lunedì 8 novembre 2010

Firenze e Roma

Firenze e Roma
I “rottamatori” e il “partito”.
“Prossima Fermata Italia” e “Assemblea Nazionale dei Circoli”.
Due eventi importanti per gli appartenenti al Partito Democratico, entrambi perfettamente riusciti (ciascuno secondo il suo punto di vista) ma entrambi nati con l’intento di essere l’uno contrapposto all’altro.
I “rottamatori” - come sono stati ribattezzati dalla stampa quelli che si sono riuniti a Firenze, sulla scia di una battutaccia fatta da Matteo Renzi in un’intervista sulla necessità di «rottamare» la vecchia classe dirigente del Pd, insieme alle idee di cui sono portatori - però di strada ne hanno percorsa da quell’annuncio potente di rivoluzione in nome del rinnovamento all’assemblea in corso in questi giorni.
I richiami fatti a Renzi da tutto l’establishment del Pd in queste settimane (dalla richiesta di «rispetto» al non «picconare la ditta» in un momento politicamente delicato) probabilmente hanno funzionato e il risultato è che hanno prodotto l'effetto di correggere profondamente il tiro dell’assemblea fiorentina e, abbandonato il vocabolario della rottamazione (se non per qualche battuta leggera) ne sta uscendo una buona discussione, per lo più centrata su contenuti di interesse per il Paese e non sul partito.
Lo stesso Matteo Renzi, che in televisione appare come un tipo antipatico e arrogante, è riuscito a trasformarsi in un tranquillo e simpatico conduttore, la cui ironia serve a far divertire e ad alleggerire la tensione del momento e a rendere godibile la lunga assemblea.
Idem per Pippo Civati, abile blogger, ma sempre piuttosto spocchioso che, invece, in questa occasione, sembra più tranquillo e normale.
A seguire dal web le due assemblee si notavano le enormi differenze, sia dal punto di vista della forma che dei contenuti.
Da Firenze la diretta web (su più siti) va e viene, forse per i troppi contatti, però quello che appare è un incontro sereno che avviene in un clima molto friendly, piacevole da seguire, in una forma molto innovativa, con Renzi e Civati che giocano a fare un po' i personaggi con il loro modo di condurre ma che creano vivacità (che nelle assemblee è utile per non addormentarsi).
Il vero rinnovamento di Firenze sembra proprio qui: nella formula scelta per l’assemblea, più che nell’età dei suoi protagonisti (i giovani di età non sono poi tantissimi) e dei contenuti (le proposte moderne e innovative si alternano ad altri spunti di riflessione non proprio contemporanei).
Insomma la rivoluzione a Firenze non sembra esserci, però, quell’assemblea aggiustata in corsa ha permesso di far rientrare in modo utile i termini della contestazione al gruppo dirigente ed ha prodotto una discussione vivace e interessante per il Paese oltre che per il Pd (o almeno per quel pezzo di Pd che fatica a riconoscersi nella linea espressa da Bersani).
Roma, invece, è un’altra storia.
L’Assemblea dei circoli è stata indetta in questa giornata con il chiaro intento di portare via persone da Firenze (sebbene il gruppo dirigente lo abbia sempre negato). E, in un clima politicamente surriscaldato (sia all’esterno che all’interno del Pd), è naturale che la maggior parte degli appartenenti al partito scelga di compattarsi attorno al segretario.
È naturale tanto più alla luce di come si era posta l’assemblea dei cosiddetti “rottamatori” (che appunto minacciavano di voler «rottamare» tutto e tutti) e delle ambizioni sempre troppo evidenti di Renzi (visto da molti come il Berlusconi del Pd).
Da quell’impostazione iniziale delle cose, da Roma non è stato fatto alcun passo avanti, come se tutte le aperture e gli ammorbidimenti di Renzi avvenuti in questi giorni non avessero cambiato il clima di una virgola e lo show che andato in scena all’auditorium di via della Conciliazione, più che un’assemblea dei circoli, è sembrata una resa dei conti dei bersaniani contro tutto il resto.
La scenografia utilizzata era la stessa dell’assemblea nazionale di Varese, il palco era bellissimo ma anche profondamente impegnativo (era quello di un teatro vero), così come un certo timore poteva incuterla la grande sala affollata dalle luci abbassate.
Un’impostazione molto diversa da quella di Franceschini alla Fiera di Roma dello scorso anno, con lo spazio per parlare al centro e tutta la gente intorno.
A guardarla via web, l’assemblea romana è sembrata vecchia, così come vecchi sembravano molti di quelli che hanno preso la parola, compresi i giovani che parevano zombie mentre lanciavano volutamente strali contro «la politica hollywoodiana» (ricordando tanto la lettera dei giovani turchi).
La discussione è proseguita con un susseguirsi di formule antiche per lo più e volutamente dette contro qualcuno (più contro Veltroni che contro Renzi a dire il vero): in generale, ad essere contestata è tutta l’impostazione che il Partito Democratico si era dato alla sua nascita e poi portata avanti da Franceschini e che, in parte, è ritornata anche nelle richieste di Firenze.
Insomma, a Firenze, rispetto all'annunciata rottamazione, si è corretto il tiro e il clima si è molto ammorbidito e ne sta uscendo una buona assemblea (indipendentemente dalla validità o meno dei contenuti proposti).
A Roma, invece, doveva esserci un'assemblea dei circoli per parlare delle istanze locali e portarle al segretario, invece è rimasta per lo più un'assemblea “contro”, in cui molti intervenuti sembravano una pura espressione dell’apparato e hanno usato quel palco per parlare contro altri (spesso con argomenti anche di una politica vecchio stile, legittima - soprattutto perché i circoli nella fase veltroniana hanno subito molti sbandamenti e si sono ritrovati privi di un reale ruolo politico - ma qui è stata usata volutamente contro qualcuno).
La sintesi di tutto avrebbe dovuta trarla il segretario Bersani, cercando di mediare metodi e temi, ma ciò non è avvenuto. In quel «non sono uno permaloso, si può discutere», Bersani ha espresso chiaramente qual è il suo punto di vista: fregarsene e tirare dritto per la sua strada, non ascoltando nessuno. Questo è il dramma del Pd: è giusto che un segretario decida, Bersani ha vinto il congresso e ha diritto di scegliere la linea politica del partito (che poi ha espresso nel corso del suo discorso: niente partito personalistico, niente nome nel simbolo, radicamento sul territorio, porta a porta, aderenza alle proposte presentate nei giorni scorsi, manifestazione contro il governo l’11 dicembre), ma ha anche il dovere di prendere atto che c’è una parte del suo partito che in quella linea fa fatica a riconoscersi e chiede conto di alcune questioni. 

