martedì 21 giugno 2011

Le politiche dell’Unione Europea sull’immigrazione

Un interessante convegno dedicato alle politiche dell’Unione Europea sull’immigrazione si è svolto ieri pomeriggio alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano, a cui hanno partecipato i rappresentanti della politica e delle istituzioni.
Matteo Fornara, direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea, ha aperto l'incontro, tracciando un quadro generale delle politiche europee in materia di immigrazione, contestualizzandole nello scenario in cui l’Unione si muove, ovvero la crisi economica e la conseguente scarsità di risorse ma anche il ritorno in scena di forze politiche demagogiche e dai tratti xenofobi anche nei confronti di Paesi che fanno parte dell’Europa. Un contesto, dunque, non facile quello in cui l’Unione si trova ad agire e per questo, secondo Fornara, è anche complicato avviare delle politiche nuove.
«Molti Paesi ragionano pensando a cosa possono ottenere dall’Unione Europea e non pensano a cosa possono dare», ha commentato Fornara, evidenziando la scarsa disponibilità delle nazioni a cedere un po’ della loro sovranità in vista di un’ottica comune e di politiche comunitarie.
Fornara ha sottolineato il valore del Trattato di Lisbona, nato prima della crisi ed entrato in vigore durante, e ad esso spetta il compito di fare da base per una politica nuova ambiziosa.
Del Trattato di Lisbona, Fornara ha citato gli articoli 79, secondo cui l’Unione Europea si deve impegnare a sviluppare una politica comune in materia di immigrazione, e 80, che prevede la solidarietà tra i Paesi dell’Unione nell’applicazione delle norme sull’immigrazione, ma ha anche segnalato che di recente è avvenuta la rivolta dei Paesi del Mediterraneo e si è creata un’emergenza immigrazione che non è percepita allo stesso modo da tutti i Paesi (ad esempio la Polonia ha espresso più volte di avere altre priorità).
Fornara ha precisato che quelle che stanno avvenendo nel Mediterraneo sono migrazioni inferiori a quelle avvenute in altri periodi o a quelle che avvengono via terra, ad esempio tra la Grecia e la Turchia.
«L’Unione Europea, attualmente, è impegnata nell’intervento per la gestione della crisi in Libia e poi ha stanziato 100 milioni per la Tunisia e l’Egitto», ha spiegato Fornara.
In merito alla gestione delle frontiere, l’agenzia Frontex (che ha risorse limitate e che devono essere ampliate) lancerà a breve delle operazioni, inoltre, il 24 maggio è stato approvato un documento contenente 31 misure legislative che dovrebbero entrare in vigore alla fine del 2011 e che andranno a costituire la base della politica dell’Unione Europea in materia di immigrazione.
Nello specifico, il documento – ha spiegato Fornara – si basa su quattro punti: 1) Schengen, 2) Sistema europeo di asilo improntato alla solidarietà tra i Paesi membri (il 1° giugno sono state presentate delle proposte per delle procedure omogenee che attualmente mancano tra gli Stati europei e a Malta è operativo un nuovo ufficio dell’Unione per la gestione delle richieste d’asilo), 3) controllo alle frontiere esterne per facilitare l’immigrazione regolare (ne serve molta ma deve corrispondere alle esigenze del mercato del lavoro) e contrastare quella irregolare (quindi rafforzando Frontex, dotandola di maggiori risorse e nuove competenze), 4) politica dei visti atta a favorire le possibilità di chi si deve spostare (a cui però continueranno ad affiancarsi gli accordi bilaterali). In sostanza questi punti mirano ad una gestione maggiormente comunitaria dei problemi legati all’immigrazione, lasciando meno spazio alla discrezionalità dei singoli Stati.
Fornara ha fatto notare l’introduzione di principi importanti per contrastare l’immigrazione illegale ma che per essere attuati necessitano di fondo e le trattative per le disponibilità economiche dell’Unione iniziano adesso.
Fornara ha fatto sapere anche di una lettera di Barroso al Consiglio Europeo che dovrà riunirsi a breve, in cui ha sottolineato due priorità: 1) l’immigrazione, 2) il Sud, il Mediterraneo e il vicinato, per cui serve un rappresentante speciale e una task force specifica (oltre che un buon budget per gestire la transizione democratica in quei Paesi e un programma di mobilità sul lavoro), e questa questione non è ritenuta importante da tutti gli Stati (Gran Bretagna e Germania sono più interessati all’Est).
Se il discorso di Fornara è stato molto positivo e, pur ammettendo che le politiche comuni che si sono concretizzate in precedenza sono state poche, si è mostrato molto fiducioso riguardo al futuro. Di tutt’altra piega è stato il pensiero espresso da Alessandra Lang e Antonio Panzeri.
