venerdì 1 ottobre 2010

Area Democratica cambia passo

Area Democratica Roma - Foto Salvatore ContinoArea Democratica è tornata ed più viva e più decisa che mai a rimettersi in pista con idee e anche strutturandosi nel territorio.
Tantissime erano le persone arrivate da tutta Italia, ieri a Roma, per partecipare all’incontro nazionale indetto da Dario Franceschini solo pochi giorni prima: 400 secondo l’AGI, in ogni caso molto al di sopra delle aspettative, tanto che la Sala Conferenze di Palazzo Marini (dove hanno sede gli uffici della Camera dei Deputati) non bastava a contenerle tutte e hanno dovuto mettere a disposizione un altro spazio attrezzato con la diffusione della diretta video.
La composizione del “pubblico” era la più varia: si andava dai dirigenti di partito ai deputati e senatori (che però hanno dovuto fare avanti e indietro al Senato dove si stava votando la fiducia a Berlusconi), dagli amministratori locali ai semplici iscritti del Pd e, tra loro, anche tanti giovani.
Oltre ai tantissimi romani, molti sono arrivati in gruppo da Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Campania.
L’introduzione di Dario Franceschini (Video) ha messo sul tavolo tutte le questioni principali: la situazione del Paese, la probabile imminente crisi di governo, le possibili alleanze in un clima come quello attuale, la ricerca di convergenze con le altre forze dell’opposizione su possibili battaglie comuni (dentro e fuori dal Parlamento), fino alle discussioni più strettamente interne riguardanti il ruolo di Area Democratica dentro al Pd, la necessità di una maggior strutturazione, la questione del documento dei 75 e l’analisi di tre punti su cui puntare.
Come emerge anche dai tanti resoconti fatti dalle agenzie di stampa e dall’ottima sintesi di Rudy Francesco Calvo su Europa, il senso fondamentale di questo incontro è stato quello di fare il punto della situazione sia per ciò che concerne il governo italiano che Area Democratica e, da qui, decidere come ripartire, con quali forme, strutture e da quali contenuti.
Sulla necessità di strutturarsi sul territorio, Fassino ci ha giocato quasi l’intero intervento e Franceschini stesso ne ha fatto un accenno in apertura, dicendo che da ora in poi sarà necessario avere strutture snelle e referenti.
Un «cambio di passo» (per dirla alla Fassino che, nel suo intervento ha citato Bersani) dunque in Area Democratica che, al momento della sua nascita, Franceschini aveva preferito lasciare senza strutture - facendone solo un luogo di elaborazione di idee - per non dare troppo l’idea di “corrente” (per il terrore che suscita quella parola dentro al partito). Ma, a questo punto, le strutture (snelle, senza tessere o altro che possa sembrare una sostituzione del partito) diventano necessarie per contare di più, portare avanti le proprie idee (perché come ben spiegava Fassino, in molte zone si stanno per fare i congressi provinciali e se si vuole avere un peso nel momento delle decisioni del partito occorre anche mettersi in gioco ed essere presenti negli organismi dirigenti), ma anche per contarsi e per evitare che altre strutture arrivino a portare via la rete faticosamente tenuta insieme in questo anno di Area Democratica (cosa che nessuno ha detto ma che, dopo ciò che è accaduto con “la conta” dei 75, si intendeva perfettamente).
C’è tanto da costruire, insomma, e le costruzioni implicano sempre molte cose oltre alle idee.
Le idee da mettere in campo comunque non sono mancate e l’obiettivo a cui mirare, secondo Franceschini, è «distinguerci dalla destra», attraverso punti che possono accomunare le battaglie delle opposizioni (anche in Parlamento) e ne ha avanzate tre da affrontare e da portare avanti:
1) Scuola, università, ricerca, formazione
2) Welfare universale
3) Battaglia per la legalità
Il tema della formazione, per Franceschini, è quello che maggiormente può differenziare il Pd dalla destra e non soltanto per la questione dei tagli messi in atto dal governo, ma come battaglia culturale da portare avanti per ragioni individuali ed economiche.
Secondo Franceschini, infatti, oggi non c’è più l’ascensore sociale, chi è bravo rischia di non emergere, i figli spesso finiscono per seguire le carriere dei padri e questo mortifica i destini individuali.
Inoltre, nel mondo globale, secondo Franceschini, occorre investire sulla creatività, sui cervelli per essere competitivi.
Sul welfare, Franceschini è stato altrettanto chiaro: «il mercato del lavoro del futuro non sarà più quello di prima, con il posto fisso» e un grande partito deve stare dalla parte dei più deboli ma questi non possono essere individuati con le categorie del secolo scorso.
