mercoledì 21 dicembre 2016

Italia e PD: prospettive dopo il referendum

Lunedì sera al Circolo PD di Niguarda a Milano si è discusso di “Italia e PD: prospettive dopo il referendum” . Un incontro aperto al pubblico, non solo agli iscritti, per confrontarsi sullo scenario politico nazionale dopo l’esito referendario che ha visto la vittoria del No alla Riforma Costituzionale, con uno sguardo al Partito Democratico, impegnato in prima linea sia su quel fronte che nel Governo.
Un incontro pensato e costruito, oltre che con lo scopo di riflettere su quanto sta avvenendo, anche per dare un messaggio chiaro ai simpatizzanti del PD sul fatto che, nonostante la sconfitta, si è ancora in piedi.
L’impresa è riuscita. La discussione, interessante, è stata aperta da Enrico Borg, Segretario del Circolo Pd di Niguarda (video dell’intervento), che ha evidenziato l’impegno di quel Circolo a sostegno del Sì al referendum e di come ora sentano il peso della sconfitta netta subita. Una sconfitta, però, che ha tante ragioni e non può essere riconducibile solamente ad alcuni errori comunicativi e tattici che pure ci sono stati - ha segnalato Borg - ma che va inquadrata in un contesto generale, di cui gli ultimi esempi sono la vittoria della Brexit e la vittoria di Trump.
«Da diversi anni, il Partito Democratico si è assunto l’onere e la responsabilità di farsi carico dei problemi del Paese. - ha proseguito Borg, nella sua analisi - Qualche volta abbiamo assunto dei ruoli di responsabilità anche quando, magari, avremmo potuto fare scelte diverse e più appaganti dal punto di vista elettorale. Per il bene del Paese, quindi, sono state fatte diverse scelte, alcune dall’esito più felice e altre meno. Abbiamo concluso un percorso di Governo con il Presidente del Consiglio che è stato il nostro Segretario Renzi, che ha messo in cantiere e realizzato molte opere importanti. Dal nostro punto di vista, quindi, il segno è più che positivo. Purtroppo, molto di questo lavoro non ha dato i frutti sperati. Questo, a mio avviso, è avvenuto perché oggi esistono dei problemi strutturali di natura mondiale che vanno anche al di là delle responsabilità delle singole forze politiche».
Il Segretario del Circolo di Niguarda ha evidenziato anche come da anni sia in corso una crisi che ha colpito in maniera feroce le nostre società e rispetto alla quale è difficile dare delle risposte. «La stessa sinistra - ha sottolineato Borg - è in crisi a livello mondiale: non ha prodotto altre risposte concrete ai problemi che non fossero quelle valide fino al Secolo scorso ma che oggi risultano insufficienti. È difficile anche trovare nuove risposte: siamo di fronte ad un cambiamento epocale dovuto alla globalizzazione che, se da un lato, ha fatto sì che miliardi di persone abbiano visto migliorare le proprie condizioni di vita, dall’altro lato, coloro che prima erano avvantaggiati dallo scambio ineguale a livello mondiale, si sono trovati in crisi e si tratta soprattutto delle classi medie e povere. C’è, quindi, un problema generale di disuguaglianza. Per la prima volta, ad esempio, le future generazioni non hanno davanti una prospettiva rosea o di miglioramento rispetto alla generazione precedente. Oggi, il vento della protesta e del ribellismo soffia comunque contro chiunque governi. La difficoltà sta nel cercare di capire quali sono le ragioni e molte volte sono ragioni reali. La perdita del potere d’acquisto, la perdita del lavoro, la perdita del futuro per molti sono problemi enormi che chiedono risposte che sono difficili da trovare, soprattutto per chi non vuole porsi sulla scia della demagogia. Sappiamo benissimo, infatti, che non esistono risposte facili. Per chi è abituato soltanto ad urlare e dire No, è sicuramente più facile».
Per quanto riguarda, invece, le prospettive per il futuro, Borg ha detto di auspicare che, in seguito alla vittoria del No al referendum, per l’Italia non ci sia un ritorno indietro, all’epoca del proporzionalismo, della deresponsabilizzazione delle forze politiche, della proliferazione di partitini in cui ciascuno si spartisce il suo e poi nessuno è responsabile di niente e, quindi, del via alla spesa pubblica improduttiva.
