venerdì 25 aprile 2014

Il 25 aprile

A me, la manifestazione del 25 aprile di quest'anno a Milano, non è piaciuta.
Vorrei che il 25 aprile tornasse ad essere per tutti la Festa della Liberazione
Negli ultimi anni, in cui al governo dell'Italia, ci sono state forze politiche di centrodestra, ho assistito con un certo stupore al dibattito intorno all'opportunità o meno di alcune partecipazioni alla manifestazione per il 25 aprile, in particolare a quella di Milano.
Ricordo ancora le vivaci polemiche sulle assenze di Berlusconi, ogni volta con delle scuse improbabili, fino a quando non decise di partecipare alla celebrazione di quella ricorrenza ad Onna, in Abruzzo, poche settimane dopo il terremoto, con la scusa di stare accanto alla gente che soffriva per aver perso tutto e tentando addirittura di cambiare il nome alla ricorrenza in "Festa della Libertà", per fini elettorali.
Ricordo gli insulti e i tira e molla di Letizia Moratti.
Ricordo moltissime polemiche inutili perché se il 25 aprile è la Festa della Liberazione la è per tutti gli italiani e gli eletti nelle istituzioni devono essere a celebrarla per rappresentare il Paese, a prescindere dal colore politico a cui appartengono. Si possono non gradire per le loro appartenenze, si possono fischiare o contestare ma il loro dovere di persone delle istituzioni è di essere presente.
Una volta la manifestazione di Milano era "la manifestazione nazionale", in cui venivano il Presidente della Repubblica, un rappresentante del Governo, le autorità cittadine e regionali. Oggi a Milano arrivano solo le autorità locali e i leader sindacali.
E' sbagliato e anche controproducente che la piazza del 25 aprile venga ridotta solo alla piazza di una parte: facendo così si sminuisce il valore di una ricorrenza storica su cui si fonda l'Italia e la nostra Costituzione.
E' anche sbagliato che il corteo del 25 aprile si trasformi in una sorta di succursale di quello del 1 maggio, con tanto di comizio sindacale conclusivo.
Senza nulla togliere ai problemi sempre più gravi dei lavoratori e alle altre esternazioni di vario genere, personalmente non ho gradito le reinterpretazioni "attualizzate" della Resistenza perché le trovo offensive verso chi ha vissuto quella vera e trovo scorretto che si usi il pretesto di quella manifestazione - che è importantissima guardando alla storia dell'Italia - per parlare di cose pure importanti ma che con quella ricorrenza non c'entrano. 
Anche quest'anno, la discussione si attorcigliata sull'opportunità o meno di dare la parola ai politici sul palco e, essendo in fase di campagna elettorale, l'ANPI (che organizza la manifestazione) ha ritenuto opportuno di no.
Al di là della comprensibile esigenza di porre al riparo dallo scontro elettorale di una così importante ricorrenza, a mio avviso, il risultato non è altro che una delegittimazione della politica e un tenerla lontana da quello che realmente è il suo posto. Gli esponenti politici, quando rappresentano le istituzioni, hanno il dovere di esserci, tanto più durante le celebrazioni così importanti e hanno il dovere di intervenire in rappresentanza di ciò che rappresentano perché altrimenti viene meno il loro ruolo. Che senso ha vedere quella sfilata di disoccupati, sindacalisti, No-Tav, centri sociali, pezzi di partiti della sinistra, reduci veri della Resistenza e arrivare in una piazza dove a prendere la parola, oltre al Presidente ANPI, sono soggetti che sono lì non si sa bene a rappresentare chi e cosa? Perché devo sentir parlare un'illustre ricercatrice dal palco del 25 aprile o una leader del sindacato e non posso sentir parlare il capo del Governo o il Presidente della Repubblica o quello della Regione che rappresentano il Paese (o almeno hanno il compito di rappresentarlo)? E pazienza se il discorso della ricercatrice o della sindacalista è più bello o più riuscito ma non è quello il contesto in cui si devono esprimere perché in quella data siamo lì a celebrare altro e a ricordare altro.
E affinché i valori di quello che siamo lì a celebrare siano condivisi, e non restino di una parte sola (per altro un po' litigiosa, dove un pezzo ne insulta un altro, come è avvenuto nell'ultimo corteo milanese), vi è la necessità che quella piazza si apra, sia meno settaria e faccia parlare chi rappresenta la nazione, anche a livello istituzionali.
Non si diffonde il senso della Resistenza se si lascia quella piazza in mano a cortei arrabbiati lontani anni luce dal sentire del Paese. Non si fa il bene dell'Italia se si esclude la politica anche dalle celebrazioni istituzionali che sono le sue sedi proprie, delegittimandola con la scusa che è in corso una campagna elettorale.
Per il prossimo anno, auspico una piazza diversa, più aperta, meno arrabbiata, più attenta a cos'è stata davvero la Resistenza e degli interventi attinenti al tema e di persone che rappresentino l'Italia. 

