martedì 11 ottobre 2016

L'eccellenza lombarda

Anche oggi ho buttato via una mattinata (dalle 7:45 alle 13:00) vagando da una sala all’altra di una struttura sanitaria pubblica e, come me, tutti gli altri numerosi presenti. Forse nella sanità pubblica pensano che abbiamo tutti un sacco di tempo da perdere.
Il medico aveva suggerito di far visitare mia madre da un pneumolgo di Villa Marelli (struttura che da qualche tempo dipende dall’Ospedale di Niguarda) perché “lì sono esperti e sono più bravi” e ci aveva suggerito di presentarci là direttamente con le richieste alla mattina verso le 7:30 per fare esami e visita con “accesso diretto”.
Lo abbiamo fatto venerdì scorso: siamo arrivate alle 7:30 a Villa Marelli (con grande fatica di mia madre per essere sveglia e pronta presto) e ci hanno detto che gli accessi diretti di quel giorno erano solo 10 e li avevano già terminati, con numeri distribuiti appena aperto il portone alle 7:00 a persone in coda fuori dalle 6:30. Una cosa folle.
Qualche anziana tra le presenti ci ha spiegato che è la prassi e che, essendo venerdì, tanti medici erano già via per il week end e, quindi, i numeri per l’accesso diretto erano pochi e ci ha consigliate di metterci in coda per un appuntamento ma “pubblico” perché “privato” poteva costare anche 200 euro e comunque l’esame non lo avrebbero fatto lo stesso quel giorno perché era venerdì e c’era il week end.
A quel punto abbiamo atteso due ore in coda per ottenere una prenotazione che è stata fissata per le 8.20 di questa mattina “ma mi raccomando, venite un po’ prima che dovete passare qui dall’accettazione”, ci ha precisato l’addetto.
Stamattina abbiamo fatto un’altra inutile alzataccia per arrivare a Villa Marelli alle 7:45. Purtroppo l’appuntamento per oggi dovevano averlo dato a tutti quelli che hanno saltato sia il venerdì che il lunedì per consentire ai medici di farsi un bel week end perché la sala di attesa dell’accettazione era affollatissima e gli sportelli lentissimi.
Avevamo 19 numeri davanti e siamo riuscite a superare lo step alle 10:15 ma ci siamo subito fermate nella sala di attesa gelida di aria condizionata per la lastra: un’altra ora e un quarto di attesa per passare pochi numeri (siamo arrivate che il display segnava il 24 e noi avevamo il 31) e, mentre i minuti passavano, anche le persone aumentavano.
Alle 11:35 siamo uscite da radiologia e ci siamo sedute nella sala di attesa del pneumologo. Un’infermiera si è accorta che fotografavo il cartello con scritto che l’orario dell’appuntamento in realtà serviva solo a stabilire l’ordine di chiamata (non che non lo avessi capito visto che il nostro appuntamento era per le 8:20 e alle 11:35 ancora eravamo in attesa) e mi ha chiesto se c’era qualche problema. Alla mia risposta, ha allargato le braccia e ha suggerito di presentare una segnalazione: “abbiamo pochi medici e facciamo fatica, da qualche anno anche noi lavoriamo male ma nessuno raccoglie le segnalazioni che facciamo”.
Abbiamo atteso venti minuti, poi il pnuemologo ci ha ricevute, ci ha chiesto un paio di cose per aggiornare la cartella clinica e ha detto che era necessario fare due esami per verificare il respiro e, quindi, dovevamo tornare all’accettazione con la richiesta che ci avrebbe lasciato e ritornare da lui con i risultati.
All’accettazione era il caos, abbiamo atteso un’altra mezzora e nell’attesa stavano arrivando anche tutte le altre persone che avevano fatto lo stesso nostro percorso. “Sa signorina, qui paghiamo ticket per ogni esame, si vede che hanno convenienza a farci spendere tutti questi soldi perché ogni volta che si viene qui si finisce per passare dall’accettazione tre volte”, mi ha detto un’anziana in attesa che tornasse il figlio che era uscito a allungare il pagamento per l’auto parcheggiata.
Nella sala di attesa per gli esami eravamo di nuovo tutto il gruppo al completo ma molto più incavolato per tutte le ore e i giri persi lì dentro. Siamo salite dal medico che era già ora di pranzo, con gli infermieri di fretta che non vedevano l’ora di andare in pausa. Il medico - persona simpatica, divertente - ha aggiornato la scheda e non ci ha detto niente. Alla fine ci ha detto un generico “va bene, non ci sono novità”. Non una valutazione dei sintomi, non uno sguardo a di che entità era il problema di mia madre o al grado della terapia che sta svolgendo… Nulla. Una mattina buttata per sentirci dire niente.
Con l’aggiunta che quando ho guardato che la scheda che ci hanno consegnato da portare al nostro medico, tra le voci che descrivevano mia madre, c’era scritto “Etnia: Sud Indiana”. Mia madre bionda con gli occhi verdi Sud Indiana?! Dato evidentemente rimasto nel computer dalla paziente precedente ma almeno fare attenzione, no?!
Ovviamente, tutto questo è capitato a me oggi ma capita anche tutti gli altri giorni e capita a tutti perché in quelle strutture (che una volta erano l’eccellenza dal punto di vista medico e chissà se lo sono ancora) ci vanno tutti: anziani affaticati da acciacchi ed età, persone con patologie serie, adulti che avrebbero dovuto essere al lavoro ma che stavano lì ad accompagnare anziani genitori, studenti… è inaccettabile che per fare un esame e una visita si debbano perdere una mattina e mezza.