Il discorso di Bersani di oggi all’Assemblea dei Circoli - in cui ha mischiato argomenti interni di partito a linea politica a messaggi per l’esterno - tutto sommato è stato anche ben articolato dal punto di vista comunicativo, condivisibile in molti punti, ma completamente privo di aperture verso quella parte che gli ha espresso un disagio e a cui si è limitato a dire che sono stati inseriti molti giovani nelle segreterie (come se il rinnovamento fosse solo un problema anagrafico: lo si è visto anche dai discorsi fatti in assemblea che c’è un problema di discordanza di vedute) e che comunque occorre «rispetto per la ditta e per gli appartenenti all’associazione». 

Probabilmente la colpa è anche dei “rottamatori” che inizialmente sembravano avergli mosso una dichiarazione di guerra, ma la realtà è che pure se avessero usato altre parole, sarebbero stati ignorati ed è un peccato perché il Pd è più vario e articolato della maggioranza del suo gruppo dirigente. Inoltre, come ben segnalava David Sassoli nell’ultimo incontro di AreaDem a Cortona, è vero che il momento politico è delicato e nel Pd c’è bisogno di unità, ma è anche vero che questa unità non può essere solo praticata dalla minoranza: spetta anche e soprattutto alla maggioranza che ha vinto il congresso cercarla e, nell’assemblea dei circoli di oggi, un po’ più di equilibrio non avrebbe guastato.

