sabato 24 novembre 2012

San Raffaele e Regione Lombardia

Conferenza stampa di Franco Mirabelli - Milano, 23 novembre 2012
Franco Mirabelli, Presidente della Commissione regionale di inchiesta sul San Raffaele, ha presentato nella mattinata di venerdì a Milano la sua relazione sul lavoro di indagine svolto in questi mesi. Un lavoro, quello della Commissione di inchiesta, ormai giunto alla fase conclusiva, dopo una decina di sedute e di audizioni e incontri con assessori alla Sanità, dirigenti del San Raffaele, docenti universitari, rappresentanti di organizzazioni sindacali. Un lavoro che, tuttavia, a causa della fine prematura della consiliatura della Regione Lombardia non ha potuto trovare una sintesi comune tra i componenti della Commissione di inchiesta ma che Mirabelli ha ritenuto comunque importante presentare, anche in virtù dell’attenzione suscitata dalle vicende del San Raffaele nell’opinione pubblica.
Due sono stati i compiti della Commissione di inchiesta istituita dal Consiglio Regionale e presieduta da Mirabelli: innanzitutto quello di verificare se la normativa regionale avesse delle falle che hanno consentito lo scandalo che è avvenuto, oltre che verificare che davvero al centro delle normative della Regione ci fosse davvero l’interesse pubblico; e poi il cercare di stabilire delle regole affinché non accadano altri episodi del genere.
“La Regione Lombardia ha in essere una convenzione con il San Raffaele derivante dall’accreditamento avvenuto nel 1998 e ha, in questi anni, elargito finanziamenti e contributi a progetti sulla base del riconoscimento dell’esperienza sanitaria e scientifica dell’ospedale e di norme successive finalizzate alle funzioni non tariffate, a progetti e a premiare le eccellenze. Una grande quantità di denaro pubblico ha consentito al San Raffaele di funzionare”, ha scritto Franco Mirabelli nella sua relazione.
Finanziamenti concessi e mai controllati perché, ha spiegato Mirabelli durante la conferenza stampa, “Il San Raffaele non ha mai dovuto fare neanche il bilancio consolidato e ha drenato tra il 4 e il 6% dell'intero fondo regionale per le funzioni non tariffabili: tra il 2002 e il 2004 il finanziamento pubblico all'ospedale è passato da 23 milioni a 37.58 milioni e nel 2009 sono stati assegnati 58 milioni. Tra il 2007 e il 2009 ha ricevuto inoltre circa 54 milioni di finanziamenti sui 176 messi a disposizione da una legge regionale del 2007 per finanziare i progetti dei soggetti no profit in ambito sanitario”.
Finanziamenti pubblici ingenti, dunque, che tuttavia non sono bastati ad evitare al San Raffaele l’oltre un miliardo e mezzo di euro di debito accumulato nel tempo, che ha poi portato al crack. Ecco perché – scrive ancora Mirabelli nel testo della sua relazione - “Seppure non sia riscontrabile una responsabilità diretta della Regione nella vicenda che ha portato al crack del San Raffaele è evidente, da questa ricerca, che l’attuale quadro normativo regionale ha facilitato e non impedito il verificarsi delle distorsioni che hanno portato allo stato di dissesto. La Regione non è stata in grado né di stabilire criteri e requisiti sufficientemente rigidi e chiari per accedere alle risorse pubbliche né di svolgere i necessari controlli per garantire la trasparenza dovuta quando si beneficia di soldi pubblici”.
La Regione, in pratica, secondo Mirabelli, ha finanziato il San Raffaele senza avere chiaro la specificità dei progetti che avrebbe dovuto sostenere con i singoli finanziamenti e l’interesse pubblico che avrebbe dovuto ispirarli, in quanto questi si legavano a funzioni non tariffabili per ospedali con più presidi territoriali (per cui vengono elargiti più soldi a chi fattura di più), alla scelta di finanziare le “eccellenze sanitarie”, e all’assistenza di pazienti extraregionali.
La proposta avanzata da Mirabelli, dopo aver presentato questo quadro - in cui è evidente che servono criteri di accreditamento e controlli più stringenti – è quella ridurre la quota di fondi destinati alle funzioni non tariffabili (spesso assegnati con discrezionalità) e, soprattutto, di chiedere la certificazione esterna dei bilanci e soggetti terzi in grado di controllare ciò che realmente avviene.
La questione politica, invece, posta da Franco Mirabelli riguarda l’utilizzo del finanziamento pubblico per l’ottenimento del pareggio di bilancio delle strutture private. “Il quadro apparso alla commissione mostra come il soggetto regolatore regionale che dovrebbe indirizzare le risorse per il soddisfacimento dei bisogni sanitari e dell’interesse pubblico, in realtà con modalità diverse ha sostenuto una struttura come il San Raffaele, subendo il peso, la forza ed il condizionamento di un’eccellenza sanitaria che però per funzionare ha avuto bisogno di molti soldi pubblici che non hanno comunque consentito di evitare il crack finanziario. In sintesi la vicenda del San Raffaele pone con evidenza il tema delle finalità della contribuzione pubblica: se sia giusto cioè che i finanziamenti pubblici siano destinati a garantire gli equilibri di bilancio delle strutture private o se i finanziamenti pubblici stessi debbano essere finalizzati solo al raggiungimento di finalità sociali di interesse pubblico”, ha scritto Mirabelli nella sua relazione. La Regione, infatti, - ha evidenziato Mirabelli - ha elargito finanziamenti che di fatto sono andati a ripianare il buco dei bilanci di aziende ospedaliere pubbliche e private. Se per i soggetti pubblici, secondo Mirabelli, può accadere, così non può essere per i privati che dovrebbero avere altri investitori a cui sta a cuore il proprio investimento e dovrebbero renderlo competitivo.

