sabato 15 novembre 2014

La dove c'era una strada ora c'è il fiume

Stasera siamo sott'acqua. Non è una novità. Ci siamo abituati. E' una storia che si ripete da tantissimi anni più o meno sempre allo stesso modo. L'incazzatura, invece, aumenta ogni volta di più. Aumenta anche se vedi che fuori stanno lavorando come matti per cercare di salvare il salvabile e per limitare i danni o ripristinare ciò che l'acqua ha compromesso. Mai, come negli ultimi anni, si è visto un tale dispiegamento di uomini e di mezzi tanto tempestivo. Però il problema resta: il Seveso esce, le strade diventano un fiume di acqua marroncina, le macchine vengono bloccate, a piedi è complicato muoversi, i mezzi pubblici scarseggiano, i marciapiedi scompaiono e, quando va male, salta anche la luce per ore, si allagano cantine e box e poi perdiamo giorni a pulire e rimettere in ordine qualcosa che nel giro di poche settimane sarà nuovamente sottosopra.
Le cause sono molteplici e note (la cementificazione eccessiva, il cambiamento climatico, la mancanza di interventi per la pulizia delle acque e del percorso sotterraneo del Seveso da parte di chi avrebbe dovuto farli...) ma oggi di tutto questo, qui in zona non interessa nulla. Oggi, a Gino interessa che ha dovuto chiudere il negozio alle 14:00 (annullando appuntamenti e mandando a casa le clienti presenti) per non restarne prigioniero fino a stanotte, ai due coraggiosi spalatori del mio condominio interessava che non entrasse l'acqua nei box, nel locale cantine e in quello contatori, a chi ha lasciato l'auto parcheggiata in strada e ogni tanto si affacciava alla finestra per guardare il livello dell'acqua interessa sapere in quali condizioni potrà recuperarla e se domani ripartirà, a chi ha la cantina allagata interessa fare il conto delle cose che anche a questo giro si troverà a buttare via, a chi aveva degli impegni da svolgere fuori casa interessa che non ha potuto rispettarli (con tutte le conseguenze), a chi era fuori casa interessa poterci rientrare al più presto. Se non si capisce questo, è inutile fare tutte le altre discussioni.
La situazione che si è creata con le continue esondazioni del Seveso non è più accettabile.
Non è normale trovarsi ad esitare prima di uscire di casa ogni volta che piove perché non si sa come e quando si avrà modo di tornarci. Non è normale doversi chiedere ogni giorno se è il caso di vestirsi da persona normale o se è meglio mettersi in tenuta da pescatore e portarsi gli stivaloni di gomma appresso perché non si sa cosa si può trovare al ritorno. Non è normale che una città come Milano (non un Comune in cima alle montagne o in riva al mare) vada letteralmente a fondo ad ogni goccia d'acqua che scende. Certamente, le piogge di questi giorni sono molto più consistenti di quelle degli anni scorsi, ma il Seveso è sempre uscito comunque, indipendentemente dalla portata delle piogge.
Ammiro molto l'impegno e la dedizione che ci stanno mettendo le persone che sono in strada a lavorare per darci le informazioni e fare in modo che tutto torni presto alla normalità ma assicuro che qui non interessa a nessuno: qui le persone chiedono che questa situazione venga risolta in modo definitivo e che si inizino i lavori perché le esondazioni non avvengano più (se non in casi davvero eccezionali).

p.s.: quando l'esondazione è appena all'inizio, se siete in strada, non state lì ad attendere che smetta ma cercate un modo per rientrare immediatamente a casa perché più passa il tempo e maggiore sarà la difficoltà di rientro (per strade chiuse o impraticabili per l'acqua che si alza)

sabato 25 ottobre 2014

Leopolda

Oggi il PD è alla ‪#Leopolda5‬. Il PD quello nuovo, quello che ha preso il 40% alle elezioni, quello aperto che si confronta con i cittadini e non ha paura di avvicinare i mondi più diversi. Il PD che cerca di cambiare se stesso per rimettersi in linea con la società italiana e riuscire poi a cambiare il Paese. Il PD che guarda al futuro e cerca di costruirlo a partire dalla realtà delle cose. Mi spiace per chi non lo ha capito e si è messo ad organizzare qualcosa contro e mi spiace anche per chi lo ha capito ma ha perso il treno per parteciparvi: alla Leopolda in questi giorni si ricostruisce il PD per far fronte alle sfide future.

sabato 18 ottobre 2014

Gli 80 euro

Quando Renzi ha annunciato che ci sarebbero state 80 euro in più in busta paga per i lavoratori dipendenti sotto un certo reddito, tutti hanno montato un casino pazzesco perché contestavano il fatto che quei soldi venivano dati solo ad una cerchia ristretta di persone, escludendone tante altre (dimenticando che non si trattava di un aumento di stipendio ma di una riduzione dell'IRAP).
Ora che Renzi annuncia che - in forma di detrazione - ci saranno gli 80 euro anche per le mamme entro un certo reddito, lo si contesta perché sarebbero meglio altre misure di aiuto.
A me fa piacere vivere in una nazione in cui ci sono così tanti esperti di economia che potrebbero prendere il posto dei Ministri in carica e mi spiace per loro che sono così poco considerati dai nostri governanti, perché se fosse stato per loro di sicuro avremmo già salvato l'Italia dalla crisi economica, risolto il problema della disoccupazione e magari anche quello della fame nel mondo.
(Una delle contestazioni più carine che ho sentito è che questa è una mossa per far contenti i cattolici perché si incentivano le famiglie a fare figli... come se 80 euro fossero sufficienti a mantenere un figlio).
Io mi limito a valutare le misure che i governi propongono per quello che sono e penso che una persona a cui viene data la possibilità di avere un po' di soldi in più, in tempi difficili come questi, è molto più contenta (fatti suoi se poi vuole spenderli o preferisce tenerli per altre esigenze).
Per anni, non abbiamo fatto altro che parlare di nuove tasse e siamo tutti devastati da una pressione fiscale ormai insostenibile, adesso abbiamo un governo fa delle manovre per lasciarci più soldi in tasca e non va bene lo stesso.
(p.s.: Gli asili nido di solito sono comunali)

sabato 20 settembre 2014

Renzi e il PD

C'è una cosa che veramente mi fa arrabbiare. Matteo Renzi ha portato il PD a vincere le elezioni con il 40,8% che, - al netto dell'astensionismo alto - resta una cifra mai vista e che probabilmente non rivedremo (a meno che non si passi al bipartitismo). Cito Matteo Renzi non per simpatia (a me non è simpatico per nulla) ma perché credo che il merito di questo grande risultato gli vada riconosciuto. Renzi è stato il fattore innovazione che ha suscitato attenzione e speranza negli italiani. In molti sono venuti a votare dicendoci che votavano PD perché era il partito di Renzi, che piaceva lui e volevano dargli forza affinché portasse avanti i cambiamenti annunciati. Renzi ha portato a votare per il PD anche tutti quei ceti produttivi che da anni non riuscivamo più ad intercettare e questa volta hanno scelto noi perché le risposte e le promesse di Renzi erano in linea con le loro richieste e con le nuove esigenze della società che da tempo si è nettamente trasformata.
Ora, lasciando perdere le tematiche istituzionali (di cui probabilmente alla maggioranza dei cittadini importerà poco o nulla), Renzi sembra aver annunciato che strada intende assumere su temi economici e del lavoro e sono i temi per cui la maggioranza di quel 40% ha votato il PD alle elezioni e la maggioranza del 68% ha votato Renzi alle primarie del PD.
Questo non vuol dire che tutti debbano necessariamente essere d'accordo con la visione che Renzi propone ma che una parte del PD (di cui Renzi è espressione e segretario eletto con il 68%) si metta a fargli la guerra, con l'implicazione che poi ci si costringa a fare accordi con Berlusconi per avere i voti che in Parlamento che altrimenti mancherebbero è una vergogna. E' una vergogna che un partito faccia di tutto per mantenere un congresso permanente nonostante un risultato così netto e così ampiamente confermato. Ed è una vergogna che chi ha fallito per anni perdendo tempo e occasioni e proponendo visioni già allora distanti dalla realtà e lontane dalle richieste dei cittadini (perché se non votavano il centrosinistra era perché le proposte presentate non convincevano e non per altri strani motivi) ora salti fuori a dare lezioni all'unico che ha saputo vincere e interpretare le nuove richieste della società.
Adesso è ora che il PD smetta con i congressi permanenti, con i posizionamenti interni di cui ai cittadini non interessa nulla e che non producono altro che un allontanamento degli elettori. Discuta se serve farlo (nelle opportune sedi) ma poi trovi la sintesi perché è ora che il PD lavori unito e si compatti attorno a delle proposte che devono essere portate avanti da tutti e devono confrontarsi con la società reale di oggi e non con quella di ieri o con quella che ci piacerebbe ma non esiste.

venerdì 19 settembre 2014

L'anacronistica battaglia sull'Art. 18

Quando non si sa più cosa dire, nel centrosinistra si riapre lo scontro intorno all'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Articolo, per altro, anche già oggetto di referendum diversi anni fa e di modifiche in seguito alla legge Fornero (il punto di discussione era su equilibrio tra reintegro e indennizzo).
Oggi la battaglia ricomincia. Lo scontro è tra Governo (a guida di Matteo Renzi) e il sindacato CGIL ma anche all'interno del PD stesso (come su ogni argomento).

