venerdì 4 marzo 2011

Uno scherzo di pochi e un danno a tanti

Uno svarione non da poco quello di Bersani sulle firme raccolte dal Pd per mandare a casa Berlusconi.
È inutile fare finta di niente e nascondere la testa sotto la sabbia: per uno scherzo di pessimo gusto di pochi, si è fatto una figuraccia in tanti.
È su molti giornali di oggi l’ironia dei commentatori che accusano il Partito Democratico di una “patacca” con quelle firme tra cui figurano pure Paperino e Fidel Castro.
Qualcuno ha detto che raccogliere le firme in rete è stato un errore, qualcun altro ha replicato che pure ai gazebo si poteva firmare più volte senza che nessuno se ne accorgesse.
Cose capitano, niente di grave: c’è sempre chi fa il cretino e si diverte a mettere i bastoni tra le ruote alla gente per bene che lavora con impegno e c’è sempre chi invece lo fa sbadatamente, senza accorgersi che sta facendo un danno con una firma in più.
Il fatto abbastanza grave, però, è come il tutto è stato gestito dal segretario del Pd e, soprattutto dal suo staff, perché magari lui nemmeno ha tempo di badare a queste cose.
Lo slogan delle dieci milioni di firme era sembrato a tutti decisamente troppo azzardato: si poteva puntare ad un numero più basso, come hanno suggerito in molti interni al Pd, ma si poteva anche non dare alcun numero. A cifra lanciata, in ogni caso, nessuno si è tirato indietro e tutti i circoli si sono attivati con gazebi, presenze alle manifestazioni e mercati per ottenere il massimo possibile.
E la gente (quella vera, non quella che si firma Paperino) c’era, accorreva, firmava convintamente e non tutti erano elettori Pd, anzi, qualche volta è capitato pure qualcuno di destra che si è presentato a firmare perché diceva di non si sentirsi rappresentato da Berlusconi e non vedeva l’ora di liberarsene.
Ecco perché questa storia delle firme taroccate fa male: chi ha fatto quello scherzo o chi ha firmato più volte, ha tradito quelle persone che hanno firmato davvero, che hanno messo in piedi i gazebi, che si sono date tanto da fare per raccogliere le firme. Uno scherzo di pochi che ha sporcato il lavoro e anche la credibilità di molti.
Sì, la credibilità, perché un cittadino non strettamente legato al Pd che accetta di mettere una firma per un’iniziativa di questo tipo, in qualche modo ti sta aprendo una porta, ti sta dicendo che, anche se non ti vota, in questa battaglia ti sostiene e, se te la giochi bene, non è detto che in futuro non tornerà a guardarti e a sostenerti per altre iniziative.
Il risultato è che adesso, molte di quelle persone probabilmente si sentono prese in giro da un partito che anziché fare le cose serie e per bene, ha fatto una patacca. Involontaria, certamente, ma sempre patacca resta. E se a mettere le firme finte non sono stati simpatici perditempo ma veri e propri sabotatori (com’è accaduto alle ultime discusse primarie napoletane) è anche peggio perché ciò che emerge è che nessuno si è preoccupato di controllare.
Pazienza per le firme ai gazebi: difficile sapere se qualcuno firma più volte, sta al buon senso delle persone non farlo.
Ma sulle firme in rete, possibile che nessuno del Pd abbia visto e controllato?
Possibile che prima di far esporre il segretario, mettendogli in bocca cifre e dati, nessuno del suo staff si sia preoccupato di fare una verifica?
Probabilmente, le firme false sono pochissime e la vicenda non ha un reale peso ma proprio per questo andavano individuate e rimosse per tempo. Perché giocarsi la credibilità di un’iniziativa che - al di là dei numeri - si stava rivelando una bella operazione d’immagine e che stava portando tanta gente ad avvicinarsi al Pd?
Oltretutto, non c’era più bisogno di rimarcare il numero, finché la partita era aperta e alla fine sarebbe bastato consegnare uno scatolone simbolico di firme… Tante volte si finisce a farsi male da soli, scivolando su delle piccolezze.