domenica 21 giugno 2015

Expo e dopo-Expo: non solo sito espositivo ma contenuti e politiche

I detrattori di Expo avrebbero dovuto partecipare all’incontro che si è svolto alla Festa PD di Cinisello Balsamo con il Ministro Maurizio Martina, Stefano Boeri, il Segretario del PD lombardo Alessandro Alfieri e tanti altri esponenti della politica locale e nazionale per comprendere almeno un po’ di cosa sia effettivamente la manifestazione che sta ospitando Milano in questi mesi.
Il vero oggetto del dibattito era il dopo-Expo, tuttavia, come ha ben fatto comprendere proprio il Ministro Martina, non è pensabile discutere in modo serio di questo senza comprendere cosa sia l’evento in corso e di quali contenuti sia portatore.
«In Expo i contenuti ci sono, basta vederli», ha esordito il Ministro Martina, spiegando come ogni giorno ci siano delegazioni che partono dal sito di Expo per andare a visitare i vari distretti produttivi dei nostri territori e vedere come vengono realizzate le varie produzioni alimentari e come vengono effettuati i controlli per un cibo sano e sicuro nel nostro Paese.
«Serve andare oltre il “mi piace/non mi piace” a livello architettonico o logistico» ha insistito Martina, segnalando che «C’è già un’eredità positiva di flusso che Expo sta generando in Italia e che sta già dando i suoi frutti», in quanto tutti i giorni ci sono incontri per imprese italiane ed estere e confronti su tecnologie produttive e temi legati all’alimentazione e alla ricerca.
Citando la cronaca della giornata, il Ministro ha poi raccontato che il Presidente francese Hollande in visita ad Expo ha chiesto di legare la manifestazione a Cop21, l’appuntamento in cui si parlerà dei cambiamenti climatici che si svolgerà a Parigi a fine anno e, con il Ministro dell’Agricoltura francese Stéphane Le Foll hanno firmato una dichiarazione congiunta che chiede agli Stati che stanno lavorando al dossier di Cop21 di insistere su azioni e misure per la riduzione dei gas serra e delle buone pratiche di sostenibilità ambientale in agricoltura.
Venendo alle polemiche legate al futuro delle aree che oggi ospitano il sito espositivo di Expo, Martina ha segnalato che al momento il Governo non può esercitare alcuna leva, in quanto non è socio della società che le gestisce, pur avendo messo molti soldi per la realizzazione dell’evento e, comunque, farà sentire la sua voce. Martina ha anche polemizzato con il Presidente della Lombardia, senza mai citarlo per nome ma dicendo chiaramente che «Sbaglia chi pensa di risolvere la partita del post-Expo liquidando il Governo solo perché non è socio della società che gestisce il sito. Non si può discutere solo di come se la giocano quelli che hanno le quote delle società presenti. Il livello della discussione da fare è molto più alto e servirà un’interazione tra pubblico e privato del tutto nuova perché non è più pensabile di risolvere tutto seguendo le vie di qualche immobiliare come, in un primo momento, qualcuno ha anche pensato di fare».
A chi, come Daniela Gasparini (oggi parlamentare PD e precedentemente Sindaco di Cinisello Balsamo), ha chiesto che la gestione del dopo-Expo venga affidata alla nuova Città Metropolitana, il Ministro Martina ha confermato che «il post-Expo deve essere la prima vera partita da giocare della Città Metropolitana Milanese perché non è pensabile che la Città Metropolitana sia costituita solo attraverso un articolo di legge» ma occorre calarne le funzioni nel concreto e nel tessuto delle società e, in questo, Expo può essere un’ottima occasione.