giovedì 15 novembre 2012

Ambrosoli e i partiti

La discussione che sta avvenendo su e con Umberto Ambrosoli, in merito alle modalità della sua candidatura alla Presidenza della Regione Lombardia in questi giorni è a dir poco surreale.
Ambrosoli è un candidato autorevole che sicuramente ha la capacità di raccogliere attorno a sé un consenso largo ma che da subito ha posto delle condizioni piuttosto nette per accettare la candidatura, prima fra tutte quella che riguarda la polemica sulle primarie e sui partiti che le avevano indette.
Personalmente, lo avevo già detto tempo fa che c’era qualcosa di anomalo nel modo di porsi di Ambrosoli. Qualcosa che ha lasciato non poco sgomento tra la “base” dei partiti che dovrebbero sostenerlo.
Tutta la discussione – che ad un certo punto è sembrata superata – sulla scelta del lessico (non più “primarie” ma “consultazioni civiche”) è sembrata completamente fuori dalla realtà perché le primarie per loro natura sono civiche in quanto mirano a coinvolgere i cittadini e sono uno strumento utilizzato per favorire la partecipazione, se poi non si vuole che a indirle siano esclusivamente i partiti ma anche movimenti e comitati civici, basta sedersi al tavolo delle trattative senza suscitare tutte queste polemiche. Ma la realtà è un po’ più spinosa di una semplice questione lessicale: la verità è che al candidato Presidente e al suo entourage non piacciono i partiti e ha fatto di tutto per tenerli fuori o all’angolo, o almeno questo è quello che ha lasciato sembrare.
Ad Ambrosoli, dunque, non piacciono i partiti, non vuole essere il candidato dei partiti. Di questi tempi, con quello che si dice dei partiti e della politica è abbastanza comprensibile agli occhi dell’opinione comune. Forse Ambrosoli ritiene che sia più facile vincere "rottamando" i partiti oppure ritiene più logico conquistare un consenso più ampio non legandosi a una coalizione di partiti marcata. Tutti ragionamenti possibili ma non accettabili per uno che si candida alla Presidenza di una Regione e che verrà eletto in prevalenza con i voti portati a lui proprio dai partiti che tanto vuol tenere lontani e che pure andranno a eleggere dei consiglieri regionali che dovranno poi votare in Consiglio anche ciò che il Presidente e la sua giunta fanno.
Oltretutto i candidati consiglieri che faranno campagna elettorale per far eleggere se stessi e il Presidente cosa dovranno dire agli elettori? “Votate per me ma il mio partito fa schifo”? “Votate per me e il mio partito ma poi non conteremo niente sulle decisioni della Regione perché il Presidente ci lascerà senza niente in mano perché ha deciso che i partiti non li considera”?
L’impostazione della discussione come è stata avviata da Ambrosoli o dal suo entourage per come è stata riportata dai giornali è pessima e questo, alla “base” dei partiti, è ancora meno digeribile della questione delle primarie.
Senza contare che in questo modo i partiti sono apparsi all’opinione pubblica come nettamente subalterni alle idee bizzarre del candidato Presidente: poche sono state le dichiarazioni ufficiali in cui si rivendicava la decisione stabilita e quasi tutte smentite il giorno successivo dallo staff di Ambrosoli. Forse una conferenza stampa congiunta aiuterebbe ad appianare le polemiche e gli smarrimenti ma è chiaro che, ad oggi, non si è giunti ad alcun accordo definitivo, altrimenti tutto questo vespaio non esisterebbe.

