domenica 27 maggio 2012

L'ansia del nuovo

Dai commenti seguiti all'analisi del voto delle amministrative, oramai tutti si sono lasciati travolgere dell'ansia del rinnovamento. Un rinnovamento che è stato richiesto chiaramente dagli elettori, che nelle ultime amministrative si sono astenuti in massa oppure hanno cominciato a guardare al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo in segno di protesta verso tutta la classe politica esistente (che qualche colpa l'ha collezionata nel corso degli anni, qualcuno di più, altri meno, ma purtroppo nessuno si è mostrato esente da errori anche abbastanza gravi).
Un'ansia da rinnovamento che mandato in tilt il centrodestra, ormai nella confusione più totale dopo la scomparsa dei voti di Pdl e Lega e la quasi inconsistenza dell'ex Terzo Polo, ma che non ha lasciato indenne nemmeno il Pd, che pure ha resistito bene alle amministrative e ha vinto in moltissimi comuni (compresi quelli dove non avrebbe mai pensato di arrivare).
Un'ansia da rinnovamento che è giusta e che forse i dirigenti del Partito Democratico avrebbero dovuto porsi anche prima di arrivare a questo scenario perché le avvisaglie c'erano tutte già da tempo e anche le lamentele interne erano da parecchio molto insistenti. E, invece, il tutto è esploso adesso, quando al Pd basterebbe guardarsi dentro per scoprire la ricchezza di innovazione che ha al suo interno e che continua a tenere ben nascosta per lasciare che a presentarsi sia "il vecchio".
Beppe Grillo è stato poco simpatico come sempre nel dare a Bersani dello Zombies ma la percezione generale è un po' quella, pur non essendo colpa di Bersani. Il punto, infatti, è che da dopo la caduta del governo Berlusconi e l'avvento di Monti e della sua squadra di tecnici (per quanto antipatici, spocchiosi) tutta la classe politica precedente appare come qualcosa di vecchio e superato, anche quelli che in una situazione normale non lo sarebbero affatto.
A pesare sono stati certamente anche i troppi scandali che hanno coinvolto molti esponenti politici che ricoprono incarichi istituzionali, soprattutto del centrodestra (che dopo i disastri prodotti al governo, le case prese a Scajola a sua insaputa, le inchieste su Papa e Milanese, gli scandali del Bunga Bunga e le vicende della famiglia Bossi con i soldi dei rimborsi elettorali destinati alla Lega, infatti, è lo schieramento uscito praticamente morto da quest'ultima tornata elettorale) ma non è che il centrosinistra stia molto meglio perché gli elettori si aspettavano qualcosa in più di ciò che è avvenuto (si pensi ai casi Lusi e Penati ma anche a come sono state gestite male le vicende sulla riforma dei rimborsi elettorali, a cui si è arrivati dopo che lo scandalo è scoppiato e aggiustando il tiro dopo una serie di uscite fuori luogo di esponenti di peso del Pd).
Insomma, tutti sapevano che dopo Monti nulla sarebbe stato più come prima, ma forse non pensavano che la situazione potesse precipitare fino al punto in cui è arrivata, con il rischio che alle prossime elezioni tutta la classe politica attuale venga letteralmente spazzata via. Da qui l'ansia disperata di cercare il nuovo o di far vedere che non si è troppo vecchi.
Casini ci sta provando con l'idea di un nuovo partito, forse per agganciare Montezemolo (possibile cavallo vincente alla prossima disperata tornata elettorale); Berlusconi si dice che abbia ipotizzato un listone civico di giovani (come se la gente fosse cieca da non accorgersi che lui è sempre lì); Maroni ha annunciato l'ipotesi di uscita dal Parlamento per la Lega; mentre Grillo, dopo la vittoria di Parma (la sua "Stalingrado") ha già minacciato la "conquista di Berlino".
In tutto questo rivolgimento, i giornalisti e i commentatori se la prendono con il Pd, che arranca, si stizzisce, non capisce.
