giovedì 25 marzo 2021

Dantedì

Nella giornata dedicata a Dante, scelgo le terzine che si ipotizza siano state dedicate a Pia de’ Tolomei, uccisa dal marito, facendola precipitare da un balcone del castello:

“Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via”,
seguitò ‘l terzo spirito al secondo,
“ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria
disposando m’avea con la sua gemma”.

Non ci sono certezze storiche sul personaggio ma quella a cui si accenna, purtroppo, è la storia di tante donne anche di oggi, che troppo spesso subiscono violenze e vengono uccise dagli uomini a cui sono legate.
Scelgo questa vicenda perché, da un anno, a causa della pandemia, siamo sempre più chiusi in casa, e lo sono soprattutto le donne: sono le prime, infatti, ad aver perso posti lavoro o ad averci rinunciato per dedicarsi alla cura dei figli che non potevano andare a scuola o non potevano esser accuditi da altri, con conseguenze gravissime dal punto di vista dei diritti che sembravano acquisiti e che si sono visti di nuovo messi in discussione, delle pari opportunità di affermarsi nella vita professionale, delle possibilità di rendersi indipendenti economicamente, della possibilità di vivere la propria libertà e ancora più grave è stato per tutte coloro che già prima si trovavano in situazioni difficili.
Ricordiamoci delle donne, come chiede Pia, ma soprattutto impegniamoci per evitare che si trovino a vivere non libere o che vengano uccise nell’indifferenza generale.

venerdì 5 marzo 2021

Il dibattito interno ad un partito non può tradursi in una polemica continua portata sui giornali

Abbiamo appreso con grande sconcerto l’annuncio delle dimissioni di Nicola Zingaretti da Segretario del PD, ruolo ottenuto vincendo le primarie a larga maggioranza soltanto due anni fa.
Sono stati certamente due anni intensi e particolari in cui sono cambiate molte cose nella nostra vita e nello scenario politico.
Il PD partiva tramortito dall’esito elettorale del 2018. Si è passati attraverso tornate elettorali amministrative e regionali che ci hanno visto riprendere slancio, si è tornati faticosamente al Governo in una situazione complicata politicamente, dal momento che i numeri in Parlamento non aiutavano a recuperare un ruolo centrale ma siamo comunque riusciti a ottenere importanti risultati, invertendo il senso di marcia che aveva dato Salvini al Paese nei confronti dell’Europa e ricostruendo un clima civile nella società.
Poi è arrivata la pandemia che ha sconvolto ogni aspetto della nostra vita e, dal Governo, abbiamo lavorato per gestirla e per non lasciare da sole le persone che sono andate in difficoltà a causa della sopraggiunta crisi economica.
Probabilmente non è andato tutto bene ma come poteva andare tutto bene in una situazione drammatica come quella in cui ci siamo trovati? Neanche nel resto del mondo è andato tutto bene, come le cronache dei notiziari ci ricordano ogni giorno.
All’improvviso tutto è cambiato, con una crisi di Governo assurda, aperta in maniera irresponsabile, in piena pandemia e per settimane la politica è stata rappresentata sulle pagine dei giornali come una partita di poker in cui si giocava di posizionamento e di equilibrismo, mentre i cittadini chiedevano risposte alle loro difficoltà. Pagine di giornali che anche il dibattito interno al PD non ha mai smesso di alimentare, con dichiarazioni non opportune e continue mentre difficili trattative erano in corso.
È arrivato un nuovo Governo guidato da Mario Draghi e sostenuto da quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Si è aperto un nuovo quadro più complicato per il PD, che è la quarta forza parlamentare e pesa come tale all’interno del nuovo Governo e si trova in una maggioranza composta anche da soggetti con idee e visione del Paese diametralmente opposte, come ad esempio la Lega (che negli ultimi anni ha portato avanti una visione sovranista e razzista e ora si è riconvertita all’improvviso sulla via dell’europeismo e della normalità).
Il PD, nonostante il quadro politico penalizzante, non si è tirato indietro: ha risposto responsabilmente all’appello del Presidente della Repubblica, come era giusto che fosse; ha accettato questa nuova sfida e ha guardato all’interesse del Paese e dei cittadini.