A questo punto, però, tre sono i temi da affrontare: il primo riguarda il rapporto tra Ambrosoli e i partiti che vorrebbero sostenerlo. Quando si gioca insieme, le regole si stabiliscono insieme, non le fa uno da solo e, da questo punto di vista, mi pare che le premesse non promettano bene perché se già il candidato e i suoi fedelissimi vogliono tenere all’angolo i partiti prima ancora che sia cominciata la campagna elettorale, cosa mai potrà succedere una volta che sarà eletto? Ambrosoli è sicuramente il candidato che può vincere, ma il fatto che vinca lui non coincide necessariamente con la vittoria del centrosinistra e questa storia delle primarie già ne è un brutto segnale. Tradotto, non è una buona partenza quella per cui i partiti mettono la faccia per il candidato e il candidato non solo non vuole metterci la faccia per loro ma vuole anche tenerli fuori, anche perché se intende tenerli fuori adesso che c’è la campagna elettorale, a maggior ragione si rischia che voglia poi tenerli fuori anche dalla giunta una volta che il candidato sarà eletto. Il Partito Democratico, così come gli altri della coalizione, metteranno la faccia e l’impegno nella campagna elettorale per far conquistare ad Ambrosoli la Presidenza delle Regione Lombardia e Ambrosoli in cambio cosa mette per questi partiti?
Forse Ambrosoli e il suo entourage farebbero meglio a tenere presente quanto scrive Pippo Civati: “Prima di tutto per rispetto nei confronti di chi milita in quei partiti che tanto dispiacciono a chi si autodefinisce civico: i democratici, ad esempio, sono quasi tutti soggetti che sono «civici» fino alle 18, o le 19, o le 20, perché dedicano il loro tempo libero alla politica (diventando «politici» in serata), ma di giorno lavorano. E, vi giuro, sono in tutto simili ai professionisti del civismo. Anzi, di solito hanno meno potere di loro, nella società in cui vivono. In secondo luogo, perché nel momento stesso in cui si denigrano i partiti, poi si chiede il loro sostegno, la loro organizzazione e il loro voto, senza il quale si andrebbe poco lontano”.
Il secondo punto è la figura di Ambrosoli: sicuramente è un candidato che può vincere, sicuramente prenderà molti voti al centro e magari anche a destra (un po’ lo dimostrano gli attestati di stima e sostegno più disparati che sta ricevendo) e molto probabilmente ciò avviene perché lui non è espressione del centrosinistra e si vede. Si vede moltissimo la diversità di Ambrosoli dalla coalizione di centrosinistra: si vede da come parla e da quel che dice, il suo è un linguaggio altro e la “base” che milita in quei partiti, pur cogliendone l’opportunità di una vittoria quasi certa, questa alterità del candidato la percepisce benissimo. Il dubbio a questo punto sorge sul tipo di cambiamento che una figura del genere può esercitare dentro l’istituzione Regione Lombardia, dopo 17 anni di governo formigoniano e dove Il Celeste ha piazzato suoi uomini (che a questo punto o si andranno a trovare nuovi punti di riferimento o potranno divenire un serio ostacolo a eventuali nuovi modelli che i nuovi eletti vorranno apportare). Sarà un cambiamento vero quello che propone Ambrosoli? Sarà il cambiamento che chiede il centrosinistra da tempo o sarà altro perché altri sostenitori di Ambrosoli hanno altre idee e altri interessi in gioco? Questo non è un dato da poco perché si andrà a determinare il futuro della Regione Lombardia. La “base” dei partiti, che non è tanto ingenua, questo lo capisce bene e non si fida: non si fida di un uomo che non solo non è loro ma che addirittura dice neanche troppo velatamente che non li vuole. Alla fine la “base” si richiama all’ordine e lo voterà, come ha sempre votato qualsiasi cosa o quasi che veniva proposta o imposta e lo farà votare ma questo non significa che gli accorderà la fiducia o che sboccerà l’amore se dall’altra parte non si mostreranno maggiori aperture di quelle mostrate fino ad ora.
