mercoledì 29 marzo 2017

Contro la violenza alle donne

Oggi alla Casa di Alex si è parlato di contrasto alla violenza sulle donne, della necessità di un'educazione improntata al rispetto e lontana dagli stereotipi che parta fin da piccoli, della capacità di cogliere i segnali lasciati da chi la violenza la subisce per offrire appigli e costruire una rete in grado di rompere quei meccanismi e della necessità di supporto e aiuto psicologico sia a chi la violenza la subisce che a chi la commette. 
Interessante l'intervento del magistrato Fabio Roia che ha raccontato le difficoltà delle donne vittime di violenza ad affrontare il percorso processuale perché spesso ancora provano dei sentimenti per la persona che hanno denunciato e perché faticano a riconoscersi come vittime, in quanto spesso non sono state credute o sono state colpevolizzate, e si chiedono piuttosto il perché di certi comportamenti da parte del compagno violento. 
Interessante il magistrato Roia perché ha chiarito che la persona da allontanare è il violento e non la vittima e le donne vittime devono stare nei centri preposti solo il tempo necessario ad allontanare chi ha fatto loro del male; senza dimenticare che, in caso di arresto, il soggetto violento deve essere seguito e aiutato perché altrimenti, quando terminerà la sua condanna, il rischio è che torni più violento di prima per vendicarsi. 
Sembra una banalità ma è la prima volta che sento dire ciò in un dibattito sulla violenza alle donne (e di dibattiti su questo tema ultimamente se ne susseguono molti).

