martedì 8 aprile 2014

Per un’Europa solidale e coesa

Si moltiplicano le serate dedicate all’Europa in vista delle elezioni del 25 di maggio. Un bel dibattito sul tema dell’Europa solidale si è svolto al Circolo PD Caponnetto che ha avuto per relatori il Padre gesuita Giacomo Costa (direttore del Centro San fedele e di Aggiornamenti Sociali) e il senatore Franco Mirabelli (membro della Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato).
L’incontro è stato aperto da Padre Giacomo Costa, il quale ha provato a dare un’apertura diversa e innovativa all’impostazione del dibattito, offrendo quattro approcci per affrontare il tema dell’Europa precisando che è meglio non fare solo un discorso utilitaristico e non stare a negoziare sul fatto che convenga o meno l’UE perché in questo modo ci si trascina in una discussione sterile e si svilisce il progetto europeo. Tuttavia, secondo il gesuita, non aiuta neanche l’essere totalmente sbilanciati sull’idealismo, soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando, in cui dal sogno di Ventotene sono cambiate molte cose, c’è stato uno svuotamento del dna europeo, che invece dovrebbe cresce e svilupparsi, si sono moltiplicati gli euroscettici.
Un primo approccio offerto da Padre Costa per discutere di Europa è quello delle prospettive generazionali: «In Europa - ha sottolineato il gesuita – convivono generazioni diverse, c’è chi ha vissuto la guerra, chi ha un po’ meno anni e ha visto la caduta del muro di Berlino e ha visto un’Unione Europea che era già un dato di fatto ma da migliorare, e poi ci sono i giovani di oggi per cui tutto questo viene dato per scontato. Le generazioni, oggi sono divise tra loro e la crisi ha aumentato le divergenze, come evidenziava anche il titolo di un convegno Acli che era “I vostri diritti sono i nostri problemi”, riferito al problema pensioni/lavoro. Per questo è più che mai indispensabile trovare il modo di tenere insieme persone di generazione diversa».

Un secondo approccio offerto da Giacomo Costa riguarda il come riprendere l’identità europea, in un tempo come quello attuale in cui tornano fortemente i nazionalismi, alcuni dei quali fanno leva su situazioni inesistenti come il caso di Marine Le Pen ha vinto parlando di una Francia “perduta” senza stranieri che in realtà non è mai esistita.
«L’identità europea è inclusiva, apre e dialoga tra diverse identità», ha sottolineato Giacomo Costa che, parafrasando Bono degli U2, ha affermato: «non posso essere italiano se non sono anche europeo» e, quindi, il punto è capire «come dare spazio agli altri senza perdersi», in quanto la solidarietà e la coesione europea sono il non negare i singoli ma il mettere insieme, il capirsi pur parlando lingue diverse. Per riprendere il filo dell’identità europea, dunque, secondo il gesuita bisogna cercare di valorizzare le posizioni che non siano di chiusura ma diano un respiro diverso per uscire dalla situazione in cui siamo.

Un terzo punto da approfondire, secondo Padre Costa è quale creatività istituzionale bisogna applicare all’Unione Europea? E, se l’approccio più citato è quello del federalismo, secondo il gesuita, però, è bene non appiattirsi sul modello degli Stati Uniti perché la nostra identità è molto diversa dalla loro. Resta, tuttavia, secondo Giacomo Costa, la necessità di darsi delle strutture di discussione e di elaborazione delle proposte perché, citando la frase di Jean Monnet, “Nulla è possibile senza gli uomini, niente è possibile senza le istituzioni”, e la discussione portata avanti negli ultimi mesi, in cui ci si rinfaccia l’un l’altro ciò che non si è fatto (in particolare il Nord contro il Sud dell’Europa) è sbagliata. “Nulla è possibile senza gli uomini, niente è possibile senza le istituzioni”.

