sabato 20 aprile 2013

Rodotà

Stupisce che Rodotà, che è persona di rilievo e di intelligenza, si presti così tanto al gioco di Grillo. Grillo ha proposto Rodotà con lo scopo di tendere un trappolone al PD. Rodotà, se avesse voluto i voti per diventare Presidente della Repubblica, avrebbe dovuto cercare di smarcarsi da Grillo, provare a dire che accettava se si fossero trovate convergenze più ampie ecc. Non lo ha fatto (forse ingenuamente o in consapevolmente) e di fatto si è prestato al trappolone messo in atto da Grillo. La base PD ci è cascata dentro in pieno (perché era facile con un uomo di prestigio, di sinistra, laico... il "richiamo della foresta")! Stupisce anche che, con l'entrata in scena di Prodi, le dichiarazioni di Rodotà per farsi da parte sono state così blande. Insomma, nulla contro di lui, che è sicuramente una grande figura ma sulla nostra base e su come ragiona tanti dubbi me li pongo.
Bella roba buttarci tra le braccia di Grillo dopo che lui ci ha tirato insulti volgari in continuazione. Mi spiace che un signore come Rodotà si presti a tutto questo e mi dispiace ancora di più dato è che tra i padri della sinistra.

venerdì 19 aprile 2013

Il congresso al Quirinale

Da quello che mi pare di intravedere, nel PD si è aperto uno scontro tra il vecchio gruppo dirigente (che dirigerà ancora per poco) e i nuovi eletti (che mirano a diventare anche dirigenti del futuro ma che non sono nuovi nel partito e nella politica).
L'assemblea del Teatro Capranica ha sancito l'avvio della sfida: il vecchio gruppo dirigente ha tirato dritto con i suoi metodi e le sue scelte (incurante del fatto che fossero di difficile applicazione e di ciò che stava accadendo dentro e intorno a loro), i nuovi non hanno gradito e lo hanno fatto capire (un po' per furbizia e un po' perché proprio non ci volevano stare).
Per i nuovi, quell'assemblea e i voti che ne sono conseguiti erano la prima occasione di essere partecipi delle grandi decisioni (tutti gli altri organismi sono composti prevalentemente da persone che c'erano già prima).
non è bello avviare il congresso sulle decisioni istituzionali ma se ci si è arrivati è perché c'è una parte che ancora una volta ha dimostrato tutti i suoi limiti.

Sono dell'idea che comunque abbiano sbagliato entrambi, comprese le rispettive tifoserie che erano più che mai fuori luogo.

giovedì 18 aprile 2013

La caccia alle streghe

Troppi parlamentari in queste ore si affrettano a scrivere di non aver votato Marini. Sa di ipocrisia e di ruffianeria per ingraziarsi la base e salvare le loro poltrone in caso di nuovi rivolgimenti (elettorali o interni). Li trovo desolanti a pari merito di quelli che Marini lo hanno insistentemente proposto. Finché ciascuno gioca a fare il più furbo e a cercare di salvare la propria poltrona si va poco lontano.
Inoltre, si sta creando un clima interno da "caccia alle streghe" (tutti vogliono sapere chi ha votato cosa, per il pure scopo di offrirne la testa in qualità di capro espiatorio della situazione) che è profondamente sbagliato.
Fermatevi.

La scelta di Marini e il web come il bar

Leggo con un po' di sgomento che si riescano ad innescare tifoserie anche sul nome da mandare al Quirinale. Credevo che la politica fosse una cosa seria, invece, il fatto di avere un flusso continuo di informazioni via web ha trasformato il tutto in una discussione da bar.