martedì 21 marzo 2017

Un partito che punti in alto ma con i piedi per terra e che stia tra la gente

Sono stata al Lingotto perché credo che i momenti in cui prende avvio un percorso sono quelli in cui bisogna esserci e dal Lingotto riparte il cammino del gruppo del PD che sostiene la candidatura di Matteo Renzi al Congresso. Un gruppo che è cambiato nel corso degli anni, che si è allargato e per cui si delinea un percorso che probabilmente non sarà del tutto uguale a ciò che è stato fino ad ora.
Per questo era importante essere presenti, per stare dentro alla nascita di un progetto, per conoscere i nuovi compagni di viaggio, per confrontarsi sulla rotta da seguire, fissare gli obiettivi e scegliere la strada che si ritiene più opportuna per raggiungerli.
I tre giorni al Lingotto, con i workshop e la sessione plenaria, sono stati questo.
A mio avviso, il punto corretto sulla linea politica da tenere lo ha individuato Dario Franceschini, quando ha rilanciato la necessità di riscoprire e porre in evidenza i nostri valori e i nostri ideali: «Dobbiamo saperlo dove siamo: in uno schema nuovo che è populisti contro responsabili. Non si può affrontare il populismo con un po’ meno populismo ma bisogna sfidarlo frontalmente, con una sfida sui valori, con una sfida sulle idee per il futuro; facendo capire alla gente le profonde diversità, anche a costo di affrontare i temi scomodi».
Per me occorre che il PD, con Renzi, riparta da qui perché quando si è forza di governo (e il PD è al governo da tre anni) non ci si può permettere di inseguire una facile demagogia che, oltretutto, manda messaggi sbagliati ai cittadini ma si deve avere la responsabilità di raccontare la realtà e di proporre dei cambiamenti coerenti e veritieri sulla base degli ideali che si perseguono.
Se vogliamo che la politica torni ad essere una cosa “alta e nobile” e non un ring di pugilato per bulli da talk show o da tastiera occorre volare alto, porsi degli obiettivi ambiziosi ma capaci di coinvolgere i cittadini e di mobilitarli, raccogliendo la grande richiesta di partecipazione che c’è.
E non c’è dubbio che Renzi sia ancora un grande catalizzatore di attenzione e di interesse per cui soltanto lui può farsi interprete di questa esigenza.
Ma deve essere chiaro, però, che non serve inseguire i populisti sul loro stesso terreno perché il loro non è un percorso di costruzione ma di distruzione totale e ha ragione Franceschini, quindi, quando dal palco del Lingotto ha affermato che occorre essere:
«Lontanissimi sui contenuti. Profondamente alternativi.
Loro le paure e noi le speranze.
Loro costruiscono muri e noi vogliamo costruire ponti.
Loro hanno l’odio dell’antipolitica e noi abbiamo l’orgoglio della politica.
Per loro la politica è il veleno, l’odio della casta; per noi la politica è fatta con migliaia di persone che la vivono come servizio, sacrificando una parte della loro vita per la politica.
Per loro c’è la facilità della demagogia; per noi c’è la fatica del realismo.
Per loro ci sono i nazionalismi e l’antieuropeismo; per noi ci deve essere l’europeismo più vero e più profondo».
Per riuscire a portare avanti tutto questo, però, è necessario un ampio e complesso lavoro culturale da compiere a tutti i livelli della società.
Perciò, come ha detto Franceschini al Lingotto, «Per noi la sfida più grande deve essere sulla formazione e sulla conoscenza che sono il principale antidoto per sfidare i populismi» e, di conseguenza, serve anche che la politica trovi il modo di far emergere il lavoro che quotidianamente viene svolto per arrivare ad ottenere dei risultati (che vanno costruititi spesso con fatica, passo dopo passo e non arrivano per miracolo da soli).
Il mondo dei media, in questo, va coinvolto perché ha delle responsabilità grandi nella diffusione della demagogia. Una narrazione corretta e che diffonda un’informazione veritiera è importante.
Ed è importante che anche la politica impari a fare di se stessa una narrazione diversa, che faccia emergere con più forza il proprio lavoro, al centro del quale devono esserci l’interesse del Paese e dei cittadini.
Trasparenza per me è questo: non è sapere quanto guadagna uno o un altro ma è il far vedere il cosa si fa e il come lo si fa negli uffici, nelle Aule istituzionali, nelle riunioni decisionali.
Questa è la trasparenza che voglio vedere messa in pratica dal PD: si metta in luce la differenza tra chi lavora e lo stipendio (alto o basso che sia) se lo guadagna e chi, invece, sta sulla poltrona a parlare e basta senza fare nulla.
I veri “ladri”, la vera “casta che ruba lo stipendio” scaldando le poltrone e non facendo niente di concreto sono i signori della propaganda, i populisti che spesso urlano “tutti a casa” (ma sono i primi che “a casa” non pensano minimamente di andare pur non essendo di alcuna utilità al Paese ricoprendo ruoli per cui sono totalmente incompetenti e inadeguati).
La politica non deve essere ridotta ad una competizione da talent show, anche perché non è detto che i più competitivi siano poi i più bravi e a Renzi chiedo, quindi, di valorizzare il merito, che significa mettere nei ruoli giusti le persone competenti per ricoprirli (a prescindere dalle amicizie, dall’età e dalle carriere) perché solo così si può marcare la diversità e dare l’esempio di una politica migliore.
La politica, se vuole recuperare credibilità, infatti, ha bisogno di dare esempi positivi di sé mentre, se non riesce a mostrare questo, se non riesce a far passare le differenze, continueranno a prevalere i polveroni delle notizie sulle inchieste con cui si alimenterà solamente il vento del “sono tutti uguali” e degli esperti di propaganda che ci soffiano sopra e non si avrà mai un recupero della fiducia da parte dei cittadini.
Il lavoro da fare, dunque, è molto ed è impegnativo.
Al Lingotto siamo ripartiti, con il trolley (evocato nella scenografia), ci siamo rimessi in cammino. Alcuni di noi, in realtà, in cammino lo sono sempre stati e non si sono neanche mai fermati.
Bene se anche Renzi, dopo il camper dell’inizio del viaggio, ora decide di rimettersi in cammino. Lo faccia e non si fermi: vada in giro tra la gente vera, nei mercati e nelle strade; non abbia paura di incontrare le persone normali. Torni fuori e parli con tutti; esca dai luoghi di eccellenza in cui tutto funziona; non incontri esclusivamente gli esempi di successo ma vada a cercare anche le persone normali, ascolti anche la loro vita e la loro fatica: magari, non sono soggetti trasformabili facilmente in figurine ma il mondo non è fatto solo di successo e tra il successo e la sventura ci sono migliaia di vite normali che meritano la stessa attenzione e non vanno considerate di serie B.
Renzi, rimettendosi in cammino, diventi uno di noi e, caso mai, aiuti quei normali a trovare delle opportunità.
Sono entrata nel PD nel 2009 e ci sono entrata perché Franceschini, da Segretario, era uno di noi: faceva le campagne elettorali girando nei mercati, sugli autobus, nelle fabbriche tra i dirigenti e tra gli operai, nei luoghi di eccellenza e in quelli in crisi.
Essere un partito a vocazione maggioritaria vuol dire questo: vuol dire parlare a tutti, andare incontro a tutti, stare in mezzo alle persone, sporcarsi anche le mani, uscire dai Palazzi.
L’esempio che mi aspetto da un Segretario è questo: voglio una persona capace di guidare il PD puntando in alto, a grandi obiettivi supportati da grandi ideali, ma con i piedi saldamente per terra e capace di vivere dentro la realtà quotidiana delle persone.
Renzi può farlo: ha il supporto di una larga parte del PD e dell’elettorato; in molti guardano ancora a lui come ad una speranza per il futuro; ha la forza e la capacità per farsi interprete del partito e della società. Non si tiri indietro, non si chiuda dentro mondi belli ma esclusivi; si apra e accolga il mondo che c’è intorno.

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