L’ultimo approccio esposto da Giacomo Costa riguarda il tema della cittadinanza. «E’ indispensabile ridefinirsi in base alla pluralità di riferimenti territoriali e culturali. Serve creare un vero spazio europeo politico, pedagogico e comunicativo», ha affermato Costa. «Per fare un’Europa più politica bisogna davvero fare politica, anche confrontandoci con le resistenze che arrivano dai territori», ha sottolineato il gesuita, ricordando che invece è sbagliato usare il discorso politico europeo per fini nazionali e i candidati al Parlamento Europeo devono essere persone che sappiano davvero portare avanti un discorso europeo. «Angela Merkel, per vincere le elezioni in Germania, ha rovinato la Grecia. Dobbiamo uscire da questi livelli di discussione», ha concluso Padre Costa.

Il senatore Franco Mirabelli ha segnalato che di Europa discutiamo troppo poco ed è sbagliato discutere di Europa solo in concomitanza con le elezioni europee. “L’Europa fa parte della nostra vita, però, molto spesso, all’opinione pubblica vengono mostrate solo le cose negative prodotte”, ha evidenziato Mirabelli, ricordando che “In realtà, l’Europa non è solo quello che viene raccontato. Oggi, ci troviamo in una condizione di scetticismo molto diffuso nei confronti dell’Europa perché valorizziamo troppo poco ciò che l’Europa ci ha consentito di costruire nel nostro Paese in positivo. Ci sono dei dati oggettivi che ci dicono che l’Europa è una risorsa. Ora si è allargata a 28 Paesi e ci sono altri Stati che vogliono entrare, perché vedono l’Unione come un’occasione e un’opportunità. Purtroppo, per molti Paesi che sono dentro l’UE si è creata l’idea che l’Europa sia solo un vincolo, un qualche cosa che impedisce invece che qualcosa che consente”.
Quelle del 25 maggio, secondo il senatore PD saranno elezioni decisive per il futuro dell’UE, per questo è importante parlare di Europa e non si devono usare le elezioni europee per giustificare un passaggio nazionale o per fare una verifica elettorale nazionale.
“Oggi ci sono una quarantina di parlamentari euroscettici all’interno del Parlamento Europeo ma dopo le elezioni il numero di questi aumenterà in modo consistente. - ha sottolineato Mirabelli - È evidente che, se ci sarà un successo molto grande delle forze euroscettiche, l’Europa subirà una battuta di arresto. Invece, dobbiamo lavorare affinché si creino le condizioni per completare il processo della costruzione europea”. Cosa tutt’altro che facile perché, come ha fatto presente l’esponente del PD, in questi anni di crisi, tra i cittadini si è diffusa l’idea che l’Europa, in qualche modo, sia la responsabile dei sacrifici che si sono dovuti affrontare: “Si è diffusa l’idea che la responsabilità di tutte le misure impopolari che hanno colpito in maniera significativa tante famiglie non sia degli errori fatti dal nostro Paese ma sia dell’Europa perché, purtroppo, anche forze non euroscettiche ma populiste, di fronte a condizioni drammatiche in cui vivono molte persone che subiscono la crisi, anziché affrontare il tema e mettere in campo una prospettiva europea, preferiscono cimentarsi a individuare un capro espiatorio. La Lega lo fa da sempre e ora anche Grillo ha scelto di fare in modo che quando si manifesta un problema, anziché scegliere come risolverlo, si cerca a chi attribuirne la colpa. Lo fa Maroni quotidianamente governando Regione Lombardia, dando la colpa delle situazioni di volta in volta a uno o all’altro. L’Europa è diventata il capro espiatorio di tutti i nostri problemi e, di fronte a questa semplificazione, è diventato difficile rispondere: ci vuole un grande sforzo comunicativo”, ha affermato Mirabelli.