venerdì 18 aprile 2014

Incontro con Patrizia Toia

Proseguono gli incontri con i candidati al Parlamento Europeo e giovedì 17 aprile è stata ospite del Circolo PD Prato Bicocca Patrizia Toia. Tanti gli argomenti affrontati nel corso della serata, stimolati anche da alcuni interventi degli iscritti al PD.
"Il declino dell'Europa è iniziato quando è iniziata la crisi economica e tutte le conquiste fatte in anni passati e oggi date per scontate, in realtà, in seguito alla crisi, sono state messe in discussione", ha esordito la candidata al Parlamento Europeo, ricordando che fino a quando le cose andavano bene è stata sufficiente l'Unione monetaria e il pensiero dominante era che l'Unione politica sarebbe arrivata da sola come conseguenza, ma così non è stato. "Abbiamo fatto un progetto a metà - ha spiegato Toia - e adesso siamo arrivati al momento in cui l'Europa deve dire cosa vuole diventare da grande". Questo, secondo Patrizia Toia, è infatti il momento per avviare una riforma delle istituzioni europee e non spaventarsi di fronte all'idea di perdere la sovranità nazionale perché nei fatti è già andata perduta da tempo.
Toia ha sottolineato la necessità del fatto che l'UE inizi ad occuparsi anche di crescita e non più solo di rigore e ha precisato come molti esponenti del centrodestra italiano vadano nelle tv a propagandare anch'essi questa tesi ma poi, quando si sono trovati all'interno del gruppo del PPE, al Parlamento Europeo, hanno lasciato prevalere logiche molto diverse e hanno votato compattamente le misure di austerità.
Tuttavia, secondo la candidata del PD, molte opportunità l'Europa le ha presentate anche in questi anni e l'Italia non sempre le ha colte: "i fondi europei, ad esempio - ha spiegato Toia - hanno cambiato completamente l'aspetto dei Paesi in cui sono stati utilizzati, come la Polonia. Da noi, anche in Lombardia, spesso non si sono presentate neanche le domande per accedervi".
Sul fronte politico, infine, Toia ha raccontato delle difficoltà di ottenere risultati per la ricerca di una maggioranza che poi approvi i provvedimenti e, spesso, per arrivarci si finisce per apportare alle misure una serie di mediazioni che snaturano l'idea da cui erano scaturite e per cambiare l'Europa - obiettivo che si è posto il PD per questa tornata elettorale - è necessario un costante lavoro dei parlamentari all'interno delle commissioni e vedere anche come sarà la nuova composizione del Parlamento Europeo che uscirà dalle urne.

sabato 12 aprile 2014

Il Pd che cambia l'Italia

Questa mattina al circolo PD Prato-Bicocca, abbiamo approfittato della disponibilità del senatore Franco Mirabelli, per discutere insieme delle proposte che il PD sta portando avanti al governo per cambiare l’Italia, per comprendere un po’ meglio quale Paese stiamo costruendo.
Il PD si è impegnato su più fronti ed è protagonista dell’accelerazione che c’è stata sul terreno delle riforme. – ha esordito il senatore, interloquendo con gli iscritti - Le riforme sono sempre state una questione centrale per il Partito Democratico anche perché il rapporto tra i cittadini e le istituzioni si è molto logorato e far vedere che si sta finalmente lavorando per riformare il Paese può servire per riavvicinare”. Inoltre, ha ricordato Mirabelli “l’accelerazione che si è prodotta ha creato nel Paese una grande aspettativa”. Era, comunque, un’accelerazione necessaria perché – ha segnalato il senatore PD – l’idea diffusa era ormai quella di essere di fronte all’ultima occasione: “Il risultato elettorale ci ha detto che il 30% circa dei cittadini italiani non sono andati a votare, il 25% ha scelto di votare il Movimento 5 Stelle che è una forza antisistema e altri hanno espresso simpatia per altre forze populiste a fronte del fatto che la politica e le istituzioni hanno raggiunto il livello più basso di credibilità proprio a causa dei ritardi e delle resistenze poste a ogni richiesta di cambiamento. Che è l’ultima occasione ce lo hanno detto anche tanti elettori delle primarie che o adesso si cambiava veramente oppure basta. – ha insistito Mirabelli - Oggi, serve ridare credibilità alla politica e alle istituzioni. Per questo Renzi ha scelto la velocità di azione e la semplificazione del linguaggio, per far vedere che il cambiamento lo si fa davvero. E questa velocità di Renzi ha spiazzato tutti perché nessuno ci era abituato. Ora si è avviata una stagione di riforme importanti, questo crea consenso nei cittadini ma ci sono anche molte forze refrattarie ai cambiamenti perché vedono messi in discussione i loro privilegi e non sarà semplice cambiare. Chi vuole contrastare il cambiamento spesso si inventa cose che non ci sono oppure fa intendere che da qualche parte c’è la fregatura nascosta oppure dice che il problema vero è un altro e si finisce per discutere delle invenzioni e non di cosa si è fatto davvero”.

Venendo alle riforme avviate in questi mesi, Mirabelli ha ricordato l’iter della legge elettorale, già discussa alla Camera dei Deputati e che arriverà in Aula Senato dopo la discussione sulla riforma per superare il bicameralismo perché serve realizzare una riforma costituzionale che abbia un equilibrio complessivo. In ogni caso, si tratta di una legge elettorale maggioritaria in cui chi vince governa (esattamente come aveva chiesto il PD) e si è ottenuto il doppio turno, mentre possibile oggetto di discussione diventeranno la soglia di sbarramento e la questione della percentuale di donne nelle liste che la Camera non ha risolto.

Sul tema delle Riforme costituzionali, Mirabelli ha ricordato che con il Governo Letta si è perso un anno (passando dalla discussione sui saggi alla modifica dell’art. 138 della Costituzione) e non è cambiato nulla mentre con l’arrivo del Governo Renzi tutto è cambiato e sono già stati calendarizzati molti provvedimenti e poi si dovrà lavorare anche per migliorarli e correggere ciò che non va bene.
Sbagliato, però, secondo Mirabelli, parlare delle riforme solo in termini di risparmio economico: “Dobbiamo smettere di dire che si fanno le riforme solo per risparmiare soldi perché si stanno riformando gli assetti istituzionali del Paese. - ha precisato il senatore - Le riforme costituzionali devono servire a far funzionare meglio lo Stato, non solo a ridurre i costi della politica”.
Nel merito della riforma del Senato, di cui molto abbiamo letto sui giornali in questi giorni, Mirabelli ha spiegato che alcuni senatori non sono d’accordo sulla non elezione diretta dei membri del Senato ma, se questo verrà trasformato in una sorta di Camera delle Autonomie Locali diventerà difficile fare l’elezione diretta dei nuovi senatori perché dovranno essere espressioni di rappresentanze locali. “Un ruolo diverso del Senato e dei senatori deve corrispondere anche ad una platea elettorale diversa”, ha ribadito Mirabelli.
I tempi di modifica costituzionale, comunque, saranno lunghi: ci vorranno due letture (una per ogni Camera) a distanza di sei mesi l’una dall’altra e successivamente ci sarà un referendum.

