domenica 9 marzo 2014

Le opportunità e i riconoscimenti non sono ancora pari

In occasione della giornata della donna, anche al circolo PD a cui sono iscritta, abbiamo ritenuto opportuno aprire una discussione sulle politiche di genere ma anche su cosa sta avvenendo nella nostra società.
All'apparenza le donne hanno ottenuto la parità ma di fatto le cose non stanno proprio così. ce lo dicono i numeri.
Nei giorni precedenti l'8 marzo, i quotidiani hanno riportato diverse statistiche in cui era evidenziato come, troppo spesso, ancora oggi, per le donne le opportunità non sono pari rispetto a quelle degli uomini ma purtroppo non sono pari neanche i riconoscimenti.

La parità retributiva (che significa che a parità di mansione deve corrispondere pari salario tra uomo e donna), per esempio, è sancita dai trattati europei del 1957 ma la direttiva attuativa è soltanto del 2006 e dai giornali dei giorni scorsi abbiamo appreso che le donne per la raggiungere la stessa cifra guadagnata dagli uomini, a parità di mansione, in Europa mediamente devono lavorare 59 giorni in più
In Italia, scrive Il Sole 24 Ore, le cose vanno un po' meglio e i giorni in più di lavoro sono mediamente 12, anche se qualcosa è peggiorato in seguito alla crisi economica e poi molto varia da settore a settore.
E sempre Il Sole 24 Ore scrive che esiste un problema di "segregazione femminile", cioè le donne sono concentrate in pochi ambiti. 

Ogni tanto ci rallegriamo nel vedere donne che hanno raggiunto i vertici di aziende, di sindacati, di enti pubblici ma troppo spesso, oltre a queste poche donne-simbolo (che pure sono un dato positivo), per tante altre la realtà è molto diversa.
Molte donne non solo non arrivano ai vertici ma spesso non arrivano nemmeno ai livelli intermedi perché la loro carriera lavorativa si ferma molto prima.
Una ricerca del CGIL, partita dalla Regione Marche e poi estesa a tutto il territorio nazionale, citata in un servizio del Tg2, segnalava che molte donne lasciano il lavoro con la nascita del primo figlio perché l'azienda non concede il part-time e mancano servizi di welfare. Nel caso delle precarie, semplicemente vengono lasciate a casa appena il contratto scade.
Un'altra ricerca della Cisl Lombardia segnala che nella nostra Regione, ogni anno ci sono circa 5000 donne che lasciano il lavoro perché non riescono a conciliare i tempi lavorativi con quelli familiari e, anche in questo caso, il problema è la mancanza di servizi per la prima infanzia o gli orari di questi che non collimano con quelli dell'ufficio. 

Sul fronte dei diritti non stiamo meglio.
Ieri è stata resa nota la condanna all'Italia da parte del Consiglio d'Europa per l'eccesso di medici obiettori di coscienza che non garantiscono la piena applicazione della legge 194. Anche in Spagna le cose non vanno meglio, lo abbiamo visto le scorse settimane quando le donne di tutta Europa sono scese in piazza in sostegno della manifestazione "Yo Decido" indetta dalle donne spagnole contro la nuova legge che impone forti limitazioni all'interruzione di gravidanza.
Calandoci sul territorio assistiamo ad un progressivo smantellamento dei consultori (per mancanza di risorse).

E' tempo di cambiare ma è sotto gli occhi di tutti il caos che sta avvenendo in Parlamento sulla legge elettorale e uno dei motivi di scontro è dato dall'inserimento delle quote rosa. Vedremo come andrà a finire la battaglia ma le premesse - e il solo fatto che si stia facendo battaglia - non sono dati positivi.
Il fascismo aveva messo le quote per limitare la presenza delle donne in alcuni ambiti, le si voleva relegare in casa (e chissà quanti danni ha prodotto quel tipo di cultura e quanto troppo ha sedimentato nella nostra mentalità). Oggi siamo costretti a mettere le quote per portare avanti le donne, per inserirle dove altrimenti non riuscirebbero ad arrivare.
Eppure tutto questo non basta perché il problema culturale resta sullo sfondo ma è pesante: si vedano gli insulti alle giovani ministre del governo Renzi, le parole vergognose di Salvini sul pancione della Madia (ma del resto la Lega aveva già mostrato il peggio di sé con gli insulti e l'istigazione alla violenza nei confronti di Cecile Kyenge), Maria Elena Boschi è presa di mira perché bella (prima il problema era Rosy Bindi perché era brutta) e il post di Grillo sulla Boldrini che ha scatenato una serie di trivialità che fanno emergere qualcosa di inquietante su come viene concepita la donna da alcuni uomini.
E poi ancora gli insulti a Marianna Madia perché "figlia di...", "ex fidanzata di..." e questa idea che passa secondo cui una donna quando arriva ad ottenere una posizione ci arriva sempre perché messa lì da qualcuno (amici, parenti, amanti) o perché "fortunata" e mai che si pensi che ha ottenuto qualcosa perché brava e se l'è conquistato per merito.
Insomma, le conquiste ottenute sulla carta negli anni sono state molte ma oggi bisogna fare in modo che queste valgano anche nei fatti concreti e la strada per le pari opportunità e il pari riconoscimento è ancora lunga.