La battaglia per la legalità, contro la criminalità organizzata, per riconquistare pezzi di territorio allo Stato (anche al Nord) per Franceschini è un altro importante «elemento di distinzione da chi dice che Mangano era un eroe».
Idee queste da portare tutte avanti nel partito, attraverso la gestione collegiale e qui Franceschini ha ricordato il ruolo di Area Democratica: aiutare il Pd a rimanere il più vicino possibile all’idea originaria ma «risolviamo i problemi in un clima di collaborazione; senza rinunciare a nessuna delle nostre idee, ma mettendole a disposizione del partito».
Idem per Piero Fassino che ha ribadito che il «compito della minoranza non è mettersi a bordo capo e fischiare i falli alla maggioranza, ma stare in campo e aiutare la squadra a vincere».
Tesi queste sostenute da Dario Franceschini anche in nome del patto fatto con i suoi elettori delle primarie, a cui aveva promesso che chiunque sarebbe stato eletto segretario, lo avrebbe sostenuto.
E qui è arrivata un’altra novità perché quella che ha preso corpo a Roma è un’Area Democratica di cui Franceschini è sembrato volersi far carico completamente, ricordando che quella componente è nata in seguito alla sua mozione congressuale e sottolineando i voti presi da lui alle primarie, espressi da un milione di elettori al quale lui si sente vincolato.
Anche questo è un «cambio di passo» rispetto alla precedente gestione di Area Dem che Franceschini ha definito una sorta di federazione in cui, agli incontri, si vedevano «gli amici Tizio, gli amici di Caio ecc.» (ed era verissimo, chi ha partecipato ai seminari di Cortona non può non aver notato gli equilibrismi della scaletta degli interventi e le frecciate che le varie componenti si tiravano tra di loro), mentre ora la rivendicava per sé ma chiedendo anche ai partecipanti di fare un passo in più e «di mescolarsi definitivamente».
Tanti gli interventi che si sono susseguiti, nonostante il tempo ristretto del giovedì pomeriggio. La maggior parte delle personalità che ha preso la parola, oltre ad esporre il proprio argomento (per chi lo aveva), ha espresso la propria criticità verso il documento dei 75: parole piuttosto ovvie e condivisibili per i presenti in sala che, però, dette da Franceschini avevano un senso perché a lui toccava fare chiarezza sulla vicenda, mentre sulla bocca degli altri, forse potevano anche essere tralasciate, innanzitutto per la presenza dei giornalisti in sala che, però, fortunatamente, hanno intuito che il fulcro della giornata era altro e non hanno alimentato possibili polemiche, ma poi anche perché oramai è chiaro che le strade sono separate.
Sulla separazione delle strade, proprio Franceschini ha fatto sapere di avere ricevuto nella mattinata una lettera dai 75, in cui si definisce - a detta sua, «con toni costruttivi» - la cosiddetta “separazione consensuale” del gruppo.
Lettera che è stata ripresa in parte dai giornali e che, a leggerla bene, suona un po’ contraddittoria e sembra una presa in giro dato quel che è accaduto in questi giorni: dopo che in una riunione notturna i 75 avevano definito Area Dem come morta e superata e avevano presentato il loro documento, a cui era però seguita la rivendicazione dell’Area di cui contestavano l’appropriazione (secondo loro indebita) da parte di Franceschini appena lui ne aveva convocato una nuova riunione senza di loro; e adesso scrivono per dire «ce ne andiamo per la nostra strada»…
Tuttavia Franceschini non ha commentato nulla e non ha voluto riaprire polemiche inutili su quella vicenda.
Un commento a parte lo merita, invece, il discorso di David Sassoli che ha suscitato grande stupore (per dire un eufemismo) in molti.
Sassoli ha praticamente demolito Veltroni, la sua lettera al Corriere (dicendo che era illusoria, vendeva un sogno che non esiste) e il documento dei 75 (criticato «per forma, per spirito e anche per la sostanza»).
Sassoli è stato durissimo nell’evidenziare tutti i limiti e le contraddizioni delle proposte veltroniane, contestando innanzitutto l’uso spregiativo del termine «difendere» e ricordando la validità delle battaglie sostenute dal Partito Democratico per la difesa della libertà di stampa, della legalità, della Costituzione (riagganciandosi anche allo scenario di emergenza democratica presentato da Franceschini in apertura di discorso). Cose queste che sicuramente Veltroni non aveva messo in discussione ma che rischiano di venire accantonate in nome di un’idea dell’innovare non troppo definita e completamente avulsa dalla realtà concreta.