"Vogliono abolire l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. - scrive Marco Esposito su Giornalettismo - Ecco, per un trentenne di questo paese, non esiste un evento che regali altrettante indifferenza. E il motivo è semplice: l’articolo 18 è un qualcosa che non ha mai riguardato i giovani italiani. Semplicemente perché esistono almeno un’altra quarantina di contratti alternativi (e tutti più convenienti per il datore di lavoro) , e, pertanto, nella stragrande maggioranza dei casi, nessuno offre un contratto a tempo indeterminato. Diciamolo chiaramente: la battaglia sull’articolo 18 – oggi – appassiona una stretta cerchia di persone, per lo più sopra i 50 anni, e un ristretto giro di giornalisti nostrani. E, ovviamente, i sindacati. Che dell’articolo 18 fanno una bandiera, un punto d’onore, l’ultimo baluardo da non far cadere. Ma la realtà è che anche e soprattutto i sindacati, ad iniziare dalla CGIL, che ha circa il 50% di iscritti tra lo SPI CGIL, il sindacato dei pensionati (ma perché i pensionati hanno bisogno di un sindacato?), dei problemi dei giovani di questo paese se ne è spesso fregato. Ricordiamo come sulla pelle dei più giovani, grazie all’allora ministro Damiano, fu abolito lo scalone voluto da governo Berlusconi, scaricando i costi di quella riforma sull’aliquota pensionistica dei contratti dei co.co.pro e delle partite iva. Un chiaro esempio di come sindacati e centrosinistra fecero una precisa scelta, spostando risorse economiche a favore dei più anziani, e a discapito dei più giovani".
"Quello che non deve sfuggire - continua Esposito - è che il mondo del lavoro per il quale lo statuto dei lavoratori fu pensato, semplicemente, non esiste più. Nel 1970 si entrava in un’azienda da giovani, per rimanerci tutta la vita, o quasi. Il nostro è un sistema di ammortizzatori sociali pensate non per tutelare il lavoratore, ma per conservare il posto di lavoro. Bisogna avere il coraggio di cambiare. Di andare avanti, di accettare la sfida del mondo del lavoro che cambia. Chi scrive nel solo 2014 ha lavorato in tre posti di lavoro diversi. Nessuno ha intenzione di dire che questo sia un fatto positivo, ma questo è il quadro all’interno del quale ci muoviamo. E a questo scenario bisogna adattarsi riscrivendo le garanzie del mondo del lavoro. E’ necessario pensare ad un piano di ammortizzatori sociali che accompagni il lavoratore tra la fine di un lavoro e l’inizio dell’altro. E’ questo il vero obbiettivo sui cui bisogna concentrarsi. Il rischio, senza questo decisivo bagno di realismo, è quello di lottare per mantenere intanto un sistema di regole che non ha più alcun riscontro con la realtà. Basta farsi un giro in qualsiasi realtà lavorativa italiana per rendersi conto che l’articolo 18 oggi come oggi, è una chimera per chi entra in un’azienda e – soprattutto – oggi tutela circa la metà dei lavoratori dipendenti. Cioè chi lavora in una società con almeno 15 dipendenti".

Ed è esattamente così. Come è vero ciò che scrive sul sindacato Paolo Natale su Europa: "I sindacati si occupano solamente dei propri iscritti, di chi il lavoro ce l’ha ed è occupato nelle aziende medio-grandi. Per tutti gli altri, per chi non ha lavoro, per chi è precario, per chi è in nero e cerca qualcosa di meno provvisorio, le loro azioni paiono inesistenti. Se non contro-producenti."

Insomma, spiace dirlo ma ha ragione Fabrizio Forquet che, su Il Sole 24 Ore, scrive: "Oltre l'80 per cento dei nuovi contratti oggi non solo non ha l'articolo 18 ma non ha nessuna delle tutele del contratto a tempo indeterminato. E soprattutto quattro giovani su 10 non trovano alcun lavoro. Questa è la realtà lì fuori. Chi non la vede si illude di difendere i lavoratori ma protegge in realtà una ridotta che sa sempre più di discriminazione. Il diritto che va difeso e sostenuto, oggi, è quello di lavorare e creare lavoro".

Il mondo del lavoro è cambiato. Piaccia o meno, è tutto molto più incentrato sul singolo individuo e il posto fisso (logica per cui si entrava in un'azienda e all'interno di quella si cresceva, ci s formava e si faceva carriera) non esiste quasi più. Oggi occorre una formazione continua e il più aggiornata possibile e anche una certa capacità mentale di adattarsi ai vari e sempre possibili cambiamenti che possono incorrere e, spesso, fare carriera coincide con un cambio di azienda e non con un cambio di ruolo all'interno del posto in cui si lavorava prima. Questo è un problema perché richiede una enorme capacità di competere come individui in un mercato che è spietato e implica una forte dose di stress (oltre che di precarietà e rischi economici se non si hanno le spalle coperte). Su questo nuovo e difficoltoso modo di lavorare mancano tutele e sostegni e vanno creati perché la maggior parte di chi entra nel mondo del lavoro oggi vi entra con queste logiche e si ritroverà sempre di più a fare i conti con questa realtà e su questo sembra che sia la politica che il sindacato non siano particolarmente preparati.

mercoledì 16 luglio 2014

Il lavoro concreto dei parlamentari PD

Ho seguito la diretta streaming dell'Assemblea dei parlamentari PD di Camera e Senato con Renzi. 
Ho apprezzato molto il dibattito e gli interventi dei nostri parlamentari. In sintesi, tutti gli intervenuti (compresi quelli di non "osservanza renziana"), hanno mostrato di voler seguire la rotta tracciata dal segretario e concordano sul percorso intrapreso. 
Però, non sono state fatte sviolinate ma, anzi, da tutti sono state poste puntualizzazioni e sono state presentate richieste serie su temi concreti e di interesse reale dei cittadini (giovani, lavoro, donne, diritti, scuola, insegnanti, Sud, legalità). Insomma, quello che ho ascoltato è stato un confronto vero e serio, costruttivo in cui al centro erano davvero le politiche per il Paese e per i cittadini. 
Complimenti ai parlamentari del PD che, con le argomentazioni espresse stasera, hanno mostrato il loro impegno, la loro attenzione ai problemi veri e il loro lavoro quotidiano nelle Aule parlamentari. 

Su Renzi non ho commenti perché ho scoperto che c'era la diretta quando la sua relazione era già verso la conclusione (per fortuna...).

venerdì 11 luglio 2014

Nuove norme in materia di parchi e aree protette

Grande partecipazione di Associazioni ambientaliste, responsabili degli Enti Parco e amministratori locali all’incontro che si è svolto al Grattacielo e Pirelli e che è stato promosso dagli Eco.Dem della Lombardia in collaborazione con i gruppi parlamentare e consiliare del PD della Regione.
Oggetto della discussione è stata la riforma della Legge 394 del 1991 in materia di parchi nazionali e regionali e aree protette che si sta discutendo in Commissione Ambiente al Senato attraverso la presentazione di tre disegni di legge rispettivamente del Partito Democratico (a firma del senatore Caleo), di Forza Italia (a firma del senatore D’Alì, che aveva già proposto una riforma analoga nella precedente legislatura ma che non era riuscita ad arrivare in porto, in seguito alla caduta del governo) e di Sinistra Ecologia e Libertà (a firma della senatrice De Petris) che stanno trovando una sintesi nella proposta del relatore Marinello (Nuovo Centro Destra) e che dovrebbe approdare in Aula tra settembre e ottobre.

L’incontro si è aperto con la relazione del senatore lombardo Franco Mirabelli (VIDEO), membro della Commissione Ambiente e che già nei mesi scorsi si era attivato per condividere le proposte in discussione con le varie realtà rappresentative dei settori che potevano essere interessati.
Nella sua relazione, il senatore Mirabelli ha esordito raccontando ai presenti i meriti della Legge 394 del 1991 con cui sono stati istituiti i parchi nazionali, regionali, le aree marine protette e che ha consentito al nostro Paese di salvaguardare e valorizzare lo straordinario patrimonio ambientale ma che, però, dopo 23 anni, necessità di un aggiornamento che consenta di migliorare alcuni aspetti e di adeguarla alle norme europee per la tutela della biodiversità e al protocollo “Natura 2000”.
Il senatore Mirabelli si è poi soffermato a descrivere i vari articoli previsti dal nuovo testo di legge (che va modificare le regole in materia di governance, attività economiche e finanziamento, salvaguardia delle aree contigue, norme più stringenti in materia di controllo della fauna), spiegandone i contenuti e la discussione in corso in Commissione sugli emendamenti.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Giampiero Sammuri (Presidente Nazionale Federparchi) che, attraverso una serie di slide ha presentato un confronto tra le Legge 394 e le proposte di modifica, confermando un sostanziale giudizio positivo per la scelta di effettuare un “tagliando” alla normativa vigente, in particolare sulla questione della salvaguardia delle aree contigue e ha avanzato tre richieste ai parlamentari presenti che avranno poi il compito di discutere e portare a casa il provvedimento definitivo. La prima richiesta di Federparchi riguarda le attività economiche dentro ai parchi e i contributi da esse derivati: il tutto deve riguardare esclusivamente gli impianti già esistenti e non attivare concessioni per nuove opere. La seconda richiesta riguarda la riforma delle competenze paesaggistiche da attribuire ai parchi. La terza questione posta da Federparchi come indispensabile, invece, riguarda la richiesta di finanziamenti ai parchi in base al budget.

Più politico e meno tecnico, invece, è stato l’intervento di Marzio Marzorati, Responsabile Parchi di Legambiente Lombardia, il quale ha contestato durante le scelte intraprese dalla giunta regionale in materia di ambiente e ha denunciato la gravità della situazione in cui versa il Parco dello Stelvio. Sul fronte delle richieste, come Legambiente, ha segnalato l’importanza di connettere la riforma della normativa sulle aree protette alla legge contro il consumo di suolo, in quanto ormai i due temi sono strettamente collegati.

Il punto di vista degli amministratori locali lo ha espresso Massimo Depaoli, nuovo Sindaco di Pavia, che ha evidenziato come l’esperienza dei parchi regionali possa costituire un esempio anche per i parchi nazionali, avendo però l’accortezza di creare ambiti omogenei sui territori per realizzare interventi. Sottolineando l’importanza del ruolo dei Comuni oggi, Depaoli ha però segnalato anche che i sindaci non hanno tutti la stessa opinione e, per questo, sarebbe utile avere delle solide reti di amministratori locali e luoghi di discussione e confronto – quali enti intermedi di governance - che consentano di raggiungere posizioni più omogenee nella gestione dei territori.
Un altro fattore importante, secondo il sindaco di Pavia, riguarda gli agricoltori e il ruolo che hanno svolto in questi anni sempre più collegato ai parchi e alla difesa delle aree protette, contestando un’idea di sviluppo tutta incentrata sull’urbanizzazione. Si tratta di una novità importante che, per Depaoli, merita di essere valorizzata.

Sugli stessi toni anche Renato Aquilani, Presidente dell’Associazione Parco Sud Milano, che ha raccontato l’esperienza del Parco Sud, quale ente di cintura urbana che ha bloccato l’urbanizzazione selvaggia degli anni ’80 ma che è anche parco agricolo e come tale ha svolto un ruolo importante nell’evoluzione del rapporto tra agricoltura e ambientalisti, passato da un inizio burrascoso ad oggi in cui gli agricoltori sono i primi difensori del Parco.
In merito alla riforma della Legge 394/1991, Aquilani ha mostrato di apprezzare le novità introdotte sul fronte delle aree contigue e anche la semplificazione di alcune norme, così come i cambiamenti in materia di governance che vedono un maggiore coinvolgimento delle associazioni perché queste, secondo il Presidente dell’Associazione Parco Sud Milano, svolgono un ruolo di rappresentanza sociale all’interno del Parco.

