venerdì 22 maggio 2015

100 Comuni contro le mafie

Questa mattina a Milano, nell’Expo Gate davanti al Castello Sforzesco, si è parlato di lotta alle mafie con l’incontro organizzato dall’ANCI “100 Comuni contro le mafie”, in cui è stato anche presentato il rapporto redatto dall’Associazione dei Comuni sul tema delle politiche pubbliche nella prevenzione e nel contrasto alla criminalità organizzata.
Tanti gli ospiti illustri delle istituzioni – non solo sindaci - affiancati dai protagonisti della lotta alla mafia.
Il saluto di apertura dell’incontro è stato fatto dal Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che ha ricordato che nel 2013 e nei primi mesi del 2014 sono stati oltre 1.200 gli amministratori locali che hanno ricevuto minacce e non devono essere lasciati soli. «È importante creare un fronte comune unito contro la mafia perché questo fa paura alla mafia», ha affermato il Sindaco.
Inoltre, Pisapia ha segnalato che le presenze mafiose creano ai territori un danno sociale, economico e di immagine e, anche per questa ragione, il Comune di Milano si è sempre costituito parte civile nei processi di mafia.
Pisapia ha poi rivendicato l’efficacia dei protocolli per la legalità siglati da istituzioni, forze dell’ordine e autorità competenti, con particolare riferimento a quelli per Expo 2015 che hanno prodotto importanti risultati con le interdittive con cui si sono potute escludere dai lavori aziende che erano sembrate non del tutto trasparenti, tanto che sono stati utilizzati anche come esempio per altri Paesi europei.
«Ovviamente, però, - ha sottolineato Pisapia – i protocolli da soli non sono sufficienti a fermare i tentativi di infiltrazione criminale ma è necessario che vi siano anche i controlli» e, su questo tema, il Sindaco di Milano ha ricordato che per i controlli sul sito di Expo (che è un’area interna a più Comuni) è stato siglato un protocollo che consente alle forze dell’ordine di agire anche in caso di extraterritorialità e, ad oggi, a questa formula hanno aderito anche le forze dell’ordine dei Comuni della Città Metropolitana, così da consentire che non vengano fermate le indagini quando il campo d’azione si sposta dal territorio di un Comune ad un altro.
Pisapia ha concluso il suo intervento segnalando che la vera forza di contrasto alle mafie sta nell’antimafia sociale e nella cittadinanza attiva: «Sono il miglior modo di combattere la mafia. – ha affermato il Sindaco di Milano - Dai sindaci può poi partire quello scatto d'orgoglio che diventa anche scatto di concretezza nella lotta alla mafia».

Moderatore della prima parte della mattinata è stato il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris che ha ribadito più volte che l’ANCI è vicina a tutti i sindaci e gli amministratori locali che hanno subito minacce e si sta attivando per costruire una vera e propria rete contro le mafie. Sul fronte dei controlli, De Magistris ha segnalato che sarebbe opportuno che questi siano preventivi e per questo, a metà luglio, ANCI e ANAC firmeranno un protocollo di intesa che consentirà la realizzazione di controlli preventivi per aiutare i sindaci a «non sbagliare» e ad accorgersi per tempo dei tentativi di infiltrazione criminale.
De Magistris ha poi denunciato la lentezza dei pagamenti dei debiti da parte della Pubblica Amministrazione alle aziende come una delle cause che spingono gli imprenditori – in particolar modo quelli delle PMI – a cercare crediti dai criminali per non andare incontro al fallimento, soprattutto in tempi difficili come questi segnati dalla crisi economica.
Inoltre, ha ricordato De Magistris in conclusione del suo intervento: «La lotta alle mafie non si fa solo con la repressione dei criminali ma anche con la riqualificazione urbana perché più i cittadini stanno in strada, meno ci stanno i criminali».

Delle richieste chiare ai legislatori sono state presentate da Roberto Scanagatti, Sindaco di Monza e Presidente di ANCI Lombardia che ha sottolineato la necessità di una semplificazione normativa che consenta di non perdersi nell’interpretazione delle norme e di poter accedere a white list già controllate in modo che gli amministratori non sbaglino quando devono fare selezioni.
Scanagatti ha poi concluso il suo intervento con un monito: «I Comuni nonostante i tagli che hanno subito, hanno sempre garantito la spesa per i servizi sociali e questo ha consentito di mantenere la coesione sociale. Altri tagli sarebbero insostenibili e non garantire la spesa sociale provoca rischi di infiltrazioni di criminali che verrebbero visti come coloro che garantiscono ciò che lo Stato non è più in grado di garantire».