Dal punto di vista pratico, Martina ha ricordato che andrà gestita anche tutta la fase cuscinetto che va dalla fine dell’evento Expo all’inizio dei nuovi progetti e, su questo, occorrerà fare un cronoprogramma definito in cui sarà stabilito quali attori dovranno essere presenti e per fare cosa.
Tuttavia, il Ministro Martina ha insistito molto sul contenuto di Expo: «La vera eredità di Expo è insita nel suo tema ed è legata alla sfida per l’alimentazione globale e, quindi, verosimilmente collegata al tema della ricerca. Anche per questo – ha affermato il Ministro – stiamo iniziando a lavorare per costruire un’operazione Milano-Dubai con cui si andrà a legare il post-Expo milanese al progetto per Dubai 2020 (dove si svolgerà la nuova Expo)».
Più legato alle polemiche politiche sul dopo-Expo, invece, è stato l’intervento di Stefano Boeri che ha segnalato che probabilmente sulla gestione del post-Expo si giocherà gran parte della campagna elettorale per la conquista del Comune di Milano.
A chiudere il dibattito è stato l’intervento del Segretario del PD della Lombardia Alessandro Alfieri, un po’ più concentrato sulle problematiche interne al partito e al rapporto non esattamente sereno tra maggioranza e minoranze.
Sul tema dell’incontro, Alfieri ha affermato che Expo è un’importante piattaforma diplomatica dove arrivano delegazioni da tutto il mondo e ha reso Milano una città sempre presente su tutti i media come capitale del dibattito sulle sfide dell’alimentazione e, in particolare, del come investire sulla sicurezza alimentare e come cercare di far fronte al problema della scarsità di cibo.
Il dopo-Expo, secondo Alfieri, sarà un banco di prova per la politica locale e per la Città Metropolitana.
«La vocazione di Milano è quella di essere una città globale, aperta e accogliente e di stare dentro alle dinamiche internazionali», ha detto Alfieri, segnalando però la necessità di fare attenzione a come il Partito Democratico si vuole collocare dentro a questi processi e con quale rapporto rispetto alla globalizzazione che ha cambiato il mondo.
«La Lega rifiuta la globalizzazione, alza i muri – ha sottolineato Alfieri – mentre noi del PD vogliamo stare dentro a questo processo e governare i fenomeni, anche perché mettere i muri vuol dire anche tenere fuori dei talenti».
Per Alfieri, tuttavia, è un errore grave negare le ansie e le preoccupazioni dei cittadini che la Lega cavalca, mentre occorre tradurle in un modello di società in cui vengono governate.
Sulle polemiche post-elettorali, Alfieri ha ricordato che il PD rimane comunque il principale partito del Paese e va molto meglio rispetto agli altri partiti della sinistra europea perché ha saputo abbattere alcuni tabù che questi non sono riusciti a fare.
«Hollande sta inseguendo la destra per cercare di recuperare un po’ di consenso elettorale! – ha segnalato il Segretario regionale del PD – E’ Hollande il principale motivo di freno alle richieste italiane in materia di politiche per l’immigrazione in Europa».
In chiusura del suo intervento, il Segretario Alfieri ha ricordato ai presenti che il Governo Renzi è impegnato in un grande sforzo per cambiare il Paese: «Cambiare è complicato perché è chiedere a tutti di fare uno sforzo per non difendere la propria rendita di posizione. Oggi sono necessarie maggiori risorse per i nostri territori perché vengono utilizzate dagli Enti Locali per rispondere ai bisogni dei cittadini in maggiore difficoltà e il Governo deve garantirle ma, allo stesso tempo, i territori devono aiutare e sostenere il Governo nel processo di cambiamento del Paese».