A me non piace Franco Marini non perché - come dicono in tanti - rappresenta "il vecchio": non credo affatto questo, caso mai è vecchio il metodo di "scambio" (interno e non con il PDL, con cui è stato indicato). Tuttavia, trovo davvero brutte le parole che vengono rivolte dagli iscritti del PD contro Marini e contro la sua elezione in nome di un nuovismo che non si sa bene cosa sia. Personalmente, ritengo che il nome da indicare per il Quirinale debba essere quello di una figura di valore, di grande capacità ed esperienza politica (anche per saper fronteggiare il momento difficile sia dal punto di vista politico che economico e sociale) e di buoni rapporti internazionali (se poi questi non ci sono, si costruiranno: ci sono schiere di funzionari che si adoperano per questo e comunque i rapporti di amicizia non sempre sono di aiuto, ci si ricordi "dell'amico di Putin" e di Gheddafi) e non credo che questo soggetto possa essere ricercato tra figure troppo nuove. Sicuramente sarebbe stato meglio puntare su nomi meno noti all'opinione pubblica o, se noti, meno connotati politicamente, almeno per evitare giudizi preventivi (spesso sbagliati). E' capitato, infatti, che fossero eletti Presidenti che al momento non hanno suscitato particolari entusiasmi ma che poi si sono rivelati validi e hanno saputo coinvolgere e appassionare gli italiani. Insomma, più che il nome di Marini (che personalmente non gradisco, ma è mia opinione personale e politica sul soggetto e non ne inficia il rispetto per il suo percorso e la sua storia) non condivido il metodo: c'erano gli occhi di tutti puntati su questa scelta, c'erano dei trappoloni giganteschi messi appositamente per farci cascare dentro e il PD, anziché guardare a tutto questo e cercare una soluzione consona, è andato dritto come un trattore, rovesciandosi in tutte le buche.

Questo non è accettabile. Non è accettabile che ci siano dirigenti che pensino a come garantirsi le poltrone e a come garantirle ai loro amici infischiandosene di quello che viene percepito fuori. Così come non è accettabile che, contemporaneamente, ci siano altri dirigenti in campagna elettorale - che invece l'aria che tira l'hanno colta benissimo - e sbraitano per chiedere di votare il candidato proposto da Grillo perché "fa più figo". Non è accettabile neanche che gli iscritti pretendano il ritiro di un nome solo perché non è abbastanza "di sinistra", dato che dovrebbero sapere che in Italia esiste anche gente che vota dall'altra parte.
Lo spettacolo a cui abbiamo assistito in queste ore è indecoroso.

Auspico comunque che domani si arrivi a un risultato diverso (almeno per salvare quel che si può dell'immagine del PD che continua a regalarci quadri desolanti a tutti i livelli) e possibilmente anche a delle modalità diverse di scegliere i percorsi. Sono sicura che il PD è capace di farlo e mi spiace che, ogni volta, prima di arrivarci si debbano vedere queste scene.

mercoledì 17 aprile 2013

Il PD faccia il PD

Leggo i tanti appelli a Bersani a seguire le indicazioni di Grillo per la scelta del nome da mandare al Quirinale. Lo stesso Grillo ha fatto un videoappello al segretario del PD. 
Mi permetto di ricordare che Grillo è stato quello che ogni volta che il PD ha chiesto qualcosa in queste settimane gli ha risposto un no accompagnato da svariati insulti ("zombie", "morto che parla", "stalker", "padri puttanieri"). 
In virtù di cosa ora il PD dovrebbe accettare la proposta di M5S? 
Perché Grillo non si appella al PDL? 
Quale principio stabilisce che se una cosa la propone il PD si deve rispondere di no e se, invece, la propone M5S deve essere accettata? 
Personalmente, invito il PD a fare il PD e i suoi aderenti (gli stessi offesi dall'umiliazione subita da Bersani nella visione dello streaming dell'incontro con M5S) farebbero bene a fare altrettanto invece che buttarsi tra le braccia di uno che ci sputa in faccia ogni volta che ci vede.

lunedì 15 aprile 2013

Renzi, Bersani e il PD tra gli insulti

Quando Renzi e Bersani e le rispettive tifoserie hanno finito di insultarsi reciprocamente, avvisate
E' chiaro che con se nel partito di maggioranza volano stracci all'interno è un po' difficile che si riesca ad andare a presentare una proposta di governo e che questa passi. Si sta spianando, oltre che la strada del congresso (già avviata anche da Pittella e da Barca), anche la strada del voto e arrivarci insultandoci a vicenda non è di aiuto per vincere e neanche per pareggiare.