Giuseppe Manni, Presidente del Parco Nord Milano, nel suo intervento ha sottolineato come sia ormai indispensabile un approccio nuovo verso i temi ambientali ed ecologisti: “Un tempo questi erano temi regalati a strenui fondamentalisti dell’ambiente ma oggi – anche in vista dell’Expo e della materia oggetto della manifestazione – è il momento di cambiare verso davvero anche su questo fronte ed è ora che queste questioni entrino nel dna delle persone”, ha affermato Manni. Partendo dall’esperienza del Parco Nord, in cui ci sono voluti 40 anni di lavoro per ricostruire la biodiversità all’interno, Manni ha lanciato la proposta di rilanciare i parchi periurbani, mettendoli in rete tra loro (come in parte si è già iniziato a fare), in vista della creazione della città metropolitana che come tale deve avere il suo parco e non farsi inglobare tutte queste realtà dalla Regione.
Manni ha concluso, però, lanciando un allarme ai parlamentari presenti che riguarda la situazione economica drammatica dei parchi regionali e per cui è indispensabile che nella nuova legge si trovi il modo di reperire finanziamenti stabili (che non possono essere in carico a Comuni ed Enti Locali, già privi di risorse).

Ultimo esponente dei parchi ascoltato è stato Agostino Agostinelli, Presidente del Parco Adda Nord, il quale ha segnalato l’urgenza delle nuove norme e ha avanzato la richiesta che si faccia il possibile affinché queste vengano approvate presto e diventino operative entro l’anno.
Allo stesso modo di Manni, anche Agostinelli ha sottolineato la necessità di modificare radicalmente la chiave di lettura del sistema dei parchi e la cultura ecologista secondo cui il parco realizzato diventa l’unico baluardo di cui accontentarsi e da difendere mentre al di fuori può avvenire qualsiasi tipo di cementificazione. Oggi, secondo Agostinelli, essendo cambiata la società, questo modo di pensare non ha più senso: “I parchi non rappresentano più la compensazione strutturale ad un capitalismo pesante tutto basato sull’urbanizzazione – ha evidenziato il Presidente del Parco Adda Nord – ma possono essere un perno su cui costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile”.

Serena Righini, membro della Segreteria Regionale del Partito Democratico della Lombardia, giunta a portare un saluto all’iniziativa, ha esposto la necessità di creare un nuovo modello di sviluppo economico più sostenibile perché l’ambiente non può più essere considerato solo come un ostacolo all’economia ma deve, invece, diventare un valore anche dal punto di vista culturale e sociale. Anche per questo motivo, ha contestati duramente la legge regionale recentemente approvata che consente le gare di moto all’interno dei parchi.

A raccogliere le osservazioni e le istanze presentate c’era anche l’onorevole Chiara Braga, Responsabile Ambiente per Segreteria Nazionale del PD, da sempre impegnata sulle questioni ambientali, ha espresso la volontà di portare fino in fondo questo progetto di riforma, frutto di un lavoro di confronto con il mondo dei parchi, le associazioni del settore e gli amministratori locali. La deputata democratica ha segnalato l’urgenza di mettere i parchi nelle condizioni di poter lavorare, fornendo loro gli strumenti necessari in tempi utili e per questo sono già stati attivati dei canali di contatto con il Ministro dell’Ambiente Galletti.
“Con questa nuova legge – ha affermato Chiara Braga – diffondiamo anche un’idea di sviluppo e di ambiente che abbiamo per il Paese. A partire dalle aree protette, serve costruire un nuovo modello di sviluppo locale, serve un’idea di sviluppo che metta l’ambiente tra le questioni su cui puntare. Per questo andrà portata avanti la richiesta che questo Governo abbia un’impronta verde un po’ più riconoscibile rispetto a ciò che è stato fino ad ora. Un passo importante in questa direzione è stato fatto con la presentazione delle norme per fronteggiare il dissesto idrogeologico e la difesa del suolo”.
Con l’occasione, infatti, Chiara Braga ha fatto anche il punto sulla legge per fermare il consumo di suolo che sembrava essere in dirittura d’arrivo con il Governo Letta ma che con il cambio di vertici ha subito una serie di rallentamenti e ora può forse vedere nuova luce per alcuni aspetti.

“L'incontro sulla riforma della legge sui parchi ha dato a tanti soggetti la possibilità di contribuire alla normativa che stiamo discutendo nella Commissione Ambiente del Senato, mentre la trattazione è ancora in corso e non a cose fatte. Faremo tesoro delle proposte e dei suggerimenti che ci sono giunti da associazioni e sindaci”, ha dichiarato il senatore Franco Mirabelli, in conclusione del convegno.
Sulla stessa linea Stefano Facchi, Presidente degli Eco.Dem della Lombardia e coordinatore dell’incontro che ha commentato: “Gran bella iniziativa a cui abbiamo registrato un’ottima presenza e un ottimo livello del dibattito. Mi pare che il metodo di discutere i progetti di legge prima che vengano approvati, avviando un confronto tra parlamentari, consiglieri regionali, sindaci e associazioni, funzioni bene”.

domenica 15 giugno 2014

Il nuovo PD emerso all'Assemblea Nazionale

Ciò che mi ha colpita dell'Assemblea Nazionale del PD di oggi (ma che cominciava già a delinearsi dalle ultime Direzioni Nazionali) è che quello che abbiamo visto e ascoltato è il nuovo PD. Assenti o silenti, lontani da telecamere e microfoni quasi tutti i cosiddetti "big" del partito. 
Da un po' di tempo, il palco di Direzione e Assemblea non è più solo dei soliti noti ma hanno cominciato ad affacciarvisi anche volti nuovi nello scenario nazionale e più legati ai gruppi dirigenti dei territori. 
Oggi questo è stato ancora più evidente: c'è una nuova classe dirigente che è emersa con forza, ci sono altre persone che hanno cominciato ad affermarsi sulla scena nazionale e si è anche visto un forte ricambio generazionale (giovani i ministri come Marianna Madia, giovani i componenti della segreteria, giovani anche i leader di "corrente" che hanno cominciato ad affrancarsi da legami ingombranti per ritagliarsi posizioni diverse come Orfini) e molti dirigenti locali che hanno cominciato ad avere una certa riconoscibilità e un certo peso (ad esempio Richetti). Credo che questo, al di là delle idee e delle posizioni politiche che ciascuno esprime, sia un dato molto positivo.
L'altro dato che ho notato oggi - e che, invece, mi è piaciuto poco - è la gran confusione tra azioni del governo (più volte citate da Renzi e in tutto l'intervento della Madia) e il partito: credo che l'Assemblea Nazionale non sia il luogo per una conferenza stampa sulle scelte del governo, ma il luogo per una riflessione sul partito e caso mai una valutazione sui percorsi politici da intraprendere o già intrapresi anche come governo (in questo, ad esempio, ho apprezzato l'analisi di Fassino che ha saputo tenere insieme i due elementi senza fare confusione dei piani o di Franco Mirabelli che ha discusso del voto e delle vicende del Senato).
Nel complesso, mi è parsa una discussione positiva (pur nelle divergenze anche forti che si sono manifestate) e utile anche a dirimere un po' di vicende che sono esplose negli ultimi giorni e con un Segretario che si è confermato proiettato sul futuro, propositivo e determinato a raggiungere importanti obiettivi e a farlo con una squadra unita e consapevole della responsabilità che il risultato elettorale ha consegnato al PD.

giovedì 12 giugno 2014

Il caso Mineo e il PD

Quanto avvenuto oggi in Senato è pazzesco.
Nel momento migliore per il Partito Democratico, in cui gli elettori ci hanno appena dimostrato il loro sostegno e il loro ampio consenso, al di sopra di ogni nostra aspettativa, qualcuno ha pensato bene di rianimare le polemiche interne dando vita ad uno spettacolo indecoroso.
Personalmente, scinderei la vicenda di Mineo (un po' più lunga e un po' più complessa) dal pasticcio di oggi.
Fin dall'inizio, guardando alla composizione delle Commissioni in Senato, mi sono domandata cosa ci facesse un ex giornalista nella Commissioni Affari Costituzionali: è un luogo importante, nella mia concezione dovrebbero andarci gli esperti del tema, gli "addetti ai lavori", oppure persone con un più rodato "occhio politico", perché i temi che vi passano richiedono maggiori competenze specifiche rispetto ad altri settori. Ma ognuno fa le scelte che ritiene opportune e si vede che al momento della scelta delle Commissioni, si è valutato che fosse giusto così.
Fin dall'inizio, però, Corradino Mineo ha mostrato anche alcune particolarità rispetto al resto del gruppo del PD: si è distinto più volte per dissenso rispetto a vari temi e sempre prescindendo dal fatto che comunque la maggior parte delle decisioni sono state prese dopo che il gruppo ne aveva diffusamente discusso al suo interno. Non ne faccio una questione di allinearsi o meno ma c'è un dato che riguarda il modo di agire di Mineo: si vede che non viene dalla politica, si vede che non sta dentro ad una logica di partito, si vede perché non gli interessa mai come si pone il gruppo che lo ha candidato e a cui ha aderito ma puntualmente si preoccupa della sua personalissima idea delle cose. Nulla di male ma stare in un partito vuol dire stare dentro ad una comunità e le strade imboccate di solito sono quelle condivise con gli altri e non le posizioni dei singoli e, soprattutto, è un po' strano che ci si debba distinguere quasi quotidianamente su qualcosa.
La questione esplosa oggi in seguito alla sua sostituzione in Commissione, insomma, non è una cosa estemporanea ma un episodio che si realizza dopo mesi di problemi e distinguo. La logica e la serietà avrebbero voluto che Mineo avesse fatto da solo un passo indietro dalla Commissione Affari Costituzionali: se una persona non è d'accordo con la decisione presa dalla maggioranza del gruppo a cui appartiene, dopo che si sono fatti mesi di riunioni e assemblee sul caso, non funziona che si mette di traverso e blocca tutto ma ne prende atto e lascia il posto a chi, invece, quel percorso lo condivide.
Purtroppo le cose non sono andate così: Mineo, forte anche di un sostegno trasversale di minoranza PD, M5S e parti di altri partiti, ha scelto di restare al suo posto in Commissione e il PD ha scelto di sostituirlo, facendone un martire della democrazia. In sintesi, un errore dietro l’altro: da una parte Mineo che fa il piccato e resiste, supportato da chi mira a sfasciare il già fragile equilibrio del nuovo PD raggiunto dopo il bellissimo risultato elettorale, dall’altro il nuovo gruppo dirigente PD che, puntando tutto su velocità e denigrazione di ogni possibile intralcio, va giù pesante come un carroarmato, toglie di mezzo l’ostacolo fastidioso e tira dritto come se niente fosse.
Il risultato anche questa volta è una figuraccia esterna, in cui si è mostrato un Partito Democratico che neanche dopo aver preso il 40% alle elezioni è capace di compattarsi e trovare un accordo interno per lavorare per il bene dell’Italia perché, come sempre, tutti sono troppo occupati dal farsi la guerra all’interno. E poco importa se la maggioranza dei cittadini pensa che si sia fatto bene a togliere di mezzo Mineo e quelli come lui che bloccano il Paese e impediscono le riforme tanto invocate al solo scopo di ottenere un po’ di visibilità personale o se invece pensa che abbiano ragione i rivoltosi e non sia quello il modo corretto di risolvere i contenziosi, perché la figuraccia fatta oggi in Senato resta identica.
La domanda che sorge spontanea da una persona iscritta al PD è se era proprio necessario arrivare a una situazione del genere e se non si potevano trovare altre soluzioni o altre forme di accordo con il gruppetto che stava minando il percorso delle riforme. Anche perché, ovviamente, tutto questo non riguarda solo i gruppi dirigenti e parlamentari, ma si ripercuote a cascata anche sui militanti e si va a riaccendere in modo molto forte uno scontro tra tifoserie, che speravamo aver superato dopo gli esiti elettorali così eclatanti.
Visto che la sostituzione di Mineo era nell’aria da un po’, i giornali lo scrivevano da giorni, possibile che questo episodio sia dovuto cadere sulle nostre teste in questo modo? Possibile che non ci fosse un altro modo, meno appariscente e meno dannoso, per contenere il dissenso? Possibile che si debba sempre procedere per strappi suscitando poi infinite polemiche (perché oltretutto la “base” è lentissima a elaborare quanto accade e profondamente incline alla lamentela)?
E, soprattutto, possibile che ancora c’è chi non si rassegna all’idea di avere perso il congresso e vuole trovare tutti i pretesti (e purtroppo ne vengono forniti) per alimentare il malumore invece che lavorare per il bene del PD?