lunedì 15 giugno 2015

Guerini e Mirabelli a discutere di immigrazione, governo e PD sui territori

Domenica mattina è arrivato a Milano il Vicesegretario Nazionale del Partito Democratico Lorenzo Guerini a discutere – insieme al senatore Franco Mirabelli - dei temi più rilevanti dell’attualità e delle problematiche interne al PD, nell’ambito di un’iniziativa messa in campo da alcuni circoli.
Tanti i temi affrontati, dal problema dell’immigrazione, esploso in tutta evidenza in queste ultime settimane, alle riforme per cambiare il Paese e superare le difficoltà create dalla crisi economica, fino alle dinamiche strettamente di partito, comprese le diatribe interne, emerse con molta forza proprio durante la campagna elettorale e che certamente hanno contribuito a far uscire dalle urne dei risultati un po’ diversi da quelli auspicati.

Ad aprire l’incontro è stato il senatore Franco Mirabelli che, da milanese, non ha potuto evitare di soffermarsi sulla drammatica situazione dei migranti momentaneamente bloccati alla Stazione Centrale di Milano.
«La vicenda dell’ingente flusso dei migranti che sta interessando l’Italia in queste settimane è difficile da governare. - ha affermato il senatore democratico nel suo intervento - È evidente che un problema di questo tipo non lo può risolvere da sola l’Italia. Fa bene, quindi, il Presidente del Consiglio Renzi ad insistere affinché l’Europa si faccia carico fino in fondo del problema perché, ormai, è chiaro a tutti che i problemi che stiamo riscontrando nelle nostre città in queste settimane sono legati a scelte sbagliate dell’Unione Europea e, in particolare, di alcuni Paesi europei: se la Francia non avesse sospeso Schengen e non avesse chiuso la frontiera, non ci sarebbe stato quell’impatto che abbiamo visto sulla Stazione Centrale di Milano oltre che su quella di Ventimiglia. L’Europa, dunque, deve farsi carico insieme del problema, dimostrando di essere capace di affrontare la situazione dei profughi distribuendo gli sforzi e anche distribuendo le presenze».
«Per anni, - ha insistito Mirabelli - hanno spiegato che i migranti arrivavano in Italia perché guardavano la televisione e vedevano che qui si stava bene e c’era una “sinistra buonista” che avrebbe accolto tutti e, quindi, valeva la pena di salire sui barconi e partire. Oggi, dovremmo renderci conto che i migranti, se guardano la televisione, vedono che gran parte delle persone che prendono i barconi rischia la vita; molti muoiono in mare e, nonostante tutto ciò, la situazione da cui scappano è talmente grave a causa di guerra o povertà che preferiscono comunque rischiare la vita piuttosto che restare nei loro Paesi».
Mirabelli si è poi soffermato sulla polemica politica innescata prevalentemente dalla Lega Nord in queste settimane, segnalando che «La riproduzione continua dello scontro politico giocato sulla pelle degli immigrati è assurda. Qui non c’è una “sinistra buonista” che vuole accogliere tutti contrapposta ad una destra che, invece, difende la comunità nazionale. Qui c’è una destra che ha firmato tutte le leggi e tutti i trattati internazionali sull’immigrazione che hanno portato a questa situazione: dalla legge Bossi-Fini al Trattato di Dublino fino al sostegno all’intervento militare in Libia e alle regole – scritte da Maroni quando era Ministro dell’Interno – sulla gestione dei profughi sui territori».
«La situazione in cui si trovano i migranti è drammatica per loro ma anche per le nostre comunità che ne subiscono l’impatto e questa stessa destra che ha firmato tutti gli accordi che hanno contribuito a produrre questa situazione, e in particolare la Lega, non si assume quella responsabilità perché preferisce parlare di “invasione” e speculare su un dramma come quello che stiamo vedendo per portarsi a casa qualche voto in più», ha poi evidenziato il senatore Mirabelli, denunciando che «Nei giorni della campagna elettorale, girando per i territori, i cittadini raccontavano che ogni volta che passava Salvini a fare un comizio, immediatamente dopo nel Comune si diffondeva l’idea che, se in quel luogo avesse vinto il centrosinistra, si sarebbe aperto un campo profughi. Questo è un modo aberrante di affrontare i problemi».
Per l’esponente del PD è importante parlare con i cittadini che di fronte a quanto sta avvenendo, con l’arrivo massiccio dei migranti e le situazioni di degrado e disagio che si creano come quelle viste nella Stazione Centrale di Milano, si trovano dubbiosi e spaventati: «Occorre spiegare che c’è una grande tragedia internazionale di cui non si vede la fine. Nel Nord Africa, gli Stati nazionali che abbiamo conosciuto fino ad oggi stanno scomparendo tutti e, quindi, è anche difficile trovare degli interlocutori ma a maggior ragione occorre che il problema lo si affronti come Europa e in modo serio. Altrimenti, il rischio è che un problema epocale come quello che si sta verificando diventi uno strumento per farsi un po’ di propaganda elettorale e che porta a minare la convivenza civile e i principi fondanti della cultura europea, che è fatta anche di solidarietà. Il Governo sta cercando di lavorare per questo ma si tratta di problematiche difficili che si vanno ad intrecciare a dinamiche nazionali (in alcuni Paesi, ad esempio, ci sono scadenze elettorali vicine che spaventano e forze xenofobe che gettano benzina sul fuoco). Tuttavia, su queste vicende, l’Europa sta misurando davvero la propria capacità di esserci come soggetto politico e di mostrare la propria forza e la propria importanza, al di là dei singoli interessi nazionali».

Sulla questione dei migranti si è soffermato anche Lorenzo Guerini, il quale ha affermato che «L'idea di Europa non può partire da Ventotene per finire a Ventimiglia. Bisogna ragionare sul superamento del Trattato di Dublino. Il blocco dei migranti al confine italo-francese a Ventimiglia rappresenta la negazione dell'idea stessa di Europa». Sul ruolo di Roberto Maroni che, nei giorni scorsi, da Presidente della Regione Lombardia aveva minacciato di tagliare risorse ai Comuni che avessero dato disponibilità di accogliere i migranti sul loro territorio e aveva scritto ai Prefetti per invitarli a non inviare altri migranti sul suolo lombardo, anche Guerini – come il collega Mirabelli – ha segnato che «Il governatore lombardo Maroni non può farci lezione. Fu lui da Ministro dell'Interno a proporre e a far realizzare un piano di ripartizione dei migranti nelle Regioni italiane. Non vedo come, a ruoli invertiti, si rifiuti di applicare le direttive che sono state date da lui qualche anno fa. Così come il Trattato di Dublino II non l'abbiamo firmata noi ma un governo di centrodestra guidato dall’allora Premier Silvio Berlusconi e di cui la Lega era azionista di maggioranza».

Un altro tema che ha tenuto banco nel corso del dibattito è stato quello della legalità e le polemiche attorno alle inchieste romane di “Mafia Capitale”.