Sassoli ha poi ricordato che non bisogna inseguire la destra copiandone i modelli ma averne dei propri (anche Franceschini ha sostenuto, con altre parole, che occorre distinguersi dalla destra) e anche per questo ha rivendicato con forza anche le storie di provenienza di ciascuno, dicendo che è sbagliato vagheggiare l’oblio perché il passato conta, ma occorre guardare al futuro e lavorare su quello.
Il punto è che fa uno strano effetto sentire quelle parole lì - che sembrano di un dalemiano (erano loro a sostenere che il modello veltroniano era la fotocopia del berlusconismo) - in bocca ad uno che tutti pensavano veltroniano (tanto che figura anche tra i collaboratori della rivista Pane e Acqua di Veltroni).
La verità, però, è che Sassoli ha detto esattamente ciò che diceva nella sua campagna elettorale per le elezioni europee (anche se lì non c’è mai stato alcun riferimento a Veltroni e qui ha usato toni molto più duri).
Sfidare la destra sui valori, proponendo i nostri (che da qualche parte occorre andarli a prendere e dove si li cercano se si cancella il passato? Questo non vuol dire riproporre le stesse cose di secoli fa, ma avere un fondamento delle proprie idee, sì), dare modelli culturali alternativi a quelli introdotti dal berlusconismo e non inseguirlo… Erano queste le parole del Partito Democratico di Dario Franceschini (senza tuttavia l’uso polemico verso qualcuno) ed erano queste le parole dette anche nel percorso delle primarie.
Eppure il fatto che Sassoli abbia usato tali parole come frecciate pesanti a Veltroni ha fatto un certo effetto.

Interventi più pacati e importanti sono arrivati da Franco Marini, Debora Serracchiani, Pier Paolo Baretta, Cesare Damiano, Enzo Bianco.
Prossimo incontro nazionale con Area Democratica è dal 22 al 24 ottobre a Cortona e, memore dell’esperienza del dicembre 2009, Franceschini ha promesso che, questa volta, la sala sarà riscaldata.


Area Dem
P.s.: Personalmente sono rimasta con un dubbio: l’impressione è che siamo sempre al punto di partenza. Probabilmente, in questo caso, è anche vero: Area Dem si è ritrovata dopo il terremoto prodotto dal documento dei 75 e la riunione di Roma doveva servire anche a rilanciare un po’ l’Area e a tracciare la direzione da intraprendere per il futuro.
Inizialmente, invece, il difficile equilibrismo tra le diverse anime che componevano Area Dem aveva un po’ “imbrigliato” le potenzialità che venivano espresse nei vari incontri e, forse, nel tentativo di non sbilanciarsi troppo da una parte o dall’altra (la «federazione», «gli amici di Tizio e gli amici di Caio») si rimaneva sempre un po’ “al palo”, pur riuscendo anche a discutere di contenuti validissimi.
In molti ieri eravamo contenti del fatto che al nostro interno si fosse fatta un po’ di chiarezza e che, anche se dispiace aver perso per strada molti amici con cui abbiamo condiviso tanto e con cui crediamo di poter ancora portare avanti molte cose che abbiamo in comune (e molti di loro ci mancheranno ai prossimi incontri), forse questa volta, con maggior convergenza di vedute al nostro interno sia davvero possibile portare avanti qualcosa di più concreto.
Personalmente, questa volta vorrei che si partisse davvero: non vorrei che tornassimo a Cortona a ripeterci le stesse cose di un anno fa, che poi diventano lettera morta appena usciamo dalla sala.
Dico di più: queste assemblee in cui ci incontriamo sempre tutti e ci diciamo più o meno tutti le stesse cose, sono momenti piacevoli, interessanti anche per alcune tematiche affrontate, di incontro, di ascolto di alcune realtà, tuttavia mi piacerebbe che, oltre a tutto questo, ogni tanto si uscisse anche con delle iniziative mirate su contenuti specifici (magari prendendo spunto proprio da quello che emerge in queste assemblee) da portare sui territori con titoli precisi e relatori appositi.
Penso, ad esempio, al convegno sull’economia proposto da Piero Fassino in febbraio o ai corsi di Democratica prima che arrivasse il documento dei 75.
Insomma, senza produrre conte, documenti divisori o stranezze di varia interpretabilità, credo che se abbiamo delle idee non basta che ce le raccontiamo tra di noi, bisogna che le confrontiamo con il resto del partito e che poi - verificata la possibilità di renderle un vero contributo utile - le proponiamo al di fuori in modo che possano attrarre tutti gli interessati.