sabato 7 giugno 2014

Dibattito sull'antimafia ad Affori

Sabato al Circolo PD di Affori è stato organizzato un interessante incontro sui temi dell'antimafia moderato da Lorenzo Lodigiani (segretario del circolo) e a cui hanno partecipato il senatore Franco Mirabelli (capogruppo del PD nella Commissione Parlamentare Antimafia), David Gentili (Presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano), Marco Granelli (Assessore alla Sicurezza del Comune di Milano), Beatrice Uguccioni (Presidente del Consiglio di Zona 9 di Milano) e Davide Salluzzo (Referente di Libera Lombardia).
L'incontro, molto partecipato dai cittadini, è stato aperto dal senatore Mirabelli che ha raccontato il lavoro svolto in questi mesi dalla Commissione Parlamentare Antimafia, concentrandosi in particolare sul fenomeno delle infiltrazioni della 'ndrangheta nel Nord Italia, su cui a breve verrà presentato un rapporto elaborato dalla Commissione con la consulenza di Nando Dalla Chiesa. Mirabelli, nel corso del suo intervento (video) ha segnalato la scarsa percezione dell'opinione pubblica rispetto al pericolo delle infiltrazioni criminali nella società e ha mostrato come, invece, nonostante l'assenza di episodi di violenza eclatante, le 'ndrine si siano fortemente radicate all'interno dell'economia, della pubblica amministrazione, nelle aziende e di come sia indispensabile alzare il livello dell'attenzione. 
Un altro tema affrontato dalla Commissione Antimafia - ha raccontato il senatore Mirabelli - è quello dei beni confiscati alla criminalità organizzata e il malfunzionamento dell'Agenzia che avrebbe dovuto gestirli, per cui è stata stilata una relazione che include un progetto di riforma. 
David Gentili ha focalizzato il suo intervento su alcune problematiche legate alla criminalità organizzata nel quartiere di Bruzzano e dei clan operanti nella zona e dediti ad affari nelle sala gioco, nelle società sportive e, infine, ha sollevato il tema degli appalti di Expo, finite sulle cronache di tutti i quotidiani di questo periodo.
Anche Beatrice Uguccioni è rimasta ancorata alle problematiche della zona e ha raccontato la vicenda del centro sportivo Iseo (vittima di più incendi di origine dolosa) e di come i criminali cerchino di entrare in luoghi dove è più facile ottenere un largo consenso sociale e di come spesso anche i comportamenti degli altri lascino spazio a illegalità. Un'altro fattore da tenere sotto controllo, secondo Uguccioni, sono poi le feste di via, in particolar modo dove girino soldi e commercio perché spesso la criminalità tenta di metterci le mani e, per questo, come Consiglio di Zona, ha segnalato che tendono a patrocinare più volentieri le iniziative non commerciali.
L'Assessore Granelli ha illustrato l'ampio sforzo delle forze dell'ordine per contrastare la criminalità e il coordinamento messo in capo tra i vari livelli istituzionali su più fronti, con particolare attenzione alle vicende di Expo. In risposta alla segnalazione del senatore Mirabelli che evidenziava come la 'ndrangheta abbia una struttura organizzata per cellule chiamate "locali" tutte dipendenti dalla casa madre in Calabria ma tutte ramificate sui territori, Granelli ha invocato una maggior cooperazione nell'ambito della legalità tra il Nord e il Sud del Paese, magari attraverso la rete dell'associazionismo, favorendo il commercio di prodotti legali provenienti da luoghi confiscati alla criminalità. 
Salluzzo, invece, ha raccontato l'attività di Libera, la sua organizzazione (composta da circa 1600 associazioni aderenti) e ha anticipato che la prossima campagna sarà dedicata al tema della lotta alla corruzione. Salluzzo è stato molto duro nei confronti della politica, segnalando che non è pensabile  di contrastare la mafia con la solidarietà e con la carità ma servono provvedimenti efficaci e anche ingenti risorse economiche (in particolare per far funzionare i beni che vengono confiscati ai criminali e che poi devono restare patrimonio pubblico ma non devono essere fatti fallire come, invece, troppo spesso accade).
Nel complesso si è trattato di un dibattito interessante, ricco di contenuti informativi importanti su quanto sta avvenendo nel nostro Paese - ma anche più specificatamente a Milano - sul fronte della lotta alla criminalità organizzata. Tante anche le domande e le richieste di ulteriori approfondimenti da parte del pubblico, arrivato numeroso non solo dalla zona 9 di Milano per ascoltare i relatori. 

lunedì 26 maggio 2014

I meriti del trionfo del PD

I meriti del trionfo del PD alle elezioni vanno Matteo Renzi e a Beppe Grillo
Grillo, con la sua campagna elettorale spaventosa - passata per Hitler, la lupara bianca, i processi online e la pubblica gogna fino a buttare in mezzo a tutto questo Enrico Berlinguer - è riuscito in due imprese: 1) far arrabbiare tantissimo le persone di sinistra (che pure inizialmente guardavano a lui per protesta), 2) spaventare tutti gli italiani che hanno così deciso con forza di fargli perdere le elezioni (ai mercati ce lo hanno detto in tanti che sarebbero venuti a votare per fermare Grillo e che, per questo, avevano scelto Renzi).
Renzi è stato il fattore innovazione che ha suscitato attenzione e speranza negli italiani. In molti sono venuti a votare dicendoci che votavano per lui, che piaceva lui e volevano dargli forza affinché portasse avanti i cambiamenti annunciati.
Renzi rappresenta molto della società italiana di oggi e le sue risposte sono in linea con le richieste che arrivano da più parti.
I nostri volantini, la nostra presenza, i nostri discorsi non sarebbero mai stati sufficienti per arrivare ad un risultato elettorale così consistente senza questi due fattori. 
Tutti al PD hanno fatto molto ma devono saperlo che le persone in strada ci chiedevano di Renzi e non del resto. Renzi è stato bravissimo in questa campagna elettorale e anche nei commenti post-voto a valorizzare tutto il PD, adesso è ora che il PD smetta con i congressi permanenti, con le lotte interne di potere (che pure si sono viste in questi giorni, in cui le preferenze sono state usate per contarsi) e che si decida a diventare un grande partito capace di rappresentare quei milioni di cittadini che hanno votato e guardano con fiducia alla nostra parte politica. 
Il cambiamento, con queste elezioni, è cominciato per davvero.

venerdì 25 aprile 2014

Il 25 aprile

A me, la manifestazione del 25 aprile di quest'anno a Milano, non è piaciuta.
Vorrei che il 25 aprile tornasse ad essere per tutti la Festa della Liberazione
Negli ultimi anni, in cui al governo dell'Italia, ci sono state forze politiche di centrodestra, ho assistito con un certo stupore al dibattito intorno all'opportunità o meno di alcune partecipazioni alla manifestazione per il 25 aprile, in particolare a quella di Milano.
Ricordo ancora le vivaci polemiche sulle assenze di Berlusconi, ogni volta con delle scuse improbabili, fino a quando non decise di partecipare alla celebrazione di quella ricorrenza ad Onna, in Abruzzo, poche settimane dopo il terremoto, con la scusa di stare accanto alla gente che soffriva per aver perso tutto e tentando addirittura di cambiare il nome alla ricorrenza in "Festa della Libertà", per fini elettorali.
Ricordo gli insulti e i tira e molla di Letizia Moratti.
Ricordo moltissime polemiche inutili perché se il 25 aprile è la Festa della Liberazione la è per tutti gli italiani e gli eletti nelle istituzioni devono essere a celebrarla per rappresentare il Paese, a prescindere dal colore politico a cui appartengono. Si possono non gradire per le loro appartenenze, si possono fischiare o contestare ma il loro dovere di persone delle istituzioni è di essere presente.
Una volta la manifestazione di Milano era "la manifestazione nazionale", in cui venivano il Presidente della Repubblica, un rappresentante del Governo, le autorità cittadine e regionali. Oggi a Milano arrivano solo le autorità locali e i leader sindacali.
E' sbagliato e anche controproducente che la piazza del 25 aprile venga ridotta solo alla piazza di una parte: facendo così si sminuisce il valore di una ricorrenza storica su cui si fonda l'Italia e la nostra Costituzione.
E' anche sbagliato che il corteo del 25 aprile si trasformi in una sorta di succursale di quello del 1 maggio, con tanto di comizio sindacale conclusivo.
Senza nulla togliere ai problemi sempre più gravi dei lavoratori e alle altre esternazioni di vario genere, personalmente non ho gradito le reinterpretazioni "attualizzate" della Resistenza perché le trovo offensive verso chi ha vissuto quella vera e trovo scorretto che si usi il pretesto di quella manifestazione - che è importantissima guardando alla storia dell'Italia - per parlare di cose pure importanti ma che con quella ricorrenza non c'entrano. 
Anche quest'anno, la discussione si attorcigliata sull'opportunità o meno di dare la parola ai politici sul palco e, essendo in fase di campagna elettorale, l'ANPI (che organizza la manifestazione) ha ritenuto opportuno di no.
Al di là della comprensibile esigenza di porre al riparo dallo scontro elettorale di una così importante ricorrenza, a mio avviso, il risultato non è altro che una delegittimazione della politica e un tenerla lontana da quello che realmente è il suo posto. Gli esponenti politici, quando rappresentano le istituzioni, hanno il dovere di esserci, tanto più durante le celebrazioni così importanti e hanno il dovere di intervenire in rappresentanza di ciò che rappresentano perché altrimenti viene meno il loro ruolo. Che senso ha vedere quella sfilata di disoccupati, sindacalisti, No-Tav, centri sociali, pezzi di partiti della sinistra, reduci veri della Resistenza e arrivare in una piazza dove a prendere la parola, oltre al Presidente ANPI, sono soggetti che sono lì non si sa bene a rappresentare chi e cosa? Perché devo sentir parlare un'illustre ricercatrice dal palco del 25 aprile o una leader del sindacato e non posso sentir parlare il capo del Governo o il Presidente della Repubblica o quello della Regione che rappresentano il Paese (o almeno hanno il compito di rappresentarlo)? E pazienza se il discorso della ricercatrice o della sindacalista è più bello o più riuscito ma non è quello il contesto in cui si devono esprimere perché in quella data siamo lì a celebrare altro e a ricordare altro.
E affinché i valori di quello che siamo lì a celebrare siano condivisi, e non restino di una parte sola (per altro un po' litigiosa, dove un pezzo ne insulta un altro, come è avvenuto nell'ultimo corteo milanese), vi è la necessità che quella piazza si apra, sia meno settaria e faccia parlare chi rappresenta la nazione, anche a livello istituzionali.
Non si diffonde il senso della Resistenza se si lascia quella piazza in mano a cortei arrabbiati lontani anni luce dal sentire del Paese. Non si fa il bene dell'Italia se si esclude la politica anche dalle celebrazioni istituzionali che sono le sue sedi proprie, delegittimandola con la scusa che è in corso una campagna elettorale.
Per il prossimo anno, auspico una piazza diversa, più aperta, meno arrabbiata, più attenta a cos'è stata davvero la Resistenza e degli interventi attinenti al tema e di persone che rappresentino l'Italia. 