«Ciò che è emerso dalla vicenda di Mafia Capitale non è lo specchio del nostro partito, ma una patologia che si può debellare. – ha affermato Lorenzo Guerini - Quello che è avvenuto a Roma è un insulto ai militanti pieni di generosità dei tanti circoli del Partito Democratico. Chi ha sbagliato nel nostro partito non ha più cittadinanza. Inoltre, il governo Renzi sta facendo molto, a partire dall'impulso all'attività anti corruzione dato, per esempio, dalla nomina di Cantone. Ma c'è bisogno di avere le antenne alte su quello che avviene sul territorio e in caso intervenire e salutare chi sbaglia».

Franco Mirabelli ha ribadito che «Le inchieste di questi mesi hanno scoperchiato di nuovo uno scenario indecente fatto di corruzione che spesso ha finito per vanificare il grande lavoro fatto per ricostruire la credibilità della politica. Uno degli obiettivi che c’eravamo dati con le riforme, infatti, era quello di ricostruire un rapporto fecondo e positivo tra i cittadini e le istituzioni e tra i cittadini e la politica, con l’obiettivo di ridare credibilità alle istituzioni e ridare credibilità alla politica. Anche sul fronte della legalità, però, in realtà in questi mesi si è fatto molto in Parlamento. Abbiamo approvato una legge contro la corruzione con cui si reintroduce anche il falso in bilancio (e, quindi, rende più difficile la possibilità di costruirsi i tesoretti in nero per poi corrompere), con cui si aumentano le pene e si mette fine ad un fenomeno italiano per cui siamo il Paese con il più alto grado di corruzione d’Europa ma i corrotti non andavano mai in carcere. Abbiamo approvato una legge per punire i reati ambientali che, se ci fosse stata in precedenza, avrebbe prodotto la condanna dei dirigenti della Eternit o sulle vicende della Terra dei Fuochi. Inoltre, abbiamo fatto una legge contro l’autoriciclaggio. Gli effetti di tutte queste norme, probabilmente, si vedranno nei prossimi anni ma intanto dimostrano l’impegno di questo Governo, sostenuto dal Partito Democratico, anche su questo fronte».

L’altro fronte aperto nel corso del dibattito è stato poi quello riguardante le dinamiche interne al PD e come queste si ripercuotono sul Governo e hanno condizionato anche gli esiti elettorali.

«Le elezioni per il ballottaggio nei Comuni così come le Regionali non sono un test per il Governo e non hanno alcun significato a livello nazionale», si era affrettato a chiarire il Vicesegretario del PD durante la discussione ma anche a margine, parlando con i giornalisti, mentre le urne erano ancora aperte, sottolineando che «Il Partito Democratico non può tirarsi indietro da una riflessione sull'astensione. Il tema del rapporto tra cittadini e politica è fortissimo, ma più in generale bisogna rilanciare la fiducia dei cittadini nella politica».

E proprio sul tema del complicato rapporto tra i cittadini e la politica e la necessità di ridare credibilità alle istituzioni, si è soffermato Franco Mirabelli, il quale ha ricordato come questo fosse il principale obiettivo del Governo e che all’interno di questo ragionamento va collocata la necessità espressa da Renzi di fare subito la riforma costituzionale, la riforma del Senato, così come la legge per abolire il finanziamento pubblico ai partiti era anche un modo per dimostrare che la politica è la prima a rimettersi in discussione.

«Quest’anno abbiamo fatto tantissimo lavoro da questo punto di vista e abbiamo cominciato a cambiare davvero questo Paese su tante questioni importanti. Ma questo lavoro occorre farlo e riportarlo anche sui territori. C’è bisogno di un Governo forte, di un leader capace di comunicare ma abbiamo bisogno anche di un partito che, oltre a discutere, deve essere capace di sostenere e valorizzare l’azione di riforme messe in campo dal PD e dal Governo, grazie a cui il Paese sta cambiando e può continuare a cambiare», ha precisato Mirabelli.

E sulla rappresentanza territoriale ha particolarmente insistito anche Lorenzo Guerini, il quale ha affermato che la comunicazione politica non deve esaurirsi nella televisione, ma deve svilupparsi proprio sul territorio, dove, parallelamente, deve essere incoraggiata la militanza.
Entrambi gli esponenti PD hanno poi messo in luce l'importanza di un dialogo civile all'interno del partito, anche quando si hanno opinioni diverse perché – come ha precisato Guerini – «La politica è anche linguaggio e, dato che ogni sede ha i suoi stili, non è utile applicare il linguaggio da “Curva Sud” alla politica se si vuole instaurare un dialogo». Inoltre, ha sottolineato Mirabelli, «Dovremmo discutere un po’ meno su noi stessi e un po’ di più su quello che serve al Paese ma dobbiamo anche sapere e avere la capacità di sostenere un Governo che sta dando risultati importanti. Le elezioni appena svolte dimostrano che il centrodestra è tornato e, per il centrosinistra, questioni come il fisco o l’immigrazione sono ancora dei problemi: il PD e il centrosinistra vengono ancora vissuti come il “partito delle tasse” (nonostante la manovra per dare gli 80 euro) e, quindi, su questo fronte c’è molto da lavorare non solo sui giornali ma anche sul territorio; traducendo e riportando sul territorio il senso di un lavoro e di un’iniziativa politica che è quella di trasformare l’Italia per migliorare il Paese perché gli italiani se lo meritano».