Tra le cose già approvate, invece, Mirabelli ha ricordato la legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti e contiene anche alcune norme che regolamentano la struttura dei partiti e questo rappresenta un grande cambiamento.
Un altro tassello importante è quello rappresentato dal DDL Delrio con cui si è avviata la costruzione delle città metropolitane. Il DDL prevede che le province in scadenza non torneranno al voto ma diventeranno enti di secondo livello e saranno abolite le giunte provinciali (vale a dire non ci saranno assessori e consiglieri eletti). Entro giugno dovrà essere votato il Consiglio delle città metropolitane, costituito dai sindaci dei vari Comuni che vi appartengono, presieduto dal Sindaco del Comune capoluogo che non percepirà altre indennità aggiuntive, e questo poi varerà lo Statuto entro il mese di novembre.
“Non è una legge perfetta - ha commentato Mirabelli - ma intanto, dopo anni di discussione su questo tema, la città metropolitana si sta concretizzando”.

Mirabelli ha ricordato anche che il Movimento 5 Stelle non ha votato alcuna riforma di quelle portate avanti in Parlamento, con la motivazione che nulla di ciò che viene presentato a loro va bene: “La realtà è che hanno paura di un Parlamento che fa davvero le cose toglie acqua alla loro propaganda”, ha commentato il senatore PD.
Legato a questo argomento, anche la polemica degli ultimi giorni sul voto alla norma 416-ter sul voto di scambio politico-mafioso, per cui M5S ha fatto diverse bagarre in Aula. “I Parlamentari PD si sono impegnati coll’Associazione Libera per fare una legge che punisca il voto di scambio. – ha segnalato Mirabelli - Oggi si contesta il fatto che, dopo il passaggio alla Camera, si sono abbassate le pene. Però quella è una legge che prima non c’era e punisce la promessa di voti scambiati con dei favori e per questo serve farla prima delle elezioni. Spaccare così il quadro politico su questo tema fa il gioco della mafia”.

Infine, Mirabelli ha sottolineato che si stanno facendo passi in avanti anche sulle riforme economiche e sociali. Una particolarmente importante è contenuta il decreto sull’emergenza abitativa (di cui il senatore è relatore) che prevede che vengano raddoppiati i finanziamenti al Fondo Sostegno Affitti e al Fondo per la morosità incolpevole (che il Governo Monti aveva tolto e Letta aveva ripristinato) e poi norme per favorire la possibilità di trovare case a canoni contenuti (come ad esempio l’abbassamento della cedolare secca al 10% per favorire l’emersione dal nero degli affitti e sopperire al fatto che ci sono troppe case sfitte).
Un altro decreto importante sarà quello sul lavoro con cui si andrà a cambiare le condizioni dei contratti flessibili rispetto a quanto prevedeva la legge Fornero e poi arriverà il Job Act per interventi sull’apprendistato, sul contratto unico, sul salario minino e anche sul reddito di cittadinanza.
Anche nel DEF ci saranno cose di impatto economico e sociale importante, come la norma di riduzione dell’impatto fiscale sugli stipendi che consentirà di avere le 80 euro in più in busta paga (che praticamente porteranno ad una mensilità in più alla fine dell’anno) e le coperture sono individuate da alcuni tagli della spending review.
“Oggi - ha sottolineato Mirabelli - c’è un problema drammatico dell’occupazione e della tenuta degli ammortizzatori sociali. La scelta di intervenire sul cuneo fiscale e sul lavoro dipendente è perché si pensa che così si possano far ripartire i consumi”.
Sul metodo, Mirabelli ha spiegato che “Renzi tira dritto, rompe un metodo di concertazione che era considerato da tutti basilare ma oggi c’è una frammentazione tale della rappresentanza che la concertazione è complicata. Le rappresentanze intermedie, spesso, non rappresentano più molto oggi. Per questo il PD, quando fa le riforme, deve guardare all’interesse generale e mettere al centro dei provvedimenti gli interessi dei cittadini”.

Questi, dunque, gli argomenti affrontati nella mattinata, attraverso un proficuo dialogo tra il senatore e gli iscritti del circolo PD Prato-Bicocca di Milano.

martedì 8 aprile 2014

Per un’Europa solidale e coesa

Si moltiplicano le serate dedicate all’Europa in vista delle elezioni del 25 di maggio. Un bel dibattito sul tema dell’Europa solidale si è svolto al Circolo PD Caponnetto che ha avuto per relatori il Padre gesuita Giacomo Costa (direttore del Centro San fedele e di Aggiornamenti Sociali) e il senatore Franco Mirabelli (membro della Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato).
L’incontro è stato aperto da Padre Giacomo Costa, il quale ha provato a dare un’apertura diversa e innovativa all’impostazione del dibattito, offrendo quattro approcci per affrontare il tema dell’Europa precisando che è meglio non fare solo un discorso utilitaristico e non stare a negoziare sul fatto che convenga o meno l’UE perché in questo modo ci si trascina in una discussione sterile e si svilisce il progetto europeo. Tuttavia, secondo il gesuita, non aiuta neanche l’essere totalmente sbilanciati sull’idealismo, soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando, in cui dal sogno di Ventotene sono cambiate molte cose, c’è stato uno svuotamento del dna europeo, che invece dovrebbe cresce e svilupparsi, si sono moltiplicati gli euroscettici.
Un primo approccio offerto da Padre Costa per discutere di Europa è quello delle prospettive generazionali: «In Europa - ha sottolineato il gesuita – convivono generazioni diverse, c’è chi ha vissuto la guerra, chi ha un po’ meno anni e ha visto la caduta del muro di Berlino e ha visto un’Unione Europea che era già un dato di fatto ma da migliorare, e poi ci sono i giovani di oggi per cui tutto questo viene dato per scontato. Le generazioni, oggi sono divise tra loro e la crisi ha aumentato le divergenze, come evidenziava anche il titolo di un convegno Acli che era “I vostri diritti sono i nostri problemi”, riferito al problema pensioni/lavoro. Per questo è più che mai indispensabile trovare il modo di tenere insieme persone di generazione diversa».