Contraddizioni

Michele Santoro, secondo i giornali, starebbe preparando un suo partito e ne avrebbe addirittura già registrato il marchio. Ipotesi curiosa: vero è che oggi tutti si sono messi in testa di fare partiti propri o comunque di presentarsi alle elezioni ma Santoro, nel 2009, è stato eletto al Parlamento Europeo (con la lista dell'Ulivo) e si era dimesso poco dopo perché "rivoleva il suo microfono" e aveva chiaramente spiegato che si era candidato al solo scopo di riguadagnarsi la libertà di espressione e di informare con il suo lavoro di giornalista. Come mai questo improvviso cambio di idee?

domenica 7 aprile 2013

Non arriverà il messia

Sui giornali si continuano a leggere svariate ipotesi in merito ai rivolgimenti interni ed esterni del Partito Democratico. Le battaglie sulle ipotesi di governo, infatti, vanno in parallelo con quelle per la conquista della segreteria. L'ultima ipotesi raccontata è quella di un eventuale accordo tra giovani turchi e renziani che consentirebbe a Renzi di presentarsi come premier alle prossime elezioni e l'arrivo di Fabrizio Barca come candidato segretario al congresso. 
Barca non nasconde più il suo interesse per il Partito Democratico e non fa mistero del fatto che gli piacerebbe occuparsene. 
Da iscritta al PD dico che fa molto piacere vedere che personalità autorevoli e di grande valore si interessano delle sorti del partito, se ne sentano partecipi e abbiano voglia di mettersi in gioco e di occuparsene. Lo spirito è proprio quello di coinvolgere e di portare dentro gli altri.
Tuttavia, non posso nascondere le mie perplessità sulle modalità di presentazione di questa eventuale candidatura di Barca e del modo entusiastico con cui sia stata accolta da alcuni: personalmente, non trovo troppo edificante il fatto che si lasci passare l'idea che debba arrivare un esterno quasi a commissariare il PD, lasciando intendere che gli interni non sono stati capaci di gestirlo. 
Se Barca vorrà venire nel PD e presentarsi, lo si ascolterà e lo si valuterà per quello che vorrà dire e fare e sarà sicuramente un ingresso positivo ma, personalmente, non credo che si debba attendere questo o qualsiasi altro arrivo come quello di un messia in grado di risolvere ogni problema. 
Barca non sarà il salvatore del Partito Democratico, così come non lo sarà neanche Renzi o altri: non arriverà nessuno a fare il miracolo perché il miracolo non si può fare finché il PD resta prigioniero della dicotomia che ha al suo interno e non sarà in grado di fare la sintesi. Certamente la figura del segretario e del gruppo dirigente hanno un ruolo importantissimo nella capacità di trovare la sintesi e ad oggi questa è totalmente assente.
Il PD, oggi, deve assolutamente uscire dai duelli tra "ateniesi" (i renziani, la destra del partito) e "spartani" (i giovani turchi, la sinistra del partito) e trovare una via di sintesi tra le due parti. 
Sintesi non significa che una volta comanda un gruppo mentre l'altro mugugna in attesa che questo fallisca e quando il fallimento avviene la situazione si inverte mettendo al comando chi mugugnava e a mugugnare chi comandava perché continuando così (che è ciò che abbiamo sempre fatto) i nostri problemi resteranno invariati. Sintesi è trovare la mediazione tra le parti e cercare un percorso che sia il più possibile adeguato per tutti.
Così come è abbastanza fuori luogo che si pensi di far virare da una parte i ruoli istituzionali (affidandoli alla parte "destra" del PD) e da quella opposta  le sorti del partito (affidandolo alla parte "sinistra" del PD) perché poi sarebbe abbastanza problematico trovare una linea politica sensata e coerente in cui rappresentanti e rappresentati possano fare uscite concordi agli occhi dell'opinione pubblica. Anche in questo caso, sarebbe auspicabile la ricerca di una via di sintesi e di mediazione che tenga insieme e non separi.