Un dibattito ampio, dunque, quello svolto a Milano, voluto perché, come ha spiegato il senatore Franco Mirabelli «È importante, ogni tanto, uscire dalle logiche contingenti per fare il punto sulla situazione politica e provare a comprendere quale percorso si è intrapreso e quale strada resta da fare. Il rischio, altrimenti, è quello di restare schiacciati dalle emergenze e di perdere di vista il grande lavoro che sta facendo il Governo, prevalentemente grazie al sostegno del Partito Democratico».

Video del dibattito»

martedì 2 giugno 2015

Expo in progress

Altro giro ad Expo, altri padiglioni ma, soprattutto, altre trasformazioni. Sì, perché il sito espositivo è in progress e muta il suo aspetto. Chi va a visitarlo in questi giorni, troverà ad accoglierlo all’ingresso dalla parte della metropolitana un gruppo di una sorta di guerrieri del cibo, opere d’arte dello scenografo da Premio Oscar Dante Ferretti, così come suoi sono i banchi enormi disseminati lungo il decumano con l’esposizione di alimenti o di ciò che diventerà alimento.
Lo scenografo alle sue opere ci tiene molto e per quelle aveva già polemizzato a lungo con la dirigenza di Expo, tuttavia, a vedere il gran traffico di persone che circolano lungo il decumano e l’ingombro occupato da questi banchi espositivi (oltretutto dai colori scuri), forse si poteva anche evitare di farli.
Una bellissima sorpresa, invece, è l’orto all’ingresso del Padiglione della Francia che cresce e comincia a dare i suoi frutti: sono ben visibili infatti insalate, pomodori e carciofi.
Altra novità sono i visitatori che aumentano tutti i giorni della settimana, con particolari punte nei giorni di festa: si può essere fortunati da arrivare ai tornelli in orari poco frequentati, ma poi, arrivati all’interno, è facile accorgersi che la gente presente è tantissima in ogni luogo.
Se i visitatori aumentano, il sito di Expo aumenta anche le attrezzature per accoglierli: si sono moltiplicati gli spazi per sedersi, i furgoncini della Street food con bevande e cibi vengono fatti circolare ovunque, sono spuntati ombrelloni e tettoie accanto ai padiglioni più gettonati per evitare che chi attende in lunghe code si sciolga sotto al sole. Insomma Expo si adegua alle esigenze del momento e adatta di volta in volta la sua area.
Questo è indubbiamente un fattore positivo, segno che da parte della direzione vi è attenzione a quel che avviene giorno per giorno e si è pronti a far fronte tempestivamente a qualsiasi evenienza.
Meno positivo è il fatto che più il sito di Expo si riempie di installazioni e attrazioni lungo il decumano, più somiglia sempre di più ad una qualsiasi fiera e fa perdere l’attenzione per i temi che invece vengono proposti (anche in modo originale, innovativo e tecnologico) all’interno dei padiglioni.
Nei padiglioni, infatti, bisogna entrare: i veri contenuti di Expo stanno dentro, non fuori. E ci sono padiglioni meravigliosi, come testimoniano anche alcune lunghe code per accedervi.
Purtroppo non tutti hanno la pazienza o la resistenza fisica di stare in coda ore e allora in qualche spazio non proprio in tema può capitare di incapparci. Senza coda – ma verrebbe da dire anche senza Expo – sono i padiglioni dell’Ungheria (espongono produzioni in lana o in legno tipiche della zona e ogni tanto vi sono spettacoli musicali), della Romania (grazioso il bar a forma di capanna sul tetto ma il resto non è neanche di aiuto al turismo), la Moldavia (una piantina geografica per localizzare lo zona, uno schermo con immagini turistiche e un bar), la Slovacchia (al suo interno ma anche al suo esterno ospita una serie di opere d’arte e di composizioni artistiche, molto belle esteticamente ma poco in tema con la manifestazione).
Molto belli ma non del tutto inerenti al tema di Expo sono invece i padiglioni della Repubblica Ceca (la cui piscina esterna è gettonatissima da grandi e piccini, mentre all’interno si comincia con un percorso tra natura e silenzio per arrivare all’arte come forma di rappresentazione), della Lituania (tecnologie moderne, opere d’arte, schermi esplicativi delle produzioni del Paese) e della Bielorussia (tutto viene proiettato sulle pareti con qualche schermo esplicativo).