venerdì 18 aprile 2014

Incontro con Patrizia Toia

Proseguono gli incontri con i candidati al Parlamento Europeo e giovedì 17 aprile è stata ospite del Circolo PD Prato Bicocca Patrizia Toia. Tanti gli argomenti affrontati nel corso della serata, stimolati anche da alcuni interventi degli iscritti al PD.
"Il declino dell'Europa è iniziato quando è iniziata la crisi economica e tutte le conquiste fatte in anni passati e oggi date per scontate, in realtà, in seguito alla crisi, sono state messe in discussione", ha esordito la candidata al Parlamento Europeo, ricordando che fino a quando le cose andavano bene è stata sufficiente l'Unione monetaria e il pensiero dominante era che l'Unione politica sarebbe arrivata da sola come conseguenza, ma così non è stato. "Abbiamo fatto un progetto a metà - ha spiegato Toia - e adesso siamo arrivati al momento in cui l'Europa deve dire cosa vuole diventare da grande". Questo, secondo Patrizia Toia, è infatti il momento per avviare una riforma delle istituzioni europee e non spaventarsi di fronte all'idea di perdere la sovranità nazionale perché nei fatti è già andata perduta da tempo.
Toia ha sottolineato la necessità del fatto che l'UE inizi ad occuparsi anche di crescita e non più solo di rigore e ha precisato come molti esponenti del centrodestra italiano vadano nelle tv a propagandare anch'essi questa tesi ma poi, quando si sono trovati all'interno del gruppo del PPE, al Parlamento Europeo, hanno lasciato prevalere logiche molto diverse e hanno votato compattamente le misure di austerità.
Tuttavia, secondo la candidata del PD, molte opportunità l'Europa le ha presentate anche in questi anni e l'Italia non sempre le ha colte: "i fondi europei, ad esempio - ha spiegato Toia - hanno cambiato completamente l'aspetto dei Paesi in cui sono stati utilizzati, come la Polonia. Da noi, anche in Lombardia, spesso non si sono presentate neanche le domande per accedervi".
Sul fronte politico, infine, Toia ha raccontato delle difficoltà di ottenere risultati per la ricerca di una maggioranza che poi approvi i provvedimenti e, spesso, per arrivarci si finisce per apportare alle misure una serie di mediazioni che snaturano l'idea da cui erano scaturite e per cambiare l'Europa - obiettivo che si è posto il PD per questa tornata elettorale - è necessario un costante lavoro dei parlamentari all'interno delle commissioni e vedere anche come sarà la nuova composizione del Parlamento Europeo che uscirà dalle urne.

sabato 12 aprile 2014

Il Pd che cambia l'Italia

Questa mattina al circolo PD Prato-Bicocca, abbiamo approfittato della disponibilità del senatore Franco Mirabelli, per discutere insieme delle proposte che il PD sta portando avanti al governo per cambiare l’Italia, per comprendere un po’ meglio quale Paese stiamo costruendo.
Il PD si è impegnato su più fronti ed è protagonista dell’accelerazione che c’è stata sul terreno delle riforme. – ha esordito il senatore, interloquendo con gli iscritti - Le riforme sono sempre state una questione centrale per il Partito Democratico anche perché il rapporto tra i cittadini e le istituzioni si è molto logorato e far vedere che si sta finalmente lavorando per riformare il Paese può servire per riavvicinare”. Inoltre, ha ricordato Mirabelli “l’accelerazione che si è prodotta ha creato nel Paese una grande aspettativa”. Era, comunque, un’accelerazione necessaria perché – ha segnalato il senatore PD – l’idea diffusa era ormai quella di essere di fronte all’ultima occasione: “Il risultato elettorale ci ha detto che il 30% circa dei cittadini italiani non sono andati a votare, il 25% ha scelto di votare il Movimento 5 Stelle che è una forza antisistema e altri hanno espresso simpatia per altre forze populiste a fronte del fatto che la politica e le istituzioni hanno raggiunto il livello più basso di credibilità proprio a causa dei ritardi e delle resistenze poste a ogni richiesta di cambiamento. Che è l’ultima occasione ce lo hanno detto anche tanti elettori delle primarie che o adesso si cambiava veramente oppure basta. – ha insistito Mirabelli - Oggi, serve ridare credibilità alla politica e alle istituzioni. Per questo Renzi ha scelto la velocità di azione e la semplificazione del linguaggio, per far vedere che il cambiamento lo si fa davvero. E questa velocità di Renzi ha spiazzato tutti perché nessuno ci era abituato. Ora si è avviata una stagione di riforme importanti, questo crea consenso nei cittadini ma ci sono anche molte forze refrattarie ai cambiamenti perché vedono messi in discussione i loro privilegi e non sarà semplice cambiare. Chi vuole contrastare il cambiamento spesso si inventa cose che non ci sono oppure fa intendere che da qualche parte c’è la fregatura nascosta oppure dice che il problema vero è un altro e si finisce per discutere delle invenzioni e non di cosa si è fatto davvero”.

Venendo alle riforme avviate in questi mesi, Mirabelli ha ricordato l’iter della legge elettorale, già discussa alla Camera dei Deputati e che arriverà in Aula Senato dopo la discussione sulla riforma per superare il bicameralismo perché serve realizzare una riforma costituzionale che abbia un equilibrio complessivo. In ogni caso, si tratta di una legge elettorale maggioritaria in cui chi vince governa (esattamente come aveva chiesto il PD) e si è ottenuto il doppio turno, mentre possibile oggetto di discussione diventeranno la soglia di sbarramento e la questione della percentuale di donne nelle liste che la Camera non ha risolto.

Sul tema delle Riforme costituzionali, Mirabelli ha ricordato che con il Governo Letta si è perso un anno (passando dalla discussione sui saggi alla modifica dell’art. 138 della Costituzione) e non è cambiato nulla mentre con l’arrivo del Governo Renzi tutto è cambiato e sono già stati calendarizzati molti provvedimenti e poi si dovrà lavorare anche per migliorarli e correggere ciò che non va bene.
Sbagliato, però, secondo Mirabelli, parlare delle riforme solo in termini di risparmio economico: “Dobbiamo smettere di dire che si fanno le riforme solo per risparmiare soldi perché si stanno riformando gli assetti istituzionali del Paese. - ha precisato il senatore - Le riforme costituzionali devono servire a far funzionare meglio lo Stato, non solo a ridurre i costi della politica”.
Nel merito della riforma del Senato, di cui molto abbiamo letto sui giornali in questi giorni, Mirabelli ha spiegato che alcuni senatori non sono d’accordo sulla non elezione diretta dei membri del Senato ma, se questo verrà trasformato in una sorta di Camera delle Autonomie Locali diventerà difficile fare l’elezione diretta dei nuovi senatori perché dovranno essere espressioni di rappresentanze locali. “Un ruolo diverso del Senato e dei senatori deve corrispondere anche ad una platea elettorale diversa”, ha ribadito Mirabelli.
I tempi di modifica costituzionale, comunque, saranno lunghi: ci vorranno due letture (una per ogni Camera) a distanza di sei mesi l’una dall’altra e successivamente ci sarà un referendum.

Tra le cose già approvate, invece, Mirabelli ha ricordato la legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti e contiene anche alcune norme che regolamentano la struttura dei partiti e questo rappresenta un grande cambiamento.
Un altro tassello importante è quello rappresentato dal DDL Delrio con cui si è avviata la costruzione delle città metropolitane. Il DDL prevede che le province in scadenza non torneranno al voto ma diventeranno enti di secondo livello e saranno abolite le giunte provinciali (vale a dire non ci saranno assessori e consiglieri eletti). Entro giugno dovrà essere votato il Consiglio delle città metropolitane, costituito dai sindaci dei vari Comuni che vi appartengono, presieduto dal Sindaco del Comune capoluogo che non percepirà altre indennità aggiuntive, e questo poi varerà lo Statuto entro il mese di novembre.
“Non è una legge perfetta - ha commentato Mirabelli - ma intanto, dopo anni di discussione su questo tema, la città metropolitana si sta concretizzando”.

Mirabelli ha ricordato anche che il Movimento 5 Stelle non ha votato alcuna riforma di quelle portate avanti in Parlamento, con la motivazione che nulla di ciò che viene presentato a loro va bene: “La realtà è che hanno paura di un Parlamento che fa davvero le cose toglie acqua alla loro propaganda”, ha commentato il senatore PD.
Legato a questo argomento, anche la polemica degli ultimi giorni sul voto alla norma 416-ter sul voto di scambio politico-mafioso, per cui M5S ha fatto diverse bagarre in Aula. “I Parlamentari PD si sono impegnati coll’Associazione Libera per fare una legge che punisca il voto di scambio. – ha segnalato Mirabelli - Oggi si contesta il fatto che, dopo il passaggio alla Camera, si sono abbassate le pene. Però quella è una legge che prima non c’era e punisce la promessa di voti scambiati con dei favori e per questo serve farla prima delle elezioni. Spaccare così il quadro politico su questo tema fa il gioco della mafia”.