Il terzo aspetto riguarda proprio le persone che militano nei partiti. In un tempo in cui prevale la logica dell’antipolitica, del voler eliminare tutto ciò che ha a che fare con i partiti, è sicuramente più facile ottenere successo mandando un messaggio in quel senso, ma non è questo il messaggio che deve mandare una persona seria e autorevole che si candida a guidare un’istituzione. La politica, i partiti e molti esponenti che hanno operato in questo ambito sicuramente devono cambiare, migliorarsi e alcuni anche farsi da parte, tuttavia vale la pena di ricordare che chi si candida lo fa per andare a ricoprire un ruolo politico dentro ad un’istituzione e quindi farà politica e poco importa se lo fa dentro a un contenitore che si chiama “partito” o “movimento” o in qualsiasi altro modo perché comunque nessuno lo può fare per se stesso ma solo e sempre rispondendo ad un ideale e ad un programma condiviso su cui si sono chiesti i voti. Inoltre, all’interno dei partiti e delle organizzazioni politiche non esistono solo gli esponenti di spicco ma esiste anche la “base”, gli iscritti, i militanti, le persone che quotidianamente dedicano una parte del loro tempo e della loro vita a tenere aperti i circoli, distribuire materiale informativo, mettere in piedi delle iniziative… I partiti sono fatti di persone che sono cittadini come gli altri e meritano rispetto per il tempo e la passione che impiegano nelle attività politiche o ad esse correlate. Forse Ambrosoli e il suo entourage farebbero meglio a cercare di aiutare i partiti a far vedere questa realtà e queste persone, invece, di offendere denigrando ciò per cui loro dedicano tanto tempo e impegno. Pisapia ha conquistato la città di Milano uscendo per strada, stando nelle piazze, incontrando le persone vere e non solo i frequentatori dei salotti buoni (che pure servono), Ambrosoli non si illuda di conquistare la Regione solo andando in televisione o scrivendo su internet o sui giornali e con l’appoggio dei salotti.
Ambrosoli e il suo entourage vadano a vedere chi c’è nei “partiti”, non abbiano paura di “sporcarsi le mani”, non facciano quelli che “mi si nota di più se vengo ma sto in disparte”, entrino nei circoli dei partiti, vadano a incontrare le persone che quotidianamente dedicano il loro tempo all’impegno politico, vada a conoscere chi appende i giornali nelle bacheche, che monta i gazebo e li tiene aperti anche se piove e se fa freddo, chi distribuisce i volantini ai mercati, chi cucina e serve ai tavoli nelle feste dei partiti, chi studia il modo di far arrivare un messaggio o di coinvolgere il quartiere su un incontro o su un tema. I circoli del Pd sono aperti in questi giorni per registrare le persone che vogliono votare alle primarie del 25 novembre per la scelta del candidato premier (qui ci sono gli orari del circolo a cui sono iscritta), vada a vedere chi sono quelli che ha lasciato all’angolo con i messaggi che ha lasciato trapelare e che invece sarebbero ben felici di accoglierlo e di poter dedicare un po’ del loro tempo anche a lui e alla sua campagna elettorale ma a patto che il rapporto sia reciproco e paritario.

