sabato 22 settembre 2018

Il lavoro percepito come senza senso e inutile

E' un bell'articolo quello pubblicato sull'inserto del Corriere della Sera, che apre a riflessioni interessanti sulla società che cambia. Parla delle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, dell'alienazione prodotta dall'automazione, della difficoltà psicologica che si può trovare nell'affrontare nuove professioni che, anche quando ben retribuite o di prestigio, lasciano un senso di frustrazione al lavoratore perché sembrano inutili. Non brutte o umili ma inutili (questo aspetto viene rimarcato più volte nel testo).
Non è consolatorio, però, leggere di essere in tanti e nei settori più diversi a pensare di fare cose inutili o prive di senso, anche perché non credo che le motivazioni siano tutte attribuibili alle trasformazioni del mondo del lavoro: leggendo ciò che i lavoratori raccontano del loro lavoro, infatti, si evince che i problemi sono altri (professionisti usati come passacarte per evitare che crescano, operatori sociali che vedono vanificati i loro sforzi da un sistema che poi fa ripiombare nel disastro chi si è tirato fuori, lavoro fatto passare per agile che in realtà non lo è)...
Poche le soluzioni: qualcuno dice di essersi rimesso a studiare, qualcuno racconta di aver trovato degli sfogatoi per sopravvivere meglio, altri hanno scelto di cambiare settore... cose che normalmente avvengono quando le soluzioni non ci sono.
Le previsioni, secondo l'antropologo, non sono buone: con l'automazione, il lavoro del futuro può diventare quello di fare i controllori delle macchine.
Magari una riflessione su quanto sta avvenendo nel mondo del lavoro è utile che inizino a farla anche altri, oltre agli antropologi, per evitare che i lavori nuovi siano solo questo.