Altri luoghi in cui non si trovano e code per accedere sono i tanto decantati cluster: quando sono stati presentati è stato detto che lì si sarebbero concentrati i veri contenuti di Expo, al loro interno si sarebbero dovuti trovare gli spazi espositivi dei Paesi produttori di alcune specificità e si sarebbe discusso del tema della manifestazione. Tutto questo è da dimenticare. A parte la difficoltà di alcuni di questi ad avviarsi, oggi sostanzialmente si può dire che i cluster sono aperti e in parte funzionano. In parte perché bisogna chiarire cosa si intende per funzionare. Gli spazi espositivi e di vendita esterni ai cluster di cacao, caffè e anche riso (quest’ultimo in prevalenza alla sera) funzionano alla grande: la gente, arriva, si siede, compra, mangia, guarda ciò che c’è da vedere. Gli interni funzionano un po’ meno.
C’è sicuramente un problema “estetico”: non è carino dirlo ma esteticamente alcun cluster sono brutti, o comunque non hanno le forme spettacolari e appariscenti degli altri padiglioni per cui sono poco attrattivi: si tratta per lo più di grossi cubi rivestiti in legno o con pannelli colorati o a specchi nel caso del riso ma appunto cubi insignificanti.
Nel caso di cacao e caffè, l’idea di mettere fuori bar e stand di vendita, oltre che spazio per le presentazioni, si è rivelata geniale perché in molti vi sono attratti; altri come Frutta e Spezie che hanno il nulla fuori o più nascosti come il Bio-Mediterraneo richiamano proprio poco.
Dopo di che il problema vero resta l’interno: i Paesi non espongono le produzioni locali e neanche spiegano cosa fanno ma molto spesso utilizzano quei punti come rivendita di paccottaglie spacciate per artigianato locale (quasi tutti i Paesi africani) o, in alcuni casi, come luoghi di promozione turistica (le Maldive dentro al cluster del Mare che promuovono le loro spiagge, Malta dentro al cluster Bio-Mediterraneo che promuove il territorio da visitare).
Uno sforzo scenografico e esplicativo lo ha fatto il Brunei, nell’area Frutta e Spezie, in cui racconta il proprio modo di produrre. Così come interessante e gradevole è la tavola imbandita del Libano nell’area Bio-Mediterraneo. L’area Bio-Mediterraneo è quella che ha fatto arrabbiare la Regione Sicilia (che lì espone) per gli investimenti fatti. Si tratta di uno spazio molto grande ma un po’ nascosto, oltre il cardo (corridoio orizzontale) e sul lato destro del Lago con l’Albero della vita per chi arriva dall’ingresso della metropolitana. L’esterno è preceduto da una striscia di terra con alberi e arbusti chiamata “Parco della Biodiversità” (a ridosso del gettonatissimo padiglione della Coca Cola). L’area centrale è contornata da tavoloni con le scritte in greco e un palco spettacoli (lunedì 1 giugno vi si alternavano cantanti siciliani) e a chiuderlo sui lati vi sono i cubi dei padiglioni. La gente dentro c’era, girava da uno spazio all’altro, si fermava a sentire la musica… solo che sembrava di stare ad una qualsiasi fiera del turismo (con tanto di cantanti che cercavano di vendere al pubblico il loro cd) invece che ad Expo. Forse, però, le responsabilità non sono di Expo ma dei singoli Paesi che hanno affittato quello spazio e lo utilizzano decisamente molto male. All’interno del cluster vi sono anche la Grecia (dove il cartellone all’ingresso “Ellenic Tourism” chiarisce subito che si parla di turismo), l’Albania (lo spazio è quasi vuoto, vi sono dei quadri e un’opera d’arte in legno, non si sa se non è completato o se resterà così), la Serbia (vuoto, in cui sul muro che campeggia lo slogan “The future is sharing”), la Croazia, la Tunisia e l’Egitto (quest’ultimo diverte molto i bambini per gli ologrammi dei faraoni con cui si può giocare e farsi fotografare).

Qualche problema sul messaggio che si vuole mandare c’è anche in qualche stand (difficile chiamarli “padiglioni”) nell’area italiana: Palazzo Italia è sempre molto gettonato ma le file chilometriche non sono cosa sopportabile per tutti, mentre lungo il cardo le varie Regioni si mettono in mostra oppure offrono i loro prodotti. Qui ci sono lo spazio delle produzioni di Piacenza, Casa Citterio, Granarolo, gli spazi ristoro Calabria e Basilicata, la gelateria della Coldiretti, la Terrazza Martini e poi cominciano ad aprire anche punti promozionali delle varie Regioni: la Lombardia sta cercando di aggiustarsi l’immagine dopo la bruttissima figura dei primi giorni, la Liguria è bellissima con piantine appese alle pareti insieme alle ricette di alcuni suoi piatti tipici; di recente hanno aperto le Marche (con schermi che mostrano le bellezze artistiche e territoriali, esattamente come alla fiera del turismo). Molto gettonato e anche molto grande è il padiglione del Vino.

