lunedì 15 novembre 2010

Pisapia, le primarie e il Pd

A Milano si è appena conclusa una domenica di primarie. Il centrosinistra ha scelto il suo candidato sindaco per le elezioni comunali: Giuliano Pisapia.
In corsa, questa volta, c’erano dei validissimi candidati e la sfida è stata vera.
Giuliano Pisapia aveva il sostegno ufficiale di Sinistra Ecologia e Libertà, ma è stato largamente apprezzato anche dalla base del Pd (come poi ha dimostrato l’esito del voto). Stefano Boeri aveva l’appoggio del Pd (tutto a livello ufficiale e con qualche distinzione rimasta però per lo più in ombra). La candidatura di Valerio Onida è nata con l’appoggio di un comitato esterno anche se vicino al Pd (e forse proprio questa candidatura ha giocato in sfavore di Boeri). L’ecologista Michele Sacerdoti era il candidato più in ombra e autonomo.
La giornata di pioggia non ha certamente incentivato le persone ad andare a votare, anche se guardando le tante code ai seggi, il calo di affluenza che è poi risultato dai conteggi non era affatto percepibile.
Quello che invece si percepiva benissimo era il tipo di elettorato che partecipava: a sfilare davanti ai seggi delle primarie erano in prevalenza persone anziane (anche molto anziane), tutti ex qualcosa (ex-pci, ex-ds, ex-socialisti, ex-sinistra). Sono loro la base che sempre si mobilita per questi appuntamenti elettorali in prevalenza e, se da un lato è ammirevole l’impegno e la dedizione per degli ideali da parte di queste persone che spesso, pur acciaccate, escono di casa e si mettono pazientemente in fila, dall’altro lato non si può non notare che puntualmente esprimono scelte di voto più vicine al passato che non al futuro. Alle primarie per l’elezione del segretario del Pd vinse Bersani e qui ha vinto un candidato di chiara espressione di sinistra: insomma, se non è ancora chiaro, la base che il Partito Democratico riesce a mobilitare è sempre la stessa ed è di sinistra e non smette di chiedere al suo partito di fare scelte di sinistra.
Il Pd ci prova in tutti i modi a scommettere su progetti diversi e su candidati meno legati a quel passato ma, non c’è nulla da fare, il nuovo non si mobilità, non viene a votare e trionfa l’ideologia: “gli elettori hanno preferito un candidato di bandiera”, ha scritto qualcuno su facebook ed è così.
È evidente che se la situazione è questa, il Pd dovrà anche cominciare a studiare altre forme di partecipazione (oltretutto in questo caso le primarie sono state anche poco partecipate) e soprattutto prestare più attenzione alle candidature che sceglie di mettere in campo.
La scarsa affluenza ai seggi delle primarie di per sé dovrebbe far aprire una discussione interna: davvero è solo la pioggia che ha tenuto gli elettori a casa?
Probabilmente no.
Probabilmente la bellissima campagna elettorale organizzata non ha saputo raggiungere adeguatamente tutti i cittadini (del resto bastava partecipare a qualche appuntamento per comprendere che le facce presenti erano più o meno sempre le stesse di persone dei circoli o legate alle amicizie dei circoli e pochissimi gli estranei). In questo senso il “porta a porta” è sicuramente una scelta utile, da intendersi come “fare una comunicazione capillare in grado di raggiungere tutti” e non tanto di suonare ai vari campanelli e quindi c’è senza dubbio la necessità di organizzazione.
Ma questo da sola non basta, occorrono anche scelte politiche credibili.
Qualche considerazione sulle scelte fallimentari del Pd milanese e lombardo, infatti, va fatta perché la sconfitta del candidato che aveva scelto di appoggiare alle primarie è solo l’ultima di una lunga serie.
In queste primarie, molti hanno contestato che il Partito Democratico sostenesse ufficialmente un candidato, ma la realtà è che il Pd ha diritto di schierarsi, scegliere chi gli pare e sostenerlo; esattamente come Sel ha appoggiato Pisapia.
Solo che, forse, il Pd ha scelto il candidato sbagliato a cui si è aggiunta la successiva candidatura di Onida (arrivata poco dopo che il Partito Democratico aveva espresso il suo sostegno a Boeri) e che inevitabilmente ha sottratto voti.
L’architetto Boeri era quello di minor spessore dal punto di vista politico tra i candidati in campo (per non dire per nulla politico). Il Pd ha sostenuto Boeri perché lo ha ritenuto in grado di raccogliere un consenso vasto sulla città di Milano, così da poter battere il centrodestra (perché l’obiettivo vero che deve essere chiaro a tutti è che non basta vincere le primarie, ma conquistare il comune).
Per Boeri è stata fatta una splendida campagna elettorale, moderna, aperta, partecipata ma, probabilmente, il problema vero era proprio Boeri stesso e la sua non appartenenza politica per la base dell’elettorato che ha votato alle primarie (senza contare le implicazioni nella vicenda expo dell’architetto e l’amicizia con il tanto contestato palazzinaro Ligresti).
Insomma, Boeri è stato bravissimo, simpatico, ha mostrato grandi competenze e capacità e magari sarebbe stato anche un ottimo sindaco ma politicamente è inconsistente e l'elettorato arrivato a votare oggi era fortemente connotato politicamente.
“Le indicazioni del partito da una parte, gli elettori dall'altra”, ha commentato qualcuno sulla rete. E non è una novità, per questo, il Pd milanese qualche responsabilità è il caso che se la assuma.
Ovviamente è difficile che ciò accada perché il sostegno alla candidatura di Boeri è stato espresso ufficialmente da tutti, anche da coloro che non erano d’accordo (innanzitutto perché non ci sono state molte occasioni per discuterne e poi perché le defezioni sono rimaste piuttosto “silenziose” e hanno agito senza disturbare troppo il lavoro ufficiale, per giusto senso di responsabilità verso il partito) e la candidatura unitaria implica una responsabilità generale e quindi è come dire che non è colpa di nessuno.