mercoledì 3 aprile 2013

Il partito dei distinguo

La base del PD si sta infervorando alla diffusione della notizia che un gruppo di senatori "renziani" avrebbe presentato una proposta per l'abolizione del rimborso elettorale ai partiti. L'argomento di acrimonia, tuttavia, non è il contenuto della proposta avanzata da questi senatori ma il loro (o da parte della stampa) identificarsi come "renziani". Questa qualifica li porta ad essere considerati come coloro che stanno facendo una mossa tattica per distinguersi dal resto del partito e presentando qualcosa che va contro al partito stesso (che poi non sarebbe una novità). Tuttavia, questo passaggio merita una riflessione sulla comunicazione (non sta a me giudicare il contenuto della proposta in oggetto e non è neanche questo il tema di dibattimento in rete). Intanto c'è da notare la differenza di titoli con cui viene comunicata la notizia: il PD la fa passare come  "Senatori Pd: disegno di legge per abrogare finanziamento pubblico ai partiti" mentre su Europa il titolo è "I senatori di Renzi per abolire i rimborsi elettorali" (prendo ad esempio questo giornale ma pure su tutti gli altri campeggia un titolo analogo). Guardando nel merito del contenuto oggetto degli articoli si capirà che è più o meno analogo ma dai titoli ne esce un messaggio completamente diverso. Dire che un gruppo di senatori PD propone l'abolizione del rimborso elettorale ai partiti, infatti, è comunicare all'opinione pubblica un messaggio che va nella direzione del sentire comune di questi mesi e che, in qualche modo, risponde alle istanze dell'antipolitica e può aiutare a mettere il PD in buona luce (indipendentemente da ciò che si pensa nel merito della questione del finanziamento pubblico ai partiti). Dire, invece, che un gruppo di senatori "renziani" propone l'abolizione del rimborso elettorale ai partiti significa dire che c'è una parte del PD  che si mette in linea con l'opinione pubblica e si vuol distinguere dal resto del partito, se non addirittura metterglisi contro (le proposte del PD in questa materia sono ancora molto dibattute e, comunque, anche quelle ritenute definitive si sa che non suscitano gioia tra "l'apparato").
Chi ha fatto la distinzione? La stampa che è maestra nel cercare scoop e non perde occasioni per far apparire il Partito Democratico come lacerato o i senatori "renziani" che ci tenevano ad emergere e a distinguersi? Difficile dirlo, certo è che i "renziani", in generale, hanno sempre avuto la prerogativa a volersi distinguere dal resto del PD, ma qui la questione è un po' diversa. Il risultato, in ogni caso, è che il PD appare lacerato con una parte agguerrita e in linea con l'opinione pubblica e una parte silente o recalcitrante che si arrocca e si arrabbia ma resta sconfitta a livello di immagine. Un capolavoro comunicativo, insomma, come sempre e come se ne sente il bisogno in questo momento...
Nel concreto, la questione è un po' più banale: quando si presentano proposte di leggi, mozioni, interrogazioni o altro, lo si fa sempre per gruppi (difficile che tutti firmino tutto), di solito lo si fa con i colleghi di Commissione ma ad oggi non abbiamo Commissioni operative per mancanza di un governo che consenta di stabilirne gli equilibri di rappresentanza e quindi le proposte si presentano e si firmano con chi c'è, sicuramente con chi si ha maggior affinità e sicuramente è noto che gli eletti "renziani" si sono riuniti diverse volte con il loro leader, tuttavia sarebbe stato più opportuno evitare di montarne un caso per il solo gusto di distinguere o di distinguersi.