sabato 16 giugno 2012

L’innovazione nella gestione ambientale come business

Platea di industriali quella che ha partecipato al convegno organizzato venerdì mattina a Milano da Certiquality sul tema “L’innovazione nella gestione ambientale come business”. I lavori, moderati da Dario De Andrea del Sole 24 Ore, si sono aperti con il saluto di Antonio Colombo Direttore Generale di Assolombarda (sede che ha ospitato l’incontro), in quale ha ricordato le condizioni in cui si trova l’Italia, Paese importatore di materie prime (comprese le materie energetiche) e di come sia dimostrato che, dati alla mano, l’innovazione porta benefici consistenti alle imprese. Per questo, secondo Colombo, è necessario che vi siano investimenti per promuovere la ricerca, a tutti i livelli, senza la quale non è possibile alcuna innovazione e anche garantire l’assistenza a progetti di valenza internazionale, oltre che incentivare una cultura diffusa della sostenibilità.
In merito a questo, Colombo ha ricordato l’adesione da parte di Assolombarda ai principi della Carta di Sostenibilità di Confindustria, oltre che la formazione di un “green economy network” tra imprese di settori diversi. “Dal risparmio energetico generato dall’innovazione si possono avere enormi benefici, grazie ai quali eviteremmo anche drastiche manovre di governo come quelle che ci siamo ritrovati a subire”, ha concluso Colombo.
Ernesto Oppici, Presidente di Certiquality, ha invece tracciato un quadro generale delle tematiche che sarebbero state poi approfondite dai vari relatori presenti, inquadrando così l’oggetto della discussione della mattinata.
Di sostenibilità economica, sociale e ambientale, secondo il modello di sviluppo affermatosi di recente e che trova la sua rappresentazione nella ISO 26000, ha parlato invece Umberto Chiminazzo, Direttore Generale di Certiquality. Chiminazzo ha ricordato lo scenario mondiale attuale, secondo cui, crescendo la classe media nei diversi continenti sono cambiati i modelli di consumo ed è aumentata “l’impronta” che l’uomo lascia sul Pianeta. “Se tutto dovesse continuare ad andare avanti in questo modo, avremmo bisogno di altri Pianeti come la Terra perché questo da solo non ci basterebbe”, ha affermato Chiminazzo, segnalando, quindi, la necessità di trovare altri modelli di sviluppo per ridurre “l’impronta” lasciata dall’uomo sull’ambiente. La strada da percorrere, secondo il Direttore Generale di Certiquality è quella di andare verso una società del “riciclo e del riuso” e, in questo senso, c’è ancora molto da fare dato che, ad oggi, il 40% dei rifiuti prodotti – dicono le statistiche – finisce ancora in discarica.
“Le aziende che iniziano ad innovare, tuttavia, innescano un percorso virtuoso di solito e non si fermano alla prima innovazione ma proseguono su quella strada”, ha chiarito Chiminazzo, segnalando che oggi, molti punti di riferimento normativi e ideali arrivano dalle direttive europee.
“Uno studio dell’Università Bocconi afferma che vi è un legame positivo tra rating ambientale e rendimento azionario delle imprese, in parte dovuto ai risultati che esse ottengono e in parte anche per il loro comunicare attenzione alla sostenibilità”, ha affermato Chiminazzo in chiusura del suo intervento.
Patrizia Toia, deputata europea e vicepresidente della Commissione ITRE Industria Ricerca Energia al Parlamento Europeo, ha ricordato il ruolo rilevante delle istituzioni europee in materia di legislazione attenta alla sostenibilità. Deficit dell’Unione, secondo l’europarlamentare, è quello della lentezza decisionale: “Le decisioni in Europa vengono prese in codecisione da Parlamento, Commissione e Consiglio. Ogni volta che si prende una decisione, occorre attendere l’approvazione di tutti gli Stati membri e si rischia, così, di perdere tempo prezioso che nei fatti vanifica l’intento della scelta stabilita”, ha precisato Toia.
“Da tempo l’Europa si trova in una fase di stasi”, ha evidenziato Patrizia Toia, segnalando che nel tentativo di superare questo momento difficile sono state elaborate diverse strategie, prima fra tutte quella di Lisbona che aveva l’intento di promuovere un’Europa della conoscenza e, quindi, puntava molto sulla formazione per ottenere poi una competitività basata sulla qualità. La strategia, pur essendo giusta, purtroppo – ha ricordato Toia – non è stata dotata degli strumenti perché potesse essere operativa: “Difficile puntare su conoscenza e innovazione se poi si tagliano le università”, ha ricordato la parlamentare europea.
Poi Toia ha ricordato la Strategia Europa 2020, che impone di andare verso uno sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo. In merito alla questione della conoscenza, si inserisce in questa Strategia, il programma quadro Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione, per cui il bilancio europeo ha previsto 80 miliardi di investimenti. Un altro programma europeo è COSME dedicato alle PMI, di cui Patrizia Toia è relatrice.