In sintesi, si può dedurre facilmente che dove non c’è coda, sarà più semplice entrare ma decisamente ne vale meno la pena rispetto ad altri spazi che invece meritano attenzione. Tornando ai padiglioni ufficiali, si scorre facilmente per visitare la Cina, dal bellissimo ingresso in mezzo ai fiori gialli. L’interno è tutto giocato sulla tecnologia con spazi interattivi e chiusura del percorso sul campo di “grano della speranza” fatto da alti pali luminosi che cambiano colore.

Molto frequentato anche ciò che c’è del Padiglione del Nepal: si tratta di una serie di pagode a cielo aperto senza niente altro. Sono molto belle esteticamente, ma quello che attrae i visitatori è indubbiamente la tragedia che ha colpito il Paese e per cui si possono lasciare offerte.

Padiglioni veri e propri sono anche quelli degli sponsor, tra questi sul decumano c’è ENEL, con tubi luminosi e cartelli esplicativi in cui si ribadisce in continuazione che l’illuminazione di Expo è fornita da loro.

Altro luogo frequentatissimo è la nuovissima area attrezzata con lettini e ombrelloni sulla fontana dietro al Padiglione della Lindt. E’ anche una zona abbastanza ombreggiata e nei momenti in cui il sole è molto alto, si rivela essere un ottimo luogo per riprendere fiato e, ora che comincia ad essere conosciuto, riesce a far concorrenza alla piscina assolata della Repubblica Ceca.

Per svagarsi, però, il luogo migliore resta la terrazza del Padiglione degli Stati Uniti: la musica è bella, l’aria non è troppo calda, si può ballare (sono le hostess stesse a farlo, anche quando hanno addosso la divisa) e nell’area sul retro del padiglione sono posizionati sei furgoncini per il Food Truck dove si può mangiare e bere a prezzi più o meno normali.

Arriviamo alla questione prezzi. Tutto ciò che riguarda Expo ha un costo e anche piuttosto elevato e, questo, oggettivamente, considerato il costo già alto del biglietto di ingresso è un po’ fastidioso.
Partiamo dai gadget: oggi i gadget di Expo, oltre che all’Expo Gate in Piazza Castello a Milano si possono trovare anche all’interno del sito espositivo ma i prezzi restano alti in ogni caso.
All’Expo Gate, gestito dal gruppo La Rinascente (o almeno così sono firmati gli scontrini) si possono trovare servizi di sei tazze con logo Expo da 36 a 77 euro a seconda della dimensione, sacchetti in stoffa da 16,00 euro, magnete rettangolare con logo Expo a 5,00 euro, spilletta tonda con logo Expo a 4,00 euro.
Sul sito espositivo, invece, hanno aperto gli store di OVS ed Excelsior. Questi due punti, all’inizio del Decumano per chi arriva dall’ingresso collegato alla metropolitana, non vendono solo gadget della manifestazione ma anche altro: in OVS si vendono tranquillamente i vestiti. La scelta è un po’ discutibile anche se con gli sbalzi caldo/freddo o con i bagni improvvisati in piscine e fontane, trovare una maglietta di cambio può anche essere utile in alcuni momenti.
OVS è lo store meno costoso: vende magliette con logo Expo, ma anche sacchetto/zaino con logo Expo in stoffa consistente a 12,00 euro, borsa con logo Expo a 14,00 euro. Excelsior vende gadget e prodotti firmati (portachiavi, cover per telefoni, puzzle per bambini ma anche oggettistica varia che c’entra poco con la manifestazione) ma ovviamente i prezzi salgono.
Novità degli ultimi giorni è il “Passaporto di Expo” che, annunciano dagli altoparlanti, si può far timbrare nei vari padiglioni che si visitano, così da portarsi a casa un ricordo del giro virtuale intorno al mondo. Il Passaporto non è altro che un libretto di carta piccolino ma se ci si illude che sia gratuito, si sbaglia: si paga anche quello e, comunque, non tutti i padiglioni sono già attrezzati con i timbri!
Un altro punto di acquisto è il Book shop Mondadori che, pur vendendo libri, si è adeguato e espone molte cose in tema della manifestazione: un quaderno a quadretti con logo Expo costa 5,00 euro, un quadernino piccolo tipo blocchetto da borsetta con logo Expo costa 3,50 euro e il sacchetto di carta per portarveli a casa costa 0,20 centesimi.
Ci sono poi i punti shop all’interno di ogni padiglione che vedono o prodotti tipici del Paese a cui si riferiscono o puro merchandising (quest’ultimo di solito prevale). In Francia si vendono posate, tazze, asciughini, grembiuli, portachiavi, torri Eiffel colorate e similari (una busta in stoffa con scritto Francia e bandierina francese costa 10,00 euro). In America vendono tazze (servizio da due a 20,00 euro), piatti (a 12,00 euro l’uno), foulard con logo del padiglione a 75,00 euro, borsa in stoffa nera grande a 130,00 euro. In Lituania si vendono gioiellini e campanelle in terracotta dipinte (le quali, in forma piccola, costano 8,00 euro l’una). In Belgio si vedono i cioccolatini Guillaumes a forma di frutti di mare (scatola piccola 3,00 euro, scatola media 8,00 euro).