Personalmente, sono rimasta colpita da questa gestione assurda delle vicende.
Non amo Renzi e nemmeno Civati. Fino a qualche settimana fa non li ho nemmeno presi in considerazione, poi molti amici di AreaDem (giovani e meno giovani) mi hanno chiesto se sarei andata a Firenze e allora ho cominciato a guardare cosa stava accadendo.
Vorrei segnalare ai tanti che guardano con malcelato schifo l’Assemblea della Stazione Leopolda che in quella sala c’è gente del Pd, gente a cui sta a cuore il Pd e che non si riconosce nella linea espressa dalla segreteria e cerca uno spazio per esprimere il suo pensiero e magari trovare qualcuno che lo raccoglie e non qualcuno che dice «discutete pure, tanto poi faccio come mi pare».
A molti di quelli presenti in quella stazione non importa niente delle mire ambiziose di Renzi, ma sono curiosi di capire quali idee verranno messe in campo.
Molte di quelle persone che sono lì erano e sono anche in AreaDem e chiedono lì le stesse cose che hanno cercato da noi e che forse ora faticano a trovarle: «Noi non ci fermiamo» - mi aveva detto un ragazzo a Cortona - «Noi andremo ovunque portando le nostre idee e se vorranno ascoltarle ci farà piacere, lottiamo per questo, non per altro». E quel ragazzo merita rispetto per l’impegno che mette e per quanto ci crede.
Renzi non è Veltroni, il metodo della «rottamazione» non è il «documento dei 75»: sono sbagliati entrambi, solo che Renzi lo ha capito che non conveniva giocare in salita contro il mondo e ha cambiato registro e dalla riunione fiorentina sta uscendo una discussione vivace e interessante; i 75 formalmente non si sono mossi di una virgola, poi nella pratica hanno fatto marcia indietro ma ciò che è rotto non si ricompone.
Personalmente provo un disagio enorme di fronte a questa situazione: vogliamo tutti un cambiamento ma ci siamo frammentati sempre di più e così facendo avremo sempre meno possibilità di ottenerlo.
Personalmente non condivido il linguaggio di Renzi e l’ergersi sempre un piano sopra gli altri di Civati e non condivido nemmeno molte delle istanze che sono state portate in quell’assemblea e per questo non ho voluto andare a Firenze: i tempi, i modi, le forme e anche i contenuti contano.
Ma quando vedo i miei amici di AreaDem a Firenze, non posso fare a meno di chiedermi perché quelle cose sono dovuti andarle a dire lì? Perché non le hanno più trovate da noi? E non credo sia sempre colpa degli altri: qualche sbaglio lo abbiamo fatto anche noi se perdiamo pezzi.
Di Firenze, poi, salverei la formula: quell’approccio friendly (conduzione vivace, interventi a tempi certi, intermezzi di filmati) è utilissimo nelle assemblee e tutto il Pd dovrebbe farne tesoro.
Se avessi dovuto scegliere, probabilmente, oggi sarei andata a Roma perché l’Assemblea dei circoli era un incontro ufficiale del Pd e alle ricorrenze ufficiali mi piace essere presente. Eppure sono certa che se fossi stata a Roma avrei provato un enorme disagio per i discorsi che sono stati fatti sul palco: non sono una veltroniana, ma quell’accanirsi contro la politica hollywoodiana e quei richiami continui all’organizzazione erano un attacco pesante a tutto il Pd precedente ed erano un profondo modo di guardare indietro anziché avanti.
I circoli hanno vissuto male l’inizio del Pd perché si sono visti spodestati del loro ruolo politico in nome di una modernità presunta e si sono trovati a fare solo da distributori di volantini. Tuttavia non è eliminando la cosiddetta “politica hollywoodiana” che torneranno a fare politica e il radicamento sul territorio non esclude una caratterizzazione più marcata delle leadership e dei programmi e questo qualcuno lo doveva spiegare! Lo si deve spiegare ai circoli che stanno a dare volantini sul territorio tutti i giorni durante le campagne elettorali che, se non prendono un voto e il Pd non viene nemmeno percepito, non è colpa loro ma il problema sta nei mass media che fanno opinione e lì il Pd ne esce un disastro perché comunica malissimo a livello centrale!
Domani si volta pagina, domani ci si concentrerà sul “porta a porta” e poi sui preparativi della manifestazione dell’11 dicembre. Tutto giustissimo, ma non nascondiamo in continuazione la polvere sotto al tappeto, certe cose è meglio dirsele e magari risolvere una volta per tutte per poi ripartire tutti insieme più serenamente e più convinti con ciò che si deve portare avanti.