Oggi, tuttavia, il problema è l’eccessivo costo delle materie prime (oltre che la loro reperibilità) e dell’energia che comportano un aggravio per molte industrie; per questo, secondo Toia, occorre cominciare a pensare ad un altro modello di sviluppo rispetto a quello attuale, che vada verso un uso più attento e oculato delle risorse (e anche più diversificato per quanto riguarda le fonti energetiche ma anche la scelta di elementi meno dannosi rispetto ad altri) e che punti di più sul riciclo e il riutilizzo. Una parte importante la giocherà la riconversione delle fonti energetiche, secondo l’europarlamentare, la quale ha ricordato che attualmente la Germania è molto avanti in termini di green economy ma non è sufficiente che un solo Paese lo sia, occorre una visione complessiva europea.
In materia di energia, attualmente, al Parlamento Europeo è in discussione la direttiva sull’efficienza energetica ma, dato che pone obiettivi vincolanti, sgraditi a molti Stati, per arrivare ad una più rapida approvazione anche da parte del Consiglio, probabilmente – ha precisato Toia – si andrà verso modifiche di compromesso.
“L’Europa è molto più accessibile di quanto si creda, è l’Italia che troppo spesso non è in grado di riprendersi le poche risorse che dà perché non si mette in linea con i programmi europei”, ha concluso Patrizia Toia.
Un interessante intervento è stato poi quello di Angelo Paris, Director of Design, Construction and Operations EXPO 2015, il quale, attraverso tabelle e slide ha mostrato tutti i progetti in via di realizzazione a Milano per la costruzione dell’Expo. Mostrando i dati, Paris ha ricordato che Expo prevede 1,3 miliardi di investimenti pubblici per il sito espositivo e 400 milioni di contributi provenienti da aziende private, senza contare che ogni Paese aderente compie degli investimenti per la gestione del proprio spazio e si tratta di soldi che entrano a Milano, come quelli che dovrebbero arrivare dal turismo legato all’evento.
Ad oggi sono 87 i Paesi che hanno già presentato la loro adesione ufficiale (ne sono previsti 140) e 35 di questi hanno già nominato un Commissario che si occuperà di gestire la loro presenza qui.
Il settore privato, ha ricordato Paris, contribuisce anche per la parte infrastrutturale e servono ancora investimenti nei servizi che dovrebbero venire compensati da partnership, merchandising e altro materiale turistico o per visitatori.
Sono già state acquisite partnership che consentono di non dover acquisire servizi aggiuntivi: Paris ha fatto gli esempi di Telecom, Enel, Cisco e Accenture che forniranno reti e servizi. “In questo caso, si tratta di partner con forte accezione tecnologica perché ci consentono di costruire la piattaforma di base, ma poi serviranno anche partnership legate alla mobilità sostenibile, alle soluzioni bancarie e, ovviamente, quelle più tematiche legate ai temi dell’Expo, ha ribadito Paris.
Per il sito espositivo i lavori – affidati alla CNC di Ravenna - sono cominciati nell’ottobre 2011 e dovrebbero proseguire fino a novembre 2013, mentre da luglio-agosto 2012 fino metà 2013 verranno aperti bandi di gara per i manufatti. Questi dovranno tutti rispettare i canoni della sostenibilità.
Ad oggi, ha spiegato Paris, si sta portando avanti il progetto per le vie d’acqua (che è complementare al sito espositivo in quanto consente di far arrivare l’acqua lì dentro ed è un sistema di riconnessione ambientale del Nord-Ovest milanese) che si collega al progetto di ristrutturazione e rivitalizzazione della Darsena che il Comune aveva avviato dal 2003, e che vedrà la realizzazione di un percorso ciclopedonale per la ricostruzione di una mobilità dolce.
Occorrerà poi la progettazione di edifici sostenibili che tengano conto dei processi di riuso dei rifiuti e dei criteri di sostenibilità per quanto riguarda le architetture a tempo.
Toni un po’ diversi, invece, quelli utilizzato dall’avvocato Paola Ficco, docente all’Università La Sapienza di Roma, la quale ha espresso perplessità su molte norme che regolano la disciplina del diritto ambientale, contestando anche la difficoltà delle imprese di avere un referente legislativo in materia perché troppo spesso la legislazione regionale si sovrappone a quella nazionale e oggi c’è l’assenza della sovranità da parte delle istituzione pubbliche su questo terreno. L’ambiente, secondo l’avvocato Fitto, è qualcosa di complesso e indeterminato e non può essere “regolato dal diritto ma con il diritto” e oggi, comunque, le imprese sono più attente agli effetti della loro produzione.
La mattinata è poi proseguita con altri interventi, focalizzati sui diversi aspetti della questione ambientale legata all’innovazione.