Tralasciando i gadget, di cui si può anche fare a meno, veniamo al cibo che, invece, in alcuni momenti è indispensabile. Anche su questo fronte ci sono diversi problemi di costo: intanto bisogna sapere subito che mangiare in Expo è costoso, soprattutto se nel corso della giornata si vogliono prendere più cose; tuttavia si può cercare di fare attenzione a scegliere di mangiare dove costa un po’ meno.
I ristoranti e i self service hanno primi che vanno dai 7 ai 12 euro, in alcuni casi utilizzano delle formule “menù” con cui si può risparmiare un po’.
La pizza margherita rotonda a Rosso Pomodoro nello spazio Eataly costa 10,00 euro (e spesso c’è una coda lunghissima per ottenerla).
Sempre in Eataly, al ristorante della Sicilia, un piatto di mezze maniche con sugo di tonno, pomodoro e olive costa 7,50 euro. Una crepes alla Nutella nel Nutella Concept Bar (spazio Eataly, primo piano) costa 4,50 euro e l’acqua 1,50 euro.
Il costo dell’acqua è molto variabile a seconda di dove la si compra (va da 1 a 2 euro), è anche vero che disseminate lungo il sito espositivo ci sono le “case dell’acqua” dove si può bere o riempirsi le bottiglie ma è ovvio che per farlo bisogna avere con sé almeno un bicchierino o una bottiglia che da qualche parte andrà pur comprata.
Al bar del Belgio la bottiglietta d’acqua costa 2,00 euro ma lì si trova anche il mitico cono di buonissime patatine fritte (a 4,00 euro).
La bottiglietta d’acqua costa soltanto 1,00 euro allo stand rotondo della Beretta, dove vendono anche ottimi panini a poco prezzo (quello con salame 2,50 euro): mangiare lì conviene, il cibo è ottimo e si spende pochissimo. Si spende poco anche nel chiosco emiliano situato dietro al padiglione della Corea e prima di Cascina Triulza con cestino di tigelle e salumi, soltanto che è molto affollato e bisogna avere la fortuna di capitare in orari giusti.
Nello spazio Italia ci sono poi anche i salumi Ferrarini e Citterio che vengono serviti in vassoietti di cartone accompagnati da grissini: le chiamano degustazioni e si può scegliere la quantità che si desidera e in base a quello si paga. Il listino prezzi dello stand Citterio prevede 3 prodotti a 4,00 euro oppure 7 prodotti 7,00 euro; l’acqua da sola costa 1,00 euro ma 3 prodotti + acqua sul listino in distribuzione è calcolato 5,00 euro.
Anche la pizza si può comprare in altri punti: nello stand dentro lo spazio circolare di Copagri un trancio di pizza margherita costa 4,00 euro mentre da Via Vai trancio della stessa dimensione di pizza margherita costa 5,50 euro.
Da Mc Donald in qualche modo ce la si cava sempre: patatine medie 1,80 euro, acqua naturale 1,20 euro, toast 1,70 euro.
Anche sui gelati i prezzi sono molto variabili, se si è fortunati si parte da 2,50 euro e si può arrivare 4,00 euro a seconda dello stand. A venderli sono in tanti Grom, Lindt, Pernigotti, Caffarel, Nutella… A Casa Algida restano attuati i prezzi di listino: Magnum Classico 2.50 euro, Fiordifragola 1,50 euro ecc.

Se i primi giorni non era così semplice capire come e dove mangiare, oggi questo problema è stato risolto perché lungo il decumano ma anche un po’ disseminati per il sito espositivo hanno cominciato a girare i furgoni della Street food e qualcosa di buono lo si trova sempre. Più difficile è riuscire a fare attenzione al costo: il sito di Expo è grande e, quando si gira, si vedono molte cose ma poi difficilmente rimane in memoria dove le si sono viste o si ha voglia di tornare in quel punto quando magari si è già parecchi metri più avanti, per cui si finisce per fermarsi dove ci si trova nel momento in cui si ha fame con qualche rischio per il portafoglio. Complessivamente, comunque, i visitatori mangiano e bevono, bar e ristoranti sono sempre piuttosto affollati, tanto poi i conti si fanno a casa.