Uno dei temi chiave da affrontare in sede europea, secondo Mirabelli, è quello delle ondate migratorie: “L’idea che di fronte alla complessità, la cosa migliore da fare è chiudersi e difendersi dentro a un castello, come se fosse possibile è evidente che è antistorica: chiudersi non ha alcun senso. Eppure sono idee che hanno un fascino tra le persone e sono il contrario della costruzione cooperativa e solidale e della condivisione di cui si ha bisogno ora. C’è proprio un messaggio culturale diverso che si sta tentando di imporre e che arriva prima alla gente perché gioca sulla semplificazione”, ha segnalato il senatore, registrando, tuttavia, che il problema non sono i cittadini che, di fronte alla crisi, recepiscono questi messaggi negativi perché c’è stata anche una responsabilità vera dell’Europa per come ha affrontato le cose in questi anni.
“L’Europa ha affrontato la crisi guardando ai bilanci, alla finanza e mai alle questioni sociali, imponendo un’austerity che magari a noi ha aiutato per sistemare qualche problema di bilancio che avevamo a prescindere dall’Europa, però, le famiglie sono state aiutate decisamente meno in questo. In Grecia la cura europea ha massacrato, i conti ora sono in ordine ma c’è un Paese devastato dal punto di vista sociale. – ha insistito Mirabelli - E allora c’è stata un’Europa troppo poco sociale, troppo poco politica, troppo poco “Europa dei cittadini” mentre è stata per lo più un’Europa che ha guardato ad altro. Il sistema valoriale di cui abbiamo bisogno non l’abbiamo visto: l’Europa, in questi anni di gestione della crisi, ha mostrato quasi esclusivamente attenzione ai parametri. Per ridare fiducia ai cittadini e per ricostruire questo, dobbiamo fare una campagna elettorale dicendo che l’Europa deve cambiare e può cambiare, magari ritornando anche allo spirito originario di Ventotene”.

Altre tematiche da affrontare, per il senatore PD, sono quelle delle sviluppo e del lavoro, sapendo anche che l’Europa deve avere la capacità di promuovere un’idea di sviluppo per i prossimi anni che non sia la scopiazzatura degli anni precedenti: “Non è realistico pensare che si possa uscire da questa crisi immaginando di tornare come eravamo prima. – ha affermato mirabelli - Non si può ritornare a come eravamo prima perché quel modello di consumi e quel modello di produzione devasta il mondo. L’Europa su questo deve avere la capacità di consentire gli investimenti, scegliere cosa fare, rompere un po’ di patti di stabilità per poter investire su alcune cose, avendo in mente un’idea di sviluppo e soprattutto la questione del lavoro”.

L’altra questione emersa è quella della rappresentanza: il Parlamento Europeo lo eleggeremo a suffragio universale però, ad oggi, vale pochissimo perché ciò che conta sono le decisioni della Commissione, la quale è formata dai governi, per questo, ha sottolineato Mirabelli “Bisogna dare più potere alle istituzioni rappresentative elette dai cittadini perché questo è un modo per cominciare ad andare nella direzione giusta, per costruire un rapporto politico e democratico tra i cittadini e le istituzioni europee. Se non facciamo questo, se l’idea che si diffonde è che si va a votare per un Parlamento europeo che tanto poi conta pochissimo è anche difficile portare i cittadini al voto e si genera un’ulteriore sfiducia nelle istituzioni europee. Qualche passo è stato fatto, ad esempio, l’andare a votare per il Presidente della Commissione è già un modo per avvicinare. Dobbiamo, però, sapere che, comunque, la Commissione sarà composta dai governi. Poi c’è un problema di rapporto tra i Parlamenti nazionali e le istituzioni europee: c’è un sistema di rappresentanza da ricostruire, senza il quale non riusciamo a ridare credibilità. Non tutto può svilupparsi solo in un confronto tra governi perché spesso o si raggiunge una mediazione, o decidono i governi dei Paesi più importanti o tutto finisce in niente”.

