giovedì 31 marzo 2011

Tre giorni con Area Dem a Cortona

C’è una Cortona diversa dai soliti incontri di Area Dem nella mia memoria, questa volta. Sono stati tre giorni intensi di lavoro, di riflessione politica ma anche di tanto divertimento, perché alla fine ho deciso di buttarla sul ridere.
Quando ho scelto di partecipare, l’ho fatto con l’intento di staccare un po’ da Milano, poi mi hanno detto che avrei dovuto lavorare: fare qualche intervista per il sito di un’associazione legata ad Area Dem milanese. Nulla di impegnativo, ma quella di Cortona era un’occasione unica per avere tanti personaggi di spicco della politica e non si poteva perdere, quindi l’obiettivo era cercare di portare a casa più registrazioni possibili e magari su argomenti non a scadenza ravvicinata, in modo da pubblicarle dilazionate nel tempo.
Appena arrivata al centro congressi, ho cominciato a cercare gli amici: il bello di questi incontri è che, dopo essersi scritti per mesi sulle bacheche di facebook, finalmente ci si può rivedere e scambiare quattro chiacchiere di persona.
In sala c’era molta più gente del solito e, complice il fatto di avere in programma dibattiti con personalità diverse, si vedevano anche tante facce nuove. I milanesi, anche in questa occasione, sono arrivati in massa dai dirigenti del Pd alla base.
Tra i primi arrivi, Pina Picierno, sempre bellissima e con cappellini stupendi ma, a differenza delle precedenti edizioni di Cortona, ha smesso di girare con lo zaino Invicta per passare alla borsetta. Anche Francesca Puglisi era bellissima, con minigonna e scarpe fini dai tacchi altissimi.