Infine, Mirabelli ha sottolineato che si stanno facendo passi in avanti anche sulle riforme economiche e sociali. Una particolarmente importante è contenuta il decreto sull’emergenza abitativa (di cui il senatore è relatore) che prevede che vengano raddoppiati i finanziamenti al Fondo Sostegno Affitti e al Fondo per la morosità incolpevole (che il Governo Monti aveva tolto e Letta aveva ripristinato) e poi norme per favorire la possibilità di trovare case a canoni contenuti (come ad esempio l’abbassamento della cedolare secca al 10% per favorire l’emersione dal nero degli affitti e sopperire al fatto che ci sono troppe case sfitte).
Un altro decreto importante sarà quello sul lavoro con cui si andrà a cambiare le condizioni dei contratti flessibili rispetto a quanto prevedeva la legge Fornero e poi arriverà il Job Act per interventi sull’apprendistato, sul contratto unico, sul salario minino e anche sul reddito di cittadinanza.
Anche nel DEF ci saranno cose di impatto economico e sociale importante, come la norma di riduzione dell’impatto fiscale sugli stipendi che consentirà di avere le 80 euro in più in busta paga (che praticamente porteranno ad una mensilità in più alla fine dell’anno) e le coperture sono individuate da alcuni tagli della spending review.
“Oggi - ha sottolineato Mirabelli - c’è un problema drammatico dell’occupazione e della tenuta degli ammortizzatori sociali. La scelta di intervenire sul cuneo fiscale e sul lavoro dipendente è perché si pensa che così si possano far ripartire i consumi”.
Sul metodo, Mirabelli ha spiegato che “Renzi tira dritto, rompe un metodo di concertazione che era considerato da tutti basilare ma oggi c’è una frammentazione tale della rappresentanza che la concertazione è complicata. Le rappresentanze intermedie, spesso, non rappresentano più molto oggi. Per questo il PD, quando fa le riforme, deve guardare all’interesse generale e mettere al centro dei provvedimenti gli interessi dei cittadini”.

Questi, dunque, gli argomenti affrontati nella mattinata, attraverso un proficuo dialogo tra il senatore e gli iscritti del circolo PD Prato-Bicocca di Milano.

martedì 8 aprile 2014

Per un’Europa solidale e coesa

Si moltiplicano le serate dedicate all’Europa in vista delle elezioni del 25 di maggio. Un bel dibattito sul tema dell’Europa solidale si è svolto al Circolo PD Caponnetto che ha avuto per relatori il Padre gesuita Giacomo Costa (direttore del Centro San fedele e di Aggiornamenti Sociali) e il senatore Franco Mirabelli (membro della Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato).
L’incontro è stato aperto da Padre Giacomo Costa, il quale ha provato a dare un’apertura diversa e innovativa all’impostazione del dibattito, offrendo quattro approcci per affrontare il tema dell’Europa precisando che è meglio non fare solo un discorso utilitaristico e non stare a negoziare sul fatto che convenga o meno l’UE perché in questo modo ci si trascina in una discussione sterile e si svilisce il progetto europeo. Tuttavia, secondo il gesuita, non aiuta neanche l’essere totalmente sbilanciati sull’idealismo, soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando, in cui dal sogno di Ventotene sono cambiate molte cose, c’è stato uno svuotamento del dna europeo, che invece dovrebbe cresce e svilupparsi, si sono moltiplicati gli euroscettici.
Un primo approccio offerto da Padre Costa per discutere di Europa è quello delle prospettive generazionali: «In Europa - ha sottolineato il gesuita – convivono generazioni diverse, c’è chi ha vissuto la guerra, chi ha un po’ meno anni e ha visto la caduta del muro di Berlino e ha visto un’Unione Europea che era già un dato di fatto ma da migliorare, e poi ci sono i giovani di oggi per cui tutto questo viene dato per scontato. Le generazioni, oggi sono divise tra loro e la crisi ha aumentato le divergenze, come evidenziava anche il titolo di un convegno Acli che era “I vostri diritti sono i nostri problemi”, riferito al problema pensioni/lavoro. Per questo è più che mai indispensabile trovare il modo di tenere insieme persone di generazione diversa».

Un secondo approccio offerto da Giacomo Costa riguarda il come riprendere l’identità europea, in un tempo come quello attuale in cui tornano fortemente i nazionalismi, alcuni dei quali fanno leva su situazioni inesistenti come il caso di Marine Le Pen ha vinto parlando di una Francia “perduta” senza stranieri che in realtà non è mai esistita.
«L’identità europea è inclusiva, apre e dialoga tra diverse identità», ha sottolineato Giacomo Costa che, parafrasando Bono degli U2, ha affermato: «non posso essere italiano se non sono anche europeo» e, quindi, il punto è capire «come dare spazio agli altri senza perdersi», in quanto la solidarietà e la coesione europea sono il non negare i singoli ma il mettere insieme, il capirsi pur parlando lingue diverse. Per riprendere il filo dell’identità europea, dunque, secondo il gesuita bisogna cercare di valorizzare le posizioni che non siano di chiusura ma diano un respiro diverso per uscire dalla situazione in cui siamo.

Un terzo punto da approfondire, secondo Padre Costa è quale creatività istituzionale bisogna applicare all’Unione Europea? E, se l’approccio più citato è quello del federalismo, secondo il gesuita, però, è bene non appiattirsi sul modello degli Stati Uniti perché la nostra identità è molto diversa dalla loro. Resta, tuttavia, secondo Giacomo Costa, la necessità di darsi delle strutture di discussione e di elaborazione delle proposte perché, citando la frase di Jean Monnet, “Nulla è possibile senza gli uomini, niente è possibile senza le istituzioni”, e la discussione portata avanti negli ultimi mesi, in cui ci si rinfaccia l’un l’altro ciò che non si è fatto (in particolare il Nord contro il Sud dell’Europa) è sbagliata. “Nulla è possibile senza gli uomini, niente è possibile senza le istituzioni”.

L’ultimo approccio esposto da Giacomo Costa riguarda il tema della cittadinanza. «E’ indispensabile ridefinirsi in base alla pluralità di riferimenti territoriali e culturali. Serve creare un vero spazio europeo politico, pedagogico e comunicativo», ha affermato Costa. «Per fare un’Europa più politica bisogna davvero fare politica, anche confrontandoci con le resistenze che arrivano dai territori», ha sottolineato il gesuita, ricordando che invece è sbagliato usare il discorso politico europeo per fini nazionali e i candidati al Parlamento Europeo devono essere persone che sappiano davvero portare avanti un discorso europeo. «Angela Merkel, per vincere le elezioni in Germania, ha rovinato la Grecia. Dobbiamo uscire da questi livelli di discussione», ha concluso Padre Costa.

Il senatore Franco Mirabelli ha segnalato che di Europa discutiamo troppo poco ed è sbagliato discutere di Europa solo in concomitanza con le elezioni europee. “L’Europa fa parte della nostra vita, però, molto spesso, all’opinione pubblica vengono mostrate solo le cose negative prodotte”, ha evidenziato Mirabelli, ricordando che “In realtà, l’Europa non è solo quello che viene raccontato. Oggi, ci troviamo in una condizione di scetticismo molto diffuso nei confronti dell’Europa perché valorizziamo troppo poco ciò che l’Europa ci ha consentito di costruire nel nostro Paese in positivo. Ci sono dei dati oggettivi che ci dicono che l’Europa è una risorsa. Ora si è allargata a 28 Paesi e ci sono altri Stati che vogliono entrare, perché vedono l’Unione come un’occasione e un’opportunità. Purtroppo, per molti Paesi che sono dentro l’UE si è creata l’idea che l’Europa sia solo un vincolo, un qualche cosa che impedisce invece che qualcosa che consente”.
Quelle del 25 maggio, secondo il senatore PD saranno elezioni decisive per il futuro dell’UE, per questo è importante parlare di Europa e non si devono usare le elezioni europee per giustificare un passaggio nazionale o per fare una verifica elettorale nazionale.
“Oggi ci sono una quarantina di parlamentari euroscettici all’interno del Parlamento Europeo ma dopo le elezioni il numero di questi aumenterà in modo consistente. - ha sottolineato Mirabelli - È evidente che, se ci sarà un successo molto grande delle forze euroscettiche, l’Europa subirà una battuta di arresto. Invece, dobbiamo lavorare affinché si creino le condizioni per completare il processo della costruzione europea”. Cosa tutt’altro che facile perché, come ha fatto presente l’esponente del PD, in questi anni di crisi, tra i cittadini si è diffusa l’idea che l’Europa, in qualche modo, sia la responsabile dei sacrifici che si sono dovuti affrontare: “Si è diffusa l’idea che la responsabilità di tutte le misure impopolari che hanno colpito in maniera significativa tante famiglie non sia degli errori fatti dal nostro Paese ma sia dell’Europa perché, purtroppo, anche forze non euroscettiche ma populiste, di fronte a condizioni drammatiche in cui vivono molte persone che subiscono la crisi, anziché affrontare il tema e mettere in campo una prospettiva europea, preferiscono cimentarsi a individuare un capro espiatorio. La Lega lo fa da sempre e ora anche Grillo ha scelto di fare in modo che quando si manifesta un problema, anziché scegliere come risolverlo, si cerca a chi attribuirne la colpa. Lo fa Maroni quotidianamente governando Regione Lombardia, dando la colpa delle situazioni di volta in volta a uno o all’altro. L’Europa è diventata il capro espiatorio di tutti i nostri problemi e, di fronte a questa semplificazione, è diventato difficile rispondere: ci vuole un grande sforzo comunicativo”, ha affermato Mirabelli.

Uno dei temi chiave da affrontare in sede europea, secondo Mirabelli, è quello delle ondate migratorie: “L’idea che di fronte alla complessità, la cosa migliore da fare è chiudersi e difendersi dentro a un castello, come se fosse possibile è evidente che è antistorica: chiudersi non ha alcun senso. Eppure sono idee che hanno un fascino tra le persone e sono il contrario della costruzione cooperativa e solidale e della condivisione di cui si ha bisogno ora. C’è proprio un messaggio culturale diverso che si sta tentando di imporre e che arriva prima alla gente perché gioca sulla semplificazione”, ha segnalato il senatore, registrando, tuttavia, che il problema non sono i cittadini che, di fronte alla crisi, recepiscono questi messaggi negativi perché c’è stata anche una responsabilità vera dell’Europa per come ha affrontato le cose in questi anni.
“L’Europa ha affrontato la crisi guardando ai bilanci, alla finanza e mai alle questioni sociali, imponendo un’austerity che magari a noi ha aiutato per sistemare qualche problema di bilancio che avevamo a prescindere dall’Europa, però, le famiglie sono state aiutate decisamente meno in questo. In Grecia la cura europea ha massacrato, i conti ora sono in ordine ma c’è un Paese devastato dal punto di vista sociale. – ha insistito Mirabelli - E allora c’è stata un’Europa troppo poco sociale, troppo poco politica, troppo poco “Europa dei cittadini” mentre è stata per lo più un’Europa che ha guardato ad altro. Il sistema valoriale di cui abbiamo bisogno non l’abbiamo visto: l’Europa, in questi anni di gestione della crisi, ha mostrato quasi esclusivamente attenzione ai parametri. Per ridare fiducia ai cittadini e per ricostruire questo, dobbiamo fare una campagna elettorale dicendo che l’Europa deve cambiare e può cambiare, magari ritornando anche allo spirito originario di Ventotene”.