Mentre sul fronte del PD, il Segretario del Circolo di Niguarda ha affermato: «Credo che sia giusto mantenere quella che era la ragione fondante del nostro partito: siamo nati come partito che doveva unire, includere sensibilità e anime diverse. Questa era la vocazione maggioritaria, non la presunzione di voler fare da soli ma la giusta visione di ciò che stava avvenendo e la necessità di coagulare attorno a sé altri che la pensavano in modo diverso e che avevano storie diverse ma in grado di trovare poi dei momenti di sintesi comune. Credo, quindi, che vadano anche un po’ ridiscusse le regole del gioco perché in un partito penso che un minimo di regole ci debbano essere e anche coloro che dissentono o hanno opinioni diverse, alla fine, debbano allinearsi alle decisioni prese a maggioranza. Questo, purtroppo, non sempre è avvenuto e auspico, invece, che da qui in avanti ci sia un percorso di grande impegno ma anche di grande responsabilità da parte di tutti».
Prima di lasciare spazio a domande o interventi del pubblico, a chiarire ulteriormente il quadro della situazione è stato il senatore Franco Mirabelli (video dell’intervento), il quale ha segnalato che «C’era bisogno di riscrivere un patto tra i cittadini e la politica perché era in crisi la credibilità delle istituzioni ed erano già arrivati molti segnali in tal senso. Paradossalmente, abbiamo perso il referendum proprio per questa ragione, nel senso che credo che uno dei dati che va a comporre il 60% dei No riguarda persone che hanno votato sull’onda di una spinta che non è né di destra né di sinistra ma di protesta anti-istituzionale, molto simile a quella che ha portato alla vittoria di Trump negli Stati Uniti o della Brexit e che temo potrà portare a risultati positivi anche la Le Pen in Francia. Questo perché oggi, di fronte alla crisi e alle diseguaglianze che si sono formate, la risposta è lo scaricare la rabbia contro le istituzioni. Il PD, in questi anni, ha rappresentato le istituzioni e questo ha influito.
Questo non è stato l’unico aspetto ma ha contribuito a caratterizzare il voto».
Mirabelli ha evidenziato come il clima di sfiducia sia stato alimentato ad arte perché per un’intera settimana a ridosso del referendum si è discusso dei possibili brogli sul voto degli italiani all’estero e poi, in sede referendaria, c’è stata la polemica sulle matite copiative.
«Tutto ciò ha alimentato il clima di sfiducia verso le istituzioni per cui chi governa non appare più credibile. – ha affermato il senatore - Inoltre, quello del referendum è stato anche voto molto politico. La spinta anti-istituzionale si è saldata con una critica al Governo che non ha saputo intervenire sulle diseguaglianze. Personalmente, penso che il Governo Renzi abbia fatto moltissime cose e quei mille giorni non vadano dimenticati e dovremo raccontare quanto abbiano inciso sulla vita di tante persone i provvedimenti e le riforme portate avanti. Credo che dovremo anche continuare a raccontare quanto sia importante il fatto che abbiamo cambiato in meglio i dati economici e occupazionali. Il problema è che probabilmente si è creato un cortocircuito tra una voglia di raccontare questa Italia che ripartiva e otteneva risultati e la vita concreta di una parte di questo Paese che non si ritrovava in quel racconto e, anzi, di fronte a quel racconto si arrabbiava e vedeva rappresentate proprio le diseguaglianze che ci sono nella nostra società. Questo è un dato su cui dovremo riflettere nei prossimi mesi».
Mirabelli ha ribadito ancora che, comunque, non tutto si spiega dentro le dinamiche delle tradizionali contrapposizioni tra destra e sinistra e «oggi c’è uno scontro tra forze anti-istituzionali che spingono contro (e non importa se siano più a destra o a sinistra) e forze riformiste, e questo è un tema su cui dovremo riflettere perché recuperare su questo terreno non è semplice. Così come non sarà semplice recuperare credibilità rispetto alla lotta alle diseguaglianze perché i tempi in cui possiamo rispondere ai problemi aperti dalle diseguaglianze ai disoccupati fino alle famiglie che sono sulla soglia di povertà, non sono rapidi».