Un secondo approccio offerto da Giacomo Costa riguarda il come riprendere l’identità europea, in un tempo come quello attuale in cui tornano fortemente i nazionalismi, alcuni dei quali fanno leva su situazioni inesistenti come il caso di Marine Le Pen ha vinto parlando di una Francia “perduta” senza stranieri che in realtà non è mai esistita.
«L’identità europea è inclusiva, apre e dialoga tra diverse identità», ha sottolineato Giacomo Costa che, parafrasando Bono degli U2, ha affermato: «non posso essere italiano se non sono anche europeo» e, quindi, il punto è capire «come dare spazio agli altri senza perdersi», in quanto la solidarietà e la coesione europea sono il non negare i singoli ma il mettere insieme, il capirsi pur parlando lingue diverse. Per riprendere il filo dell’identità europea, dunque, secondo il gesuita bisogna cercare di valorizzare le posizioni che non siano di chiusura ma diano un respiro diverso per uscire dalla situazione in cui siamo.

Un terzo punto da approfondire, secondo Padre Costa è quale creatività istituzionale bisogna applicare all’Unione Europea? E, se l’approccio più citato è quello del federalismo, secondo il gesuita, però, è bene non appiattirsi sul modello degli Stati Uniti perché la nostra identità è molto diversa dalla loro. Resta, tuttavia, secondo Giacomo Costa, la necessità di darsi delle strutture di discussione e di elaborazione delle proposte perché, citando la frase di Jean Monnet, “Nulla è possibile senza gli uomini, niente è possibile senza le istituzioni”, e la discussione portata avanti negli ultimi mesi, in cui ci si rinfaccia l’un l’altro ciò che non si è fatto (in particolare il Nord contro il Sud dell’Europa) è sbagliata. “Nulla è possibile senza gli uomini, niente è possibile senza le istituzioni”.

L’ultimo approccio esposto da Giacomo Costa riguarda il tema della cittadinanza. «E’ indispensabile ridefinirsi in base alla pluralità di riferimenti territoriali e culturali. Serve creare un vero spazio europeo politico, pedagogico e comunicativo», ha affermato Costa. «Per fare un’Europa più politica bisogna davvero fare politica, anche confrontandoci con le resistenze che arrivano dai territori», ha sottolineato il gesuita, ricordando che invece è sbagliato usare il discorso politico europeo per fini nazionali e i candidati al Parlamento Europeo devono essere persone che sappiano davvero portare avanti un discorso europeo. «Angela Merkel, per vincere le elezioni in Germania, ha rovinato la Grecia. Dobbiamo uscire da questi livelli di discussione», ha concluso Padre Costa.

Il senatore Franco Mirabelli ha segnalato che di Europa discutiamo troppo poco ed è sbagliato discutere di Europa solo in concomitanza con le elezioni europee. “L’Europa fa parte della nostra vita, però, molto spesso, all’opinione pubblica vengono mostrate solo le cose negative prodotte”, ha evidenziato Mirabelli, ricordando che “In realtà, l’Europa non è solo quello che viene raccontato. Oggi, ci troviamo in una condizione di scetticismo molto diffuso nei confronti dell’Europa perché valorizziamo troppo poco ciò che l’Europa ci ha consentito di costruire nel nostro Paese in positivo. Ci sono dei dati oggettivi che ci dicono che l’Europa è una risorsa. Ora si è allargata a 28 Paesi e ci sono altri Stati che vogliono entrare, perché vedono l’Unione come un’occasione e un’opportunità. Purtroppo, per molti Paesi che sono dentro l’UE si è creata l’idea che l’Europa sia solo un vincolo, un qualche cosa che impedisce invece che qualcosa che consente”.
Quelle del 25 maggio, secondo il senatore PD saranno elezioni decisive per il futuro dell’UE, per questo è importante parlare di Europa e non si devono usare le elezioni europee per giustificare un passaggio nazionale o per fare una verifica elettorale nazionale.
“Oggi ci sono una quarantina di parlamentari euroscettici all’interno del Parlamento Europeo ma dopo le elezioni il numero di questi aumenterà in modo consistente. - ha sottolineato Mirabelli - È evidente che, se ci sarà un successo molto grande delle forze euroscettiche, l’Europa subirà una battuta di arresto. Invece, dobbiamo lavorare affinché si creino le condizioni per completare il processo della costruzione europea”. Cosa tutt’altro che facile perché, come ha fatto presente l’esponente del PD, in questi anni di crisi, tra i cittadini si è diffusa l’idea che l’Europa, in qualche modo, sia la responsabile dei sacrifici che si sono dovuti affrontare: “Si è diffusa l’idea che la responsabilità di tutte le misure impopolari che hanno colpito in maniera significativa tante famiglie non sia degli errori fatti dal nostro Paese ma sia dell’Europa perché, purtroppo, anche forze non euroscettiche ma populiste, di fronte a condizioni drammatiche in cui vivono molte persone che subiscono la crisi, anziché affrontare il tema e mettere in campo una prospettiva europea, preferiscono cimentarsi a individuare un capro espiatorio. La Lega lo fa da sempre e ora anche Grillo ha scelto di fare in modo che quando si manifesta un problema, anziché scegliere come risolverlo, si cerca a chi attribuirne la colpa. Lo fa Maroni quotidianamente governando Regione Lombardia, dando la colpa delle situazioni di volta in volta a uno o all’altro. L’Europa è diventata il capro espiatorio di tutti i nostri problemi e, di fronte a questa semplificazione, è diventato difficile rispondere: ci vuole un grande sforzo comunicativo”, ha affermato Mirabelli.

