martedì 29 agosto 2017

La Mediazione Culturale non si improvvisa

Al di là di tutte le cose sentite sull'orribile vicenda dell'ultimo stupro avvenuto a Rimini, sono rimasta interdetta dalla definizione di "Mediatore Culturale" del signore finito sulle cronache dei giornali per l'indegno post che ha scritto in rete.
Non è solo un fatto di incongruità tra la gravità delle affermazioni fatte e la sua mansione lavorativa e non è neanche solo un fatto di capire cos'ha nella testa questa persona.
Sono uscita dall'Università da un po' di anni ma ricordavo che esisteva una laurea in "Mediazione Culturale" e che, quindi, si tratta di una professione vera e propria - anche molto difficile - che si studia e si impara. "Mediatore Culturale" non è, dunque, un titolo che viene attribuito per caso a chiunque.
Mi domando se nel frattempo sia cambiato qualcosa nel percorso di studi, se sia possibile attribuire un titolo del genere ad una qualsiasi mansione lavorativa che abbia a che fare con l'integrazione e se a farlo possano essere enti o aziende qualsiasi invece che scuole o se si tratta di una semplificazione giornalistica errata.
Non è un dato di poco conto: nella società multietnica e complicata di oggi, la figura del "mediatore culturale" può essere molto importante e molto utile, per cui è necessario che ad assumere questo ruolo siano soggetti preparati culturalmente, che conoscano bene le lingue per sapersi relazionare nel modo migliore, con grandi capacità di interfacciarsi con gli altri per costruire ponti e smussare possibili elementi di conflitto. Non è cosa da improvvisati né tanto meno da persone che esprimono pensieri da sottosviluppati e con scarsa capacità di linguaggio oltre che di intelletto. Poi certamente ci sono azioni e modalità che si imparano sul campo, lavorando e non sui banchi di scuola e bisogna anche esserci portati ma evidentemente non a tutti è sufficiente l'esperienza pratica sul campo se poi emerge in modo così evidente che mancano le basi culturali.
Auspico che la "Mediazione Culturale" torni ad essere un percorso serio di preparazione, studio e relazione e non vengano mai più attribuite simili qualifiche a caso, tanto meno da enti che non hanno facoltà di attribuire qualifiche professionali, perché da questa vicenda rischia anche di risultare un discredito pesante su una professione che invece nel nostro immediato futuro potrebbe essere sempre più importante ma che certamente è difficile e non si improvvisa.

domenica 20 agosto 2017

Rassegna Stampa e Comunicazione

Una volta nella rassegna stampa si dovevano cercare le cose serie per poterle commentare.
Oggi nella rassegna stampa si devono cercare le cazzate e si deve commentare quelle.
In alternativa si cercano le interviste degli "avversari" (interni o esterni o presi a caso) per poi rispondere con insulti (meglio sui social network, così si diffondono più ampiamente).
Questo modo di usare la comunicazione produce danni gravi a lungo termine e molti degli effetti li stiamo già vedendo con il proliferare dell'imbarbarimento del linguaggio e dell'aggressività oltre che con il proliferare di stupidaggini spacciate per verità assolute che circolano ovunque e si affermano con forza.
Togliete la comunicazione dai guru: non tutto ciò che è comunicativamente efficace è buono.
Fate studiare i giornalisti prima di farli scrivere (molti non sanno neanche cosa siano il giornalismo e la deontologia).
E togliete le rassegne stampa dalle mani degli assatanati che cercano il casino e non le notizie.