Elisabetta Tripodi, Sindaco di Rosarno, ha denunciato i tanti modi di fare intimidazioni da parte dei mafiosi: «Non ci sono solo le minacce dirette ma esistono anche le intimidazioni indirette, il portare a far dimettere improvvisamente persone vicine al Sindaco, lo svuotare le amministrazioni a poco a poco delle persone pulite, il fare in modo che lascino». Tra le richieste portate all’attenzione degli uditori quella di rivedere le norme che regolano i beni confiscati e, in particolar modo, le aziende confiscate perché se queste dopo la confisca falliscono, oltre a dare un messaggio profondamente negativo creano anche un problema sociale per coloro che perdono il lavoro e, in tante realtà del Sud, è un fatto drammatico. Un’altra richiesta del Sindaco di Rosarno è poi quella di rivedere l’art.143 della normativa sullo scioglimento dei Comuni perché se questi vengono sciolti più volte significa che il risanamento non ha funzionato.

Sul tema delle intimidazioni agli amministratori locali, è stato ricordato un rapporto di Avviso Pubblico secondo cui queste sarebbero in forte aumento e la prima causa è l’aumento dell’estensione delle mafie sui territori a cui, però, si aggiunge anche l’aumento dei soggetti che denunciano.

Alfonso Sabella, Assessore alla Legalità a Roma, in materia di infiltrazioni criminali negli Enti Locali, ha affermato con toni accesi che gli amministratori devono essere in prima linea nel contrasto le mafie e ha segnalato anche un cambio di strategia nel malaffare: «Prima si pagava la politica mentre ora si paga l'amministrazione e c'è una moltiplicazione di piccole mazzette».

A ricordare il ruolo della polizia locale come strumento di presenza e controllo del territorio è stato Marco Granelli, Assessore alla Sicurezza al Comune di Milano, il quale ha ricordato anche l’esperienza di collaborazione positiva che è stata avviata tra amministrazione e Prefettura a partire dal monitoraggio delle presenze della criminalità organizzata all’interno delle case popolari svolta su richiesta della Commissione Parlamentare Antimafia.
Granelli si è poi soffermato sul tema dei beni confiscati, che sono molti anche nel territorio milanese e spesso i cittadini non ne sono a conoscenza e, al fine di fare in modo che tutti abbiano consapevolezza di dove sono stati i luoghi della delinquenza poi recuperati e restituiti alla società, era stato organizzato il Festival dei Beni Confiscati alle Mafie.

Un lungo ed appassionato intervento è stato quello di Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, il quale ha aperto con la citazione di Paolo VI «La politica è la più alta forma di carità», per segnalare che la politica è, quindi, una forma di «servizio al bene comune».
«La cittadinanza è il cuore della città mentre l'amministrazione è la mente. Ma la cittadinanza è anche corresponsabilità, tutti devono concorrere al bene comune», ha affermato Don Ciotti, sottolineando che «C'è tanta gente che si commuove di fronte alle tragedie ma non basta, occorre che ci si muova. Serve avere una consapevolezza di ciò che avviene mentre oggi c'è tanta ignoranza».
Il fondatore di Libera si è, quindi, soffermato, sull’importanza dell'educazione come investimento sul futuro ma ha precisato che «in città ogni contesto deve essere educativo, serve creare città educative dove tutte le componenti del territorio possano dare il loro contributo; non si può relegare l’educazione solo alla scuola e alla famiglia. Non basta neanche la moltiplicazione delle attività ma serve un progetto che comprenda una visione».
«Oggi c'è una generazione di giovani che vive l'angoscia del futuro e dobbiamo tenerne conto. – ha proseguito Don Ciotti - Oggi i giovani non sperano in un futuro migliore ma sperano che un futuro ci sia. L'unico mercato che non cambia mai è quello della droga e questo dimostra che la guerra alla droga è fallita. Così come delle stragi non si conosce mai la verità e la gente poi perde la fiducia nelle istituzioni. Oggi ci sono ancora molta omertà e timore mentre, invece, bisogna insegnare alla gente ad avere più coraggio. Libera si costituisce parte civile nei processi di mafia per essere vicina a vittime e magistrati, per non lasciarli soli».
Parlando della sua associazione, Don Ciotti ha segnalato che recentemente Libera ha aperto sportelli S.O.S. sul territorio con l’intento di essere dei presidi visibili ma anche un punto di appoggio e riferimento per chi ha bisogno.
Venendo agli aspetti legislativi, Don Ciotti ha ribadito che serve accelerare la riforma delle norme che regolano la gestione dei beni confiscati per darli alla collettività ed in particolare serve potenziare l'Agenzia dei beni confiscati e renderla un ente pubblico ed economico e non soltanto un dipartimento del Ministero dell'Interno. «Il Parlamento deve fare in fretta a recepire le indicazioni su questo tema che sono state prodotte dal lavoro della Commissioni Antimafia», ha detto il fondatore di Libera, segnalando che «se lo facesse, arriverebbero alla collettività circa 55.000 beni».
«Parliamo meno di legalità. – ha poi affermato Don Ciotti, in conclusione del suo discorso – La legalità è diventata un idolo sulla bocca di tutti, ce l'hanno rubata e svuotata. Oggi sono gli stessi mafiosi a organizzare i convegni antimafia! Prima di “legalità” viene la parola “responsabilità” e i due concetti vanno saldati. Anche “antimafia” è un problema di “responsabilità” e di “coscienza” perché le mafie non sono un mondo a parte ma sono parte del nostro mondo, camminano insieme a noi, non hanno bisogno di una nuova definizione ma di una nuova comprensione del fenomeno. Inoltre, serve porre attenzione alle commemorazioni: oggi fioriscono targhe, piazze, vie intitolate alle vittime di mafia ma non va bene se tutto finisce lì e si fa solo retorica della memoria. La memoria non deve essere sporadica ma riconoscenza viva».