Tutti questi passaggi sono stati accompagnati da riunioni continue della Direzione Nazionale del Partito Democratico (e anche di assemblee e direzioni locali) e tutte le Relazioni del Segretario Zingaretti sono state approvate all’unanimità.
Eppure il chiacchiericcio di discussioni tutte interne sbattute sui giornali non si è mai fermato, anzi ha proseguito con ancora maggior vigore e insistenza ogni giorno di più e ogni giorno con un pretesto nuovo.
L’avvio del Governo Draghi, tanto difficile da accettare per la composizione dei Ministri oltre che della stessa maggioranza larghissima, avrebbe richiesto che il PD rivendicasse da subito con forza e orgoglio la propria presenza per rimarcare il proprio ruolo e per non cedere spazio ad altre forze politiche. E invece, pochi minuti dopo l’annuncio dei nuovi Ministri, mentre tutto il centrodestra dichiarava alla stampa la propria soddisfazione e il proprio convinto contribuito al nuovo Governo, nel PD è partita la polemica sulla mancanza di donne tra i propri Ministri, così che il Segretario, come prima dichiarazione pubblica per la nascita del nuovo esecutivo ha dovuto mandare una sorta di scuse e annunciare un recupero di presenze femminili nelle nomine successive. Ma non è bastato: la polemica, iniziata la sera sui social network, è proseguita dalla rete alle pagine dei giornali e ai talk show per giornate intere così che, mentre il centrodestra parlava dei progetti per il rilancio del Paese e si intestava un possibile cambio di passo in economia, il PD si presentava sempre più aggrovigliato in questioni interne, anche legittime ma che potevano essere affrontate negli organismi interni visto che non erano materia di interesse per i cittadini, soprattutto in piena pandemia, con la crisi economica che si aggrava e pesa per tante famiglie, come ha rimarcato un’indagine dell’Istat.
Ma niente, un pezzo del partito ha scelto di proseguire così, di polemica in polemica.
Il nuovo Governo si è avviato e il PD, anziché finalmente provare rivendicare il proprio peso in quel contesto e chiarire cosa si sarebbe voluto fare per le persone e per l’economia, si avviluppato sempre più in una discussione stucchevole sul nulla, in cui i cittadini non venivano minimamente contemplati.
Accantonata la polemica sulle donne e nominati i Sottosegretari al Governo, infatti, è cominciata una nuova polemica per i posti non presi e da lì si è scivolati sulla richiesta di un congresso.
Zingaretti ha ragione quando scrive «da 20 giorni si parla solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni».
Siamo apparsi così ai cittadini, ai nostri iscritti, ai nostri elettori, a chi pensava che fossimo un partito solido, serio e responsabile. Siamo apparsi nuovamente e perennemente litigiosi, interessati alla spartizione delle poltrone, a discutere di posizionamenti interni, primarie, congressi mentre il mondo affronta la pandemia, aspetta i vaccini, chiede di tornare a vivere.
C’è un Governo nuovo, di cui facciamo parte, anche voluto fortemente da un pezzo del PD e invece che occuparci di farlo funzionare bene, di portare risultati per il Paese, l’abbiamo accantonato per rinchiuderci a guardarci l’ombelico.

