuo lavoro non esiste: il "sei a casa" viene tradotto con un "sei libera". 
Io oggi ho iniziato presto: il primo impegno era alle 7.00 di mattina, mentre in altri giorni finisco molto tardi, a seconda di quello che capita e il "sei libera" è una frase che mi provoca un'irritazione profonda ogni volta che la sento dire. Si lavora anche da casa per chi lavora: i primi tempi non ci si è abituati, è psicologicamente disastroso, poi ci si organizza anche in base alle attività che si devono svolgere (e alcune nel mio caso sarebbero complicate in ufficio per via della strumentazione da usare, degli orari che non sono quelli d'ufficio e del disturbo che potrebbe arrecare ad altri l'audio di qualcosa sempre acceso).
Mi fa piacere che dopo aver decantato per anni lo smart working vi rendiate conto sulla vostra pelle che non è quella gran cosa che millantavate ma le cronache della vita da reclusi proprio no, non le fate, piuttosto datevi da fare, organizzatevi e lavorate che altrimenti vi ritroverete tutto il lavoro arretrato quando potrete uscire!

venerdì 21 febbraio 2020

Verso uno sviluppo sostenibile


Stamattina al Pirellone, dove politica, sindacati, associazioni, mondi produttivi si sono riuniti per discutere di ambiente e di come realizzare una transizione dell'economia verso uno sviluppo sostenibile.

domenica 9 febbraio 2020

Bit 2020


Oggi alla fiera del turismo (a sognare viaggi che non farò).

giovedì 6 febbraio 2020

L'opinione pubblica deve essere maggiormente avvertita sulle mafie

Oggi il senatore Franco Mirabelli ha tenuto una lezione sulle mafie ai corsisti dell'Umanitaria (video). 
Un'ora di discussione sull'evoluzione delle mafie, che ormai non sparano quasi più ma si sono insediate sui nostri territori e entrano nell'economia legale, cercando il potere più che i soldi e, nonostante abbiamo gli strumenti migliori per contrastarle, l'opinione pubblica deve essere maggiormente avvertita della loro pericolosità, perché le mafie si possono sconfiggere se oltre alla magistratura e alla politica, c'è anche la risposta della società. 
Argomenti importanti e non semplici a cui il pubblico ha risposto con grande interesse.

domenica 2 febbraio 2020

La lezione dell'Emilia Romagna e le prospettive per la ricostruzione del centrosinistra

Al Circolo PD Rigoldi di Niguarda abbiamo organizzato un incontro dal titolo “Ripartiamo! Battere questa destra si può! La lezione dell'Emilia Romagna e le prospettive per la ricostruzione del centrosinistra” anche per far seguito alle richieste che ci sono arrivate da parte di alcuni iscritti di discutere un po’ insieme dopo le tante cose che abbiamo letto sui giornali nelle ultime settimane riguardanti il PD (l’annuncio del congresso, la confusione tra scioglimento e apertura del partito alle realtà civiche, il seminario del gruppo dirigente a Rieti da cui sarebbe dovuta uscire l’agenda del PD) e poi ora con l’esito delle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria.
Abbiamo scelto di soffermarci un po’ sul risultato dell’Emilia Romagna, non solo perché abbiamo vinto – ci davano per morti e invece il PD è risultato essere il primo partito, arrivando al 34,6% in Emilia Romagna (40,7% a Bibbiano!) e al 15,1% in Calabria - ma anche perché forse quello che è successo lì può essere un modello da cui ripartire.
Nel titolo del nostro incontro non è un caso che ho scritto “La lezione dell'Emilia Romagna e le prospettive per la ricostruzione del centrosinistra”: la riconferma a Presidente di Stefano Bonaccini passa da un insieme di fattori di cui dobbiamo tenere conto, che sono il buon governo ma anche una coalizione di centrosinistra larga e trainata dalla partecipazione nelle piazze stimolata dalle Sardine.
Questi elementi sono anche quelli che ha citato spesso Zingaretti quando ha annunciato di voler cambiare il partito, immaginando un PD che andasse un po’ oltre i suoi recinti per aprirsi a una parte di sinistra che sta tornando a guardare noi, al civismo e ai movimenti come quello delle Sardine.
Non è un disegno strano: Zingaretti è un leader riconosciuto da quella parte di centrosinistra; lo hanno guardato con speranza e anche come possibile fattore di ri-aggregazione quando si è presentato alle primarie per diventare il Segretario del PD e, quindi, in questo senso, il risultato emiliano-romagnolo, costruito su quei fattori, può fare da laboratorio per cercare di ricostruire un’area politica, vedremo poi se sarà il nuovo centrosinistra o un nuovo PD più allargato.