Il senatore PD ha sottolineato anche che «Avevamo dato per morte alcune forze, invece, i partiti della destra sono ancora capaci di mobilitare le persone in maniera significativa. Lo stesso Silvio Berlusconi, che consideravamo politicamente morto, in realtà ogni volta che parla riesce a mobilitare una parte importante dell’elettorato».
Alla luce di questo quadro uscito dalle urne, Mirabelli ha segnalato che c’è bisogno di un PD che non rinunci a rivendicare i meriti dei tre anni di Governo Renzi, perché sono state fatte cose importanti, e che non abbandoni la scelta di fare riforme, mettendo in discussione privilegi e rendite di posizione, perché l’Italia ne ha bisogno.
In merito ai dubbi sollevati sulla questione della legge elettorale e della data del voto, Mirabelli ha detto che in Assemblea Nazionale, Renzi ha proposto il Mattarellum perché ha in sé ancora un principio maggioritario (mentre tutto il resto del panorama politico spinge verso il sistema proporzionale), sottolineando anche l’importanza dei collegi perché il tema delle preferenze invece è molto problematico (in particolar modo al Sud). «Non rinunciamo al maggioritario e ad alcune battaglie, sapendo, però, che quell’idea di stabilità secondo cui il giorno successivo alle elezioni si sa con certezza chi ha vinto e chi governa ha fatto dei passi indietro. Resta il bicameralismo paritario che, come abbiamo spiegato per tutta la campagna referendaria, dal punto di vista della stabilità dei Governi è un problema», ha spiegato Mirabelli che, in merito a questo aspetto, ha ricordato anche come l’idea del partito a vocazione maggioritaria non possa più essere interpretata come l’autosufficienza e occorrerà fare un ragionamento sulle alleanze.
«In questo senso - ha detto il senatore PD - il “modello Milano” può essere un punto di riferimento anche a livello nazionale».
Impensabile, secondo Mirabelli, l’ipotesi di andare al voto a febbraio, perché occorre attendere almeno l’esito dell’esame dell’Italicum da parte della Consulta e poi vi è la necessità di armonizzare le leggi elettorali di Camera e Senato, nel tentativo di avvicinarci il più possibile all’obiettivo di garantire governabilità e avere una stessa maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Il voto, comunque, secondo il senatore, sarà sicuramente prima dell’estate, anche per raccogliere la sollecitazione arrivata dai cittadini con il No al Referendum Costituzionale.
Mirabelli ha poi affermato che il PD deve tornare al voto senza alcuna paura, in quanto è l’unica forza politica che ha ancora un consenso e un radicamento molto grande.
Il Governo Gentiloni ha, quindi, la funzione di fare la legge elettorale e affrontare i temi dell’oggi (risolvere la crisi bancaria, la ricostruzione post-terremoto, gli impegni internazionali).
Sul fronte del partito, Mirabelli ha segnalato la necessità di «reimmergerci nella società e ricominciare a stare nelle periferie non solo con la presenza (anche perché in molti luoghi ci siamo già) ma anche con la testa. Questa, a mio avviso, è la priorità e viene prima rispetto al fare un congresso che, oltretutto, diventerebbe un regolamento di conti interno, in cui si parlerebbe di noi solo per le liti dell’uno contro l’altro anziché parlare all’Italia della proposta politica per il Paese e i cittadini. Il congresso lo faremo alla naturale scadenza, in ogni caso, ci occuperemo ugualmente anche del partito. Adesso, dunque, dobbiamo fare un ragionamento serio, mettendo al centro il tema delle diseguaglianze che, nonostante gli sforzi fatti in questi anni, si sono allargate (come si stano allargando in tutto il mondo). Dobbiamo, quindi, ritornare a mostrare che la nostra priorità è essere dove ci sono le persone che soffrono le diseguaglianze e cercare di chiudere la forbice tra ricchi e poveri di questo Paese».
L’incontro è poi proseguito con alcune domande da parte del pubblico, curioso di comprendere in particolare la dinamica del rapporto interno al PD tra maggioranza e minoranza e il come organizzarsi in vista del voto.