Da Segretaria di Circolo non nascondo il profondo sconcerto per come sia degenerato il dibattito interno nelle ultime settimane.
Il disagio e la vergogna espressi da Nicola Zingaretti sono anche i nostri.
I nostri iscritti e i nostri militanti più affezionati sono disorientati. Così come sono basiti gli elettori.
Lo spettacolo che il PD ha dato sui media in queste settimane è stato indecoroso e non degno di un partito serio.
Stiamo attraversando una fase difficile anche per ragioni logistiche dovute alle giuste precauzioni sanitarie e abbiamo attraversato passaggi politicamente complicati che avrebbero richiesto un coinvolgimento e una discussione ampia anche all’interno dei nostri circoli, allo scopo di non perdere pezzi e tenere unita la nostra comunità ma, non potendo fare assemblee in presenza e non essendo tutti dotati di strumenti tecnologici e connessioni internet adeguate, abbiamo faticato a mantenere le relazioni, a spiegare e a far digerire alcune vicende alle persone che normalmente ci accompagnano nel partito.
La degenerazione di questi giorni che ha portato poi all’annuncio di dimissioni di Zingaretti è un’altra tegola che ci cade sopra la testa e di cui non avevamo bisogno.
Quello che è accaduto mina pesantemente la nostra credibilità come partito e ci rende deboli di fronte alle nuove imminenti sfide che ci attendono.

Il Paese ha urgenza di risposte e un partito che sta al Governo si deve preoccupare di trovarle. La linea politica molto spesso si caratterizza anche sulla base delle battaglie che si fanno e dei provvedimenti che si prendono. Noi dovremmo parlare di questo e occupare le pagine dei giornali con queste discussioni.
Questo non significa non vedere che c’è un problema più complessivo di visione all’interno del PD ma non può certamente essere né affrontato né risolto in uno scontro quotidiano sui giornali.
Siamo in una situazione molto fluida, che potrebbe produrre nuovi cambiamenti. Per questa ragione è stupido cristallizzare posizioni e polarizzare lo scontro sulla base di queste, anche perché potrebbero venire superate nel giro di poco.
Zingaretti, fino ad oggi, ha saputo adattarsi ai cambiamenti della realtà, superare le posizioni di partenza e arrivare a soluzioni possibili negli scenari dati. Anche per questo motivo l’accentuazione della conflittualità interna al PD appare priva di senso.
La nuova fase in cui ci troviamo richiede senza dubbio una riflessione ma richiede anche il mantenimento di un’apertura rispetto ai posizionamenti perché è troppo presto per fossilizzare la discussione.
Rimangono, tuttavia, alcuni punti certi:
1) Difficilmente cambierà la legge elettorale nazionale: non sembra essere una delle priorità dell’agenda di Draghi e probabilmente potrebbe non esserla più neanche nel centrodestra visto che questa nuova esperienza di Governo, unitamente all’avvicinarsi delle elezioni amministrative, sta ricompattando quello schieramento. Potremmo, quindi, arrivare alle future elezioni politiche con l’attuale legge elettorale che prevede collegi eletti con il sistema maggioritario. Nel 2018 siamo andati al voto con questa legge sostanzialmente da soli, con l’aggiunta di qualche cespuglio, con il risultato di perdere le elezioni e ritrovarci isolati e ininfluenti. Oggi non possiamo permetterci di compiere lo stesso errore, per cui è necessario lavorare alla costruzione di un campo politico alternativo al centrodestra (che già è unito e presente) e bisogna farlo partendo dalle forze disponibili con cui si è lavorato fino ad ora. Se poi se ne aggiungeranno altre che riusciremo ad aggregare ben venga ma almeno si inizi a partire da ciò che c’è e ad elaborare un progetto condiviso con chi c’è.
2) Serve tornare a essere protagonisti della scena politica caratterizzandoci per i temi che vogliamo portare avanti e non per il chiacchiericcio interno, perché è sulla base di questo che si va a chiedere il voto ai cittadini.

Oggi, purtroppo, rimane lo sconcerto, la delusione e anche la rabbia per essere arrivati a questo punto nel dibattito interno e per le dimissioni di un Segretario che è stato eletto soltanto due anni fa.
Non è questo ciò di cui abbiamo bisogno. Non è questo che ci rende più forti davanti all’opinione pubblica. L’Italia sta vivendo una situazione difficile e il PD deve concentrarsi sul lavoro per il Paese. Non è utile e non è comprensibile agli occhi dei cittadini una discussione tutta interna su congressi e primarie.
Vicinanza a Nicola Zingaretti per quanto ha espresso e auspico che tutto il partito torni a concentrarsi sulle priorità del Paese, discutendo e confrontandosi nelle sedi opportune.