sabato 24 agosto 2019

Gli obiettivi e la volontà politica

M5S vuole farlo un Governo con il PD?
Il PD vuole farlo un Governo con M5S?
Si parte da qui, dalla volontà politica. Se non c’è questo alla base, il resto è aria fritta, prendere tempo e, soprattutto, prendere in giro i cittadini e il Presidente della Repubblica, che si era già mostrato piuttosto irritato per la situazione in essere.

Guardando alle vicende e alle troppe dichiarazioni uscite in questi giorni si evince che tutte le forze politiche stanno giocando una loro partita tattica con due obiettivi principali: 1) uscirne bene, 2) scaricare le colpe di qualunque cosa agli altri.
L’obiettivo di fare un Governo non è emerso in alcun modo.

Il PD in tutte le sue dichiarazioni ufficiali ha sempre parlato di “voto come via maestra” accompagnato da un “provare a vedere se c’è una maggioranza per dar vita a un Governo” per “senso di responsabilità” e su richiesta del Presidente della Repubblica e, dopo aver messo chiari paletti per l’avviare la trattativa, ha parlato di “andare a vedere le carte”, “provare”, “no a un Governo a tutti costi”. Tutte parole che nei fatti implicano che l’obiettivo primario non è il Governo ma valutare le opzioni.

Il PD ha poi chiesto perentoriamente un “Governo di svolta” rispetto al precedente e posto chiari paletti. Tutti legittimi e bene ha fatto il Segretario ad annunciarli prima dell’avvio delle trattative ma è un po’ curioso che vengano ribaditi a trattative in corso perché è segno che qualcosa non va. In generale, Zingaretti fa dichiarazioni importanti che restituiscono forza, dignità e vigore al PD ma sembrano più orientate ad una imminente campagna elettorale che non alla formazione di un Governo.
Del resto, che Zingaretti, il suo stretto giro e anche un altro pezzo del PD ambisse al voto era cosa nota. 

M5S parte da un problema: dopo la fine rovinosa del Governo giallo-verde in conseguenza alla pesante sconfitta alle elezioni europee, il Movimento - in una logica normale - avrebbe dovuto rimuovere Luigi Di Maio e, invece, lo ha confermato e sostenuto. Difficile capire se per incapacità, per calcolo o perché obbligati a farlo ma Di Maio è il primo ostacolo alla trattativa con il PD e di questo gli esponenti del Movimento dovrebbero esserne consci.
Di Maio non vuole il PD, non lo ha mai voluto e ha anche necessità di rilanciare se stesso dopo il disastro precedente per cui è ovvio che insiste ad alzare l’asticella della trattativa fino a renderla vana.
Il problema iniziale era il “taglio dei parlamentari” (e pensare che un Governo si rende necessario per evitare l’aumento dell’IVA che peserebbe sulle tasche dei cittadini, per scrivere una manovra economica che l’Europa sorveglia e gestire i conti pubblici!), superato quello ci si è incartati sulla figura di Giuseppe Conte ma se non ci fosse stato il problema di Conte ne avrebbe creato un altro perché l’impressione è che Di Maio (e parte di M5S) l’accordo con il PD non lo voglia proprio trovare.

Insomma, da queste giornate, pare proprio che l’obiettivo delle forze politiche in campo non sia arrivare a un Governo: al massimo, il Governo è un obiettivo secondario.
Uscire dalle trattative con i paletti uguali a quelli con cui si è entrati (cosa emersa sia dalle dichiarazioni del PD che da quelle di Di Maio) vuol dire che la trattativa non è mai partita o è finta.
Se l’obiettivo fosse davvero quello della formazione di un Governo giallo-rosso si è partiti con interlocutori e argomenti sbagliati da parte di tutti.

Resta sullo sfondo anche un’altra domanda. Ci sarebbero altre forze politiche che si sono dichiarate disponibili a sostenere un eventuale Governo giallo-rosso e che sui social network e nelle agenzie di stampa lanciano appelli a PD e M5S affinché trovino un compromesso.
Perché queste forze politiche non sono coinvolte nella trattativa? Perché si è lasciato il pallino in mano esclusivamente a due partiti che, palesemente perseguono obiettivi diversi? Se queste forze politiche hanno la volontà di sostenere un Governo diverso, dovrebbero entrare in campo, infilarsi nella trattativa e provare a determinarne gli esiti, non limitarsi ad appelli via web.

Per arrivare ad un Governo è necessario un confronto con le forze interessate a farlo e la discussione deve proseguire alla ricerca di compromessi e mediazioni per arrivare ad un punto comune.
Altrimenti stiamo perdendo tempo e ci si prende in giro.

giovedì 8 agosto 2019

Comanda Salvini e va bene così?

Ma quindi comanda Salvini? È definitivo? Va bene così?
Questo è l’aspetto che più mi lascia perplessa delle vicende politiche di questi giorni.
È Salvini a fare il bello e il cattivo tempo: è lui a decidere che leggi fare e come farle, a stabilire chi è buono e chi è cattivo e nel caso quali pene applicare; è lui a decidere la marginalizzazione dell’Italia in Europa salvo poi pretendere un Commissario “di peso”; ed è lui a decidere se, come e quando deve cadere il Governo e cosa deve avvenire dopo.
Tutto questo senza che nessuno dica alcunché o intervenga per frenare o almeno provare a porre un argine a questa deriva di uno che dovrebbe fare il Ministro dell’Interno andata molto oltre i limiti del buon senso e del rispetto su tutti i fronti.