Più facile sarà cercare di scaricare la colpa sulle primarie, che certamente qualche problema lo creano se vengono gestite male, ma anche su Valerio Onida (che sicuramente ha portato via dei voti utili a Boeri e che ha fatto una campagna elettorale piuttosto brutta e tutta giocata contro il Pd per guadagnare qualche titolo sui giornali).
La realtà, però, è che Onida è una persona di alto spessore politico e noto sia nel mondo cattolico che tra i giustizialisti di sinistra che lo hanno ascoltato tante volte nei convegni in cui si parlava della difesa della costituzione e, forse, se fosse stato sponsorizzato al posto di Boeri (nonostante l’età non proprio giovane in tempi di “rottamazione”) avrebbe potuto spuntarla, ma ormai il Pd aveva scelto l’architetto ed era difficile tornare indietro.
La domanda che sorge spontanea è: ma possibile che nel Pd non si sapesse che Onida stava per accettare la candidatura? E se lo si sapeva, perché non si è scelto un candidato dal così alto spessore politico ma certamente non un estremista per preferire un candidato “civico” fratello di un economista famoso (perché ovviamente quello noto era Tito, non l’architetto Stefano)? Ha senso puntare su un candidato “civico” dopo la gestione disastrosa della Moratti (che politica non è) quando si ha a disposizione un così valido esponente politico non legato ai partiti?
Domande da riunioni interne al Pd. Domande che forse adesso sono inutili e che comunque difficilmente avranno risposta perché adesso sono già tutti pronti a concentrarsi sulla nuova campagna elettorale che dovrà portare Pisapia a Palazzo Marino. Cosa giustissima, anche se la politica fatta all’esterno non deve essere un alibi per nascondere il problema interno.
Il vero problema di oggi è: Pisapia, potrà battere la Moratti?
Quanti elettori non di sinistra lo voterebbero?
L’affluenza alle primarie al di sotto delle aspettative, come scrive Civati (in una cautissima analisi), indica che in questo momento il centrosinistra non sta bene.
E soprattutto ha senso una candidatura legittimata da una parte ristretta di elettorato? È chiaro che non è colpa di quelli che hanno votato se una parte, magari in disaccordo con il loro voto, non si è presentata alle urne ed è chiaro anche che una legittimazione di 68mila persone è sempre molto più ampia di quella di pochi dirigenti chiusi in una stanza, ma il problema esiste.
La città di Milano è grande e tendenzialmente vota a destra... Basteranno i disastri fatti dalla Moratti per convincere i cittadini a non rivotarla?
Oltretutto Pisapia è il candidato di Sel, che è un partito che conta poco o nulla ma che adesso alzerà inevitabilmente la posta in gioco e pretenderà di avere un bel peso.
Adesso sono tutti bravi a dire che daranno il loro sostegno a Pisapia e non c’è dubbio che lo facciano davvero: la base del Pd non avrà difficoltà a appoggiarlo e il voto di oggi lo ha dimostrato ma il problema è capire se il resto della città vorrà votare un candidato così marcatamente di sinistra. Probabile un ritorno sulla scena di Berlusconi che gridi il pericolo del ritorno dei comunisti o una campagna martellante della Lega su immigrazione e insicurezza.
Ovviamente gli elettori di Pisapia non si sono mai posti questi problemi, per loro è il miglior candidato che ci sia (e sicuramente è validissimo). Qualcuno, su facebook, afferma che ha vinto Vendola (per il grosso apporto che il leader di Sel ha dato alla campagna elettorale), qualcun altro ironizza “Per il futuro della sinistra rivolgersi a Fini”.
Altro punto su cui discutere, infatti, è l’assenza dei big nazionali Pd per Milano. Lo scenario si era già visto ai ballottaggi per le elezioni provinciali che portarono alla sconfitta di Filippo Penati (giugno 2009), alle elezioni regionali (con qualche iniziale eccezione) che portarono sempre alla sconfitta di Penati e adesso (mentre per Pisapia è arrivato Nichi Vendola).
La domanda che viene da farsi è: i leader nazionali hanno così paura a metterci la faccia sulle questioni lombarde perché sanno di andare incontro a sconfitte certe? Nel caso dei ballottaggi alle provinciali, Penati disse di non volere l’appoggio di nessuno perché in Lombardia ce la saremmo cavati da soli. Difficile dire se era la verità, una scelta tattica perché anche allora il Pd nazionale non stava benissimo (inoltre era guidato da Franceschini e non è che con Penati andasse proprio d’accordo) o se fu una scelta per dimostrare che il Nord sa compiere le sue scelte senza bisogno che arrivino imbeccate da Roma. Sta di fatto che il Pd ha sempre perso e l’attenzione che sanno suscitare esponenti di spicco della scena politica nazionale, difficilmente riesce ad averla un candidato locale e, anche solo dal punto di vista della “capillarità della comunicazione” e dell’attenzione dei media, avere qualche politico di peso da spendere sul campo sarebbe stato utile (il centrodestra stesso mette in campo Berlusconi in prima persona).
La realtà comunque è che Pisapia non è Vendola e adesso ha bisogno di campagna elettorale forte e che sia in grado di parlare davvero a tutti e non solo ad una parte politica.