Uno dei temi chiave da affrontare in sede europea, secondo Mirabelli, è quello delle ondate migratorie: “L’idea che di fronte alla complessità, la cosa migliore da fare è chiudersi e difendersi dentro a un castello, come se fosse possibile è evidente che è antistorica: chiudersi non ha alcun senso. Eppure sono idee che hanno un fascino tra le persone e sono il contrario della costruzione cooperativa e solidale e della condivisione di cui si ha bisogno ora. C’è proprio un messaggio culturale diverso che si sta tentando di imporre e che arriva prima alla gente perché gioca sulla semplificazione”, ha segnalato il senatore, registrando, tuttavia, che il problema non sono i cittadini che, di fronte alla crisi, recepiscono questi messaggi negativi perché c’è stata anche una responsabilità vera dell’Europa per come ha affrontato le cose in questi anni.
“L’Europa ha affrontato la crisi guardando ai bilanci, alla finanza e mai alle questioni sociali, imponendo un’austerity che magari a noi ha aiutato per sistemare qualche problema di bilancio che avevamo a prescindere dall’Europa, però, le famiglie sono state aiutate decisamente meno in questo. In Grecia la cura europea ha massacrato, i conti ora sono in ordine ma c’è un Paese devastato dal punto di vista sociale. – ha insistito Mirabelli - E allora c’è stata un’Europa troppo poco sociale, troppo poco politica, troppo poco “Europa dei cittadini” mentre è stata per lo più un’Europa che ha guardato ad altro. Il sistema valoriale di cui abbiamo bisogno non l’abbiamo visto: l’Europa, in questi anni di gestione della crisi, ha mostrato quasi esclusivamente attenzione ai parametri. Per ridare fiducia ai cittadini e per ricostruire questo, dobbiamo fare una campagna elettorale dicendo che l’Europa deve cambiare e può cambiare, magari ritornando anche allo spirito originario di Ventotene”.

Altre tematiche da affrontare, per il senatore PD, sono quelle delle sviluppo e del lavoro, sapendo anche che l’Europa deve avere la capacità di promuovere un’idea di sviluppo per i prossimi anni che non sia la scopiazzatura degli anni precedenti: “Non è realistico pensare che si possa uscire da questa crisi immaginando di tornare come eravamo prima. – ha affermato mirabelli - Non si può ritornare a come eravamo prima perché quel modello di consumi e quel modello di produzione devasta il mondo. L’Europa su questo deve avere la capacità di consentire gli investimenti, scegliere cosa fare, rompere un po’ di patti di stabilità per poter investire su alcune cose, avendo in mente un’idea di sviluppo e soprattutto la questione del lavoro”.

L’altra questione emersa è quella della rappresentanza: il Parlamento Europeo lo eleggeremo a suffragio universale però, ad oggi, vale pochissimo perché ciò che conta sono le decisioni della Commissione, la quale è formata dai governi, per questo, ha sottolineato Mirabelli “Bisogna dare più potere alle istituzioni rappresentative elette dai cittadini perché questo è un modo per cominciare ad andare nella direzione giusta, per costruire un rapporto politico e democratico tra i cittadini e le istituzioni europee. Se non facciamo questo, se l’idea che si diffonde è che si va a votare per un Parlamento europeo che tanto poi conta pochissimo è anche difficile portare i cittadini al voto e si genera un’ulteriore sfiducia nelle istituzioni europee. Qualche passo è stato fatto, ad esempio, l’andare a votare per il Presidente della Commissione è già un modo per avvicinare. Dobbiamo, però, sapere che, comunque, la Commissione sarà composta dai governi. Poi c’è un problema di rapporto tra i Parlamenti nazionali e le istituzioni europee: c’è un sistema di rappresentanza da ricostruire, senza il quale non riusciamo a ridare credibilità. Non tutto può svilupparsi solo in un confronto tra governi perché spesso o si raggiunge una mediazione, o decidono i governi dei Paesi più importanti o tutto finisce in niente”.

L’ultimo tema proposto da Mirabelli è stato quello della responsabilità di non aver valorizzato abbastanza che cos’è l’Europa e le cose positive che abbiamo grazie all’UE: “Rischiamo che vengano date per scontate cose che non lo sono e che senza l’Europa non ci sarebbero. - ha ribadito il senatore - Schengen, la libera circolazione delle persone, ad esempio, è un grande fatto che senza l’Europa non ci sarebbe stata, così come i milioni di giovani che vanno all’estero a studiare con il progetto Erasmus non ci sarebbero stati e non ci sarebbero stati neanche i fondi per sostenere le aree deboli che, dove sono stati utilizzati bene (anche in Italia ma soprattutto in altri Stati, come l’Irlanda), hanno prodotto dal punto di vista dell’equità sociale. Mi domando se non vada sottolineato il fatto che noi oggi, grazie all’Europa, dobbiamo rispettare obiettivi importanti su cui abbiamo costruito pezzi della nostra legislazione in tema di difesa dell’ambiente, di promozione delle energie rinnovabili; in tema di rispetto dei diritti umani nelle carceri. Ma anche in tema di lotta alla criminalità organizzata: non è lo stesso se in Italia si combatte la mafia qui con la nostra legge, che è molto avanzata, e poi in altri Paesi ci sono vincoli minori che consentono ai criminali di salvarsi varcando il confine o spostando i loro patrimoni in altri Stati”.
In Italia, infatti, ha spiegato l’esponente PD, vige la norma per cui si possono confiscare i beni ai mafiosi già in fase di indagine, senza che vi sia una sentenza di condanna ma è ovvio che se negli altri Paesi europei questo non è consentito perché la legge impone che si attenda la sentenza, alla criminalità organizzata basta spostare i propri patrimoni in quei Paesi per essere al sicuro.

