venerdì 25 aprile 2014

Il 25 aprile

A me, la manifestazione del 25 aprile di quest'anno a Milano, non è piaciuta.
Vorrei che il 25 aprile tornasse ad essere per tutti la Festa della Liberazione
Negli ultimi anni, in cui al governo dell'Italia, ci sono state forze politiche di centrodestra, ho assistito con un certo stupore al dibattito intorno all'opportunità o meno di alcune partecipazioni alla manifestazione per il 25 aprile, in particolare a quella di Milano.
Ricordo ancora le vivaci polemiche sulle assenze di Berlusconi, ogni volta con delle scuse improbabili, fino a quando non decise di partecipare alla celebrazione di quella ricorrenza ad Onna, in Abruzzo, poche settimane dopo il terremoto, con la scusa di stare accanto alla gente che soffriva per aver perso tutto e tentando addirittura di cambiare il nome alla ricorrenza in "Festa della Libertà", per fini elettorali.
Ricordo gli insulti e i tira e molla di Letizia Moratti.
Ricordo moltissime polemiche inutili perché se il 25 aprile è la Festa della Liberazione la è per tutti gli italiani e gli eletti nelle istituzioni devono essere a celebrarla per rappresentare il Paese, a prescindere dal colore politico a cui appartengono. Si possono non gradire per le loro appartenenze, si possono fischiare o contestare ma il loro dovere di persone delle istituzioni è di essere presente.
Una volta la manifestazione di Milano era "la manifestazione nazionale", in cui venivano il Presidente della Repubblica, un rappresentante del Governo, le autorità cittadine e regionali. Oggi a Milano arrivano solo le autorità locali e i leader sindacali.
E' sbagliato e anche controproducente che la piazza del 25 aprile venga ridotta solo alla piazza di una parte: facendo così si sminuisce il valore di una ricorrenza storica su cui si fonda l'Italia e la nostra Costituzione.
E' anche sbagliato che il corteo del 25 aprile si trasformi in una sorta di succursale di quello del 1 maggio, con tanto di comizio sindacale conclusivo.
Senza nulla togliere ai problemi sempre più gravi dei lavoratori e alle altre esternazioni di vario genere, personalmente non ho gradito le reinterpretazioni "attualizzate" della Resistenza perché le trovo offensive verso chi ha vissuto quella vera e trovo scorretto che si usi il pretesto di quella manifestazione - che è importantissima guardando alla storia dell'Italia - per parlare di cose pure importanti ma che con quella ricorrenza non c'entrano. 
Anche quest'anno, la discussione si attorcigliata sull'opportunità o meno di dare la parola ai politici sul palco e, essendo in fase di campagna elettorale, l'ANPI (che organizza la manifestazione) ha ritenuto opportuno di no.
Al di là della comprensibile esigenza di porre al riparo dallo scontro elettorale di una così importante ricorrenza, a mio avviso, il risultato non è altro che una delegittimazione della politica e un tenerla lontana da quello che realmente è il suo posto. Gli esponenti politici, quando rappresentano le istituzioni, hanno il dovere di esserci, tanto più durante le celebrazioni così importanti e hanno il dovere di intervenire in rappresentanza di ciò che rappresentano perché altrimenti viene meno il loro ruolo. Che senso ha vedere quella sfilata di disoccupati, sindacalisti, No-Tav, centri sociali, pezzi di partiti della sinistra, reduci veri della Resistenza e arrivare in una piazza dove a prendere la parola, oltre al Presidente ANPI, sono soggetti che sono lì non si sa bene a rappresentare chi e cosa? Perché devo sentir parlare un'illustre ricercatrice dal palco del 25 aprile o una leader del sindacato e non posso sentir parlare il capo del Governo o il Presidente della Repubblica o quello della Regione che rappresentano il Paese (o almeno hanno il compito di rappresentarlo)? E pazienza se il discorso della ricercatrice o della sindacalista è più bello o più riuscito ma non è quello il contesto in cui si devono esprimere perché in quella data siamo lì a celebrare altro e a ricordare altro.
E affinché i valori di quello che siamo lì a celebrare siano condivisi, e non restino di una parte sola (per altro un po' litigiosa, dove un pezzo ne insulta un altro, come è avvenuto nell'ultimo corteo milanese), vi è la necessità che quella piazza si apra, sia meno settaria e faccia parlare chi rappresenta la nazione, anche a livello istituzionali.
Non si diffonde il senso della Resistenza se si lascia quella piazza in mano a cortei arrabbiati lontani anni luce dal sentire del Paese. Non si fa il bene dell'Italia se si esclude la politica anche dalle celebrazioni istituzionali che sono le sue sedi proprie, delegittimandola con la scusa che è in corso una campagna elettorale.
Per il prossimo anno, auspico una piazza diversa, più aperta, meno arrabbiata, più attenta a cos'è stata davvero la Resistenza e degli interventi attinenti al tema e di persone che rappresentino l'Italia.