Altre tematiche da affrontare, per il senatore PD, sono quelle delle sviluppo e del lavoro, sapendo anche che l’Europa deve avere la capacità di promuovere un’idea di sviluppo per i prossimi anni che non sia la scopiazzatura degli anni precedenti: “Non è realistico pensare che si possa uscire da questa crisi immaginando di tornare come eravamo prima. – ha affermato mirabelli - Non si può ritornare a come eravamo prima perché quel modello di consumi e quel modello di produzione devasta il mondo. L’Europa su questo deve avere la capacità di consentire gli investimenti, scegliere cosa fare, rompere un po’ di patti di stabilità per poter investire su alcune cose, avendo in mente un’idea di sviluppo e soprattutto la questione del lavoro”.

L’altra questione emersa è quella della rappresentanza: il Parlamento Europeo lo eleggeremo a suffragio universale però, ad oggi, vale pochissimo perché ciò che conta sono le decisioni della Commissione, la quale è formata dai governi, per questo, ha sottolineato Mirabelli “Bisogna dare più potere alle istituzioni rappresentative elette dai cittadini perché questo è un modo per cominciare ad andare nella direzione giusta, per costruire un rapporto politico e democratico tra i cittadini e le istituzioni europee. Se non facciamo questo, se l’idea che si diffonde è che si va a votare per un Parlamento europeo che tanto poi conta pochissimo è anche difficile portare i cittadini al voto e si genera un’ulteriore sfiducia nelle istituzioni europee. Qualche passo è stato fatto, ad esempio, l’andare a votare per il Presidente della Commissione è già un modo per avvicinare. Dobbiamo, però, sapere che, comunque, la Commissione sarà composta dai governi. Poi c’è un problema di rapporto tra i Parlamenti nazionali e le istituzioni europee: c’è un sistema di rappresentanza da ricostruire, senza il quale non riusciamo a ridare credibilità. Non tutto può svilupparsi solo in un confronto tra governi perché spesso o si raggiunge una mediazione, o decidono i governi dei Paesi più importanti o tutto finisce in niente”.

L’ultimo tema proposto da Mirabelli è stato quello della responsabilità di non aver valorizzato abbastanza che cos’è l’Europa e le cose positive che abbiamo grazie all’UE: “Rischiamo che vengano date per scontate cose che non lo sono e che senza l’Europa non ci sarebbero. - ha ribadito il senatore - Schengen, la libera circolazione delle persone, ad esempio, è un grande fatto che senza l’Europa non ci sarebbe stata, così come i milioni di giovani che vanno all’estero a studiare con il progetto Erasmus non ci sarebbero stati e non ci sarebbero stati neanche i fondi per sostenere le aree deboli che, dove sono stati utilizzati bene (anche in Italia ma soprattutto in altri Stati, come l’Irlanda), hanno prodotto dal punto di vista dell’equità sociale. Mi domando se non vada sottolineato il fatto che noi oggi, grazie all’Europa, dobbiamo rispettare obiettivi importanti su cui abbiamo costruito pezzi della nostra legislazione in tema di difesa dell’ambiente, di promozione delle energie rinnovabili; in tema di rispetto dei diritti umani nelle carceri. Ma anche in tema di lotta alla criminalità organizzata: non è lo stesso se in Italia si combatte la mafia qui con la nostra legge, che è molto avanzata, e poi in altri Paesi ci sono vincoli minori che consentono ai criminali di salvarsi varcando il confine o spostando i loro patrimoni in altri Stati”.
In Italia, infatti, ha spiegato l’esponente PD, vige la norma per cui si possono confiscare i beni ai mafiosi già in fase di indagine, senza che vi sia una sentenza di condanna ma è ovvio che se negli altri Paesi europei questo non è consentito perché la legge impone che si attenda la sentenza, alla criminalità organizzata basta spostare i propri patrimoni in quei Paesi per essere al sicuro.

Tante sono, dunque, le questioni e i problemi che non possiamo risolvere da soli, alcune – ha ricordato il senatore Mirabelli – saranno anche al centro dell’agenda della Presidenza italiana del Semestre Europeo, come ad esempio il problema dell’occupazione ma anche della qualità del lavoro perché “L’Europa dovrebbe svolgere anche un ruolo di barriera rispetto allo sfruttamento e garantire la dignità del lavoro”, ha affermato l’esponente PD.
Così come di grande importanza è la politica estera dell’UE: “Oggi - ha detto Mirabelli - valorizziamo il ruolo che ha avuto l’Europa per la pace ma, di fronte ad una vicenda come quella ucraina, dobbiamo riflettere su quali strumenti mette in campo l’UE e quale ruolo vuole avere l’Europa. Oppure diamo per scontate le cose anche sul terreno della democrazia ma poi ci dobbiamo confrontare con una realtà come quella ungherese in cui siamo contenti che non hanno vinto i nazisti ma ha vinto comunque un soggetto che ha fatto una Costituzione illiberale”.
Infine, Mirabelli ha ricordato il grave problema degli sbarchi a Lampedusa e la gestione dei richiedenti asilo. Questo, secondo il senatore, deve diventare un problema dell’Europa, cosa che oggi non è perché se rimane un problema solo dei Paesi del Mediterraneo, dove arrivano i barconi, l’Europa non fa il suo lavoro.
“Sono stato a Vilnius alla Conferenza dei Parlamenti degli Stati europei e i rappresentanti dei Paesi mediterranei hanno posto questo tema e la risposta degli altri ha mostrato un’evidente non comprensione del problema. - ha raccontato Mirabelli - I richiedenti asilo devono fermarsi nel Paese in cui presentano la richiesta e, dato che le procedure sono lunghe, queste persone rischiano di restare per molti mesi. Per un anno vengono accuditi da alcune associazioni, come prevede la legge di Maroni, dopo l’assistenza finisce perché le associazioni non ricevono più finanziamenti per farlo e, quindi, se ne perdono le tracce (si veda la vicenda di Kabobo). La scelta dell’Europa, con il trattato di Dublino, di distribuirli sul territorio europeo aiuta a far diventare la situazione meno pesante per tutti solo che la distribuzione non è equa perché all’Estonia spetta un rifugiato politico, alla Francia 5 ecc. È chiaro che così non funziona e i Paesi nordici hanno un’idea generale per cui il problema è nostro, che siamo un po’ razzisti e lasciamo affondare i barconi. Sull’immigrazione si sente l’assenza di una politica europea: siamo ancora dentro alla logica dell’emergenza nel Mediterraneo e gli altri Paesi che non vogliono occuparsene. Eppure l’Italia è il Paese con il tasso di immigrazione più basso. Questo è un tema che dà il senso della complessità e di quanto l’Europa sia ancora da costruire”.
Costruzione che, però, se alle elezioni avranno la meglio le forze euroscettiche - ha precisato Mirabelli - sarà più difficile da portare a compimento e sarà complicato anche fare passi avanti su temi come questi.

lunedì 7 aprile 2014

Incontro con Cofferati e Mirabelli all'Isola


La campagna elettorale per le elezioni europee ha preso il via e anche le occasioni per incontrare i candidati.
Domenica sera, all’Isola, l’occasione per parlare di Europa e per approfondire alcune tematiche legate alle dinamiche economiche di cui molto si è letto sui giornali in questi anni, è stato un incontro organizzato dai Circoli PD I Maggio Isola-Zara e Prato-Bicocca, che ha visto come relatori Sergio Cofferati (Parlamentare Europeo uscente e ricandidato) e Franco Mirabelli (Senatore e membro della Commissione Politiche dell’Unione Europea).

Sergio Cofferati, in apertura del suo intervento, ha denunciato come le politiche di rigore di questi anni abbiano portato al disastro per i Paesi già duramente segnati dalla crisi economica e in particolare per la Grecia, dove le misure imposte dalla troika hanno lasciato un Paese distrutto e, per questo motivo è necessario ribaltare queste dinamiche.
Uno dei problemi principali, secondo Cofferati, è quello di riuscire a rimettere in moto i consumi e per farlo vi è la necessità di lasciare più risorse in tasca ai cittadini: “Vanno bene gli 80 € in busta paga per i lavoratori dipendenti annunciati dal Governo Renzi – ha affermato il parlamentare europeo - ma c’è bisogno che arrivino anche ai pensionati. E la Germania, che ha tirato le redini dell’Europa in questi anni, deve sapere che esporta moltissimo negli altri Paesi europei ma se nessuno può comprare anche se la sua economia va in crisi”.
Per questo, per Cofferati, è necessario “Cambiare i presupposti, alleandoci con i Paesi progressisti. È una novità importante che Schulz sia candidato Presidente e che venga votato dai cittadini ma è difficile che ottenga la maggioranza e, in ogni caso, poi se gli altri commissari sono delegati dai governi nazionali (che non sono votati dai cittadini), anche Schulz resterebbe prigioniero e non avrebbe agibilità politica”. “Oggi il Parlamento Europeo non ha potere legislativo. – ha ricordato Cofferati – Il potere legislativo è necessario se si vogliono cambiare le cose. In questi anni al Parlamento Europeo sono stati votati a larga maggioranza sia gli Eurobond che la tassa sulle transazioni finanziarie ma il Consiglio Europeo non ha voluto fare niente di tutto ciò. Al Parlamento Europeo arrivano anche proposte di legge di iniziativa popolare ma poi non sempre vengono portate avanti”.
Sul fronte elettorale, Cofferati ha segnalato che il PD ha compiuto la scelta giusta con l’ingresso nel PSE ma il problema, secondo il parlamentare europeo, è che “il PSE non esiste: è l’aggregato di partiti nazionali, invece, bisogna fare dei partiti europei veri perché molti problemi sorgono anche a causa delle contraddizioni interne alle famiglie politiche. La settimana prossima, ad esempio, al Parlamento Europeo si vota la Direttiva made in cioè la richiesta che sull’etichetta di un prodotto vi sia la tracciabilità del prodotto stesso, tutto il suo ciclo produttivo e non solo dove è avvenuto l’ultimo passaggio; tuttavia, anche su questo non c’è la maggioranza e non c’è un’idea comune neanche all’interno del centrosinistra”.
“Tutta la campagna elettorale, probabilmente, sarà puntata sul sì o il no all’Europa da parte degli schieramenti politici. – ha evidenziato Cofferati - In questi anni sono avvenute molte cose regressive in Europa e, a questo giro, rischia di essere maggioritaria la presenza dei nazionalisti e, se si crea un equilibrio di questo tipo, il lavoro all’interno delle Commissioni diventa più complesso, anche se poi in Aula si possono trovare convergenze più ampie”.
Secondo i sondaggi, il centrosinistra dovrebbe ottenere un maggior numero di parlamentari rispetto a quello attuale, più variegato è il mondo intorno ai Popolari ma sicuramente aumenterà la presenza delle forze politiche contrarie all’Unione Europea. “Lo stesso Tsipras - ha segnalato Cofferati - che in Italia piace tanto alla sinistra, in Grecia si esprime in modo nettamente contrario all’Unione Europea e la lista a suo sostegno ha dentro nomi che poi anche se votati dai cittadini non andranno al Parlamento Europeo e quindi rubano il consenso, esattamente come ha sempre fatto Berlusconi”.