Tante sono, dunque, le questioni e i problemi che non possiamo risolvere da soli, alcune – ha ricordato il senatore Mirabelli – saranno anche al centro dell’agenda della Presidenza italiana del Semestre Europeo, come ad esempio il problema dell’occupazione ma anche della qualità del lavoro perché “L’Europa dovrebbe svolgere anche un ruolo di barriera rispetto allo sfruttamento e garantire la dignità del lavoro”, ha affermato l’esponente PD.
Così come di grande importanza è la politica estera dell’UE: “Oggi - ha detto Mirabelli - valorizziamo il ruolo che ha avuto l’Europa per la pace ma, di fronte ad una vicenda come quella ucraina, dobbiamo riflettere su quali strumenti mette in campo l’UE e quale ruolo vuole avere l’Europa. Oppure diamo per scontate le cose anche sul terreno della democrazia ma poi ci dobbiamo confrontare con una realtà come quella ungherese in cui siamo contenti che non hanno vinto i nazisti ma ha vinto comunque un soggetto che ha fatto una Costituzione illiberale”.
Infine, Mirabelli ha ricordato il grave problema degli sbarchi a Lampedusa e la gestione dei richiedenti asilo. Questo, secondo il senatore, deve diventare un problema dell’Europa, cosa che oggi non è perché se rimane un problema solo dei Paesi del Mediterraneo, dove arrivano i barconi, l’Europa non fa il suo lavoro.
“Sono stato a Vilnius alla Conferenza dei Parlamenti degli Stati europei e i rappresentanti dei Paesi mediterranei hanno posto questo tema e la risposta degli altri ha mostrato un’evidente non comprensione del problema. - ha raccontato Mirabelli - I richiedenti asilo devono fermarsi nel Paese in cui presentano la richiesta e, dato che le procedure sono lunghe, queste persone rischiano di restare per molti mesi. Per un anno vengono accuditi da alcune associazioni, come prevede la legge di Maroni, dopo l’assistenza finisce perché le associazioni non ricevono più finanziamenti per farlo e, quindi, se ne perdono le tracce (si veda la vicenda di Kabobo). La scelta dell’Europa, con il trattato di Dublino, di distribuirli sul territorio europeo aiuta a far diventare la situazione meno pesante per tutti solo che la distribuzione non è equa perché all’Estonia spetta un rifugiato politico, alla Francia 5 ecc. È chiaro che così non funziona e i Paesi nordici hanno un’idea generale per cui il problema è nostro, che siamo un po’ razzisti e lasciamo affondare i barconi. Sull’immigrazione si sente l’assenza di una politica europea: siamo ancora dentro alla logica dell’emergenza nel Mediterraneo e gli altri Paesi che non vogliono occuparsene. Eppure l’Italia è il Paese con il tasso di immigrazione più basso. Questo è un tema che dà il senso della complessità e di quanto l’Europa sia ancora da costruire”.
Costruzione che, però, se alle elezioni avranno la meglio le forze euroscettiche - ha precisato Mirabelli - sarà più difficile da portare a compimento e sarà complicato anche fare passi avanti su temi come questi.

lunedì 7 aprile 2014

Incontro con Cofferati e Mirabelli all'Isola


La campagna elettorale per le elezioni europee ha preso il via e anche le occasioni per incontrare i candidati.
Domenica sera, all’Isola, l’occasione per parlare di Europa e per approfondire alcune tematiche legate alle dinamiche economiche di cui molto si è letto sui giornali in questi anni, è stato un incontro organizzato dai Circoli PD I Maggio Isola-Zara e Prato-Bicocca, che ha visto come relatori Sergio Cofferati (Parlamentare Europeo uscente e ricandidato) e Franco Mirabelli (Senatore e membro della Commissione Politiche dell’Unione Europea).

Sergio Cofferati, in apertura del suo intervento, ha denunciato come le politiche di rigore di questi anni abbiano portato al disastro per i Paesi già duramente segnati dalla crisi economica e in particolare per la Grecia, dove le misure imposte dalla troika hanno lasciato un Paese distrutto e, per questo motivo è necessario ribaltare queste dinamiche.
Uno dei problemi principali, secondo Cofferati, è quello di riuscire a rimettere in moto i consumi e per farlo vi è la necessità di lasciare più risorse in tasca ai cittadini: “Vanno bene gli 80 € in busta paga per i lavoratori dipendenti annunciati dal Governo Renzi – ha affermato il parlamentare europeo - ma c’è bisogno che arrivino anche ai pensionati. E la Germania, che ha tirato le redini dell’Europa in questi anni, deve sapere che esporta moltissimo negli altri Paesi europei ma se nessuno può comprare anche se la sua economia va in crisi”.
Per questo, per Cofferati, è necessario “Cambiare i presupposti, alleandoci con i Paesi progressisti. È una novità importante che Schulz sia candidato Presidente e che venga votato dai cittadini ma è difficile che ottenga la maggioranza e, in ogni caso, poi se gli altri commissari sono delegati dai governi nazionali (che non sono votati dai cittadini), anche Schulz resterebbe prigioniero e non avrebbe agibilità politica”. “Oggi il Parlamento Europeo non ha potere legislativo. – ha ricordato Cofferati – Il potere legislativo è necessario se si vogliono cambiare le cose. In questi anni al Parlamento Europeo sono stati votati a larga maggioranza sia gli Eurobond che la tassa sulle transazioni finanziarie ma il Consiglio Europeo non ha voluto fare niente di tutto ciò. Al Parlamento Europeo arrivano anche proposte di legge di iniziativa popolare ma poi non sempre vengono portate avanti”.
Sul fronte elettorale, Cofferati ha segnalato che il PD ha compiuto la scelta giusta con l’ingresso nel PSE ma il problema, secondo il parlamentare europeo, è che “il PSE non esiste: è l’aggregato di partiti nazionali, invece, bisogna fare dei partiti europei veri perché molti problemi sorgono anche a causa delle contraddizioni interne alle famiglie politiche. La settimana prossima, ad esempio, al Parlamento Europeo si vota la Direttiva made in cioè la richiesta che sull’etichetta di un prodotto vi sia la tracciabilità del prodotto stesso, tutto il suo ciclo produttivo e non solo dove è avvenuto l’ultimo passaggio; tuttavia, anche su questo non c’è la maggioranza e non c’è un’idea comune neanche all’interno del centrosinistra”.
“Tutta la campagna elettorale, probabilmente, sarà puntata sul sì o il no all’Europa da parte degli schieramenti politici. – ha evidenziato Cofferati - In questi anni sono avvenute molte cose regressive in Europa e, a questo giro, rischia di essere maggioritaria la presenza dei nazionalisti e, se si crea un equilibrio di questo tipo, il lavoro all’interno delle Commissioni diventa più complesso, anche se poi in Aula si possono trovare convergenze più ampie”.
Secondo i sondaggi, il centrosinistra dovrebbe ottenere un maggior numero di parlamentari rispetto a quello attuale, più variegato è il mondo intorno ai Popolari ma sicuramente aumenterà la presenza delle forze politiche contrarie all’Unione Europea. “Lo stesso Tsipras - ha segnalato Cofferati - che in Italia piace tanto alla sinistra, in Grecia si esprime in modo nettamente contrario all’Unione Europea e la lista a suo sostegno ha dentro nomi che poi anche se votati dai cittadini non andranno al Parlamento Europeo e quindi rubano il consenso, esattamente come ha sempre fatto Berlusconi”.

