domenica 28 agosto 2011

La base Pd a Milano tra sgomento e paura

C’è sgomento tra la base del Pd a Milano per l’evolversi della vicenda di Penati.
C’è sgomento nel leggere gli articoli dei giornali che descrivono uno scenario ormai pesante.
C’è anche molta amarezza e incredulità, in particolare, per gli aderenti più anziani del Pd e per quelli che a Penati ci hanno sempre creduto e lo hanno sempre apprezzato e considerato un valido punto di riferimento. Sì, perché, al di là degli ultimi risultati elettorali, Penati era uno che il consenso e la simpatia della gente ce l’aveva e adesso quella gente si perde tra le pagine dei giornali e, disorientata, attende con ansia di sapere quale conclusione avrà questa storia, così lontana dal loro modo di concepire la politica (fatta di passione e rigore etico dei rappresentanti della classe dirigente).
A riassumere bene il pensiero dei milanesi in merito è Emanuele Fiano che ha commentato: «Le vicende che riguardano il caso Penati sono gravi a prescindere dagli esiti processuali che la vicenda giudiziaria avrà. Ci sono questioni che riguardano il comportamento dei politici che vengono prima delle sentenze dei giudici e che richiamano l’etica delle responsabilità di ciascuno di noi».
Penati si è autosospeso dal Partito Democratico e ha lasciato l’incarico di vicepresidente del Consiglio Regionale della Lombardia.
Qualcuno è soddisfatto, altri chiedono di più (le dimissioni da consigliere regionale e la rinuncia alla prescrizione, ammesso che sia realmente possibile, perché detta così sembra più una sparata demagogica). I passi indietro di Penati, tuttavia, sono un segnale importante, in questo tempo in cui molti esponenti politici, invece, fanno di tutto per restare attaccati alle loro poltrone.
Da fuori Milano, la base del Pd vede la vicenda semplicemente con rabbia.
Nettissime in questo senso sono state le parole di Enrico Rossi, Presidente della Toscana, che ha commentato: «Fa rabbia e pena leggere di Penati. Farebbe meglio a stare zitto e a rispondere solo nei tribunali».
Come Rossi la pensano anche molti iscritti al Pd che, in questi giorni, guardano a Milano con rabbia e indignazione perché vedono questa vicenda come una macchia terribile che non ci voleva.
Il Pd, comunque, è compatto sul fatto che questo caso debba essere risolto: Penati ha fatto bene a compiere passi indietro e adesso deve anche chiarire assolutamente la sua posizione davanti agli inquirenti.
Solo che a volte vengono utilizzate parole diverse per esprimere questo concetto, a seconda degli interessi che si vogliono perseguire.
Già perché è ben evidente che questa vicenda rischia di avere ripercussioni notevoli all’interno del Partito Democratico milanese e dei suoi fragilissimi equilibri, perché qualcuno potrebbe avere interessi a utilizzarla per “rottamare” un pezzo di classe dirigente legata ai partiti precedenti al Pd per far largo al “nuovo” che fino adesso ha arrancato in modo molto faticoso e con risultati davvero poco esaltanti. Ma interessi altrettanto forti ci sono da parte della componente Margherita che tutto è tranne che “nuova” - fino ad ora rimasta in silenzio ma che, probabilmente, attende il momento migliore per azzannare la sua vittima - e che ha sempre il terrore di vedersi schiacciata dalla presenza ex-diessina.
Ecco allora che c’è un altro sentimento che si agita nella base del Pd milanese ed è la paura.
La paura che stia per succedere un terremoto.
La paura che anche solo una minima parte di quanto riportato dai giornali di questi giorni possa essere vero e possa essere utilizzato da una parte contro l’altra per rimettersi a litigare e distruggere tutto quanto costruito faticosamente fino ad ora.
E poi una paura profonda per quei soldi che gli accusatori di Penati dicono di avergli dato. Per chi? Per lui? Per il Partito? Dove sono i soldi? Chi li ha avuti?
Il gruppo dirigente legato a quel periodo ha da tempo messo le mani avanti e si è affrettato a dire che di finanziamenti illeciti il Pd attuale e i Ds di allora non ne hanno mai ricevuti e che i bilanci sono tutti trasparenti e certificati.
Ma il terrore profondo per quel rischiare di essere macchiati di sporco si agita fortemente nei pensieri inquieti della base. Un pensiero antico, che richiama alla mente le vicende di tangentopoli che travolsero tutti tranne la sinistra, che forse per questo si illuse di essere “diversa”. E adesso, invece, cos’è quel “sistema” di cui parlano i giornali? Quel “sistema” che i “nuovi” accusano di essere il modo di fare politica del “passato” e che va “rottamato” insieme ai suoi rappresentanti.
L’ombra, insomma, che un “sistema” esista o sia esistito fa tremare i militanti che, nel partito, ci hanno messo la passione, l’anima, l’impegno e non vogliono che un’accusa così grave si tramuti in realtà perché loro con quel “sistema” non c’entrano e quella macchia non se la meritano e non la vogliono.
I giornali della destra hanno provato ad alzare la posta e mirare al Segretario, ma è evidente a tutti che Bersani con tutto questo non ha nulla a che fare.
Il popolo del Pd, invece, si domanda semplicemente se la vicenda di Penati sia solo un caso isolato o possa riguardare anche altri? Chi finirà coinvolto in questo caso? Solo Penati e i suoi stretti collaboratori o anche altri rischiano di finirne travolti? È questo il dubbio che si agita nella mente di una base Pd delusa, amareggiata, sgomenta ma disincantata. Ed è questo che si agita come uno spettro dentro le componenti che ora si guardano silenziosamente con sospetto.
Così, mentre il gruppo dirigente si prepara ad una possibile resa dei conti, la base attende attonita e spera che tutto o almeno gran parte dell’impianto accusatorio verso Penati venga dimostrato falso.