Il senatore Franco Mirabelli ha ricordato che quelle del 25 maggio saranno elezioni decisive per il Parlamento Europeo perché, questa volta, anche in base al risultato elettorale che otterranno le forze antieuropeiste, si giocherà un pezzo significativo del futuro dei nostri Paesi e la possibilità di costruire un’Europa diversa da quella attuale. “Ci giochiamo la possibilità di andare a completare il processo di integrazione europea per un’Europa politica e sociale più vicina all’idea di Europa che abbiamo in mente e dobbiamo convincere innanzitutto noi stessi che ci sono le condizioni affinché l’UE cambi davvero e torni ad essere l’Europa dei cittadini e per i cittadini”, ha affermato il senatore PD.
“Abbiamo la consapevolezza del fatto che stiamo attraversando una fase in cui l’Europa viene vissuta dai cittadini come qualcosa di distante o peggio di negativo, come un orpello, un vincolo, come qualcosa che - in una fase di crisi - ha peggiorato le condizioni. Oggi, l’Europa è percepita come qualcosa che si occupa dei governi, dei bilanci, di finanza e si occupa poco dei cittadini. Su questo dobbiamo lavorare, sapendo che serve un’Europa più forte, anche perché sia più vicina ai cittadini”, ha sottolineato Mirabelli.
Venendo a commentare le vicende dell’attualità, il senatore ha evidenziato come la vicenda dell’Ucraina dimostri che serve più Europa non meno Europa, così come la vicenda ungherese ha dimostrato che l’Europa può essere lo strumento che può contrastare un ritorno preoccupante dei nazionalismi che hanno tratti autoritari, antidemocratici e addirittura razzisti.
“Tutto questo ci deve motivare a fare una campagna elettorale forte – ha insisto Mirabelli - per spiegare alle persone che l’Europa non è un vincolo o un danno e andrò fatto in una situazione difficile: lo vediamo nel nostro Paese che la crisi ha pesato molto, la credibilità delle istituzioni e della politica ha subito colpi pesantissimi e stiamo cercando di fare delle riforme per uscirne e ricostruire un rapporto con i cittadini per la tenuta della democrazia di questo Paese. Dall’altra parte del campo ci sono formazioni politiche che hanno già cominciato una campagna elettorale che sarà tutta giocata sul presentare l’Europa come la responsabile e il capro espiatorio di tutti i mali. La Lega questa operazione l’ha sempre fatta, fin da quando è nata e lo vediamo bene anche oggi con Maroni al governo di Regione Lombardia, dove il suo lavoro quotidiano non è quello di risolvere i problemi ma scaricare la colpa ad altri delle situazioni che non funzionano. Oggi, la scelta più semplice che la Lega ha è quella di dare la colpa all’Europa di ogni cosa negativa”.
“In tempi di crisi, purtroppo, continuano a prevalere le spinte a rinchiudersi, a costruire le fortezze in cui difendersi da qualunque cosa che è esterno e, quindi, anche da questo può nascere un sentimento antieuropeista. Il PD, invece, deve saper spiegare che chiusi nei nostri confini nazionali, oggi, abbiamo meno possibilità, i cittadini hanno meno possibilità e che l’Europa è già stata per noi una grande conquista”, ha ribadito Mirabelli.
Spiegando le ricadute delle scelte intraprese in sede europea sulla politica italiana, Mirabelli ha ricordato che “In questi mesi, in Commissione Politiche dell’Unione Europea al Senato, abbiamo discusso di cose che forse senza l’Europa non avremmo potuto affrontare. Hanno pesato, infatti, le Direttive europee sugli obiettivi che l’Europa ci ha dato per il rilancio delle politiche ambientali, sul rilancio delle politiche volte a costruire il risparmio energetico. Ha pesato l’Europa anche sul fatto che stiamo discutendo finalmente del dramma che vivono le persone nelle nostre carceri. L’Europa ha un ruolo importante sulle questioni concrete che noi viviamo anche se non vengono percepite. I fondi europei, ad esempio, lo stiamo dimostrando adesso, possono essere una straordinaria occasione per mettere in campo politiche occupazionali e politiche che ridiano anche speranza ai territori nel nostro Paese e lo vediamo sul piano dell’occupazione, grazie alle politiche adottate prima dal governo Letta e ora dal governo Renzi. Su questo dobbiamo avere un po’ più di consapevolezza perché l’idea che l’Europa sia solo il vincolo di bilancio, l’austerità ecc. è sbagliata oltre che controproducente”.
“Bisogna certamente cambiare, ci vuole un’Europa che proponga la crescita, però, questo Paese senza l’Europa avrebbe avuto lo stesso i suoi problemi. – ha segnalato l’esponente democratico - Il debito pubblico italiano era un problema lo stesso anche senza l’Europa e ci sarebbe stato ugualmente anche il problema di come rientrare. Dopo le elezioni, l’Italia presiederà la comunità europea e su questo ci si sta preparando, sapendo che nell’agenda del semestre italiano ci sono cose molto importanti e anche queste possono dare il senso dell’essenzialità dell’Europa”.
Uno dei temi da affrontare, secondo Mirabelli, sarà quello della rappresentanza delle istituzioni europee perché oggi c’è un Parlamento Europeo eletto direttamente dai cittadini che però ha poteri molto limitati che vanno ampliati e poi c’è una Commissione formata dai governi dei singoli Paesi che di fatto decide tutto e, quindi, la rappresentanza dei cittadini ha uno spazio limitato rispetto alle decisioni e alle scelte.
Due temi importanti che Mirabelli ha sottolineato come sia importante che vengano affrontati a livello europeo sono quelli dell’immigrazione e della lotta alla criminalità organizzata.
“Se affrontiamo la situazione dell’immigrazione da soli non riusciamo ad ottenere alcun risultato: è necessaria una politica europea e su questo dovremo lavorare perché non è affatto scontato. In questi mesi, ad esempio, abbiamo verificato che per i Paesi del Nord Europa non esiste il problema della gestione dei profughi e delle ondate migratorie, anzi pensano che i barconi affondano per colpa nostra e non perché c’è un fenomeno imponente, che questa estate rischia di essere ancora peggiore”, ha spiegato Mirabelli.
Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, il senatore ha segnalato che in Italia abbiamo norme che mira a combattere la criminalità organizzata intervenendo sui patrimoni, con la confisca dei beni appena parte il procedimento penale, senza aspettare la condanna. “Se questa cosa la fa solo l’Italia o pochi Paesi e non c’è un regolamento comune a tutti, ai criminali è sufficiente spostare il proprio patrimonio dove queste regole non vigono e la criminalità organizzata ha risolto il problema del riciclare i propri guadagni senza incorrere nel rischio della confisca. Su questo tema è intervenuta la Direttiva approvata recentemente dal Parlamento Europeo ma ora devono essere i governi dei singoli Paesi ad applicarla”, ha concluso Mirabelli.
In conclusione del suo intervento, il senatore Mirabelli ha sottolineato che “L’Europa è ancora vista come un’opportunità per molti Paesi: ci sono tanti Stati che chiedono di entrare nell’UE. Anche noi dobbiamo tornare a vedere l’Europa come un’opportunità.
Negli ultimi anni abbiamo percepito l’Europa come quella che ci ha messo le tasse ma non è vero. Il nostro debito pubblico non dipendeva dall’Europa. Gli ultimi governi hanno descritto l’Europa come una cosa negativa, che ci ha dettato delle regole oppressive e invece noi dobbiamo spiegare le cose buone fatte dall’Europa per noi (ad esempio il tema dei diritti civili e umani)”.

Rispondendo alle domande del pubblico presente, invece, Cofferati ha ribadito che “Non bisogna sottovalutare le insidie dei nazionalismi ma ogni Paese fa a sé e ciò che è avvenuto in Francia non è uguale a ciò che avviene in altri Stati dell’UE”.
Il punto, secondo Cofferati è che oggi “Noi abbiamo bisogno dell’Europa. Serve un cambio del Trattato per rilanciarla. L’Europa non è il sogno delle generazioni che ci hanno preceduto ma il luogo in cui costruire il futuro per le generazioni che verranno. Molte cose che sono state faticosamente costruite oggi vengono date per scontate ma non le sono affatto e anzi ultimamente sono anche state messe in discussione, come ad esempio Schengen. Oggi si vogliono porre nuovi limiti anche alle frontiere. – ha segnalato il parlamentare europeo - I provvedimenti del governo inglese di fatto rimettono in discussione Schengen perché vietano la circolazione a romeni e bulgari che sono cittadini europei”.
“Oggi non c’è più il sogno dell’Europa perché la gente sta male ma noi con l’euro ci abbiamo guadagnato fino al 2008. – ha sottolineato Cofferati - Ora andiamo a votare dopo anni di crisi sulle spalle e dobbiamo porre l’obiettivo della crescita. Se negli Stati Uniti negli anni ’20 non ci fosse stato Keynes probabilmente gli U.S.A. non avrebbero superato la crisi e oggi non sarebbero così forti come li vediamo”.
“Crescita e sviluppo servono per creare nuova occupazione mentre oggi cala anche quella che c’è”, ha affermato Cofferati, segnalando che i cassintegrati di oggi probabilmente non rientreranno più al lavoro ma quando finirà la cassa integrazione resteranno disoccupati.
“Servono politiche industriali: l’Europa ha perso molto in manifattura mentre Obama sta spendendo soldi per rilanciarla negli Stati Uniti. Il terziario serve se c’è la produzione, altrimenti i servizi da soli non servono a niente e noi siamo rimasti indietro in alcuni settori”, ha denunciato il parlamentare europeo, ponendo il problema del lavoro e della dignità dei lavoratori: “Quando l’economia va male non solo si perde il lavoro ma si perdono anche i diritti. In Europa, che è la culla del welfare, sono arretrate anche le protezioni sociali. È necessario rilanciare l’idea del sogno dell’Europa e dei diritti”. Per questo, il candidato del PD ha detto di aver scelto come parole chiavi per la sua campagna elettorale “futuro, diritti e lavoro”.


L'Europa che vogliamo - Incontro con Cofferati e Mirabelli - 06 aprile 2014