giovedì 12 giugno 2014

Il caso Mineo e il PD

Quanto avvenuto oggi in Senato è pazzesco.
Nel momento migliore per il Partito Democratico, in cui gli elettori ci hanno appena dimostrato il loro sostegno e il loro ampio consenso, al di sopra di ogni nostra aspettativa, qualcuno ha pensato bene di rianimare le polemiche interne dando vita ad uno spettacolo indecoroso.
Personalmente, scinderei la vicenda di Mineo (un po' più lunga e un po' più complessa) dal pasticcio di oggi.
Fin dall'inizio, guardando alla composizione delle Commissioni in Senato, mi sono domandata cosa ci facesse un ex giornalista nella Commissioni Affari Costituzionali: è un luogo importante, nella mia concezione dovrebbero andarci gli esperti del tema, gli "addetti ai lavori", oppure persone con un più rodato "occhio politico", perché i temi che vi passano richiedono maggiori competenze specifiche rispetto ad altri settori. Ma ognuno fa le scelte che ritiene opportune e si vede che al momento della scelta delle Commissioni, si è valutato che fosse giusto così.
Fin dall'inizio, però, Corradino Mineo ha mostrato anche alcune particolarità rispetto al resto del gruppo del PD: si è distinto più volte per dissenso rispetto a vari temi e sempre prescindendo dal fatto che comunque la maggior parte delle decisioni sono state prese dopo che il gruppo ne aveva diffusamente discusso al suo interno. Non ne faccio una questione di allinearsi o meno ma c'è un dato che riguarda il modo di agire di Mineo: si vede che non viene dalla politica, si vede che non sta dentro ad una logica di partito, si vede perché non gli interessa mai come si pone il gruppo che lo ha candidato e a cui ha aderito ma puntualmente si preoccupa della sua personalissima idea delle cose. Nulla di male ma stare in un partito vuol dire stare dentro ad una comunità e le strade imboccate di solito sono quelle condivise con gli altri e non le posizioni dei singoli e, soprattutto, è un po' strano che ci si debba distinguere quasi quotidianamente su qualcosa.
La questione esplosa oggi in seguito alla sua sostituzione in Commissione, insomma, non è una cosa estemporanea ma un episodio che si realizza dopo mesi di problemi e distinguo. La logica e la serietà avrebbero voluto che Mineo avesse fatto da solo un passo indietro dalla Commissione Affari Costituzionali: se una persona non è d'accordo con la decisione presa dalla maggioranza del gruppo a cui appartiene, dopo che si sono fatti mesi di riunioni e assemblee sul caso, non funziona che si mette di traverso e blocca tutto ma ne prende atto e lascia il posto a chi, invece, quel percorso lo condivide.
Purtroppo le cose non sono andate così: Mineo, forte anche di un sostegno trasversale di minoranza PD, M5S e parti di altri partiti, ha scelto di restare al suo posto in Commissione e il PD ha scelto di sostituirlo, facendone un martire della democrazia. In sintesi, un errore dietro l’altro: da una parte Mineo che fa il piccato e resiste, supportato da chi mira a sfasciare il già fragile equilibrio del nuovo PD raggiunto dopo il bellissimo risultato elettorale, dall’altro il nuovo gruppo dirigente PD che, puntando tutto su velocità e denigrazione di ogni possibile intralcio, va giù pesante come un carroarmato, toglie di mezzo l’ostacolo fastidioso e tira dritto come se niente fosse.
Il risultato anche questa volta è una figuraccia esterna, in cui si è mostrato un Partito Democratico che neanche dopo aver preso il 40% alle elezioni è capace di compattarsi e trovare un accordo interno per lavorare per il bene dell’Italia perché, come sempre, tutti sono troppo occupati dal farsi la guerra all’interno. E poco importa se la maggioranza dei cittadini pensa che si sia fatto bene a togliere di mezzo Mineo e quelli come lui che bloccano il Paese e impediscono le riforme tanto invocate al solo scopo di ottenere un po’ di visibilità personale o se invece pensa che abbiano ragione i rivoltosi e non sia quello il modo corretto di risolvere i contenziosi, perché la figuraccia fatta oggi in Senato resta identica.
La domanda che sorge spontanea da una persona iscritta al PD è se era proprio necessario arrivare a una situazione del genere e se non si potevano trovare altre soluzioni o altre forme di accordo con il gruppetto che stava minando il percorso delle riforme. Anche perché, ovviamente, tutto questo non riguarda solo i gruppi dirigenti e parlamentari, ma si ripercuote a cascata anche sui militanti e si va a riaccendere in modo molto forte uno scontro tra tifoserie, che speravamo aver superato dopo gli esiti elettorali così eclatanti.
Visto che la sostituzione di Mineo era nell’aria da un po’, i giornali lo scrivevano da giorni, possibile che questo episodio sia dovuto cadere sulle nostre teste in questo modo? Possibile che non ci fosse un altro modo, meno appariscente e meno dannoso, per contenere il dissenso? Possibile che si debba sempre procedere per strappi suscitando poi infinite polemiche (perché oltretutto la “base” è lentissima a elaborare quanto accade e profondamente incline alla lamentela)?
E, soprattutto, possibile che ancora c’è chi non si rassegna all’idea di avere perso il congresso e vuole trovare tutti i pretesti (e purtroppo ne vengono forniti) per alimentare il malumore invece che lavorare per il bene del PD?