Personalmente non sapevo se sorridere o no per i video o le figurine fatte girare su facebook e su YouDem con le "facce nuove e giovani" dei democratici, come a dire che ci sono. Certo che ci sono, peccato che in televisione a parlare agli elettori Pd ci siano sempre quelli che nuovi non sono. Le televisioni, ovviamente, invitano persone note perché sono garanzie di ascolto, ma forse starebbe anche alle segreterie o agli stessi noti provare a segnalare qualche "nuovo" da mandare al posto loro in rappresentanza del Pd.
Personalmente, sono d'accordo per mandare persone "nuove" sia in tv sia nelle istituzioni, però forse è il caso di chiarirsi le idee su che cosa è "nuovo".
Il sospetto è che l'unica cosa che venga presentata come nuova (nel Pd e non) siano i "rompicoglioni". Si vedano ad esempio come sono emersi Serracchiani, Renzi e Civati.
Debora Serracchiani è stata candidata alle europee e diventata famosa dall'Assemblea dei circoli in cui attaccò il segretario di allora Franceschini. Senza quel passaggio, forse, oggi non ci sarebbe la nuova stella del Pd e non sarebbe così ricercata da giornali e tv come "volto nuovo del Pd".
Pippo Civati è diventato famoso per i continui distinguo sulla linea dalla segreteria (ma anche delle altre componenti) pubblicati sul suo blog e grazie a questo riceve l'attenzione di giornali e tv.
Matteo Renzi è diventato famoso con l'idea della rottamazione.
E' chiaro che i giornali sono attratti da questo tipo di notizie e, quindi, danno ben spazio a questi personaggi, ma in questo modo, sembra che il nuovo sia solo chi urla contro e tutto il resto non esiste. Un "nuovo" posto in questo modo non è tanto diverso dal "nuovo" dei grillini.
Il rischio è che se uno fa bene il suo lavoro senza alzare troppo la voce e senza rompere le scatole a nessuno sembra che sia vecchio o che non esista e nessuno si preoccupa di farlo esistere. Così facendo, c'è la possibilità reale che tutta questa ansia di nuovo faccia buttare via persone che vecchie non sono, che lavorano nelle istituzioni magari da tempo e lo fanno bene e con competenza (conosciute o meno che siano). Oltretutto, la percezione del "vecchio" e del "nuovo" cambiano da Regione a Regione, da città a città: ci sono esponenti locali che sul territorio sono conosciutissimi perché magari hanno fatto un ampio percorso politico (utilissimo per la loro formazione e per l'acquisizione di competenze), che non sono "vecchi" anagraficamente, che in altri territori sono dei perfetti sconosciuti ma che nella loro realtà rischiano di venir considerati già "da rottamare". Così come il discorso del limite dei mandati in Parlamento non risolve molto la questione delle percezioni perchè ci sono esponenti politici mai visti che non sono "nuovi" e esponenti visti fin troppo "nuovi" o "vecchi" che siano.
Oltretutto, non è che tutto il "vecchio" sia da buttare: molto sicuramente sì, però, ci sono persone che hanno fatto un percorso politico importante, che hanno acquisito competenze e che è anche giusto che le mettano a frutto. Sarebbe più utile fare dei distinguo, verificare chi lavora e chi no, invece di buttare via tutto in nome del fatto che "tanto alcuni non schiodano e quindi per farne fuori un po' bisogna spazzarli via tutti" e poi "tutti sono uguali". Senza contare che non è accettabile che vengano considerati come "nuovi" solo i giovani che urlano.
Tuttavia, la domanda di rinnovamento è reale, forte e va colta in fretta (e sarebbe ora che anche Bersani e il suo poco simpatico entourage la recepisse, invece, di giocare con le figurine che poi tiene appiccate in un album ben chiuso nel cassetto) ma non facciamo travolgere tutto: è giusto chiedere che molti di quelli che appartengono alla classe politica che ci hanno guidato fin qui facciano un passo indietro, è giusto chiedere di far vedere di più figure diverse dalle solite (nuove o no che siano, anche in prima serata) ma evitando di buttare via "il bambino con l'acqua sporca" (per dirla con una brutta metafora bersaniana) e tagliando fuori persone che non sono né "nuove" né "vecchie" ma che semplicemente fanno bene il loro lavoro anche senza urlare contro qualcuno in continuazione.