Alessandra Lang, dell’Università degli Studi di Milano, ha rilevato che molte proposte ambiziose da parte dell’Unione Europea erano state presentate anche in precedenza ma poi non erano state accolte dai singoli Stati che ne avevano preferito ricavare degli atti molto più blandi.
Molto cupo sulle possibilità di un’azione efficace da parte dell’attuale Europa è stato Antonio Panzeri, presidente delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb e l’Unione del Maghreb arabo del Parlamento Europeo, il quale ha segnalato che nell’Unione Europea pesano molte decisioni che non sono state assunte in precedenza e, attualmente, il dibattito interno è molto difficile.
In merito all’area del Mediterraneo, Panzeri ha ricordato che l’Europa in passato ha tacitamente appoggiato i regimi contro cui adesso il popolo si rivolta, perché facessero da argine ai fondamentalismi. La crisi ha scatenato le rivolte e adesso l’Europa si sta riposizionando.
Il tema dell’immigrazione, inoltre, secondo Panzeri, in Europa è spesso soltanto preso in considerazione dalle forze xenofobe in vista delle campagne elettorali perché negli europei prevale il sentimento della paura che porta automaticamente ad una chiusura.
Panzeri ha ricordato anche come i Paesi del Mediterraneo non sono una priorità per tutti gli Stati europei e quindi è difficile produrre una politica comune.
Per l’Italia ciò che avviene a Sud del Mediterraneo è importante anche per ragioni geografiche, per altri Stati non è così automatico.
Secondo Panzeri, questo è dovuto anche ad un deficit della classe dirigente che non è in grado di vedere oltre la quotidianità per mostrare delle prospettive. «Ci sono molti surfisti che viaggiano sull’onda e pochi che pescano in profondità», ha affermato Panzeri.
In merito alle istituzioni europee, Panzeri ha evidenziato la necessità di una maggior sintesi tra Parlamento, Commissioni e Consiglio e servono anche governi dei singoli Stati che operino tenendo presente un’ottica comune perché gli accordi bilaterali da soli non bastano e non vanno bene se contrastano con le norme comunitarie.
Panzeri ha ricordato il caso di Italia-Libia, in cui il governo italiano pensava di relegare il problema dell’immigrazione ai libici ma poi con lo scoppio della rivolta, tutto è finito in niente. Per questo, secondo l’europarlamentare, è necessario che gli Stati cedano un po’ della loro sovranità in favore di un’ottica comune per dare risposte che siano europee e non solo nazionali e tutte le sfide vanno affrontate in questo modo.
Una sfida importante per l’Europa, ha ricordato Panzeri, sarà quella demografica: «i Paesi del Sud del Mediterraneo hanno una popolazione di età media di 27 anni, gli elettori di Milano alle ultime elezioni hanno un’età media di 55 anni», ha sottolineato il deputato europeo, evidenziando che la tendenza è quella di un progressivo invecchiamento della popolazione europea e i tassi di natalità sono prossimi allo zero.
Così come è un’altra sfida importante quella climatico-ambientale che, ha segnalato Panzeri, muove i processi migratori; oppure i problemi derivati dalla globalizzazione economica, le guerre civili, l’assenza di diritti in alcuni Stati… sono tutti fenomeni che generano fughe e migrazioni.
Panzeri ha sostenuto che servirà una politica economica generosa nei confronti dei Paesi del Mediterraneo e ha citato il caso della Tunisia, che prima cresceva e adesso è in una fase di stagnazione, il turismo è scomparso e molte aziende sono state messe in piedi da stranieri perché la manodopera costava poco ma fanno in fretta a chiudere e a spostarsi altrove.
Per Panzeri, inoltre, serve fare crescere aree di libero scambio tra i Paesi dell’Unione Europea e quelli del Mediterraneo ma anche all’interno dei Paesi del Mediterraneo perché si superino le divergenze in atto come quelle tra Marocco e Algeria.
In sintesi, secondo Panzeri, serve un’idea lungimirante sulla politica dell’immigrazione, perché altrimenti viene vista solo dal lato securitario.
Più cauto Panzeri si è mostrato sulla discussione riguardante Schengen, soprattutto data la composizione fortemente xenofoba delle politiche di alcuni Stati Europei: «Schengen è una conquista dell’Unione Europea fatta per facilitare i trasporti ma è normale che oltre alle merci viaggino anche le persone e l’immigrazione può essere una grande possibilità economica, oltre che culturale», ha concluso Panzeri.