Il senatore Franco Mirabelli ha ricordato che quelle del 25 maggio saranno elezioni decisive per il Parlamento Europeo perché, questa volta, anche in base al risultato elettorale che otterranno le forze antieuropeiste, si giocherà un pezzo significativo del futuro dei nostri Paesi e la possibilità di costruire un’Europa diversa da quella attuale. “Ci giochiamo la possibilità di andare a completare il processo di integrazione europea per un’Europa politica e sociale più vicina all’idea di Europa che abbiamo in mente e dobbiamo convincere innanzitutto noi stessi che ci sono le condizioni affinché l’UE cambi davvero e torni ad essere l’Europa dei cittadini e per i cittadini”, ha affermato il senatore PD.
“Abbiamo la consapevolezza del fatto che stiamo attraversando una fase in cui l’Europa viene vissuta dai cittadini come qualcosa di distante o peggio di negativo, come un orpello, un vincolo, come qualcosa che - in una fase di crisi - ha peggiorato le condizioni. Oggi, l’Europa è percepita come qualcosa che si occupa dei governi, dei bilanci, di finanza e si occupa poco dei cittadini. Su questo dobbiamo lavorare, sapendo che serve un’Europa più forte, anche perché sia più vicina ai cittadini”, ha sottolineato Mirabelli.
Venendo a commentare le vicende dell’attualità, il senatore ha evidenziato come la vicenda dell’Ucraina dimostri che serve più Europa non meno Europa, così come la vicenda ungherese ha dimostrato che l’Europa può essere lo strumento che può contrastare un ritorno preoccupante dei nazionalismi che hanno tratti autoritari, antidemocratici e addirittura razzisti.
“Tutto questo ci deve motivare a fare una campagna elettorale forte – ha insisto Mirabelli - per spiegare alle persone che l’Europa non è un vincolo o un danno e andrò fatto in una situazione difficile: lo vediamo nel nostro Paese che la crisi ha pesato molto, la credibilità delle istituzioni e della politica ha subito colpi pesantissimi e stiamo cercando di fare delle riforme per uscirne e ricostruire un rapporto con i cittadini per la tenuta della democrazia di questo Paese. Dall’altra parte del campo ci sono formazioni politiche che hanno già cominciato una campagna elettorale che sarà tutta giocata sul presentare l’Europa come la responsabile e il capro espiatorio di tutti i mali. La Lega questa operazione l’ha sempre fatta, fin da quando è nata e lo vediamo bene anche oggi con Maroni al governo di Regione Lombardia, dove il suo lavoro quotidiano non è quello di risolvere i problemi ma scaricare la colpa ad altri delle situazioni che non funzionano. Oggi, la scelta più semplice che la Lega ha è quella di dare la colpa all’Europa di ogni cosa negativa”.
“In tempi di crisi, purtroppo, continuano a prevalere le spinte a rinchiudersi, a costruire le fortezze in cui difendersi da qualunque cosa che è esterno e, quindi, anche da questo può nascere un sentimento antieuropeista. Il PD, invece, deve saper spiegare che chiusi nei nostri confini nazionali, oggi, abbiamo meno possibilità, i cittadini hanno meno possibilità e che l’Europa è già stata per noi una grande conquista”, ha ribadito Mirabelli.
Spiegando le ricadute delle scelte intraprese in sede europea sulla politica italiana, Mirabelli ha ricordato che “In questi mesi, in Commissione Politiche dell’Unione Europea al Senato, abbiamo discusso di cose che forse senza l’Europa non avremmo potuto affrontare. Hanno pesato, infatti, le Direttive europee sugli obiettivi che l’Europa ci ha dato per il rilancio delle politiche ambientali, sul rilancio delle politiche volte a costruire il risparmio energetico. Ha pesato l’Europa anche sul fatto che stiamo discutendo finalmente del dramma che vivono le persone nelle nostre carceri. L’Europa ha un ruolo importante sulle questioni concrete che noi viviamo anche se non vengono percepite. I fondi europei, ad esempio, lo stiamo dimostrando adesso, possono essere una straordinaria occasione per mettere in campo politiche occupazionali e politiche che ridiano anche speranza ai territori nel nostro Paese e lo vediamo sul piano dell’occupazione, grazie alle politiche adottate prima dal governo Letta e ora dal governo Renzi. Su questo dobbiamo avere un po’ più di consapevolezza perché l’idea che l’Europa sia solo il vincolo di bilancio, l’austerità ecc. è sbagliata oltre che controproducente”.
“Bisogna certamente cambiare, ci vuole un’Europa che proponga la crescita, però, questo Paese senza l’Europa avrebbe avuto lo stesso i suoi problemi. – ha segnalato l’esponente democratico - Il debito pubblico italiano era un problema lo stesso anche senza l’Europa e ci sarebbe stato ugualmente anche il problema di come rientrare. Dopo le elezioni, l’Italia presiederà la comunità europea e su questo ci si sta preparando, sapendo che nell’agenda del semestre italiano ci sono cose molto importanti e anche queste possono dare il senso dell’essenzialità dell’Europa”.
Uno dei temi da affrontare, secondo Mirabelli, sarà quello della rappresentanza delle istituzioni europee perché oggi c’è un Parlamento Europeo eletto direttamente dai cittadini che però ha poteri molto limitati che vanno ampliati e poi c’è una Commissione formata dai governi dei singoli Paesi che di fatto decide tutto e, quindi, la rappresentanza dei cittadini ha uno spazio limitato rispetto alle decisioni e alle scelte.
Due temi importanti che Mirabelli ha sottolineato come sia importante che vengano affrontati a livello europeo sono quelli dell’immigrazione e della lotta alla criminalità organizzata.
“Se affrontiamo la situazione dell’immigrazione da soli non riusciamo ad ottenere alcun risultato: è necessaria una politica europea e su questo dovremo lavorare perché non è affatto scontato. In questi mesi, ad esempio, abbiamo verificato che per i Paesi del Nord Europa non esiste il problema della gestione dei profughi e delle ondate migratorie, anzi pensano che i barconi affondano per colpa nostra e non perché c’è un fenomeno imponente, che questa estate rischia di essere ancora peggiore”, ha spiegato Mirabelli.
Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, il senatore ha segnalato che in Italia abbiamo norme che mira a combattere la criminalità organizzata intervenendo sui patrimoni, con la confisca dei beni appena parte il procedimento penale, senza aspettare la condanna. “Se questa cosa la fa solo l’Italia o pochi Paesi e non c’è un regolamento comune a tutti, ai criminali è sufficiente spostare il proprio patrimonio dove queste regole non vigono e la criminalità organizzata ha risolto il problema del riciclare i propri guadagni senza incorrere nel rischio della confisca. Su questo tema è intervenuta la Direttiva approvata recentemente dal Parlamento Europeo ma ora devono essere i governi dei singoli Paesi ad applicarla”, ha concluso Mirabelli.
In conclusione del suo intervento, il senatore Mirabelli ha sottolineato che “L’Europa è ancora vista come un’opportunità per molti Paesi: ci sono tanti Stati che chiedono di entrare nell’UE. Anche noi dobbiamo tornare a vedere l’Europa come un’opportunità.
Negli ultimi anni abbiamo percepito l’Europa come quella che ci ha messo le tasse ma non è vero. Il nostro debito pubblico non dipendeva dall’Europa. Gli ultimi governi hanno descritto l’Europa come una cosa negativa, che ci ha dettato delle regole oppressive e invece noi dobbiamo spiegare le cose buone fatte dall’Europa per noi (ad esempio il tema dei diritti civili e umani)”.