In sala c’era molta curiosità per la tavola rotonda tra Casini (arrivato in maglione), Bertinotti e Franceschini (stranamente in giacca, ma con dei calzini rigati fantastici che ho cercato tutto il tempo di fotografare, senza successo perché la mia macchina fotografica negli interni poco illuminati non funziona bene).
Bertinotti sembrava venire dalla luna: non sapeva cosa dire, parlava a vanvera, iniziava con un tentativo di risposte alle domande poi si perdeva su temi che non c’entravano nulla e non la finiva più. Peccato: ero molta curiosa di ascoltarlo, in televisione è più preciso nelle risposte e anche interessante (seppur portatore di un messaggio politico ormai superato). Casini faceva un comizio e si conquistava gli applausi parlando male di Berlusconi e del governo.
Il risultato, intenzionale credo, è che è apparsa una sinistra ormai morta (incarnata dal povero Bertinotti, riesumato per l’occasione e di cui nessuno sentiva la necessità, dato che il vero interlocutore politico rappresentante della sinistra oggi è Vendola), che finiva per far risaltare un terzo polo (rappresentato da Casini, a cui veniva concesso un comizio, senza che alcuno facesse notare le contraddizioni delle sue azioni politiche) che in realtà non è nemmeno definito. In tutto questo il ruolo di Franceschini non era altro che quello di aver portato una bella platea e di fare da spalla perché la rappresentazione riuscisse, e magari convincesse anche i presenti in sala che l’alleanza giusta non può prescindere dal terzo polo.
Nulla di male, le tecniche di comunicazione insegnano ad invitare i soggetti in base al messaggio che si vuol far passare, però è ben evidente che a sinistra del Pd, oggi, c’è Sel con Vendola e non Bertinotti e andare ad invitare Bertinotti è decisamente anacronistico e mette in luce anche una certa paura che il Pd ha di Vendola e della sua narrazione in grado di strappare applausi facili. Che sarebbe successo se a dialogare con Casini e Franceschini ci fosse stato Vendola? Come avrebbe fatto Casini a fare l’antiberlusconiano se è andato a braccetto con Berlusconi fino a ieri? Inoltre, Vendola non è stupido e da tempo dice di non esser precluso al terzo polo, ma che ne sarebbe stato se di fronte a questa ipotesi, Casini avesse detto di no? Il tentativo di coinvolgere il centro nell’alleanza elettorale probabilmente sarebbe morto sul colpo, però, a volte c’è bisogno di rischiare e, se si vuole parlare del futuro, forse è il caso di non invitare a farlo personaggi trapassati.
Finito il dibattito (lentissimo) sono andata a salutare Bertinotti, attorniato da telecamere e anche qualche ammiratore. Gli ho detto che ero molto felice di incontrarlo (stavo per dirgli anche che ero venuta a Cortona con una sciarpa di Cashmere per essere adeguata, ma mi sono trattenuta) e lui mi ha fatto un sorriso largo, stringendomi la mano.
Subito dopo il simpatico trio, ha preso la parola Bersani (arrivato con lo staff al completo, tra cui persone che lì non gli servivano affatto), il quale, tra una sviolinata e l’altra a Franceschini (compreso il riconoscimento ad Area Dem, che di per sé è un fatto positivo ma poi bisogna vedere cosa implica), ha illustrato il suo pensiero sul partito e sulla strada da intraprendere.
I posizionamenti in sala e fuori sala dei giovani assistenti parlamentari erano ben evidenti e anche piuttosto stucchevoli: queste scene si vedono solo a Roma, dove si concentra il “potere”, altrove non esiste questa “caccia al politico” di valore.
Personalmente trovo sempre un po’ strano anche il modo in cui i giovani assistenti parlamentari nascondano con cura la loro attività, come se fosse un segreto da non dire. Non è la prima volta che capita e francamente ne comprendo poco i motivi: di solito è un lavoro appassionante, non c’è nulla di male a farlo (l’unica cosa negativa che spesso loro sottolineano è l’assenza di contratti regolari perché la legge prevede una procedura diversa per quei ruoli). Personalmente non ho alcun problema a dire per chi lavoro, anzi, ne vado orgogliosa, e credo che il confronto con chi fa lo stesso mestiere possa essere utile per cercare di migliorarsi.
I lavori del sabato sono stati più concentrati sul dibattito interno in Area Dem e il tutto è stato molto vivace: seguendo gli interventi, si registravano punti di vista molto differenti anche tra di noi, segno che tutto quello che abbiamo passato negli ultimi mesi non ci ha lasciati indenni e c’era bisogno di chiarirci un po’.
Dario Franceschini è entrato in sala attorniato da donne, si è fermato sul fondo con il suo gruppo, ridevano, chiacchieravano, si sono fatti una foto e soprattutto facevano un po’ di confusione, tanto che sono stati richiamati da Marina Sereni, suscitando risate generali.
Suscitava molta curiosità la presenza in sala di Paolo Gentiloni ; non sapevamo se era venuto di sua iniziativa o se era stato invitato ma ci sembrava l’inizio di un’apertura e, invece, ci sbagliavamo: era venuto a tirarci una legnata, a contestare ogni cosa che abbiamo fatto e detto, pure la scritta che pubblicizza la proiezione del film “Silvio forever” che saremmo andati a vedere in serata e che veniva proiettata sullo schermo.  