L’ultimo tema proposto da Mirabelli è stato quello della responsabilità di non aver valorizzato abbastanza che cos’è l’Europa e le cose positive che abbiamo grazie all’UE: “Rischiamo che vengano date per scontate cose che non lo sono e che senza l’Europa non ci sarebbero. - ha ribadito il senatore - Schengen, la libera circolazione delle persone, ad esempio, è un grande fatto che senza l’Europa non ci sarebbe stata, così come i milioni di giovani che vanno all’estero a studiare con il progetto Erasmus non ci sarebbero stati e non ci sarebbero stati neanche i fondi per sostenere le aree deboli che, dove sono stati utilizzati bene (anche in Italia ma soprattutto in altri Stati, come l’Irlanda), hanno prodotto dal punto di vista dell’equità sociale. Mi domando se non vada sottolineato il fatto che noi oggi, grazie all’Europa, dobbiamo rispettare obiettivi importanti su cui abbiamo costruito pezzi della nostra legislazione in tema di difesa dell’ambiente, di promozione delle energie rinnovabili; in tema di rispetto dei diritti umani nelle carceri. Ma anche in tema di lotta alla criminalità organizzata: non è lo stesso se in Italia si combatte la mafia qui con la nostra legge, che è molto avanzata, e poi in altri Paesi ci sono vincoli minori che consentono ai criminali di salvarsi varcando il confine o spostando i loro patrimoni in altri Stati”.
In Italia, infatti, ha spiegato l’esponente PD, vige la norma per cui si possono confiscare i beni ai mafiosi già in fase di indagine, senza che vi sia una sentenza di condanna ma è ovvio che se negli altri Paesi europei questo non è consentito perché la legge impone che si attenda la sentenza, alla criminalità organizzata basta spostare i propri patrimoni in quei Paesi per essere al sicuro.

Tante sono, dunque, le questioni e i problemi che non possiamo risolvere da soli, alcune – ha ricordato il senatore Mirabelli – saranno anche al centro dell’agenda della Presidenza italiana del Semestre Europeo, come ad esempio il problema dell’occupazione ma anche della qualità del lavoro perché “L’Europa dovrebbe svolgere anche un ruolo di barriera rispetto allo sfruttamento e garantire la dignità del lavoro”, ha affermato l’esponente PD.
Così come di grande importanza è la politica estera dell’UE: “Oggi - ha detto Mirabelli - valorizziamo il ruolo che ha avuto l’Europa per la pace ma, di fronte ad una vicenda come quella ucraina, dobbiamo riflettere su quali strumenti mette in campo l’UE e quale ruolo vuole avere l’Europa. Oppure diamo per scontate le cose anche sul terreno della democrazia ma poi ci dobbiamo confrontare con una realtà come quella ungherese in cui siamo contenti che non hanno vinto i nazisti ma ha vinto comunque un soggetto che ha fatto una Costituzione illiberale”.
Infine, Mirabelli ha ricordato il grave problema degli sbarchi a Lampedusa e la gestione dei richiedenti asilo. Questo, secondo il senatore, deve diventare un problema dell’Europa, cosa che oggi non è perché se rimane un problema solo dei Paesi del Mediterraneo, dove arrivano i barconi, l’Europa non fa il suo lavoro.
“Sono stato a Vilnius alla Conferenza dei Parlamenti degli Stati europei e i rappresentanti dei Paesi mediterranei hanno posto questo tema e la risposta degli altri ha mostrato un’evidente non comprensione del problema. - ha raccontato Mirabelli - I richiedenti asilo devono fermarsi nel Paese in cui presentano la richiesta e, dato che le procedure sono lunghe, queste persone rischiano di restare per molti mesi. Per un anno vengono accuditi da alcune associazioni, come prevede la legge di Maroni, dopo l’assistenza finisce perché le associazioni non ricevono più finanziamenti per farlo e, quindi, se ne perdono le tracce (si veda la vicenda di Kabobo). La scelta dell’Europa, con il trattato di Dublino, di distribuirli sul territorio europeo aiuta a far diventare la situazione meno pesante per tutti solo che la distribuzione non è equa perché all’Estonia spetta un rifugiato politico, alla Francia 5 ecc. È chiaro che così non funziona e i Paesi nordici hanno un’idea generale per cui il problema è nostro, che siamo un po’ razzisti e lasciamo affondare i barconi. Sull’immigrazione si sente l’assenza di una politica europea: siamo ancora dentro alla logica dell’emergenza nel Mediterraneo e gli altri Paesi che non vogliono occuparsene. Eppure l’Italia è il Paese con il tasso di immigrazione più basso. Questo è un tema che dà il senso della complessità e di quanto l’Europa sia ancora da costruire”.
Costruzione che, però, se alle elezioni avranno la meglio le forze euroscettiche - ha precisato Mirabelli - sarà più difficile da portare a compimento e sarà complicato anche fare passi avanti su temi come questi.