Rispondendo alle domande del pubblico presente, invece, Cofferati ha ribadito che “Non bisogna sottovalutare le insidie dei nazionalismi ma ogni Paese fa a sé e ciò che è avvenuto in Francia non è uguale a ciò che avviene in altri Stati dell’UE”.
Il punto, secondo Cofferati è che oggi “Noi abbiamo bisogno dell’Europa. Serve un cambio del Trattato per rilanciarla. L’Europa non è il sogno delle generazioni che ci hanno preceduto ma il luogo in cui costruire il futuro per le generazioni che verranno. Molte cose che sono state faticosamente costruite oggi vengono date per scontate ma non le sono affatto e anzi ultimamente sono anche state messe in discussione, come ad esempio Schengen. Oggi si vogliono porre nuovi limiti anche alle frontiere. – ha segnalato il parlamentare europeo - I provvedimenti del governo inglese di fatto rimettono in discussione Schengen perché vietano la circolazione a romeni e bulgari che sono cittadini europei”.
“Oggi non c’è più il sogno dell’Europa perché la gente sta male ma noi con l’euro ci abbiamo guadagnato fino al 2008. – ha sottolineato Cofferati - Ora andiamo a votare dopo anni di crisi sulle spalle e dobbiamo porre l’obiettivo della crescita. Se negli Stati Uniti negli anni ’20 non ci fosse stato Keynes probabilmente gli U.S.A. non avrebbero superato la crisi e oggi non sarebbero così forti come li vediamo”.
“Crescita e sviluppo servono per creare nuova occupazione mentre oggi cala anche quella che c’è”, ha affermato Cofferati, segnalando che i cassintegrati di oggi probabilmente non rientreranno più al lavoro ma quando finirà la cassa integrazione resteranno disoccupati.
“Servono politiche industriali: l’Europa ha perso molto in manifattura mentre Obama sta spendendo soldi per rilanciarla negli Stati Uniti. Il terziario serve se c’è la produzione, altrimenti i servizi da soli non servono a niente e noi siamo rimasti indietro in alcuni settori”, ha denunciato il parlamentare europeo, ponendo il problema del lavoro e della dignità dei lavoratori: “Quando l’economia va male non solo si perde il lavoro ma si perdono anche i diritti. In Europa, che è la culla del welfare, sono arretrate anche le protezioni sociali. È necessario rilanciare l’idea del sogno dell’Europa e dei diritti”. Per questo, il candidato del PD ha detto di aver scelto come parole chiavi per la sua campagna elettorale “futuro, diritti e lavoro”.


L'Europa che vogliamo - Incontro con Cofferati e Mirabelli - 06 aprile 2014