Nel pomeriggio, in sala continuava ad andare in scena il post-Gentiloni: a nulla è valso il richiamo di Debora Serracchiani nella mattinata di uscire dagli schemi dei vecchi partiti perché altrimenti i nuovi si stancano e se ne vanno; i popolari si ribeccavano ancora. Sono mesi che i popolari litigano in ogni luogo, dai giornali, alle direzioni, ai convegni… Sono mesi che il dibattito interno è caratterizzato dal loro problema che, per chi viene da un’altra parte (come me) o per chi non viene da nessuna parte, è davvero scarsamente comprensibile e comincia anche ad essere seccante. Dobbiamo andare avanti ancora per molto a osservarli mentre litigano di evento in evento sempre sugli stessi punti? Possibile che non ci sia un modo per trovare un accordo o per accettare di essere su posizioni differenti e farsene una ragione? La scissione dei 75 aveva sancito una certa diversità di pensiero, non c’è bisogno di andare a litigarci sopra ogni volta. Marini , in un lunghissimo intervento in chiusura di giornata, è stato quello che ci è andato più pesante sia con il gruppo di Gentiloni che con i rottamatori. Il suo discorso è stato un capolavoro di tempo perso che ha finito per dare risalto proprio alla polemica tra i popolari. L’intervento di Gentiloni sicuramente meritava una risposta, ma forse era il caso di dargliene una più sintetica, anche per non ingigantire il problema e non monopolizzare la giornata ricca di riflessioni molto variegate su un unico tema, oltretutto non proprio felice. Invece, Marini ha fatto l’esatto contrario, con il risultato che sui giornali del giorno successivo, della nostra bella giornata cortonese, è arrivata esclusivamente la polemica tra i popolari.
Personalmente credo che i problemi vadano affrontati e quindi è giustissimo prendersi degli spazi per discutere ma poi però occorre anche arrivare ad una soluzione, invece qui ci trasciniamo da mesi sulle stesse questioni e francamente, vedere un’area variegata come la nostra, che da mesi impiega i suoi luoghi di dibattito per concentrarsi sul problema di una parte (che oltretutto non è nemmeno la mia), inizia un po’ a stancare. Inviterei i litiganti a pensarci a quello che stanno facendo.
Finito l’intervento di Marini ci siamo diretti al Teatro Signorelli per la proiezione del film “Silvio forever”.
Sembravamo ragazzini in gita.
Ci siamo mossi in massa e la gente dalle vetrine dei bar ci guardava incuriosita.
Entrati a teatro e vista la meraviglia di quel luogo bianco e rosso con tutti i palchi, ci siamo scatenati: dopo la corsa ai posti, è cominciato lo scatto delle fotografie da parte a parte, il chiamare gli amici e farsi segnali. A me sembrava di stare dentro al film Johnny Stecchino.
Personalmente, ho notato con un certo stupore alcune dinamiche di “posizionamento”, che avevo già notato in sala al Centro Congressi: segno che sono cambiate un po’ di cose.
In ogni caso, è stato tutto molto buffo e tutti abbiamo gradito l’idea dell’organizzazione di regalarci questo momento di svago.
Peccato per il film, davvero inutile e anche controproducente per la nostra parte politica. Personalmente, trovo che sia un film incompleto dal punto di vista narrativo (manca completamente il Berlusconi cupo degli ultimi anni, le sue frasi dure di attacco a magistratura, stampa, opposizioni) e dal pessimo montaggio (non evidenzia per niente i contrasti delle uscite berlusconiane, racconta solo il suo lato ilare).
Di dubbio gusto poi la scelta di enfatizzare il mausoleo di Arcore che, è vero, fa una certa impressione, però, tutto sommato è un affare privato. Berlusconi, a parte un paio di passaggi, ne esce bene da quel film: è un soggetto simpatico, divertente e anche le sue malefatte non appaiono così gravi. Emerge molta attenzione al ruolo giocato dal conflitto di interessi, che certamente è stato determinante nel suo successo elettorale, ma forse un montaggio diverso avrebbe aiutato a comprenderlo meglio.
La narrazione è piatta e le scene così giustapposte, non fanno comprendere un bel niente.
L’opposizione appare minimamente e non Pd. Di per sé non sarebbe nemmeno rilevante: è sufficiente Berlusconi a spiegare se stesso, ma in ogni caso, anche a voler raccontare le opposizioni, si può fare molto meglio. Stupisce che a fare un prodotto così scarso narrativamente siano stati due giornalisti che, invece, dovrebbero saper raccontare per mestiere.
La domenica mattina, a colazione, ho appreso che finalmente era arrivato David Sassoli e che a cena era stato sfrattato da Erminio Quartiani in attesa del secondo turno.
Il dibattito della mattinata è stato rapido e in crescendo. Ho fatto in tempo a registrare un’ultima intervista a Castagnetti e mi è sfuggito Giacomelli (altro politico da recuperare).
La sala era pienissima ancora: non c’è dubbio che dal punto di vista delle presenze questo incontro di Cortona sia stato un vero successo, con gente nuova arrivata tutti i giorni, per fino la domenica mattina solo per le conclusioni.
Conclusioni che Dario Franceschini ha tracciato egregiamente.
Personalmente, dopo la vivacità e la diversità dei punti di vista registrata nei tre giorni, sentivo l’esigenza di qualcuno che tirasse le somme, anche in merito alla discussione interna e Franceschini lo ha fatto molto bene, toccando tutti i punti salienti e rilanciando il ruolo di Area Dem. Chiuso il capitolo interno, Franceschini è passato ad illustrare il nostro rapporto con il resto del Pd e poi la prospettiva per l’esterno (in cui le posizioni sono ormai ampiamente note) e il rapporto con il Paese. Insomma, quelle di Franceschini sono state delle conclusioni vere dei tre giorni di incontro e sono state davvero molto utili per fare chiarezza sulla strada che Area Dem intende intraprendere.
 
Alla fine è scattata la corsa ai saluti, con la fuga di chi aveva il treno imminente e le chiacchiere di chi poteva fermarsi. È finita così la splendida gita di primavera in Toscana con il gruppo di Area Dem. È iniziata che non avevo una gran voglia di andarci ed è finita che, come sempre, non volevo più tornare a casa. Sono stati tre giorni bellissimi, intensi, di riflessioni politiche, chiacchiere, risate, lavoro e tanta voglia ridere.

 
AreaDem a Cortona - marzo 2011