Il Movimento Cinque Stelle si è ormai suicidato a causa della manifesta incapacità dei suoi esponenti nel fare qualunque cosa: non sono stati all’altezza degli incarichi che si sono trovati a ricoprire e non sono neanche stati sufficientemente accorti sulla tattica politica.
Se già al loro esordio al Governo sembravano un po’ confusi e avevano necessità di celarsi dietro il paravento della piattaforma Rousseau e delle decisioni tutte demandate a Casaleggio, da dopo le elezioni europee sono stati completamente allo sbando e incapaci di gestire qualsiasi situazione.
Di Maio, nel tentativo di salvare il suo posto e il Governo, ha chiuso la porta in faccia al PD (non arrivando a comprendere che l’appello non era per lui, evidentemente troppo compromesso e che comunque una volta archiviato questo Governo di lui si sarebbero perse le tracce) e ha svenduto il Movimento a Salvini, lacerando i rapporti interni in M5S e compromettendo di fatto qualsiasi eventuale possibilità di ripresa del consenso.
La mozione sulla TAV, suggerita da Conte chissà per quale motivo, è stato un clamoroso trappolone in cui i 5 Stelle sono caduti dentro, incastrandosi in un angolo senza possibilità di uscita.
Qualsiasi cosa stiano pensando di fare, adesso è troppo tardi: la frittata si è consumata.
M5S ha perso la faccia sia che scelga di consegnarsi a Salvini con le mani alzate, sia che cerchi disperatamente una sponda nel PD, sia che acconsenta che si torni al voto.
Di sicuro, quindi, non è M5S che può porre un argine all’eccesso di potere che si è preso Salvini.
E pensare che M5S è il gruppo più numeroso in Parlamento, quello che avrebbe dovuto guidare il Governo e invece ha spianato la strada per il trionfo di una forza che era marginale (la Lega era entrata nelle Aule parlamentari con il 17%), lasciando che diventasse il dominus non solo del Governo ma del clima dell’intero Paese.
Un disastro più perfetto non avrebbero potuto farlo.
Altro che uno vale uno: in questi anni M5S ha dimostrato che spesso uno vale zero!

Conte in tutto questo non è pervenuto, del resto era già una figura di secondo piano rispetto ai suoi due vice quando è diventato Presidente del Consiglio; aveva cercato di alzare un po’ la testa e la voce negli ultimi mesi ma era stato immediatamente “rimesso a posto” da Salvini. È, quindi, difficile che possa trovare uno scatto di vitalità in questa fase e mostrarsi in grado di recuperare spazi e autonomia (ammesso che con una situazione così compromessa e con un Parlamento con la composizione di quello in carica ci sia qualcosa da recuperare).

Ma il Presidente della Repubblica non ha proprio niente da dire?
Le decisioni che riguardano il futuro del Paese si prendono tra un mojito al Papeete e un comizio a Sabaudia e va bene così?
Si comprende la pazienza di Mattarella nell’attendere l’evoluzione delle dinamiche interne ai partiti affinché si chiariscano su cosa vogliano fare (anche se pare abbastanza chiaro che la prospettiva sia quella del ritorno alle urne), ma qualche parola di fermezza per richiamare tutti (soprattutto quelli stanno al Governo) al rispetto dei cittadini?
Nelle pagliacciate di questi giorni tra i tira e molla della maggioranza di Governo, non si è capito quale posto occupasse l’interesse del Paese mentre invece i due contraenti dovrebbero avere come obiettivo primario proprio l’occuparsi di questo.

E adesso a Salvini pensiamo di far gestire anche la fase elettorale nella maniera in cui ha agito in queste settimane, tra un giro in spiaggia in infradito e un’ora al Ministero a sbraitare “porti chiusi”?!
Non è forse il caso di provare a fermarlo – ammesso di essere ancora in tempo per riuscirci – prima che sia tardi o ci si arrende così all’ineluttabile flusso del destino avverso?

Ovviamente il Partito Democratico non è immune da questo ragionamento perché lo stare all’opposizione non implica il non avere responsabilità di quanto succede. Il PD non ha ancora finito i pop corn?
Vogliamo continuare così?
Regaliamo definitivamente il Paese a Salvini e alla destra (che i sondaggi danno già al 50% in caso di elezioni) o possiamo cercare di fare qualcosa che non sia esclusivamente litigare dalle pagine dei giornali?

p.s.: Rispetto alle polemiche sulla tattica parlamentare adottata dal PD sulla TAV, il vero sconcerto sta nel fatto che si è scritta una mozione digeribile anche per la Lega ma sullo stare dentro o fuori dall’Aula chi polemizza evidentemente non tiene conto della composizione dei gruppi parlamentari. 
In ogni caso, il Governo si è spaccato lo stesso e, se anziché passare il tempo a mandar fuori litigate interne, il PD si fosse impegnato a diffondere all’esterno solo commenti sulla spaccatura della maggioranza di governo, probabilmente le pagine dei giornali di questa mattina apparirebbero migliori per i cittadini che guardano al Partito Democratico e cercano di capire se può essere una forza politica affidabile per il futuro del Paese.