C’è la questione del Movimento 5 Stelle, sempre più lacerato e uscito malissimo dalla tornata elettorale. Prima delle elezioni, il giornalista Fabio Massa di Affaritaliani aveva scritto su Facebook “Credere nel voto disgiunto è un po’ come credere ai miracoli”. In Emilia-Romagna allora c’è stato un miracolo perché è anche grazie al voto disgiunto dal Movimento 5 Stelle che Stefano Bonaccini ha potuto vincere.
Resta, però, da vedere se i vertici del Movimento hanno compreso ed elaborato le loro sconfitte e che tipo di percorso pensano di intraprendere a partire da lì.
Di Maio - insieme a Casaleggio - era l’elemento di congiunzione tra M5S e Lega e non voleva saperne del PD. Pensavamo che dopo il suo passo indietro si sarebbe potuto aprire qualche canale di dialogo più proficuo ma la nomina di Bonafede a capodelegazione del Governo (uomo di Di Maio e autore del pasticcio sulla Giustizia) non è certo un segnale che va in quella direzione, anzi, sembra quasi che Di Maio si stia preparando per ritornare con più forza e blindato dai suoi.
La posizione che deciderà di prendere il Movimento 5 Stelle è importante sia sul piano nazionale per la tenuta del Governo che sul piano locale in vista delle prossime tornate elettorali regionali e amministrative.

Inoltre, come abbiamo letto sui giornali dai vari collaboratori alla campagna elettorale di Bonaccini, in Emilia Romagna hanno giocato anche alcuni fattori locali: qualcuno ha detto che “Salvini si è comportato come un invasore”, presentandosi in modo arrogante sui territori senza neanche conoscerli e imponendo se stesso, il suo stile e la sua agenda tutta nazionale che nulla c’entrava con quelle realtà, a maggior ragione in un’elezione volta a eleggere chi avrebbe governato la Regione e non il Paese.
Però, guardando le mappe dei risultati elettorali in Emilia Romagna (poco rassicuranti per noi, nonostante la vittoria) si vedono anche alcune chiare tendenze nazionali se non addirittura mondiali, come la divaricazione tra il voto nelle città (Bologna in particolare) e i territori lontani, isolati, periferici. Questo scenario lo abbiamo già visto tra Milano e il resto della Lombardia ma è simile a quello americano che ha portato all’affermazione di Trump e in parte anche al rapporto tra Londra e il resto della Gran Bretagna.

Dobbiamo, quindi, prendere atto che c’è un problema: le nostre città crescono sempre di più, corrono, diventano luoghi di sviluppo e apertura ma appena un po’ più fuori dai confini inizia il mondo degli altri, che si sentono esclusi da quello sviluppo e hanno paura di non farcela e si ripiegano in loro stessi, si chiudono e lì guadagnano consensi quelli che agitano ancora di più le loro paure.
Qualche settimana fa, infatti, in un convegno, Giovanni Floris ha spiegato che spesso alle persone non interessa che i politici risolvano i problemi, forse un po’ anche perché non si crede più al fatto che la politica possa risolvere qualcosa, ma votano quelli che raccontano i loro problemi perché almeno si sentono compresi e rappresentati.
Se così fosse, le sfide che abbiamo davanti diventano complicatissime e bisogna attrezzarsi per tempo, lavorando alla costruzione di un clima culturale e civile nel Paese, oltre che di un’agenda capace di mettere in campo proposte concrete per migliorare la vita delle persone.
L’esito del voto emiliano-romagnolo ha dimostrato che battere questa destra populista è possibile, ora ci auguriamo che da questo risultato il centrosinistra possa finalmente ripartire e ri-attrezzarsi per vincere le sfide future.
Antonio Scurati, in un articolo sul Corriere della Sera di qualche giorno fa, scriveva che oggi le piazze della paura prevalgono su quelle della speranza e la sinistra attualmente è minoritaria nel Paese.
Il lavoro da fare, quindi, è ancora molto.

domenica 26 gennaio 2020

Tenere insieme crescita e protezione sociale

Ad Affori si è svolto un incontro molto partecipato sulla Legge di Bilancio. Un interessantissimo approfondimento delle misure contenute nella manovra e degli obiettivi che si propone di raggiungere con il Viceministro Antonio Misiani, il senatore Franco Mirabelli e Alessia Potecchi. Il Senatore Mirabelli ha ricordato che quella approvata è una legge di bilancio importante, dove ci sono misure volte a garantire la protezione sociale che i cittadini da tempo chiedono ed è sbagliato contrapporre crescita a protezione sociale. Secondo Mirabelli, crescita e protezione sociale devono andare insieme perché bisogna costruire una società in cui tutti si sentono salvaguardati e non da soli e nella manovra ci sono proposte volte a ottenere entrambe.

sabato 18 gennaio 2020

Colazione all'Isola


Questa mattina al quartiere Isola per la colazione con il Sindaco Beppe Sala!