martedì 15 maggio 2012

Disciplina di bilancio e fiscal compact

Ieri pomeriggio si è svolto un interessante incontro – sebbene assolutamente deserto - presso la sede della Rappresentanza della Commissione Europea a Milano, sul tema del “nuovo Trattato sulla disciplina di bilancio: luci e ombre del Fiscal Compact”. La discussione è stata aperta da Franco Praussello (Università di Genova), il quale ha affermato che solo in particolari circostanze (che non sono quelle attuali) l’austerità aiuta la crescita. Per tempi come i nostri, di “recessione pesante” - qualcuno si sbilancia e parla anche di “depressione” - l’austerità genera un circolo vizioso, in quanto provoca la caduta del reddito delle persone e, di conseguenza, cade anche il gettito fiscale e, quindi, diventa difficile reperire risorse per ripagare il debito.
Praussello ha ricordato che è stata la Germania a chiedere il Fiscal Compact. In Germania, la parola “debito” significa anche “colpa”, ma non è possibile, secondo Praussello, che a risanare il debito sia solo chi ha sbagliato perché da soli non hanno le capacità. Per questo, per Praussello, l’Unione fiscale attuale è squilibrata e si basa solo sull’austerità, mentre serve rilanciare la crescita e, per farlo, non sono sufficienti le riforme strutturali ma servirebbero un po’ di politiche keynesiane.
Sulla stessa lunghezza d’onda è stato Paolo Petracca (Presidente ACLI Milano), che ha illustrato un’indagine realizzata dalle ACLI su 170 mila persone (monitorate per 4 anni), per vedere come la crisi ha inciso sull’impoverimento dei ceti medi delle provincie di Milano e Monza e Brianza (territorio di loro competenza).
Dall’indagine svolta dalle ACLI, ha spiegato Petracca, risulta che c’è chi ha perso il lavoro e non ha più reddito, pochi hanno avuto ammortizzatori sociali, altri hanno solo dovuto difendersi dal costo della vita (i pensionati sono quelli che hanno avuto un impoverimento più leggero, dovuto al fatto che le loro pensioni non sono aumentate mentre è salito il costo della vita).
Le famiglie monoreddito hanno perso mediamente il 4,8%, per motivi di cassa integrazione, cambio di contratti di lavoro al ribasso e salari reali bassi rispetto all’aumento del carico fiscale; per cui non hanno retto.
Le famiglie con due redditi hanno avuto il -2,8% di perdita del loro reddito reale.
Sono in una situazione molto grave i padri e le madri separate.
Venendo alle tematiche europee, Petracca ha affermato che “Sentiamo ancora il sogno dell’Europa”, anche ha perso presa nell’opinione pubblica dal fallimento della Costituzione in poi. Oggi, secondo i dati IPSOS (l’istituto guidato da Pagnoncelli), sono meno del 50% gli italiani che hanno fiducia nell’Europa e questo non era mai accaduto prima: l’Italia era il Paese più europeista in assoluto.
Il tema dell’austerità ha sicuramente ragioni fondate, secondo Petracca, che ha ricordato che in Italia c’è una percentuale altissima lavoro nero, troppa evasione fiscale, troppi capitali esportati all’estero e mai rientrati neanche con lo scudo fiscale, ma che comunque è indispensabile che vengano attuate misure per la crescita e, soprattutto, occorre una maggior attenzione al tema dell’occupazione.
Per questo, secondo Petracca, possono essere utili gli Eurobond per trovare risorse da investire. Da questo punto di vista, Petracca ha ribadito che le Acli sono favorevoli all’intervento pubblico in economia, anche perché “si sono investiti miliardi di soldi pubblici per salvare la finanza senza mettervi neanche delle regole; ancora oggi non c’è un controllo e girano prodotti spazzatura”.
In merito al Fiscal Compact, Petracca ha segnato che questo ha già segnato negativamente Grecia, Portogallo, Spagna e Slovenia, mentre serve invertire la tendenza, perché manca la prospettiva di un futuro per i cittadini; meglio sarebbe – secondo il Presidente delle ACLI di Milano – “un modello di sviluppo fondato sulla redistribuzione piuttosto che su una crescita impari, come è quello attuale”.
Antonio Longo (Direttore del circolo culturale Altiero Spinelli di Milano) ha precisato che “Siamo cresciuti immaginando l’Europa come fattore di progresso e negli ultimi anni non è stato più così”, definendo poi “inquietanti” le dichiarazioni della Merkel in merito alla possibilità che l’Unione possa andare avanti senza la Grecia, perché si tratta di “un messaggio politico sbagliato, perché poi la stessa sorte potrebbe toccare ad altri”.