martedì 13 novembre 2012

Primarie in Lombardia

Anche stamattina leggo i giornali e mi stupisco di certe dichiarazioni di Ambrosoli in merito alle primarie. Ma siamo sicuri che sia il candidato giusto? Mi pare che le premesse non promettano bene... L'impressione è che abbiamo un candidato che ci voglia tenere all'angolo. Figuriamoci cosa può succedere quando il candidato viene eletto. Qualcuno glielo spieghi a quel signore lì che senza il Pd non va da nessuna parte, perché la campagna elettorale a farla alla fine siamo noi e da noi arriva la maggior parte dei voti.

lunedì 12 novembre 2012

Liste

Sui giornali si fanno i nomi dei bersaniani e dei renziani che si starebbero garantendo il posto in Parlamento. Scelte opinabili ma legittime. In tutto questo, però, non si parla degli uomini di AreaDem (che comunque stanno facendo campagna per Bersani)... non è che Bersani se li è dimenticati? 

venerdì 9 novembre 2012

Ambrosoli e le primarie

Ambrosoli dovrebbe essere il candidato di tutti. Spiace che il suo sì alla candidatura arrivi dopo che erano già state indette le primarie e piuttosto condizionato al fatto che le primarie non si facciano. Legittima la sua paura di finire impallinato (a volte succede). Se avesse detto di sì a primarie non ancora indette il problema non si sarebbe posto. Adesso ci sono dei nomi in campo (di cui in molti casi si potrebbe anche fare a meno) e una data indicata per le primarie che una parte della base sembrava gradire. Se le primarie servono per regolare i conti tra gruppi dirigenti e spartirsi correnti e poltrone è chiaro che diventano un problema, se invece servono per coinvolgere i cittadini e attrarre l'attenzione sui progetti e i candidati in campo hanno un senso. La domanda è con che logica si pensava di andare a queste primarie? Con che logica si stavano formando i sostegni ai personaggi in campo? Se la logica era quella della spartizione post-competizione, in cui qualche dirigente pensa di misurare il proprio peso all'interno dei partiti in base ai consensi che sa raccogliere, meglio fermarsi qui e cercare di lavorare unitariamente su Ambrosoli. Se la logica era quella di una sana competizione, senza estremizzazioni e scontri tra tifoserie interessate, forse Ambrosoli farebbe meglio ad accettare le regole del gioco e parteciparvi. Quando si gioca insieme, le regole si stabiliscono insieme, non le fa uno da solo. Anche perché se la partenza è questa, mi domando come sarà il seguito... E dato che la campagna elettorale alla fine la fa il Pd, non vorrei che poi il Pd fosse quello che rimane schiacciato senza niente in mano (con il Comune è accaduto a sinistra, qui potrebbe accadere al centro).

domenica 4 novembre 2012

Report

Personalmente non amo Report in generale, indipendentemente dall'argomento di cui si parli perché trovo che spesso non siano i fatti a parlare ma i giornalisti a presentarli in modo troppo tendenzioso. Di questa sera non mi è piaciuta l'impostazione. Sul sistema di Formigoni c'era molto da dire ma si è detto ben poco e, per lo più, fatti già ampiamente noti. Non è stato evidenziato per niente come alcune vicende abbiano ricadute sulla Lombardia e quante implicazioni ne derivino da quel sistema di potere e, nella seconda parte, si è posto troppo l'accento sulle scelte personali (discutibili) di Formigoni senza farne capire le eventuali valenze pubbliche. Un'occasione di fare informazione persa. L'unica notizia interessante della puntata sono le dichiarazioni finali di Valentini (ex capogruppo Pdl in Consiglio Regionale) sul fatto che una parte del Pdl stesso non sopporti più Berlusconi e considerano quel partito come morto.

sabato 3 novembre 2012

Primarie

Quelli il Pdl che ironizzavano sulle regole delle primarie del Pd adesso litigano sulle regole per le loro primarie ed esattamente per gli stessi motivi! Uno spettacolo esilarante!

giovedì 1 novembre 2012

L'ipocrisia di Travaglio

Marco Travaglio è ipocrita. Dovrebbe smettere di usare l'alibi del giornalismo come foglia di fico per mascherare le sue simpatie grilline e dipietriste. Farebbe meglio a dichiarare apertamente da che parte sta e fare liberamente il tifoso della propria parte e delle proprie idee, senza cercare di fare passare tutti gli altri per delle schifezze. Non è giornalismo quello che ha praticato questa sera durante la puntata di Servizio Pubblico ma un puro atto di propaganda politica. Gli altri partiti possono sicuramente fare di più e meglio ma l'Italia dei Valori non mi pare sia nelle condizioni per dare lezioni ad alcuno e il Movimento Cinque Stelle farebbe bene a preoccuparsi degli anatemi di Grillo anche contro i suoi stessi "attivisti" prima di sindacare le scelte altrui.