Piero Fassino, Sindaco di Torino e Presidente Nazionale dell’ANCI è intervenuto per portare il suo saluto all’iniziativa e ha ricordato che ogni territorio è a rischio infiltrazioni criminali, soprattutto quelli più ricchi ma un territorio, per offrire opportunità ai suoi cittadini, deve essere sicuro. Fassino ha annunciato che prenderà il via un osservatorio dell’ANCI sul fenomeno della criminalità organizzata sui territori perché è indispensabile costruire una strategia attiva tra istituzioni locali, forze dell'ordine e magistratura e servono strumenti adeguati. «Oggi ci sono leggi per tutelare gli amministratori locali dalle minacce e dalle infiltrazioni ma i dati dimostrano che purtroppo la loro applicabilità non funziona», ha ricordato Fassino, segnalando che comunque, oltre ai fronti legislativi, anche la società civile deve essere impegnata nel contrasto alle mafie, in un rapporto con le istituzioni.
Fassino ha mostrato un forte apprezzamento per l’approvazione della nuova legge anticorruzione perché – ha ricordato - «spesso dalla corruzione partono i tentativi di infiltrazione criminale nei territori e nelle amministrazioni ed è da lì che prende corpo l’illegalità».
Come gli altri relatori, anche Fassino ha segnalato la necessità di riformare le norme sulla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, in quanto si tratta di un patrimonio ingente ma scarsamente riutilizzato e, tenere i beni confiscati inerti, indebolisce la lotta alle mafie.

In conclusione della prima parte dei lavori della mattinata è intervenuta Rosy Bindi, Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, la quale ha aperto la sua relazione sul problema della presenza delle mafie al Nord e del fatto che, pur essendo un fenomeno consistente e insediato, sia ancora possibile combatterlo. In merito alla discussione fatta sul tema dei beni confiscati, toccata da più persone nel corso dei lavori, Rosy Bindi ha segnalato che il lavoro della Commissione Antimafia è stato fatto fino in fondo ed ora l'iter di discussione partirà dalla Camera dei Deputati ma – ha precisato – quella prospettata non è una riforma a costo zero. Ripercorrendo gli argomenti affrontati nel corso della mattinata, Bindi ha affermato inoltre che «Oggi il riferimento per ottenere qualcosa sui territori non sono più i parlamentari nazionali ma i politici locali, gli assessori, gli amministratori e per questo poi vengono minacciati: le decisioni si prendono sul territorio. Indebolire gli Enti Locali aiuta i criminali a infiltrarsi ma questa non è una polemica con l’attuale Governo perché i tagli ai Comuni li hanno messi in pratica già parecchi governi. Sui codici etici, tutti quelli che abbiamo visto sono legati ad atti giudiziari, a parte la Carta redatta da Avviso Pubblico che ha cercato di individuare il profilo della buona politica. E non arriverà mai la buona politica finché c'è una politica clientelare. La politica clientelare, anche con il cittadino per bene, è la base del voto di scambio perché indebolisce il rapporto diritto-dovere tra cittadino e amministrazione».