Opinione un po’ diversa in materia di debiti e rigore quella della parlamentare europea Francesca Balzani (PD-S&D), la quale ha esordito dicendo di essere rimasta segnata dall’esperienza di assessore al bilancio al Comune di Genova e dalla presa di coscienza dei debiti di tutti i Comuni (in quanto, in precedenza, si è fatto di tutto con il debito, senza alcun controllo o paletto). Secondo Francesca Balzani è sbagliato dire di “usare il debito per la crescita”, in quanto “è delicato e pericoloso maneggiare le risorse pubbliche”. Il debito è sempre un problema, secondo la Balzani, perché un nuovo premier che arriva, se non trova i soldi, non può fare niente al di là della normale amministrazione. Forse “austerità” non è il termine corretto ma, per la deputata europea occorre almeno parlare di “responsabilità” nell’amministrare le risorse pubbliche e il Fiscal Compact va in questa direzione, anche se certamente non contiene misure per la crescita.
Queste, secondo l’europarlamentare, possono arrivare dagli Eurobond (verso i quali anche Barroso si è mostrato favorevole) e dalla tassa sulle transazioni finanziarie, che possono generare risorse da investire.
Con la tassa sulle transazioni finanziarie (che voleva essere un po’ il “secondo tempo” del rigore, per la crescita), si era partiti in anticipo ma il consenso dentro al Parlamento Europeo è altalenante: prima ci sono state forti spinte in avanti e poi si sono fatte delle marce indietro e comunque non tutte le forze presenti sono favorevoli a questo provvedimento, per questo è difficile prevedere la tempistica con cui questa tassa potrà entrare in vigore. Tuttavia, secondo la deputata europea, la tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe essere una risposta politica forte a questa situazione, per creare un mercato più trasparente e sano.
Francesca Balzani ha anche ricordato che è difficile chiedere agli Stati di fare politiche per la crescita, mentre è più facile chiedere di coordinare meglio le loro politiche (ad esempio in tema di energia, infrastrutture) per dare una direzione agli investimenti, in modo che sia l’UE a fare gli investimenti che gli Stati da soli non possono fare perché non hanno risorse sufficienti (infrastrutture energetiche, trasporti). Così come sarebbe necessario coordinare meglio le politiche nazionali a quelle europee per avere accesso ai fondi europei.
Antonio Padoa Schioppa (Università di Milano) si è d’accordo con Francesca Balzani sul fatto che vanno prese sul serio le politiche tedesche per il risanamento e, citando Tommaso Padoa Schioppa, ha affermati che “Il risanamento è compito degli Stati, la crescita è compito dell’Europa”. Per questo, a suo avviso, il Parlamento Europeo deve chiedere con forza un certo tipo di politiche, anche “minacciando” Consiglio Europeo e Commissione, in quanto il Parlamento Europeo è un organo politico e rappresenta i cittadini europei. Un ruolo chiave, in questo senso, secondo Padoa Schioppa deve giocarlo Schulz, presidente del Parlamento Europeo, che – a suo parere, in Germania non aveva fatto una gran politica ma qui può giocare le sue carte per fare una politica più ambiziosa, in quanto per fare dei grandi investimenti di soldi pubblici è necessario un aggancio democratico e questo è rappresentato dal Parlamento Europeo. Strumento da utilizzare per fare pressione su Consiglio e Commssione, secondo Padoa Schioppa, è il Bilancio europeo.
A questo ha risposto Francesca Balzani dicendo che è vero che, in teoria, il Parlamento Europeo può bocciare il bilancio ma questo farebbe molto contenti i Paesi antieuropeisti perché risparmierebbero il 2,5% dell’inflazione. Inoltre, bocciare il bilancio significherebbe bloccare subito i fondi strutturali e politiche di coesione (quindi, si andrebbero a penalizzare i Paesi più poveri). Meglio, secondo la Balzani, fare negoziati su altre cose, anche che ruotano intorno al bilancio e che rientrano tra gli interessi del Consiglio (ad esempio il progetto nucleare). I Paesi antieuropeisti nel Consiglio, inoltre, godono di grande prestigio (come ad esempio la Gran Bretagna) mentre quelli europeisti contano poco o sono stati poco presenti (come è stata l’Italia fino a poco tempo fa). Oggi, secondo Francesca Balzani, c’è la speranza che cambino gli assetti dentro Consiglio e Commissione (che sono a maggioranza di destra). Il Parlamento Europeo lavora in equilibrio con questi due organi e il suo compito non è facile.